Nome d'arte Doris Brilli
Letteratura italiana
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Lo scandalo
“Cavallo vincente non si cambia” e Andrea Vitali ha fatto proprio questo motto, perché in tutti i suoi romanzi segue uno schema prefissato e ben collaudato. Infatti scrive due storie agli inizi apparentemente senza nulla in comune, poi le vicende procedono parallele, cominciando ad avvicinarsi all’incirca da metta dell’opera per convergere su un’unica linea nelle ultime pagine. E così è anche questo il caso di Nome d’arte Doris Brilli che inizia quasi in sordina con la bellanese Desolina Berilli fermata a Milano a Porta Ticinese in seguito a una lite in pubblico con un giornalista del Popolo d’Italia, il giornale diretto dal fratello del Duce. E’ inutile dire che, ragioni a parte, il pericolo di un intervento del potente Arnaldo Mussolini fa decidere la polizia di rimandare a Bellano la signorina, appassionata di teatro e di operette, con buone doti canore e di recitazione, tanto che si esibisce al momento in spettacolini di quart’ordine con il nome d’arte di Doris Brilli. Contemporaneamente, al paese natale troviamo il vicedirettore del cotonificio, perito industriale Delmerio Passanò, tirchio come uno scozzese, alle prese con i tentativi di maritare con un buon partito la figlia Giannetta. In mezzo, o meglio ancora vicenda nelle vicende, abbiamo il maresciallo Maccadò, di fresca nomina e di altrettanto fresco matrimonio, uomo dotato di intelligenza, a differenza dei carabinieri delle barzellette, e anche non privo di umanità, quasi una garanzia per il buon esito del romanzo. Prende corpo così una commedia degli equivoci, che vedrà coinvolti anche altri personaggi, invenzioni fortunate dell’autore, che fra una tabacchiera che scompare per poi riapparire, il pericolo, che si rivelerà infondato, che uno dei protagonisti sia affetto da tubercolosi, pranzi con intenti matrimoniali e tutta una serie di situazioni comiche arriverà a tambur battente alla fine con la scoperta di quello che ancor più all’epoca (siamo nel ventennio) si sarebbe potuto definire un grosso scandalo. E’ inutile che aggiunga altro, perché non voglio far cadere la suspense che è una delle caratteristiche positive di questo romanzo che accompagna il lettore dall’inizio alla fine con il consueto garbo proprio di Vitali, consentendo di trascorrere alcune ore in una sorta di gradevole evasione.
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Il giovane Maccadò
Siamo a maggio del 1928 in quel di Bellano. Il paesino su lago di Como ha da poco accolto l'arrivo del maresciallo Ernesto Maccadò. Fresco di promozione e di matrimonio il carabiniere si troverà in questa tarda primavera a fare i conti con neomoglie, neolavoro e soprattutto con la nutrita varia umanità che ospita il borgo. Ben particolare sarà l'indagine con cui si troverà a che fare. Ragazze affette da strane malattie, tabacchiere che scompaiono e poi ricompaiono nei posti più impensati. Vetri da pulire, sole che fa i capricci e centrali elettriche da costruire fanno da contorno al piatto principale.
Questo romanzo racchiude in sè tutta l'essenza di Andrea Vitali. Il suo stile è sempre quello: ironico, dissacrante e spiritoso, eppure profondo e capace di far riflettere. L 'ambientazione è sempre quella del paese di Bellano on il porto, le stradine del centro storico, la piazza della chiesa e sopra a dominare tutto l'orrido. Tutto però cambia e si rinnova quando ci si addenra nelle pagine del romanzo. I personaggi, alcuni dei quali noti ai lettori fedeli, si svelano poco a poco. Ognuno di loro ha una sua peculiarità che li rende unici, una storia forse "piccola" per il resto del mondo, ma "grande" per chi la vive. In questo episodio Vitali si addentra in un argomento scomdo per i nostri giorni, figurarsi per il periodo fascista. con una delicatezza che non gli è propria visto che di solito ironizza su tutto, ci parla di un amore contrastato, difficile da confessare per gli interessati e impossibile da ammettere per i genitori.
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Il Maresciallo Ernesto Maccadò
Bellano, 1924. Il Maresciallo Ernesto Maccadò, calabro e accompagnato nel trasferimento al nord dalla moglie Maristella che come lui fortemente risente del cambiamento di clima e in particolare di questo cielo scuro, nuvoloso e quasi sempre privo di raggi di sole, è subito chiamato a dimostrare il suo acume investigativo. Tre i binari paralleli: da un lato abbiamo una tabaccheria, tramandata di famiglia in famiglia, smarrita e nuovamente individuata e che potrebbe tranquillamente essere la protagonista di una nuova storia di Vitali (chissà), dall’altro abbiamo Desolina Berilli, in arte Doris Brilli, ripudiata dai genitori, padre Quirico e madre Pagnotta, perché cantante e ballerina dei teatri milanesi e dunque perché disonorante l’onore e la buona facciata degli stessi e da cui viene ospitata per il massimo tempo di dieci giorni con la scusa di dover ricevere cure mediche in attesa del trasferimento in un presunto sanatorio fiorentino (perché l’immagine di facciata va sempre tutelata!), e, da un altro ancora, un terzo nucleo di personaggi determinato da un ingegnere locale che cerca di piazzare a marito la seconda componente, ovvero la figlia di fatto affetta da una presunta asma, e infine dalla sorella, Velata, zitella per costrizione e subdolo raggiro del fratello.
Il tutto si dipana con il classico stile vitaliano che imbastisce e tira le fila per poi sorprenderci con un finale del tutto inaspettato. Le tre storie procedono su quelli che sono binari paralleli per poi andare contro le leggi della matematica e confluire in quello che è un sentiero comune. La lettura si presenta piacevole e ben strutturata tanto per trama quanto per avvenimenti, a tratti però risulta essere un poco prolissa. Sino a ben oltre la metà dell’opera si fatica a capire dove l’autore voglia portare il conoscitore, si fatica a percepire quale sia il vero oggetto del racconto. Questo rallenta il proseguire delle vicende e rischia di far perdere di curiosità e di pathos l’avventuriero.
Nel complesso una buona prova, forse non la migliore, ma comunque adatta a chi cerca un romanzo di evasione non particolarmente impegnativo.
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Quanti guai per una tabacchiera!
Siamo nel 1924. Alla caserma dei Regi Carabinieri di Bellano arriva un nuovo comandante, il maresciallo Ernesto Maccadò, qui catapultato dal profondo sud, accompagnato dalla moglie Maristella e poco abituato alle brume del nord ed al clima bizzarro e mutevole dei laghi lombardi. Cerca di adattarsi e spera con nostalgia, soprattutto per la moglie, intristita dalla nebbia e dall’umidità, di spalancare la finestra della casetta in cui abita, poco lontana dalla caserma, e crogiolarsi almeno per qualche giorno a quel bel sole mediterraneo al quale va con immutata nostalgia il suo pensiero. Ma le quotidiane beghe della piccola caserma incombono ed il primo caso che mette alla prova il suo buon senso, oltre che il suo indubbio acume investigativo, arriva ben presto. Ed è rappresentato da una tabacchiera di pregiata fattura, tramandata da famiglia a famiglia, poi smarrita, individuata in seguito (e dove non doveva esserci) dall’occhio di lince del Maccadò, di nuovo smarrita (però ad arte!), ritrovata infine per essere consegnata al benemerito maresciallo e finire finalmente in un cassetto della caserma e, forse, essere protagonista di un prossimo romanzo. La vera protagonista però è una vivace e spigliata ragazza, Desolina Berilli (in arte Doris Brilli), cantante/ballerina nei teatrini milanesi, temporaneamente ospitata dai genitori, tali Quirico e Pagnotta, che non vedono l’ora di sbolognarla fuori casa. Attorno a Doris, un teatrino di personaggi caratteristici: un dirigente, sedicente ingegnere, del locale cotonificio, con sorella depressa e figlia isterica, smaniosa di sfuggire alla tutela paterna che la vorrebbe maritare con un”ingegnerino” (vero), una compagnia itinerante di varietà, il medico condotto del paese, il solito prevosto con perpetua parlante solo dialetto locale e sacrestano arraffone e astuto, carabinieri, suore e macchiette del posto.
Un affresco piacevole e godibile, in perfetto stile bellanese, come solo Vitali sa allestire e sa preparare adeguatamente per un finale a sorpresa: una romantica, ma non tradizionale, fuga d’amore. Come già ebbi a scrivere, i nomi dei personaggi, poi, sono un godimento a parte: dove lo scrittore scovi nomi come Simmietta, Ingilde, Cainia (suora di Bellano!), Goloso, Eredita, Fissina, Velata e così via, non si sa, anche se, pare, li individui girovagando per cimiteri locali. Un godimento i nomi ma ancor più i romanzi di Vitali: non ne ho perso ancora uno e attendo con curiosità il prossimo.