Pista nera
Letteratura italiana
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Il freddo della solitudine
Un vice-questore romano , Rocco Schiavone, viene trasferito in Val D'Aosta per motivi non chiariti ma che sanno di punizione. Qui fatica ad abituarsi al clima del luogo ed è insolente, volgare, poco ortodosso nei metodi e per niente limpido nei comportamenti.
Nella tranquilla località di Champoluc un uomo viene trovato morto schiacciato da un gatto delle nevi e a lui passa la grandissima "rottura di scatole" di risolvere il caso.
Primo romanzo della serie avente per protagonista Rocco Schiavone in cui il vicequestore familiarizza con i colleghi in modo alquanto cinico e senza troppi complimenti . è un animale da guerra, uno scaltro e senza scrupoli che sa arrivare all'obiettivo e che si tiene vicino quelli che reputa utili alla sua causa e tiene alla larga quelli inadatti o improduttivi, decisa la predilezione per il gentil sesso. Scopriamo a poco a poco qualcosa del suo passato e delle sue attuali ossessioni , Schiavone in fondo è un uomo ferito che cammina sorretto dalla propria rabbia e da un personale senso di giustizia che non fa sconti e concessioni a nessuno, tranne che a se stesso ma lui si è già autogiudicato come il peggiore di tutti .
Classico giallo "italiano" dove l'intrigo è infinitamente meno elaborato ed importante del "vissuto" sociale dei personaggi. Schiavone, per come si presenta, rischia di essere detestato , non è esattamente il prototipo di eroe senza macchia , appartiene più alla categoria dei dannati in cerca di riscatto ma senza averlo ancora ammesso con se stesso....
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Una personale scala di valutazione
Primo libro con protagonista il vicequestore Rocco Schiavone.
Romano di Trastevere, ma trasferito ad Aosta per motivazioni che sicuramente avrò modo di conoscere nei romanzi seguenti.
Cinico e romanamente sarcastico fin dalla prima pagina, burbero con tutti e perfino con l' amante Nora, scontroso e manesco al punto da usare in più di un' occasione le maniere forti con gli indagati. Schiavone ha un carattere difficile e tutt'altro che onesto e fedele alle regole e ai doveri imposti dalla divisa indossata, ma si intuisce che successivamente potrebbe far conoscere un lato di sè ben diverso ed una sua personale integrità.
Tra le abitudini più singolari che lo caratterizzano, lo spinello fumato ogni mattina e da lui stesso definito "preghiera laica", e l' usanza di paragonare ad un animale ciascuna delle fisionomie umane che incontra.
Dotato di un ottimo acume investigativo, Schiavone ha modo di mettere in mostra le proprie qualità deduttive in un caso di omicidio avvenuto presso le piste da sci di Champoluc, frazione dell' alta val d' Ayas e rinomata meta turistica.
Facciamo ben presto la conoscenza di tutti i comprimari, tra cui gli agenti Italo Pierron e Caterina Rispoli, affidabili e competenti. Fino ai sottoposti imbranati e fantozziani, macchiette purtroppo o per fortuna eternamente presenti in ogni giallo, soprattutto italiano, che si rispetti.
L' intreccio è semplice, lineare, privo di particolari scossoni ma godibile. Il personaggio del vicequestore funziona e incuriosisce, riuscendo a far divertire in attesa che nei romanzi seguenti siano chiarite le motivazioni dei suoi tormenti interiori.
Ho giudicato fin troppo sbrigativo e ostentatamente scenografico il finale, ma in conclusione reputo "Pista nera" un buon esordio per una serie che tra prodotto cartaceo e televisivo, grazie all' interpretazione del bravo Marco Giallini, sta riscuotendo un grande successo.
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Roma caput mundi
Primo libro della saga del vicequestore Rocco Schiavone, poliziotto romanesco, irriverente, spocchioso, ma talentuoso, che utilizzando metodi al limite del lecito, riesce a risolvere rapidamente il caso di un delitto che avviene sulle piste di neve di un paesino valdostano.
Non siamo vicini al capolavoro, specialmente per certe cadute di stile dell'autore, che però a ben guardare fanno parte del protagonista, schiettamente volgare e brutale nell'approccio con le altre persone da cui deve spremere senza tanti complimenti la verità. Insomma deve piacere il genere maschio romano presuntuoso, che si trova suo malgrado a condurre le indagini di un caso che per sua stessa ammissione è una "rottura di coglioni di decimo grado, cum laude", tanto per capirci.
Detto questo, il romanzo scorre via veloce, è avvincente e credibile, basato per la gran parte sul dialogo, il narratore esterno segue quasi unicamente il protagonista, nel suo rapido spostarsi da una situazione all'altra. Ciascuna di esse si svolge nell'arco di poche pagine, dunque la progressione è svelta e tutto sommato ben architettata. Si giunge al termine del volumetto con la dovuta curiosità di scoprire il colpevole e per i lettori più esperti non dovrebbe nemmeno essere tanto difficile azzeccarlo.
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L'anima nera dell'investigazione
Rocco è romano, vicequestore e corrotto. Politicamente scorretto, sessualmente ingordo, “clarks-omane” e recluso, per punizione, tra i monti valdostani, capaci di peggiorare il suo carattere.
Ha un pregio però, Rocco è capace, è la faccia oscura della Luna, ma è pur sempre la Luna, in grado di far innamorare, di attrarre, di emozionare.
Nel suo primo capitolo, lo troviamo impelagato con un omicidio in alta montagna (scala 10 delle rotture), proprio in quota, tra piste, chalet e gatti delle nevi. Al commissario, pardon vicequestore, si mescolano poliziotti, maschi e femmine, di variegata fattura, a rappresentare la sfaccettata umanità in divisa. Stereotipi, non banali del giovane promettente, della ragazza capace e avvenente, del sempliciotto bonaccione, tutti visti attraverso gli occhi del loro capo. Sono le sue spalle quelli che gli permettono di tirare avanti la trama, leggermente ritrita, e dipanare l'intreccio.
Ciò che affascina, insieme ai personaggi, è l'ambiente scenico, non solo la montagna, con le sue cime innevate, i suoi alberi, le sue abitazioni di legno, ma sopratutto personaggi che raccontano un mondo. Emerge la storia dei piccoli paesi, ricca di pettegoli e impiccioni, stracolma di imparentati, luogo fecondo di segreti noti a tutti.
Il linguaggio, secco, come il clima montano, e puntuale, come un sciatore di gigante, ci traghetta tra i profumi del vin brulé, i negozi di attrezzatura sciistica, i ristoranti caratteristici, dove si suppone, si collega e si deduce in attesa di tornare a Roma (forse!).
Da leggere.
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Che ve lo dico a fare?
Ebbene...erano mesi ormai che sentivo parlare di Rocco Schiavone di qua, Rocco Schiavone di là...non potevo più rimandare...dovevo conoscerlo!
Ecchevelodicoafare...mi ha conquistato!!!
Vicequestore cinico, politicamente scorretto, sarcastico, violento e corrotto...ma con una sua "integrità" e con un passato ancora tutto da scoprire.
Il giallo è costruito bene...certo...ricalca un po' indagini già sentite e già lette nel grande mare dei gialli italici, ma personalmente non m'importa, io davanti a questo tipo di letture cerco "il protagonista" e mi appassiono a lui più che al caso da risolvere.
Letto in meno di 2 giorni, ma, ad avere tempo libero, si inizia e si finisce d'un fiato.
Per fortuna ho già il secondo "La Costola Di Adamo", e il terzo "Non è stagione"...quindi mi aspetta una full immersion con questo arrogante quanto affascinante personaggio.
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Je suis Rocco Schiavone
Rocco Schiavone, classe 1966, proprio non ce la fa a sostituire la sua amata Roma con i monti Aostini. Da quattro mesi e dodici giorni questi hanno preso il posto della Capitale, comportamento indisciplinato la motivazione ufficiale del suo trasferimento, fisico ma non mentale. Troppa calma, eccessiva tranquillità, un paese dove tutti sono un “po’ parenti”. Impensabile ed inaccettabile per un uomo che come lui appartiene alla città eterna da 46 anni. Gli manca tutto della sua vecchia realtà, della sua squadra originaria. I giorni scorrono lenti tra un panorama e l’altro sino a quando il corpo di un uomo viene ritrovato sommerso nella neve triturato da un “gatto delle nevi”; il Vicequestore avverte immediatamente che si tratta di una “rottura di coglioni di livello 10 cum laude”. L’indagine ha inizio e il funzionario-Manzini non delude le aspettative ponendo in essere un’analisi chiara, concisa, diretta, ed al tempo stesso avvincente.
Il lettore riesce facilmente ad intuire l’epilogo nonché a capire chi ha commesso il fatto di reato eppure non può staccarsi dalle pagine. L’autore, grazie ad una penna accattivante e ad un intreccio narrativo solido, avvalorato dal giusto susseguirsi di elementi e supposizioni, offre un testo genuino, non impegnativo ma curioso.
Un elaborato chiaramente ispirato all’universo Camilleriano ma che sicuramente permette al burbero protagonista di farsi amare e apprezzare dal pubblico. Una buona partenza.
«C’era un poeta tedesco che diceva che il passato è un morto senza cadavere. Non è vero. Il passato è un morto il cui cadavere non la smette mai di venirti a trovare. Di notte come di giorno. E la cosa ti fa pure piacere. Perché il giorno che il passato non dovesse più farsi vivo a casa tua, significa che ne fai parte. Sei diventato passato. »
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Schiavone, Ricciardi, Fabio Montale, Harry Hole...
Rocco Schiavone è vicequestore (non commissario, altrimenti si inalbera) ad Aosta ed è il protagonista di "Pista Nera" di Antonio Manzini.
Come altri "detective" italiaci e no, imbastisce indagini su casi a volte interessanti, a volte semplici pretesti per discrivere realtà particolari o personaggi complessi (o presunti tali o che vorrebbero esser tali).
Come altri colleghi non è esente da quella che nella mia mente definisco "La Sindrome di Fabio Montale" (dal primo detective in cui l'ho riscontrata, ma che certamente è molto molto precedente) e che colpisce detective belli e tenebrosi, perseguitati da superiori cretini, devoti alla legge, ma ancor di più al buon senso e al buon cuore (delle piccole "Antigoni"!), con qualche affanno sentimentale piccolo o grande (ma con folle di donne bellissime pronte ad un cenno - ed in genere anche prima), e TUTTI perennemente intenti a sbirciarsi nelle vetrine per confermarsi la loro tetra, ma indiscussa figaggine.
Romano, Rocco Schiavone non fa eccezione: è finito "in esilio" ad Aosta per motivi che non sappiamo, ma che sapremo (immagino).
Decisamente non integerrimo, ma con una sua integrità, anche lui ha uno Watson, mille e uno tormenti e metodi non proprio ortodossi, ma che alla fine funzionano. Anche lui più che volentieri è intento a rimirarsi nelle vetrine e a trovarsi incommensurabilmente figo, però, a tratti ne è consapevole e ci ironizza su.
Come ironizza sui cliché di romanità che spalma allegramente per tutta la storia.
Dalla sua Manzini ha la capacità di caratterizzare con molta freschezza i personaggi attraverso pochi tocchi e di farti sorridere.
L'intreccio "giallo" poteva essere un po' più articolato, ma tutto sommato la lettura è stata piacevole e lieve.
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Un coatto in Val d’Aosta
Adoro i gialli ambientati in Italia, specialmente quando ne conosco la zona, e devo dire che Manzini ha descritto molto bene la realtà del posto.
Sapevo già che difficilmente avrei trovato un altro Montalbano, ma di certo non mi aspettavo Rocco Schiavone.
Il vicequestore Schiavone, guai a chiamarlo commissario, non è entrato nelle mie simpatie. Un coatto di città che si ritrova in un paesino di montagna è come il cavolo a merenda, non so se mi spiego.., specificando poi che è stato spedito li per punizione.
Non è il personaggio in se, quelli che non mi sono piaciuti sono i modi del vicequestore, capisco che per rendere "vivace" la trama uno possa tendere ad esagerare, ma i mezzi e i modi con cui Schiavone si accinge a risolvere il caso proprio non mi vanno giù. Direi che non è proprio un santo e la vita difficile, che caratterizza il vicequestore, a mio avviso non lo giustifica.
Per quanto riguarda la storia, Schiavone si ritrova a dover risolvere un omicidio, affiancato da una squadra molto eterogenea (forse anche lui ha letto Camilleri), si ritrova a dover scoprire come mai il catanese Leone Miccichè sia stato trovato morto su una pista non sciabile. La trama non ha grandi colpi di scena, prestando particolare attenzione si può scoprire l'assassino prima della fine, questo non mi è dispiaciuto, ho dovuto tenere la mente sveglia!
Il libro si legge velocemente, non so se consigliarlo, fate voi!
Buona lettura!
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La montagne se désole
Presso la stazione sciistica di Champoluc,siamo in Valle d'Aosta, gli addetti alla manutenzione degli impianti sono alle prese con la pista da sistemare per le migliaia di turisti che giungeranno l'indomani,Amedeo Gunelli,giovane precario,sul suo cingolato sta sistemando la neve quando il suo datore di lavoro,Luigi Bionaz, gli comanda di dirigersi più a valle dove pietre e terreno hanno preso pericolosamente il posto della neve. Il ragazzo sceglie ,per dirigersi sul posto, la scorciatoia del Crest, ma mentre scende il cingolato sbanda, ha urtato qualcosa,saranno galline,viste le piume che invadono la pista? Amedeo , si disfa dell'inseparabile canna, e si avvicina a quello che sembra un animale morto al centro del tracciato , poi corre a bordo pista è vomita, quando capisce che le piume sono quelle di una giacca da neve che lui ha incidentalmente fatto a pezzi come il loro proprietario, passandoci sopra con i cingoli.
Il cadavere è quello di un siciliano, Leone Miccichè sposato con Luisa Pec una ragazza del posto con la quale aveva deciso di metter su un famiglia,ad investigare è chiamato il commissario,perdon, il vicequestore Rocco Schiavone, romano de Roma, che è stato trasferito, perdon, sbattuto sulle montagne, perchè la disciplina sta a lui, come l'abbacchio a colazione.
Oltretutto ,lui poliziotto di città con le Clarks incollate ai piedi, si ritrova in un paesino dove tutti sono parenti, i colleghi, fatta qualche debita eccezione, sembrano i cloni di "Agatino Catarella", e il giudice un rompicoglioni. Rocco Schiavone, molto a malincuore, decide di dedicarsi a questo caso che sembra diventare sempre più ingarbugliato man mano che sembra giungere a soluzione.
Il giallo scritto da Manzini ha ritmo, sebbene ricorra a clichè di scuola Camilleri, l'invenzione del poliziotto unpolitically correct e un'ottima trama con un finale per niente scontato lo rende una piacevolissima lettura.
di Luigi De Rosa
(...)La montagne se désole
Parce qu'elle n'entend plus
Le son des sonnailles(...)
da La montagne desolaye di Benin Venance Sarre 1901-1980,poeta valdostano.