Nero di maggio Nero di maggio

Nero di maggio

Letteratura italiana

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Hitler e Mussolini cementano le basi della loro funesta "amicizia". Preludio simbolico dell'asse è la visita del Führer in Italia: Roma, Napoli e, per ultima, Firenze. Pochi giorni prima dell'arrivo dei due dittatori sulle rive dell'Arno, viene scoperto il cadavere di una prostituta minorenne, morta per strangolamento. Un caso ordinario, a prima vista. Eppure gli esponenti fiorentini del Regime iniziano a tremare... Affetto da un'inguaribile curiosità "professionale", il capitano dei carabinieri Bruno Arcieri dà inizio a un'inchiesta labirintica, paziente, testarda. Colpo di scena dopo colpo di scena, Arcieri insegue le tracce di un assassino spietato, di un machiavellico disegno criminale, di una verità inconfessabile.



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Nero di maggio 2007-10-19 20:30:48 Renzo Montagnoli
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Renzo Montagnoli Opinione inserita da Renzo Montagnoli    19 Ottobre, 2007
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Primavera hitleriana

In un caldo maggio del 1938 a Firenze ci sono la visita di Hitler, i frenetici preparativi della città per il memorabile evento, due omicidi di prostitute assai giovani, un capitano dei Reali Carabinieri dotato di notevole intuito, la sua fidanzata, ebrea, che vuole dare un senso alla vita con un gesto clamoroso, un giovane gerarca di primissimo piano e tutto un contorno di personaggi di assoluta credibilità.

Il ricorso a una ricostruzione storica esemplare conferisce una dignità letteraria di notevole livello a un romanzo giallo, ben congegnato e con una trama avvincente, densa di pathos che resiste benissimo fino alla soluzione finale.

L’impressione che ho avuto è che l’autore sia ricorso al thriller come un pretesto, per descrivere invece atmosfere e personaggi di un epoca nemmeno tanto lontana e questo è il pregio principale dell’opera.

Fra l’altro è addirittura superlativa la capacità che ha avuto nel delineare la figura dell’alto gerarca fiorentino, nel romanzo senza nome, ma facilmente identificabile in Alessandro Pavolini, il più nazista dei fascisti, uomo colto, brillante, costantemente in preda a un delirio di rinnovamento accompagnato da uno spietato cinismo.

I dialoghi fra Bruno Arcieri, l’abile capitano dei Reali Carabinieri e questo personaggio di primo piano, affabile, ma anche crudele, sono la parte migliore di un romanzo in cui l’aspetto storico è a mio avviso predominante.

La meticolosa ed esatta ricostruzione del corteo che porta dalla stazione ferroviaria al centro Hitler e Mussolini è stupefacente per il coinvolgimento del lettore, a cui pare addirittura di trovarsi presente, fra la folla assiepata ai lati delle strade.

Un altro elemento da non sottovalutare è poi il conflitto fra il profondo senso di giustizia del capitano Arcieri e il concetto della stessa, del tutto personale e delirante, del gerarca.

Quindi, non solo un bel giallo, avvincente e ricco di tensione, ma anche un grande affresco storico che riesce a darci una visione di un’Italia alla vigilia della seconda guerra mondiale, un paese che inizia ad avvertire i primi sintomi di un piccolo benessere, senza accorgersi che è il miglioramento, apparente, del moribondo prima del decesso.

Del resto l’apparenza domina su tutto, ogni cosa deve sembrare fulgida anche se non lo è e i problemi non esistono, perché basta non parlarne, caratteristiche che, purtroppo, ricompaiono anche ai nostri giorni.

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