Nostalgia del sangue
Letteratura italiana
Editore
Recensione della Redazione QLibri
Omicidi ieri, sangue oggi
Ci sono lavori che non avrei mai potuto fare: il chirurgo, l’infermiere, il macellaio… e direi anche il giornalista di nera. Perché io, a differenza dei due protagonisti di questo nuovo thriller tutto italiano, non potrei mai e poi mai avere “nostalgia del sangue”.
“Nostalgia del sangue” è un romanzo giallo-noir-thriller scritto da due autori italiani che si celano dietro lo pseudonimo di Dario Correnti. Quindi il lettore non solo è posto davanti al terribile caso che sta sconvolgendo la zona della Bergamasca, ma è anche desideroso di capire chi siano questi due scrittori che vogliono rimanere nell’ombra.
Il protagonista del romanzo è il giornalista Besana: non più nel fiore dei suoi anni, ormai prossimo alla pensione, si ritrova a scrivere del suo ultimo caso, forse uno dei peggiori di tutta la sua carriera. Un serial killer (solo uno?) ha iniziato a mietere vittime ispirandosi al primo serial killer italiano, Vincenzo Verzeni, studiato anche da Lombroso. Verrà accompagnato nelle sue indagini da Ilaria Piatti, giovane (ex) stagista da tutti soprannominata “Piattola”, che dietro il suo atteggiamento goffo e impacciato, nasconde un passato che l’ha segnata per sempre.
Il libro è molto interessante. Molto lungo (535 pagine), si legge abbastanza velocemente, alternando capitoli incentrati sul presente, sempre piuttosto corti, a capitoli che raccontano di Verzeni e i suoi omicidi compiuti alla fine dell’800. Sono rimasta affascinata da questo alternarsi di passato e presente che in realtà si fondono tra loro, in una storia avvincente che ti spinge a continuare la lettura.
Alla fine ci si affeziona anche ai due protagonisti, due “investigatori” quasi per caso. Besana è un uomo che ha dedicato tutta la sua vita al lavoro, sacrificando anche la sua vita privata. Per quanto riguarda Ilaria, l’unica cosa che vi posso consigliare è scoprirla leggendo il libro.
Quindi che dire se non buona lettura? :)
“Chissà perché gli occhi di una persona sono l’unica parte del corpo che non cambia mai. Te li porti dietro dall’infanzia alla vecchiaia, e mentre tu cerchi di reinventarti, cancellarti e rinascere, loro rimangono sempre uguali. Sono il tuo passato e il tuo futuro, e quell’espressione è l’unica costante su cui puoi contare, il resto si perde o si trova”.
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Il male è tornato
Acquistato per caso mentre girovagavo in libreria, si è rivelato un interessante noir italiano da leggere tutto d'un fiato.
Siamo nella bergamasca, dove soltanto pochi metri separano un gregge di pecore da un centro commerciale e dove riservatezza è il nome attribuito ad un'omertà non molto diversa dai paesi del sud Italia.
Due giornalisti, Marco Besana e la stagista Ilaria Piatti, investigano sui ripetuti delitti che si susseguono; macabri e nauseanti femminicidi ad opera di un serial killer con evidenti disturbi psichici, addirittura dedito al cannibalismo.
Besana è il classico disilluso che alla soglia del prepensionamento, si ritrova a fare i conti con il suo vissuto, convivendo con i propri rimpianti. Ilaria - d'altro lato - con un passato oscuro alle spalle , si affaccia per la prima volta al mestiere che ha sempre sognato con tutto l'entusiasmo di una neofita; due categorie sociali contrapposte impegnate in una vera e propria caccia all'uomo.
Ciò che rende interessante il racconto è il parallelismo con un fenomeno realmente verificatosi: alla fine dell'ottocento, infatti, proprio in tali luoghi - interessati da pellagra e fenomeni cretinosi - , operava indisturbato Vincenzo Verzeni, il primo criminale italiano, le cui condotte sono ora emulate a distanza di oltre cento anni da un killer misterioso, che seleziona con dovizia le sue vittime. Le indagini e le inchieste dei due giornalisti di nera consentiranno l'individuazione dello stesso, che, come normalmente accade è sempre il meno sospettabile.
Devo dire che questa lettura mi ha notevolmente intrigato proprio per il risalto che gli autori hanno inteso attribuire ad un reale fenomeno criminologico dell'Italia ottocentesca.
Questi mettono in luce la figura di Vincenzo Verzeni e gli studi che su di esso effettuò Cesare Lombroso, giovane pschiatra in carriera, che definì Verzeni un sadico sessuale, vampiro e divoraore di carne umana.
Lombroso è considerato il padre della criminologia moderna, fu esso infatti che attraverso un esame antropometrico eseguito sul Verzeni mise in luce una particolare conformazione encefalica secondo lui comune nei " selvaggi".
Dalla lettura pertanto possono emergere diversi spunti utili all'approfondimento, in primo luogo rileva il profilo anatomico: la possibilità che esistano devianze strutturali che incidono sulla personalità degli individui. Ma sopratutto, emerge per l'ennesima volta, il condizionamento che ciascuno subisce dal proprio vissuto o da quello di altri: tutti noi viviamo il presente sulla base di quanto accaduto nel passato, tutti, assassino incluso.