Morte a Bellagio
Letteratura italiana
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Donne in gabbia
Questo bel giallo si apre con un incidente, che, molto presto, si rivela poter essere qualcosa di diverso. Un’auto manomessa, una famiglia potente, un matrimonio di facciata, soldi, sempre soldi, ma non solo soldi. Gli ingredienti che compongono questa storia sono da grande romanzo popolare. Ed è un giallo italianissimo, in tutto: nei paesaggi, accuratamente descritti, che circondano il lago di Como, nei nomi dei personaggi, nei clichés dell’alta società, nelle modalità di gestione e di crescita di un’impresa familiare, nei pregiudizi sociali, nei rapporti familiari, nel legame madre e figlia. Entrambe in gabbia. Entrambe messe in gabbia dalla loro famiglia. Il finale è inaspettato e sorprendente.
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Un'ombra nera al lago
Cocco e Magella hanno ideato la serie con protagonista il commissario Stefania Valenti ne Ombre sul lago, Omicidio alla Stazione centrale; ed ora tornano con Morte a Bellagio: giallo raffinato che racconta la storia di una famiglia decaduta. Un bel libro con:
“Ingredienti da romanzo popolare: una donna morta, bella e ricchissima; un marito introdotto negli ambienti giusti; una famiglia che un tempo era stata potente. Senza contare il fascino del lago di Como, il rocambolesco incidente, e l’alone di mistero che da sempre regnava su quel mondo fatto di denaro e grandi ville.”.
Il libro racconta, infatti, del ritrovamento, in una notte di dicembre, del cadavere di Irene Castelli, brutalmente finita in un fosso con la sua lussuosa automobile. Omicidio o suicidio? E perché? La famiglia di lei è una importante figura nel luogo, poiché:
“l’azienda di famiglia, la Tessitura Castelli, che dalla metà degli anni Cinquanta fino agli anni ’80 era diventata una delle più importanti realtà produttive del comasco, con centinaia di dipendenti e fatturati da capogiro. Il capostipite era morto nel 1996. Da quel momento in avanti le redini dell’azienda erano state tenute dal figlio Roberto e dal marito di Irene.”
Un omicidio o un suicidio che riporta all’indietro, al tempo in cui le malattie polmonari venivano curate in sanatorio, lontano dagli occhi e dalle indiscrezioni della gente. Come in questo caso a Sondalo:
“Pensato al termine della Prima Guerra Mondiale, nell’ottica di contenimento della tubercolosi, e realizzato tra il 1932 e il 1939 per volontà di Eugenio Morelli, insigne tisiologo valtellinese trapiantato a Roma, in origine l’edificio costituiva un complesso del tutto autosufficiente, una vera e propria cittadella – acropoli incastonata nello sfavillante scenario delle alpi, a un’altezza di circa mille metri sul livello del mare.”.
Un’indagine difficile per il commissario Valenti:
“quarantotto anni, ma ne mostrava qualcuno in meno. Bionda, con gli occhi nocciola, e una strana fossetta al mento.”.
Lei è perspicace, intelligente, ma alle prese anche con problemi familiari: l’anziana madre che si ostina a vivere da sola, nonostante l’età, il rapporto con il nuovo compagno Luca e sua figlia Camilla, non proprio idilliaco. A complicare la vita ritorna anche Giulio Allevi, con la nuova qualifica di commissario capo. Un uomo con cui il commissario ha avuto una relazione, che ora le provoca sensazioni contrastanti.
Un giallo che risponde ai canoni classici del genere. Una trama ben strutturata, una lettura veloce e spigliata, un’indagine immersa in panorami mozzafiato ottimamente descritti, ricoperti da quella patina nebbiosa che dona alla narrazione un fascino del tutto particolare. Un grande celebrazione dei luoghi, delle memorie e dei miti del Lago di Como a suon di noir: ecco la giusta descrizione per questo libro.