Negli occhi di chi guarda
Letteratura italiana
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Recensione della Redazione QLibri
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Che Dio ce ne scampi e gamberi
Marco Malvaldi, professione chimico. Ho letto la bio dell’autore soltanto dopo aver assaporato i primi capitoli, e l’associazione è arrivata immediata: Primo Levi, anche lui chimico e scrittore, che però ha vissuto una vita completamente diversa, in un’altra epoca, praticando tutt’altro genere letterario. Eppure, l’affinità c’è, si nota e forse si può ricondurre alla chimica: la precisione, la cura e l’attenzione con cui i personaggi sono evocati, descritti e “messi in scena” fin nei loro minimi particolari, dalla professione all’aspetto fisico, dal temperamento all’istruzione, dalle abitudini ai mezzi di trasporto, dall’abbigliamento alla salute, dal linguaggio agli umori, senza tralasciare vizi e idiosincrasie.
Nel palcoscenico più suggestivo della nostra Maremma i personaggi sono riuniti per comporre molto più di una semplice somma: si amalgamano in un organismo dalle peculiarità uniche. Il Poggio delle Ghiande è il fulcro e il motore immobile di questo giallo raffinato, che ricorda davvero le atmosfere di Agatha Christie, con tanto di stanze segrete e amori nascenti, ma si differenzia con un alcuni ingredienti in più: l’ironia che accende i toni, la disponibilità a giocare con vari registri e inconsueti, spaziando tra il grottesco e l’amabile. La penna di Marco Malvaldi dipinge un gruppo dalla complessità variegata, in cui i giochi di attrazione e contrasto formano una equilibrio precario, interrotto presto dall’esplosione sotterranea che genera il delitto, la morte, la rottura definitiva dell’armonia.
Tornando alle affinità “chimiche”: la documentazione accurata che amplifica il piacere della lettura e talvolta consente al romanzo di espandersi in dimensioni impreviste, offrendo digressioni che arricchiscono l’equilibrio complessivo della narrazione senza appesantirlo. Notevoli, per esempio, le battute sull’arte, sulla sua capacità di innescare stupore e cambiamento; strepitoso il dialogo sui differenti modi di dirigere un’orchestra, che penetra sia la storia del romanzo sia la sua struttura narrativa: “Ecco, Poggio alle Ghiande è, era, il nostro direttore d’orchestra”.
Una storia pienamente godibile dall’inizio alla fine, con qualche rallentamento tra le spiegazioni degli ultimi capitoli, che forse lasciano stagnare troppo a lungo la tensione: un’opera multistrato da assaporare con calma o da divorare con appetito... secondo i gusti e i temperamenti.
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Delitti tra mare e maremma
Poggio alle Ghiande è una splendida tenuta che si stende tra il Tirreno e le colline della Maremma. I proprietari sono i gemelli Cavalcanti che, pur essendo omozigoti, non potrebbero essere più diversi di così: Alfredo è un uomo d’affari sempre di corsa, mentre Zeno è un collezionista d’arte, decisamente anticonformista e “sopra le righe”. A Poggio alle Ghiande passano le vacanze alcune persone che definirle stranamente assortite ed eterogenee è un eufemismo. C’è una professoressa di chimica che si diletta a distillare strani estratti vegetali, un meccanico di F1 stanco dei rumori della pista, una moglie tradita ed abbandonata, un ex direttore d’orchestra iconoclasta con relativa consorte ed una serie di estrosi “famigli”.
Qui si incontrano per motivi diversi Margherita Castelli filologa chiamata da Zeno a catalogare la sua vasta collezione, e Piergiorgio Pazzi, medico epigenetista che vuol esaminare il DNA dei gemelli. Sono personaggi che i lettori appassionati di Malvaldi hanno già incontrato nel romanzo “Milioni di milioni”. Ovviamente, giacché essi sono i protagonisti di un romanzo giallo, come arrivano ci scappa il morto. In questo caso più d’uno. Tutto pare girare attorno alla proposta d’acquisto che la società finaziaria cinese SeaNese ha fatto per la tenuta, al fine di trasformarla in un lucroso resort. Alfredo, in bolletta dura, non aspetta altro. Zeno, che a Poggio alle Ghiande ha trovato il suo buen retiro, è fermamente contrario. Poi entreranno in ballo anche altre questioni “artistiche” a complicare il già contorto rapporto tra i personaggi e l’enigma che dovranno sbrogliare le autorità inquirenti.
Come al solito Malvaldi, pur parlando di morti ed intrighi, riesce ad essere sempre allegro e scanzonato. Anche questo romanzo perciò è godibilissimo e si legge in pochissime sedute di lettura estremamente piacevoli e rilassanti. Il rovello poliziesco non è particolarmente originale (vedere in calce per chi non teme gli spoiler), ma, comunque, è ben trovato e ben esposto. I personaggi sono tutti assai divertenti e, essendo rigorosamente toscani, tutti hanno la battuta pronta tagliente e salace che non tarda a far sorridere o ridere di gusto il lettore.
Inoltre, come spesso accade nei suoi romanzi, il dott. Malvaldi non si lascia sfuggire l’occasione di salire in cattedra per distribuire qualche perla di saggezza scientifica, che aggiunge un po’ di sale alla pietanza già di per sé gustosa.
Ovviamente nulla da aggiungere sullo stile, sempre perfetto. Da superpignolo posso solo dire di aver notato un paio di sviste ed uno strano teletrasporto spaziale di un personaggio, ma nulla che disturbi più di tanto.
In definitiva un ottimo passatempo. Personalmente, visto che provenivo da un paio di letture decisamente più pesantucce, è stato come aprire una finestra per far entrare aria fresca e profumata in una stanza troppo a lungo tenuta serrata. Solo per questo l’A. si merita il mio sentito ringraziamento.
Per concludere un piccolo (preannunciato) SPOILER dedicato al dott. Malvaldi personalmente, nell’ipotesi, per vero assai improbabile, che il suo occhio capiti a leggere queste righe. E’ vero che, come lui testualmente scrive nella sua postfazione “chi scrive romanzi non inventa quasi mai nulla, e che gli esseri umani nel loro insieme hanno molta più fantasia di qualunque romanziere”. Nella fattispecie, l’idea di base del romanzo è stata usata come ragion d’essere di un gustoso film di tanti anni fa (1968). Si intitolava “Nemici per la pelle” (titolo originale: Le Tatoué), diretto da Denys de La Patellière, con i grandi Louis de Funès e Jean Gabin. In quel caso non si parlava di Ligabue, ma di un ancor più prezioso Modigliani, ma, in fondo, sempre era sempre un “vendere la pelle dell’orso, prima d’averlo ucciso” o, se si vuole “di salvarsi la pelle”. Comunque, in tutta onestà: il precedente l’ho ricordato solo a trame svelate…
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Ambarabà Ciccì Coccò. Tre civette in pensione
C’era un tempo in cui, per dirimere una controversia senza soluzione, due fratelli si sarebbero affidati alle tre famose civette sul comò. Sarà che i tempi sono ormai cambiati o che l’età delle filastrocche è definitivamente passata per Zeno e Alfredo Cavalcanti, tant’è che i due gemelli sessantenni escogitano un modo assai più complesso per stabilire se vendere o meno l’antica tenuta di famiglia. E chiamano addirittura un professore, studioso di DNA gemellari, per risolvere la questione.
È così che il genetista Piergiorgio Pazzi, già protagonista di “Milioni di milioni”, giunge a Poggio alle Ghiande, splendido podere immerso nella campagna toscana. Ad accoglierlo, oltre ai due suddetti gemelli, tanto identici nell'aspetto quanto diversi nell'indole, una schiera di personaggi, come sempre simpaticissimi e un po’ sopra le righe. Un giardiniere fedele e puzzolente, che ha trascorso la giovinezza in manicomio. Un domestico polacco devotissimo alla Madonna di Czestochowa e alla varechina. Una schiera di curiosi e linguacciuti affittuari. E Margherita, l’amica filologa con cui riprendere un discorso rimasto in sospeso da cinque anni.
Infine, non mancheranno, ovviamente, un mistero da risolvere e un assassino da trovare.
Con questo suo ultimo romanzo, Marco Malvaldi si riconferma un maestro del giallo umoristico, capace ancora una volta di divertirci e divertirsi. Perché ogni pagina, ogni dialogo, ogni parola sembra trasmettere il buonumore e l’ironia con cui l’autore si diverte a inventare bizzarri personaggi che incarnano - e prendono garbatamente in giro - vizi, virtù e stranezze della nostra società e a raccontarci storie, senza dimenticare di inserire qualche aneddoto sugli argomenti che più ama, come la chimica, l’arte, la musica.
La ricetta è collaudata e assicura ancora una volta un piatto dal gustoso sapore di sorriso e piacevolezza. Forse, a voler essere del tutto onesti e un po’ puntigliosi, manca ormai l’effetto sorpresa, quell'ingrediente in più che, come in cucina, sia in grado di rinnovare la pietanza tradizionale. In altre parole, tutto è ben confezionato, proprio nella maniera in cui il lettore ormai se lo aspetta, soprattutto il cosiddetto “colpo di scena” che finisce per essere a mio avviso piuttosto prevedibile. Nel complesso, da consigliare, per chi cerca un giallo spassoso, in cui non mancano ironia e intelligenza.
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Omicidio a Poggio alle Ghiande
Piergiorgio è un medico, precisamente un professore associato di epigenetica; Margherita una filologa e archivista, esperta in catalogazione di opere d'arte: si ritrovano nella splendida tenuta di Poggio alle Ghiande, nella Maremma toscana, entrambi a lavorare per Zeno ed Alfredo Cavalcanti, i proprietari della tenuta.
I due fratelli -gemelli- sono in disaccordo fra loro se vendere la proprietà ad una holding immobiliare cinese, la SeaNese, oppure no. Piergiorgio viene interpellato come genetista e Margherita sta lavorando come filologa per Zeno, il gemello che vorrebbe tenersi Poggio alle Ghiande, che è un collezionista di successo di opere d'arte. Il fratello che vorrebbe vendere è invece Alfredo, un broker ormai squattrinato. Il talentuoso dottore e la bellissima archivista si incontrano quindi – per la seconda volta, visto che si erano già conosciuti anni prima- nella tenuta di Zeno e Alfredo, ma non sono gli unici ospiti a trovarsi in quel luogo. Qui vi abitano o ci passano le vacanze, come affittuari, diverse altre persone: un musicista ormai in pensione con la moglie, un'anziana professoressa di chimica, un meccanico di box di Formula 1, una casalinga da poco lasciata dal marito per una donna più giovane; vi sono poi i curatori della vendita della tenuta alla holding cinese, l'architetto Giorgetti e l'ingegner De Finetti, e naturalmente, il domestico polacco Piotr e il custode, Raimondo Del Moretto.
Fra cene, tentativi di corteggiamento verso Margherita, personaggi curiosi ed altri inquietanti, passano i primi giorni di Piergiorgio a Poggio alle Ghiande. Quando il genetista torna, due settimane dopo, per comunicare ai fratelli i risultati dei test che gli sono stati richiesti, trova ad attenderlo, come nella miglior tradizione di polizieschi, un omicidio. Il custode della tenuta, un uomo parecchio singolare, è stato ucciso. Si dipanano così le fila di un giallo misterioso, condito, qualche giorno dopo, da un altro omicidio. Chi sarà il colpevole? Riusciranno la bella Margherita e l'aitante Piergiorgio a risolvere l'enigma?
Un romanzo che ho letto volentieri, impreziosito dallo stile ironico e fresco di Malvaldi, più che dalla trama particolarmente ricca di colpi di scena o suspense. Una lettura frizzante, nonostante si tratti di un giallo, ben lontana da toni cupi o drammatici, grazie appunto all'arguta ironia dell'autore. In effetti ci sono passaggi che potrebbero risultare un pochino scabrosi ma il Malvaldi riesce con facilità a ricondurre tutto alla razionalità ed anche a farci sorridere. Il romanzo è quindi contornato da una leggerezza che non è superficialità ma piuttosto piacevolezza.