Nero di maggio
Letteratura italiana
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Primavera hitleriana
In un caldo maggio del 1938 a Firenze ci sono la visita di Hitler, i frenetici preparativi della città per il memorabile evento, due omicidi di prostitute assai giovani, un capitano dei Reali Carabinieri dotato di notevole intuito, la sua fidanzata, ebrea, che vuole dare un senso alla vita con un gesto clamoroso, un giovane gerarca di primissimo piano e tutto un contorno di personaggi di assoluta credibilità.
Il ricorso a una ricostruzione storica esemplare conferisce una dignità letteraria di notevole livello a un romanzo giallo, ben congegnato e con una trama avvincente, densa di pathos che resiste benissimo fino alla soluzione finale.
L’impressione che ho avuto è che l’autore sia ricorso al thriller come un pretesto, per descrivere invece atmosfere e personaggi di un epoca nemmeno tanto lontana e questo è il pregio principale dell’opera.
Fra l’altro è addirittura superlativa la capacità che ha avuto nel delineare la figura dell’alto gerarca fiorentino, nel romanzo senza nome, ma facilmente identificabile in Alessandro Pavolini, il più nazista dei fascisti, uomo colto, brillante, costantemente in preda a un delirio di rinnovamento accompagnato da uno spietato cinismo.
I dialoghi fra Bruno Arcieri, l’abile capitano dei Reali Carabinieri e questo personaggio di primo piano, affabile, ma anche crudele, sono la parte migliore di un romanzo in cui l’aspetto storico è a mio avviso predominante.
La meticolosa ed esatta ricostruzione del corteo che porta dalla stazione ferroviaria al centro Hitler e Mussolini è stupefacente per il coinvolgimento del lettore, a cui pare addirittura di trovarsi presente, fra la folla assiepata ai lati delle strade.
Un altro elemento da non sottovalutare è poi il conflitto fra il profondo senso di giustizia del capitano Arcieri e il concetto della stessa, del tutto personale e delirante, del gerarca.
Quindi, non solo un bel giallo, avvincente e ricco di tensione, ma anche un grande affresco storico che riesce a darci una visione di un’Italia alla vigilia della seconda guerra mondiale, un paese che inizia ad avvertire i primi sintomi di un piccolo benessere, senza accorgersi che è il miglioramento, apparente, del moribondo prima del decesso.
Del resto l’apparenza domina su tutto, ogni cosa deve sembrare fulgida anche se non lo è e i problemi non esistono, perché basta non parlarne, caratteristiche che, purtroppo, ricompaiono anche ai nostri giorni.