Lissy
Letteratura italiana
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MONTAGNA: TRA PAURA E SUGGESTIONE
Siamo nel 1974 nel Sud Tirolo e conosciamo Marlene una giovane ragazza di 22 anni che è sposata con Herr Wegener, uno degli uomini più importanti e pericolosi della zona.
La donna è cresciuta in un maso e in una famiglia molto povera e questo matrimonio le ha permesso di condurre una vita più tranquilla, almeno dal punto di vista economico.
Marlene decide di scappare dal marito, lo deruba e se ne va via, ma quello che sottrae non è solamente del denaro ma qualcosa di più prezioso, che scatenerà l'ira di uomini ancora più potenti e spietati di Wegener.
Durante la fuga, la ragazza avrà un incidente e viene aiutata da Simon Keller, un Bau'r, un contadino e cacciatore sui sessant'anni che vive da solo in montagna, in un maso isolato dal resto del mondo.
Inizia così la ricerca della ragazza da parte di Herr, che si sente deluso e amareggiato da quello che Marlene gli ha fatto, lui amava veramente la moglie ma possiamo dire lo stesso di lei?
Per cercare Marlene viene ingaggiato l'Uomo di fiducia, un feroce assassino di cui non sappiamo l'identità o altre notizie su di lui, l'autore ci dice solamente che è bello come un attore di Hollywood. Però i pericoli per la donna, possono essere più vicini di quanto lei sospetti...
"L'autocontrollo era stato per anni il suo vanto. Nervi saldi e sangue freddo l'avevano portato a comandare su ciò che, segretamente, avevano battezzato «l'impero». Un impero pronto a spiccare il balzo che, questo era il piano, gli avrebbe permesso di elevarsi dal rango di uomo di fronte al quale ci si toglie il cappello a uomo al cui cospetto è obbligatorio genuflettersi."(cit. pag. 15)
Al di là della trama, il romanzo mi ha lasciata in alcuni punti un po' perplessa.
All'inizio del libro ho fatto un po' di fatica ad entrare nella storia, la narrazione è stata molto lenta però i capitoli brevi mi hanno aiutato a continuare la lettura.
Ho trovato l'ambientazione ben descritta e curata nei dettagli e in alcuni casi, ho avuto la curiosità di andare ad approfondire alcuni termini che non conoscevo.
Sicuramente dopo aver letto il libro, vorrei andare a visitare i luoghi che l'autore ha descritto.
"Mancava il libro. Quel libro. Il suo libro. Le fiabe dei fratelli Grimm.L'unico oggetto che Marlene aveva portato con sè dalla dei genitori a quella del marito." (cit pag. 17)
Nel complesso mi sono piaciuti i dialoghi che ho trovato buoni e verosimili, ma quello che non mi ha soddisfatta a pieno è stata la costruzione dei personaggi e la loro evoluzione.
Partiamo dal fatto che ci sono moltissimi personaggi e alcuni non vengono approfonditi, anche se dovrebbero avere un ruolo "importante" nella vicenda, rimangono ai margini della storia. Sono stati un po' trascurati dall'autore.
Sembra quasi che ogni personaggio sia sull'orlo del delirio, in alcuni punti li ho trovati un po' sopra le righe e alquanti artificiali.
Marlene, dovrebbe essere la protagonista della storia, io l'ho trovata un personaggio alquanto antipatico e una ragazza priva di sentimenti che, dopo aver vissuto con un criminale per anni, scopre qualcosa di importante e decide improvvisamente di scappare.
Prima lo sposa per avere una vita migliore e poi alla prima occasione se ne va via lasciandolo nei guai, rubando qualcosa che non appartiene solo al marito. Sa bene, che compiendo questo gesto, le conseguenze non ricadranno solo su di lei e il marito, ma anche su altre persone.
"No Marlene, nonostante smalto, abiti e Mercedes, non era e non sarebbe mai stata una ragazza di città." (cit. pag. 71)
Herr Wegener ci viene descritto come un uomo spietato e che non guarda in faccia a nessuno, ma davanti ai sentimenti lui cambia e troviamo una sorta di "pentimento" per quello che fa e che ha fatto. Anche se non è un personaggio positivo credo sia il più riuscito del romanzo, però l'autore disegna per lui un percorso diverso da quello che io mi ero immaginata.
"Nutriva un sentimento ambivalente nei confronti delle occhiate. Da una parte se ne compiaceva. L'invidia rendeva forti. Marlene era come un gioiello, la dimostrazione vivente della sua grandezza." (cit. pag.50)
L'Uomo di fiducia è personaggio a mio avviso inutile che non lascia nulla alla storia, capisco solo che è bello come un attore ma questa descrizione è troppo superficiale per delineare il profilo di questa persona. Essendo un killer mi aspettavo che lui fosse molto più spietato e cinico ma non è stato così.
"Tuttavia, fino a quel giorno Wegener non aveva mai preso in considerazione la possibilità che Marlene fosse attratta da un altro uomo. Non solo perchè era certo che lei l'amasse davvero, ma perchè lui era Herr Wegener, non un tizio qualsiasi. Nessuno sano di mente avrebbe fatto la corte a sua moglie." (cit pag. 50)
Simon Keller è un uomo che sicuramente ha avuto un'infanzia difficile e soffre di gravi problemi a livello psicologico, ma anche il suo personaggio l'ho trovato troppo esagerato.
"L'uomo è programmato per alzare sempre la posta in gioco. E fa parte della sua natura anche la noia che segue la passione." (cit. pag. 60)
Il titolo del romanzo però introduce un altro personaggio che in realtà è un animale, la scrofa "Lissy",devo dire che c'è stato un punto nel romanzo che mi ha davvero inquietato e riguardava proprio lei.
Tutti questi personaggi hanno un ruolo importante nella storia ma alcuni non sono stati approfonditi a sufficienza, come all'interno del romanzo sono stati introdotti troppi temi che hanno sicuramente portato un po' di confusione. In alcuni punti, l'autore si sofferma su alcune comparse che a mio avviso non centravano nulla, dopo la loro breve apparizione non se ne è più saputo niente.
“Quattro giorni.Un’eternità.Marlene poteva essere ovunque.Il pensiero lofaceva sentire un animale in gabbia.” (pag.116)
Il finale l'ho trovato troppo sbrigativo e troppo "banale" passatemi il termine, mi aspettavo qualcosa di più, più una conclusione da commedia rosa che da thriller.
Un altro punto da chiarire è il genere, è un thriller come è stata catalogato? La risposta per me è un ni.
Non c'è sicuramente l'aspetto della suspense e il ritmo alcune volte è troppo lento per essere un thriller, tra l'altro qui troviamo la criminalità organizzata, io non amo particolarmente i libri che parlano di questo.
“La sua vita non era altro che una serie di menzogne. Menzogne su menzogne.” (cit. pag. 157)
I capitoli brevi aiutano la scorrevolezza della lettura, ma non ho trovato alla fine del capitolo i cliffhanger, che avrebbero lasciato il lettore con la curiosità di sapere come sarebbe finita l'azione, che era stata interrotta sul più bello.
In questo libro, avrebbe aiutato l'utilizzo del prologo per creare delle aspettative nel lettore, mentre il primo capitolo presenta solo queste parole "-Dolce Lissy, piccola Lissy.
“[…]Che non era giusto chiedergli di rinunciare all’unica creatura cui fosse mai riuscito a dare amore. Che ci doveva essere un altro modo per tornare indietro e rimediare.” (pag.125)
Pertanto, questo romanzo lo possiamo considerare come una storia a tinte crime, con un'ambientazione molto intrigante e con degli elementi di thriller e di mistero, di soprannaturale e di leggendario.
Non mi sento di consigliarlo perché ci sono troppe cose poco coerenti a partire dai personaggi, dalla loro evoluzione, agli eventi che accadono durante la narrazione.
Lo stile dell'autore, togliendo i primi capitoli, ti invoglia a continuare la lettura ma a mio avviso verso la fine, il romanzo si perde un po'.
Mi aspettavo di più è un vero peccato!
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Dolce Lissy, piccola Lissy...
1974. Marlene, ventidue anni, occhi azzurri, un neo a completarne il sorriso. Marlene e il suo matrimonio sbagliato con l’uomo sbagliato. Per quei “soldisoldisoldi” che le rimbombano da sempre nella testa, per quei “soldisoldisoldi” che alla sua famiglia sono sempre mancati. Impossibile rinunciare a quest’occasione di riscatto.
Scappare, scappare, scappare. Il più lontano possibile. Da quella vita per riprendersi la propria vita. Ma qualcosa va storto, una deviazione improvvisa e un incidente. La giovane donna si risveglia in un maso con Simon Keller, un Bau’r – contadino – delle alte montagne di 63 anni. Si ritrova così circondata da personaggi ambigui e pericolosi, uomini senza scrupoli pronti a catturare la volpe e identificati in un marito accecato dall’idea del tradimento, in un sicario infallibile e spietato che non è altro che un’arma – perché a premere quel grilletto non è mai lui bensì chi ha firmato il contratto – e in niente meno che in questo solitario uomo di fede. Passano le ore e con loro i giorni. Marlene si abitua alla quotidianità con l’opa Simon, ma è anche preda dei dubbi perché non sa di chi può fidarsi in quelle molteplici inesattezze e perplessità che inesorabilmente le si insinuano nella mente.
Sin dalle prime pagine “Lissy” si offre al grande pubblico come un thriller angosciante, claustrofobico, inquietante. Un romanzo caratterizzato da una narrazione priva di sbavature, solida e ben orchestrata, una narrazione che rivela con il contagocce gli avvenimenti e le storie di ciascun protagonista tanto che le oscurità proprie dell’animo umano vengono percepite da chi legge poco alla volta in un crescendo costante e continuo. Abile è inoltre l’autore nel rimescolare le carte senza quasi che il conoscitore se ne renda conto. Per ben oltre la metà dell’elaborato, quest’ultimo, immagina e delinea un cattivo eppure ha sempre quel senso di incompletezza e quel dubbio attorno alla figura che si è prefigurato tanto che nel procedere verso l’epilogo, resta basito, si chiede “ma ho capito bene?”. Il senso di ansia, apprensione, di tumulto non risparmia e non lascia andare dalla sua morsa nemmeno per un istante.
Al tutto si sommano brevi capitoli in cui le vicende si intersecano nonché flashback tra presente e passato che ben si mixano con l’altra grande protagonista: la montagna altoatesina. Questa con la sua neve, il suo freddo, i suoi boschi, le sue altezze, ricrea perfettamente nella mente dell’appassionato quelle sensazioni di prigionia. L’impressione è infatti quella di trovarsi in trappola. Queste alture che sono specchio della natura e della sua realtà si tramutano nell’opera di Luca D’Andrea in un vicolo cieco da cui è impossibile fuggire così come essere trovati. Un rifugio perfetto per chi deve nascondersi, ma anche una trappola mortale per chi deve fuggire.
Altro grande pregio dello scrittore è quello di non svelare alcunché sul significato del titolo sino a 1/2 del componimento. Fino ad allora l’avventuriero brancola tra una supposizione e l’altra e anche successivamente torna a interrogarsi sul medesimo perché la verità va oltre le prime apparenze.
Unica pecca che ho riscontrato nella narrazione è data dalla tendenza del romanziere ad eccedere in quelle crudeltà che dovrebbero rappresentare gli angoli più bui dell’animo umano. A mio modesto parere avrebbe ottenuto lo stesso e identico risultato con molto meno. La sua invece è una tendenza all’eccesso che seppur riesca a tenere incollati alla lettura a briglie strette, che seppur riesca a trasmettere l’agitazione necessaria, talvolta può risultare eccessiva.
Nel complesso, una buona prova che raggiunge senza difficoltà il suo obiettivo.
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La morte ama la montagna
Dopo il grande successo internazionale riscosso con “La sostanza del male”, il bolzanino Luca D’Andrea torna in libreria con “Lissy”, vincitore del Premio Scerbanenco 2017, proponendoci una storia soffocante e angosciosa.
Il perno della narrazione ruota intorno a Marlene, una bella e giovane donna che un giorno prende il coraggio a due mani e fugge. Fugge dal marito, boss della malavita locale, sposato solo per paura della povertà. Fugge da una vita di menzogne e dall’illusione che la felicità possa essere acquistata. Attorno a lei, in una nube di paura e follia, si muovono personaggi ambigui e pericolosi. Il marito, infiammato dalla rabbia del tradimento. Uno spietato e infallibile sicario, a fiutare e inseguire la sua preda. E infine uno strano e solitario contadino d’alta montagna, un Bau’r, presso il cui maso la ragazza trova rifugio.
"La principessa è scappata dal castello, ma chi è l’orco?"
Va reso sicuramente merito all’autore di avere ideato una strategia narrativa davvero solida ed efficace. Le vicende dei diversi personaggi si alternano in brevi capitoli che contengono sempre, come i famosi ovetti di cioccolato, una sorpresa: un dettaglio inaspettato, un flashback spiazzante, un colpo di scena. Per più di metà libro si brancola nel buio, senza avere nemmeno idea del significato del titolo del romanzo, perché al lettore non è chiesto di capire ma di incuriosirsi, di immaginare e di lasciarsi trasportare da queste atmosfere paurose e a tratti visionarie.
Ed è proprio la montagna altoatesina a farsi simbolo di inquietudine e impotenza. Un maso isolato che non consente fuga. Silenzi di quarzo. Distese di neve, senza sentieri battuti. Un gelo che è difficile anche solo immaginare. Marlene non può scappare ancora, può solo essere raggiunta, da pericoli reali e follie della mente.
Luca D’Andrea accompagna il lettore dentro una storia originale e avvincente, alla scoperta dei personaggi, del loro passato, della loro psiche, delle loro ossessioni. È un viaggio disturbante attraverso vie di disperazione e violenza, forse persino troppa. Sì, perché per sapere raccontare la mente umana, anche nelle sue sfumature più oscure e complesse, senza cadere nel tranello dell’eccesso o dello stereotipo, bisogna essere dei maestri e D’Andrea, a mio avviso, paga forse un po’ l’inesperienza. Nel complesso, una buona prova narrativa per un autore che vale la pena tenere d’occhio.
“La morte amava la montagna. L'amava come si può amare un gioco truccato in partenza. Un'estenuante lotta per la sopravvivenza in cui nessuno usciva vincitore. A parte lei.”
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Sudtirolo tra fascino e terrore
Così come in La sostanza del male, è lo scenario del Sudtirolo la vera star del romanzo: le vette innevate, il silenzio, il freddo rigido che entra nelle ossa, e la vita degli uomini intrecciata alle regole aspre e inesorabili della natura. Una natura che spreme a fondo gli istinti di sopravvivenza e che può portare alla follia, a confondere realtà e immaginazione, tra gesti di grande generosità e azioni di estrema violenza.
Luca D’Andrea è entrato tra i miei autori preferiti, mi piace il suo stile asciutto ma attento alla storia di ogni personaggio, e il suo modo di creare la tensione quasi per sottrazione, lasciando cioè che sia il lettore a completare il quadro.
Attendo il suo prossimo thriller, magari, perché no? sconfinando dalla sua area di comfort, auspicando che sia ambientato anche fuori dal Sudtirolo...
#nospoiler #noinutiliriassunti
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Un noir d'alta quota
Un noir d'ambientazione insolita. Le montagne impervie, la neve imperante e sempre presente come nemico da combattere, il freddo e il gelo fanno da contorno a questa seconda fatica di Luca D'Andrea.
Siamo a metà degli anni '70 e la vicenda narra la storia di redenzione della bella Marlene che tenta di fuggire ad ogni costo dalla "mala" di cui il marito Wegener è un esponente di spicco ed in rapida ascesa.
Un bel libro, molto piacevole, in grado di trattenere il lettore e costringerlo a girare pagina. Come anche ne "La sostanza del male" qui si trova qualche cenno poco verosimile, ma nel complesso è una buona lettura, una bella storia.
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La montagna "dark" e i suoi fantasmi
Dopo La sostanza del male Luca D’Andrea pubblica con Einaudi Lissy, una storia:
“semplice come un cerchio tracciato sulla neve, un cerchio che era la forma del mistero e del miracolo.”
Un giallo che ha pochi, semplici ingredienti, ma alquanto intriganti:
“Una giovane donna in fuga e il mistero che porta con sé. Un solitario che vive sulla montagna dei suoi padri, seguendo leggi inflessibili e antichissime. Un uomo divorato dal passato e uno tanto spaventoso da non avere né nome né futuro.”.
Siamo nel 1974, nel Sud Tirolo, tra montagne affascinanti, ma dure ed aspre, che inghiottono senza pietà i suoi abitanti. Il libro narra la storia di Marlene che ha sposato Herr Robert Wegener, un uomo molto temuto quanto violento ed odioso, per migliorare le proprie condizioni di vita. Proviene da una famiglia povera, sua mamma diventata pazza, rinchiusa in manicomio, mai più ripresasi, abitante in un vecchio e sperduto maso. Compie con il matrimonio un vero e proprio salto in avanti. Ma la vita con un tale uomo è difficile e frustrante. Robert è:
“L’uomo di fronte al quale tutti si toglievano il cappello, i quarantadue anni passati a costruire una carriera fatta di intimidazioni, contrabbando, agguati ed omicidi. Nessuno scherzava con un uomo come Wegener. L’autocontrollo era stato per anni il suo vanto. Nervi saldi e sangue freddo l’avevano portato a comandare su ciò che, segretamente, aveva battezzato come “l’impero”. (…) Possedeva cervello svelto e nervi d’acciaio. Pura razza ariana.”
Inaspettatamente Marlene una sera ha l’occasione di rubargli un piccolo tesoro che le è necessario per rifarsi la vita lontano. Ma non ha fortuna e la sua frettolosa fuga viene interrotta da un brutto incidente in mezzo ad una tormenta di neve. Viene soccorsa da Simon Keller e portata nella sua casa in mezzo ai boschi. Simon è uno strano uomo, che si nutre cacciando e raccogliendo erbe, mastica semi di papavero, con una storia misteriosa alle spalle. Nel frattempo il marito sconvolto dal tradimento si rivolge al Consorzio, che gli invia un sicario, detto “L’Uomo di Fiducia”, per cercare vendetta. Costui è un uomo gelido, che incute timore soltanto guardandolo negli occhi di ghiaccio. Inoltre qualcosa non è chiaro : presto Marlene dovrà capire qual è la sua minaccia maggiore. Se suo marito, il sicario o lo stesso Simon Keller. Oppure…… Lissy!
Nel libro la seconda protagonista è sicuramente la montagna. Non la montagna decantata da Paolo Cognetti, ma quella montagna dura, aspra, gelida. Infatti:
“Le montagne donano acqua, cibo e saggezza. Tutto ciò che serve per vivere. Le montagne sono l’unica cosa che il denaro non potrà mai comprare.”
La montagna è, anche, la rappresentante di una natura sì incontaminata, ma ostica e brusca, ruvida ed austera. Una montagna che inghiotte e fagocita con una velocità impressionante. Abitata da mille masi, che sono:
“fatica e dannazione. Sono il retaggio di secoli di caparbietà e tenacia. Sono un rifugio dalle intemperie. Una fortezza sicura in un paesaggio di gelida morte. Sono un mondo autosufficiente regolato da meccanismi antichissimi.”
Un thriller esistenziale duro e cupissimo, dove i personaggi hanno caratteri a tutto tondo, e vi è un intreccio che trascina il lettore, senza né pause né sbavature, fino all’epilogo. E’ la rappresentazione più bieca ed assoluta del Male e dell’incredibile nella sua formula più intrigante ed assatanata. E’ la espressione di un mondo fatto di tradizioni ataviche, di natura e di criminalità. E’ un giallo di fronte al quale è difficile rimanere impassibili.