Mr. Bad Guy
Letteratura italiana
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Puzzle rosso sangue
In una stazione di polizia, due poliziotti trovano il video-messaggio di un assassino, che desidera raccontare la sua storia. Sembrerebbe un poliziesco, e sembrerebbe che le pagine successive siano il classico flash back, ma ci troviamo invece immersi in 3 storie che corrono su binari differenti per poi arrivare tutti alla stessa fermata.
Ispirato allo stile del vecchio Tarantino, l'autore sceglie di frammentare il suo romanzo in scene apparentemente discostanti per narrazione e atmosfera. Il primo capitolo inizia con una imbarazzante cena tra amici, il secondo mostra un uomo con il volto coperto da una maschera di Paperino, che accompagna una pornostar dentro un camper abbandonato nel bosco, e il terzo un ragazzo che si sveglia per cominciare l'ennesimo giorno di scuola.
Cosa hanno in comune questi tre capitoli? Solo la lettura può spiegarlo.
Un incastro perfetto, che non lascia buchi narrativi. Un romanzo di formazione, si potrebbe dire, se non fosse che questa formazione è assolutamente nichilista, negativa, e porta i personaggi a scegliere lucidamente la strada del male.
La scrittura è arricchita da un costante humor nero di cui i protagonisti sono consapevoli, perché sanno di trovarsi in delle situazioni paradossali e folli. La follia, infatti, è la parola chiave di questo romanzo.
Sangue, tanto sangue che potrebbe allarmare i più delicati, ma che non è mai gratuito e serve per lasciare l'impronta stilistica dell'autore, che fa l'occhiolino a gran parte del cinema horror, ma anche alla cultura pop in generale, tra fumetti e cartoni animati.
Indicazioni utili
Chi è Mr Bad Guy?
Chi è il giovane Stefano Vinalli? È un pazzo, uno che ha guardato troppi film di violenza, uno sfigato che vuole prendersi una rivincita su un mondo al quale non sa adattarsi?
È questo e non solo questo, è un sottoprodotto di una società cieca e indifferente, che lascia alla tv e alla solitudine il compito di riempire i vuoti di un’educazione (non) sentimentale.
È una storia per palati di piombo e stomaci forti, che “fa paura” perché materializza una follia lucida e spietata, realistica se non reale, una follia che ha metodo ed è andata al di là della paura dell’attuazione delle peggiori intenzioni.
Descrive in modo crudo e cruento un incubo nato da quello che qualcuno potrebbe chiamare “disagio giovanile”, come se un inetto trasformato in Terminator esprimesse il desiderio di esibirsi, in un pasticcio, o pulp, inquietantemente post-moderno, consumando un match di wrestling davanti a una folla assetata di sangue.
Una follia all’ultimo stadio della follia, quella che vuole guardarsi (e che tutti guardino) attuare il grottesco e orrido disegno di una mente allo sbando.