Niente lacrime per la signorina Olga
Letteratura italiana
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Ma anche no.
Odio quando un libro inizia bene, con i giusti spunti per una storia interessante, e poi finisce per essere di una banalità terribile. E, purtroppo, "Niente lacrime per la signorina Olga" di Elda Lanza è proprio un libro di questo genere.
Personaggi piatti, senza un briciolo di caratterizzazione (se si esclude il ricordarci ogni due pagine di quanto il commissario sia bravo nel suo lavoro). Il libro che passa dall'essere, per le prime duecento pagine, un giallo, e per il resto un pessimo romanzo rosa, infarcito di dichiarazioni d'amore (messe completamente a caso, tra l'altro) e di paranoie che nemmeno un adolescente in piena crisi ormonale.
Senza contare il caso in sé e per sé. Raccontato in modo decente, per poi essere abbandonato. Così, a caso. Il dialogo è più o meno questo:
"Non ci capisco nulla. Chiudo il caso. Non mi piace, ma chiudo il caso."
"Quindi, commissario, chiudi il caso?"
"Sì, chiudo il caso. Ma lo riapro tra un paio di mesi."
"Va bene. Chiudi il caso."
No, non sono io che scrivo dialoghi a caso ripetendo sempre le stesse cose: è lo stile di più o meno tutti i dialoghi scritti dalla Lanza. Ah, nel caso ve lo chiedeste: no, non riapriranno il caso, ma per lo meno verrà risolto.
E questa è un'altra cosa che mi ha fatto davvero arrabbiare. Se il libro para dell'omicidio della signorina Olga, per quale motivo mi parli di altri TRE casi? Ne capisco uno, dato che si rivela utile ai fini della trama (se ne poteva fare a meno, dato che tenta invano di inserire dell'angst, rovinando completamente il libro), ma gli altri due? Assolutamente inutili, infilati giusto per allungare il brodo.
Per cui no, non vi consiglio di leggerlo, perché è una perdita di tempo. Se volete leggere un bel giallo, andate sul sicuro e prendete la Christie.
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Camilleri in gonnella? E che significa?
Ennesimo libro italiano che deve moltissimo a Camilleri.
La signorina Olga è un'ottantenne della campagna piemontese trasferitasi in un paese vicino Milano.
Nove anni dopo il suo trasloco in un condominio abitato da un quadretto umano di una banalità sconcertante, la signorina Olga viene trovata morta con una corda attorno al collo.
Cominciano le indagini, condotte dal commissario Gilardi e dal suo vice, Santino.
I due, in una pessima imitazione di Montalbano e Fazio, indagano a lungo, immergendosi nella palude di pettegolezzi e faide di condominio.
La trama procede piuttosto innocua per un certo numero di pagine, si hanno delle pseudo-rivelazioni e prima di impantanarsi del tutto, l'indagine viene chiusa.
Ma ovviamente il commissario, che evidentemente non ha niente di meglio da fare, continua a pensarci.
Dopo qualche mese si ritrovano tutti al condominio per un nuovo assassinio, ma ciò accade solo nelle ultime cento pagine, in quando l'autrice nel frattempo si fa prendere la mano e il romanzo, da un giallo sbiadito, scivola in uno stiracchiato rosa, con la signora Lanza (autrice) che tenta impacciatamente di rendere vivi e reali personaggi palesemente finti e piatti.
Insomma, una prosa inoffensiva sposa malauguratamente una scarsa capacità di caratterizzazione, confezionando un romanzo che può tranquillamente essere ignorato.
Anacronistico, nella mia esperienza di condomino, il legame sia positivo che negativo che si viene a creare tra gli abitanti del condominio, ricordo di un tempo passato in cui si dava molta più importanza all'apparenza del buon vicinato e si cercava in tutti i modi di conoscere i propri vicini.
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un buon giallo
E' un libro che ho letto con piacere e con buon coinvolgimento. Ho apprezzato la vastità dei personaggi ed i loro imprevedibili intrecci.
La quantità delle pagine non appesantisce il romanzo.
E' apprezzabile la 'pulizia' dei dialoghi.
Riguardo alle recensioni 'professionali' , ne ho letto una che accostava il romanzo ai gialli nord-europei ( Larsen e c,) non mi è sembrato così.
Comunque complimenti sig.ra Elda
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Un giallo "pulito"
Elda Lanza, l'autrice di questo libro, è stata definita dalla critica la "Camilleri in gonnella".
Prima conduttrice rai, esperta di comunicazione a tutto tondo, ci presenta un giallo classico caratterizzato da uno stile pulito e senza fronzoli.
In un'intervista avvenuta poco dopo l'uscita del libro, l'autrice - di cui non ricordo l'età precisa, ma vale la pena dire che è intorno ai 90 anni - annunciava compiaciuta di avere scritto 400 pagine senza nemmeno una parolaccia.
Questo dettaglio stilistico è al contempo un punto di forza e un limite.
Da un lato, infatti, il romanzo è ripulito dalla volgarità che caratterizza la nostra epoca. Pensando ad una parola che mi consenta di descrivere la scrittura della Lanza mi viene in mente "rilassante": non ci sono voli pindarici, descrizioni agghiaccianti di scene un po' splatter, non ci sono urla e svarioni linguistici. Tutto è lineare, dolce, edulcuorato.
Dall'altro lato, però, credo che il linguaggio, in un romanzo, debba rispecchiare il contesto in cui avvengono le vicende: ad un uomo di quarantacinque anni, un poliziotto a caccia di un assassino, qualche "vaffanculo" prima o poi scappa, o no? Un linguaggio troppo "pulito" all'interno di un giallo crea una sorta di distanza, e limita il coinvolgimento, la partecipazione emotiva.
Tuttavia è sicuramente una lettura piacevole. La ricerca del colpevole all'interno di un condominio permette di incontrare diversi personaggi, alcuni di essi - ad esempio la signora che passa il giorno attaccata allo spioncino per controllare chi sale e chi scende - semplicemente esilaranti. Lo consiglio vivamente a chi ha voglia di una lettura semplice ma nello stesso tempo densa di mistero.