Madre d'ossa
Letteratura italiana
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Teresa Battaglia non si arrende.
E’ il sesto episodio della serie che Ilaria Tuti ha dedicato a Teresa Battaglia, commissaria di polizia coraggiosa e battagliera ma con un carattere aspro e difficile. Ora Teresa è a riposo, affetta da sintomi sempre più preoccupanti del morbo di Alzheimer: sta perdendo la memoria, la mente a volte non è più lucida come un tempo, lei stessa non è più autonoma, anche se non ha mai smesso di indagare rivelandosi ancora utile per la soluzione di casi complessi. All’inizio del thriller, viene trovata inspiegabilmente abbracciata ad un ragazzo, morto suicida: anche lei ha tracce di sangue sui vestiti, non sa dare spiegazioni all’amico ispettore Massimo Marini, che capisce di doverla proteggere da insinuazioni ed eventuali accuse. Iniziano così le indagini. Siamo in Friuli, terra un tempo di invasioni barbariche, soprattutto da parte di Longobardi che fondarono proprio a Cividale il loro primo ducato intorno all’anno seicento: terra anche di reperti archeologici importanti, che hanno portato alla luce scheletri e raccolte di ossa, oltre a testimonianze di antichi riti sia pagani che cristiani. Le indagini conducono presto a questo mondo misterioso e sconosciuto e si rivelano complesse. Il padre del ragazzo suicida è di nobile casata, diretto discendente del longobardo Alboino, la madre da anni è scomparsa, strani reperti vengono portati alla luce quali la scoperta delle cosiddette “morti inquiete” , con inconsuete ed enigmatiche sepolture rituali, ed il rinvenimento in alcune catacombe di numerosi scheletri di nani acondroplasici e di cadaveri con strane legature a testimoniare leggende antiche e riti specifici. La trama si fa sempre più complicata, si brancola nel buio, si sospetta la presenza di una talpa nella polizia che sa e non parla e, addirittura, nelle figure mediche che hanno in cura Teresa: la storia è angosciante, un valido aiuto lo dà Elena, esperta archeologa e compagna dell’ispettore Marini, bisogna scavare nel passato, esaminare reperti, studiare alcune ossa ritrovate con significati rituali per arrivare, alla fine, alla Madre d’ossa del titolo, custode di antichi riti misteriosi, una specie di sciamana con numerosi adepti. Adepti che formano una vera e propria setta, un tempo a sfondo esoterico e religioso, attualmente con intendimenti ben più prosaici, potere e affari. Teresa mette a repentaglio la propria vita in attimi di spericolata incoscienza, ma ha intuizioni inaspettate e momenti di inattesa lucidità, venati da lampi di nostalgia di un dolente passato.
Tutto è bene quello che finisce bene. Gli argomenti trattati hanno sempre un alone di mistero, portando alla luce figure ancestrali, alla ricerca tortuosa di verità arcane fuori dal tempo e dallo spazio: verità manipolate ad arte, per incutere timori o trarre vantaggi. Teresa Battaglia, pur con i limiti imposti dalla malattia, lotta da par suo alla ricerca di verità nascoste, riuscendo anche a non farsi manovrare e indurre in inganno da chi vuole depistare le indagini. Ilaria Tuti tratteggia magistralmente questa figura di donna, seguendola nel progredire del decadimento mentale e mettendo sempre in risalto quell’intuizione geniale che salva la protagonista da un’irrimediabile caduta.
Il romanzo è scritto bene, con perfetta conoscenza di luoghi attuali e di riti ancestrali del territorio. Anche i personaggi sono ben calati nella storia investigativa, quasi tutti vicini all’ex commissaria, in segno di amicizia e di protezione: anche lo scorbutico questore Albert Lona, ostile all’inizio a Teresa, viene alla fine conquistato dalla disarmante simpatia della donna.
Madre d’ossa piacerà soprattutto a chi ama i thriller che affondano le radici in un passato molto lontano, dove leggende e misteri avvolgono le vicende in un alone sospeso di incertezza e di pericoli imminenti. Naturalmente Teresa Battaglia occupa la scena, protetta da colleghi che ne conoscono la vulnerabilità e l’aiutano a tenersi disperatamente aggrappata alla vita.