Le aquile della notte
Letteratura italiana
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Anita in trasferta
Ottobre 1935, il matrimonio di Anita Bo, maldestra dattilografa della Casa editrice Monné (ma acuta investigatrice sotto traccia) si sta avvicinando a grandi passi e Mariele, sua madre, non perde occasione di precettarla e coinvolgerla nei preparativi della cerimonia. Proprio per questa ragione, la ragazza, sempre meno convinta di voler sposare il bel Corrado Leone, coglie al balzo l’occasione per stare lontano una settimana da Torino. Il federale Sauro Bonatti, futuro suocero del suo capo, Sebastiano Satta Ascona, di cui lei è segretamente innamorata, ha invitato il genero a passare una settimana nelle Langhe dal di lui fratello, in occasione della vendemmia. Ma la rivista di gialli Saturnalia, curata da Sebastiano, non può perdere un'intera settimana di lavoro, così lui, per continuare nelle traduzioni di racconti americani, si dovrà tirar dietro la dattilografa Anita con gran gioia di quest’ultima.
La campagna piemontese cattura col suo fascino autunnale la ragazza, abituata allo smog torinese. Poi, scoprire che alcuni ragazzi del luogo hanno voluto tener in vita lo scoutismo (bandito dal regime) riunendosi segretamente nei boschi, la riempie di gioia.
Purtroppo anche tra le vigne l’orrore è in agguato. Nicola Noero, uno dei giovani scout appena conosciuti, figlio del notaio del paese e cugino dei Bonatti “campagnoli”, viene trovato morto accoltellato, una mattina all’alba, al limitare del noccioleto ove si riuniva con gli altri.
Il primo sospettato è Orlando Bonatti, perché, in tal modo, il ragazzo erediterà il ricco studio notarile dello zio. Però i Bonatti sono potenti e ricchissimi: è improbabile che, seppure colpevole, il ragazzo verrebbe mai condannato.
Questa è l’occasione ideale perché la coppia di investigatori part-time (segretamente antifascisti) formata da Sebastiano e Anita si metta nuovamente in azione per scoprire ciò che è realmente accaduto e, se del caso, scrivere un racconto giallo sotto lo pseudonimo di John Dorcas Smith, il 'nom de plume' con cui hanno già denunciato vari delitti, insabbiati dal regime, camuffandoli da fantasiose gangster story in una immaginaria Rivertown americana.
Ben presto, però, indizi e sospetti punteranno a indicare come colpevole per l’omicidio di Nicola ben altri, in luogo del viscido cascamorto Orlando, e, forse, a rivelare una verità molto dolorosa per gli stessi due intraprendenti investigatori per hobby, i quali, nel frattempo, si scopriranno molto più affini l’uno all’altra, di quanto sarebbe conveniente, per la morale dell’epoca e viste le loro relazioni sentimentali ufficiali.
Quarto romanzo giallo-rosa con protagonista la bellissima, ma altrettanto sbarazzina e intraprendente Anita Bo, in una Torino del ventennio, tra rievocazioni del tempo che fu e semplici intrighi polizieschi.
In questa occasione la dattilografa che si diletta di investigare con il suo capo si reca nelle Langhe e ciò dà l’occasione all’A. di dilettarci con la descrizione delle belle colline piemontesi ammantate dai rossi e dall’oro delle vigne autunnali e di raccontarci la semplice vita di campagna nei tempi che furono. Inoltre, grazie alla forzosa, continuata vicinanza tra Sebastiano e Anita, riesce pure a far evolvere la loro relazione, ormai ben più che professionale.
Lo stile della Bosco è quello consueto: leggero, leggero, forse anche troppo, pur se meno disinvolto e colloquiale che in passato. In ogni caso la prosa continua a fluire in modo brioso e gioviale. Ci vengono risparmiati molti dei tormentoni che infarcivano (e alla lunga appesantivano) i racconti precedenti, quali l’insistita italianizzazione dei termini inglesi o le pleonastiche specificazioni di certe espressioni già di per sé ovvie. L’agilità nella lettura ne trae giovamento e, tutto sommato, non si sente eccessivamente la mancanza dell’effetto comico legato a quegli escamotage.
L’intreccio giallo non è particolarmente complesso e il lettore attento ben preso si trova indirizzato verso la soluzione finale. La storia non è scevra di alcune ingenuità nella ricostruzione storica e nelle modalità in cui operano Anita e Sebastiano: un critico attento, forse, potrebbe ritenere poco credibili molte situazioni narrate. In realtà tutta la descrizione dell’Italia fascista del ventennio pecca di eccessive generalizzazioni e appiattimenti su luoghi comuni e stereotipi. Ma se lo si considera solo come l’inevitabile fondale scenico in cui ambientare le avventure di Anita, allora la cosa non disturba troppo e la si può accettare come una convenzione indispensabile per giustificare l'azione.
Ho apprezzato che il romanzo approfitti della trama poliziesca per omaggiare le “Aquile randagie” (nome-schermo sotto il quale i gruppi scoutistici continuarono a operare dopo lo scioglimento delle organizzazioni ufficiali), ma forse anche qui siamo andati un po’ oltre il confine della credibilità in certi frangenti.
Comunque, anche questo romanzo, se inteso come pausa rilassante e di mero svago, continua ad essere gradevole e divertente. Come lettore resto incuriosito dall’evoluzione dei personaggi principali e continuo a chiedermi come l’A. riuscirà a trarsi dall’impaccio (un vero imbuto senza uscita) che essa stessa si è creata e che rischia di porre fine alla prosecuzione della storia tra non troppi episodi. Ma, è probabile, lo scopriremo nei prossimi romanzi che certamente non mancheranno.
Quindi chi s’è già affezionato alla saga non potrà omettere la lettura anche di questo libro.
Indicazioni utili
“Non è finita finché non è finita…”
Quarto romanzo della fortunata serie di gialli storici di Alice Basso che vede protagonisti l’esuberante dattilografa Anita Bo e il traduttore-scrittore Sebastiano Satta Ascona, ancora una volta alle prese con l’oppressione del regime fascista, una rivista di racconti gialli da confezionare, qualche fatto delittuoso e il sentimento impossibile che provano l’uno per l’altra.
Rispetto ai precedenti episodi, “Le aquile della notte” ha sicuramente il pregio di introdurre alcuni elementi di novità, sfuggendo così al rischio di annoiare il lettore affezionato ma ormai un po’ stanco del ripetersi delle consuete dinamiche. La storia infatti questa volta si sposta sulle Langhe per una curiosa trasferta di lavoro, traendo notevole giovamento dal cambio d’ambientazione, non solo perché il rosso e l’oro dell’autunno sulle colline sostituiscono il grigiore torinese, ma soprattutto perché viene inevitabilmente offerto meno spazio ai personaggi secondari già conosciuti ed esplorati, introducendo figure e scenari nuovi. Si scopre così che il dissenso al regime non è affatto sopito, ma si può nascondere persino nella campagna langarola sotto le vesti più improbabili.
A fare da filo conduttore a tutta la serie c’è infatti sempre il tentativo di ribellarsi, in silenzio e sottotraccia, a un mondo che non consente libertà. Non si può essere un uomo sensibile, che dubita e si interroga, come Sebastiano. Non si può essere una donna indipendente, che vorrebbe per sé una vita diversa, come Anita. Ma in queste pagine non si deve cercare approfondimento storico o psicologico e, in fondo, nemmeno la suspense tipica del mystery, quanto una lettura d’intrattenimento, fresca e briosa, il cui punto di forza sono la personalità vivida e il percorso di crescita dei protagonisti, oltre che la curiosità suscitata dall’evoluzione del loro legame.
Penna frizzante e divertente, a volte persino un po’ sopra le righe, Alice Basso impreziosisce le pagine di curiosità, riferimenti alla narrativa hard-boiled, citazioni e chicche nascoste tra le righe, che testimoniano l’accurato e minuzioso lavoro di ricerca che si cela anche dietro un romanzo all’apparenza così leggero. Una buona compagnia per passare qualche ora lieta ma non banale.