La vita paga il sabato La vita paga il sabato

La vita paga il sabato

Letteratura italiana

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Un produttore cinematografico, fratello di un potente ex ministro democristiano, viene trovato morto dentro la sua Jaguar, abbandonata in una sperduta valle alpina. Sua moglie, un'ex attrice che ha fatto innamorare un'intera generazione, è scomparsa. Incaricato delle indagini, il commissario Arcadipane deve lasciare la sua Torino e trasferirsi temporaneamente a Clot, un grumo di case sorvegliate da una diga che serra la valle come un cappio. Ad attenderlo, gente diffidente e spigolosa e un rebus da far scoppiare la testa. Troppo complicato per non chiamare in aiuto il vecchio amico e mentore Corso Bramard e l'indisciplinata quanto indispensabile agente Isa Mancini, entrambi alle prese con un momento difficile della propria vita. Per arrivare alla verità sarà necessario scavare tra antichi segreti e nuovi egoismi, districando una trama tessuta a più mani. Fino alla scoperta che per tutti, o quasi, la vita paga il sabato.



Recensione della Redazione QLibri

 
La vita paga il sabato 2022-07-10 13:09:47 ornella donna
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ornella donna Opinione inserita da ornella donna    10 Luglio, 2022
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La vendetta della vita

Davide Longo, torna con l’ennesimo caso in cui coinvolge Bramard e Vincenzio Arcadipane, nel libro intitolato La vita paga il sabato. Un giallo che brilla per intensità ed eleganza di scrittura.
La vicenda colpisce: a Clot , piccolo paese di montagna con trentasette abitanti:
“Clot, da quella prospettiva, con la valle che si apre, la luce del mezzogiorno e le montagne verdi da sfondo, è quasi un bel vedere”,
su una radura viene trovato morto il famoso produttore cinematografico, Terenzio Fuci, e la moglie , famosa anch’essa, Vera Ladich è scomparsa nel nulla. Un caso complicato per Arcadipane che:
“Nel caso di Arcadipane un quinto in quell’albergo di Andora nel 1975, un altro quinto di vita in un appartamento della Torino bene dove fecero irruzione con la buoncostume, un quinto nei momenti passati al lavoro con Bramard, un altro su un marciapiede vicino a una donna mai vista che muore e l’ultimo se lo divide tutto il resto. “
Così che, controvoglia e meditabondo, masticando sucai a più non posso, Arcadipane non può che recarsi in quello sperduto luogo, dove pare essere la norma, l’omertà. Nessuno parla, o se lo fanno, è a spizzichi e bocconi rari. Intanto scopre che l’attrice Vera Ladich, scomparsa, si chiama, in realtà, Anna Mattalia, ed era nata proprio in quel piccolo paese. Trasferitasi a Roma per sposare il grande produttore cinematografico Terenzio, di vent’anni più vecchio di lei, non era mai più tornata in quei luoghi se si esclude l’ultimo attuale soggiorno. Inoltre si scopre che Terenzio,
“Ottantasette anni, fratello di Amilcare Fuci, uomo del Vaticano all’interno della Dc e all’interno del Vaticano, se ne sta disteso su una lettiga, con un lenzuolo che lo copre fino ai capezzoli, la folta chioma a fargli da cuscino, e un foglio A4 sul petto con scritto a penna “PRIAMO: gli dei filarono questo per i mortali infelici.”
Il caso si complica. Urge l’intervento di Corso Bramard, che però è in ospedale, reduce da gravi problemi di salute. Il suo metodo è:
“Dopo tanti anni, ancora oggetto misterioso. Corso Bramard che arrivava sulla scena del crimine e si metteva in disparte, che chiedeva, ma non troppo, che non faceva ipotesi e non pensava ad alta voce. Guardare, pensare e tenersi le carte in mano. Questo gli ha insegnato Corso”.
Riusciranno insieme a risolvere il caso?
Un giallo straordinario, un po’ prolisso, ma elegante e filosofico nella prosa. Un po’ spiritoso, anche, come quando afferma che i piemontesi, dall’autore conosciuti assai bene, non hanno il senso dell’umorismo, e che con loro un segreto resta tale per sempre. Un romanzo che rimanda all’indietro nel tempo, carico di segreti, omissioni, vendette, di moralità cristiana camuffata ed integralista. Fino al termine quando l’intreccio viene drammaticamente sciolto, al motto de:
“La vita paga il sabato, per dire che anche se tardi la vita presenta il conto.”
All’insegna elegante di due personaggi agli opposti, Corso Bramard e Vincenzo Arcadipane, si snoda, così, un romanzo che si nota per qualità e raffinatezza. Bellissimo!

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consigliato a chi ha amato i libri con Bramard protagonista che sono: Il caso Bramard, Così giocano le bestie giovani, Una rabbia semplice.
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La vita paga il sabato 2023-06-01 10:23:04 FrancoAntonio
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FrancoAntonio Opinione inserita da FrancoAntonio    01 Giugno, 2023
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Arcadipane e il fascino mortale di uno sguardo

Torino, 2013, a ora antelucana di un giorno di metà di ottobre, il Commissario Vincenzo Arcadipane viene svegliato da una telefonata del suo vice, Pedrelli, mentre si trova a casa della sua ex terapista e attuale sua amante, Ariel. Pare che il dirigente generale abbia chiamato in centrale e insistito perché sia Arcadipane personalmente ad assumere la direzione delle indagini per un omicidio avvenuto in un paesino montano in provincia di Cuneo, Clot. Il posto sarebbe ben al di là dalle competenze territoriali della squadra omicidi torinese, ma pare sia coinvolto un personaggio di altissimo rango ed è necessario muoversi con il dovuto tatto e con assoluta rapidità.
Giunto a Clot, il commissario scopre che la vittima è Terenzio Fuci, titolare di una casa di produzione cinematografica romana, fratello del defunto onorevole Amilcare (pezzo grosso della DC) e, soprattutto, marito di Vera Ladich, attrice famosissima negli anni ’60 per il penetrante sguardo che lanciava alla cinepresa nei momenti topici della storia. Quegli occhi bellissimi, che sembravano attraversare lo schermo, le avevano guadagnato il soprannome di Mademoiselle le look.
Ora l’uomo è seduto sul sedile del guidatore della sua Jaguar, strangolato da una piattina elettrica, usata anche per legargli le mani al volante. L’auto è abbandonata in una radura erbosa molto distante dal paesino. Invece la moglie Vera, da cui lui non si separava mai, è scomparsa: morta? Rapita? Comincia una corsa contro il tempo per ritrovare la donna senza attirare l’attenzione dei media più del necessario. Ma i 37 abitanti del paesino sono tutto fuorché collaborativi. Attorno all’auto non c’è la minima traccia, neppure orme o segni di cose trascinate. Non è nemmeno chiaro perché la coppia sia partita da Roma, in auto, per venire in quel luogo lontano da tutto e tutti. Il paesino nasconde pure un segreto, che affonda le sue origini nella notte dei tempi; è, relativo a uno strano, inquietante rituale chiamato Sucho che un pittore fiammingo minore (Johannes van Drift) avrebbe immortalato negli affreschi della chiesina romanica del borgo.
Inevitabilmente, per venire a capo dell’enigma, Arcadipane sarà costretto a chiedere aiuto al suo ex mentore e amico Corso Bramard e alla irascibile Isa Mancini. Il primo l’avevamo lasciato ammalato terminale, con poche speranze di sopravvivenza a lungo termine; lo ritroviamo neo-trapiantato e ancora debole e convalescente. La seconda, adesso, è incinta (per fecondazione artificiale) e ancor più intrattabile di prima. Però entrambi forniranno un apporto decisivo per la soluzione del caso.

Quarta avventura per il poliziotto-Fantozzi più tenero e patetico della letteratura italiana. In questa occasione, però, i suoi triboli di persona comune, afflitta da ansie e turbamenti, passano in secondo piano e il racconto muta i toni e i ritmi: non è più un viaggio psicologico nell’animo dell’uomo Arcadipane, ma un giallo, forse più classico, però anche più strutturato, con enigmi da risolvere, indizi da incastrare in un quadro complesso e indecifrabile, teorie da verificare o smantellare. Parallelo all’indagine puramente criminologica, poi, c’è un arcano mistero di riti iniziatici e di una cultura montanara che ci trasporta in un medioevo eretico, selvaggio e crudele, ma affascinatissimo.
La narrazione si snoda tra vari colpi di scena e disvelamenti di realtà inaspettate, talvolta angosciose, con un’accelerazione progressiva delle vicende che, in chiusura, divengono incalzanti e innalzano la tensione in un climax parossistico.
Molto interessanti i personaggi di contorno, a cominciare dall’enigmatica, dolce, piccola Ester, la figlia dei locandieri di Clot, o l’efficiente, ruvida, spiccia Franca Pes, che aiuterà Arcadipane nel ramo romano delle indagini.

Lo stile narrativo è quello solito, ben noto ai lettori di Longo: grezzo, irriverente, ruvido e arrogante; spesso astioso e insolente, quasi sempre insofferente anche nei confronti delle più banali regole grammaticali e sintattiche, con cui si prende più di una libertà. Pure le metafore descrittive di situazioni, personaggi o paesaggi sono spesso triviali, grossolane, quando non proprio scatologiche e scurrili, eppure… eppure il più delle volte non mancano di una loro eleganza e adeguatezza.
Però, forse, questo romanzo avrebbe richiesto più spesso un cambio di marcia: giacché non si tratta più (solo) di vedere il mondo con l’animo rancoroso, depresso e esacerbato di Arcadipane – perennemente in lotta contro tutti a cominciare da sé stesso, e che, quindi, vede ogni cosa deformata attraverso il suo filtro ingrigito – il linguaggio poteva essere addolcito in molte occasioni. È impossibile che tutti i personaggi principali sembrino cani idrofobi, orsi immusoniti o strambi idioti, così come un paesaggio può ispirare pensieri lieti o poetici e non solo reazioni di ripulsa. Poiché non è prerogativa della sola Mariangela (moglie del commissario) costruire periodi ipotetici con i congiuntivi correttamente al loro posto, anche il narratore avrebbe potuto assoggettarsi più spesso alle regole che non sempre debbono ricalcare lo spirito semplice, verrebbe da dire a un più basso stadio evolutivo, di Arcadipane o alla scabra, rocciosa essenzialità di Bramard.

Preso atto di questi rilievi, però, non si può negare che il romanzo sia ottimamente costruito e splendidamente narrato, con una magistrale gestione dei tempi e dei filoni narrativi intrecciati. Forse è il migliore della quadrilogia, il più maturo e completo: seducente e intrigante; affascinerà pure chi ama i racconti arcani, fatti di misteri e riti tribali millenari. Insomma un ottimo cocktail di intrighi, passioni, thrilling, qualche risata liberatoria e indagini sulla psiche umana, scritto in modo fluente e scorrevole. Da leggere, soprattutto per chi ha già apprezzato i precedenti romanzi della serie della quale, questo, è un ottimo seguito.

_________________
Per l’angolo del pignolo consentitemi un appunto sulla libertà linguistica di Longo: il verbo camminare è intransitivo e non si “cammina un corridoio”. Se ci fosse un solo esempio di quest’uso “libero” del verbo si potrebbe pensare a una voluta licenza (anche Foscolo se la prese), ma, nel libro ho trovato recidive che, alla lunga, infastidiscono.
Evidenzio, poi, una piccola incongruenza nella narrazione: Arcadipane si riferisce sempre a un giornalista investigativo storpiandone il cognome in Spinapollice (con due “L”) ma quando ne parla con Bramard quest’ultimo lo chiama con il nome corretto (Spinapolice), come fa a saperlo se per prima cosa dice di non conoscere l’uomo?

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Consigliato a chi ha letto...
... i primi tre libri della serie.
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La vita paga il sabato 2022-08-10 12:58:57 Lonely
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Lonely Opinione inserita da Lonely    10 Agosto, 2022
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La vita prima o poi ci chiede il conto

Un produttore cinematografico Terenzio Fuci, viene trovato morto dentro la sua Jaguar, abbandonata in una sperduta valle alpina. Sua moglie di vent'anni più giovane, Vera Ladlich, un’ex attrice che ha fatto innamorare un’intera generazione, è scomparsa. Incaricato delle indagini, il commissario Arcadipane lascia Torino per trasferirsi temporaneamente a Clot, un paesino di poche case sulle quali incombe una diga come quella del Vajont.. La gente del posto è diffidente e omertosa e il caso si rivela un rebus troppo complicato per non chiamare in causa il suo vecchio amico e mentore Corso Bramard e la ribelle ma affidabile agente Isa Mancini, entrambi alle prese con un momento difficile della propria vita.
Ho iniziato proprio dall'ultimo dei quattro libri della serie del commissario Arcadipane, e me ne sono accorta solo alla fine, presa dalle ottime recensioni di questo libro.
E devo dire che non mi ha deluso, ho faticato un po' all'inizio per lasciarmi coinvolgere dalla prosa di Longo, davvero sui generis per un romanzo giallo. In principio l'ho trovato anche un po' pedante, ma invece proseguendo ho trovato piacere dalla sua narrazione, a tratti ironica ma sempre dettagliatamente descrittiva, tanto da avere la sensazione di essere lì sul posto insieme ai personaggi del libro, uno stile davvero coinvolgente,
Ovviamente non conoscevo le singole storie dei protagonisti, e dei loro trascorsi ma questo non ha influito affatto nella mia lettura.
La trama è complessa e intricata, sicuramente non adatto a una lettura superficiale ed evasiva, per questo motivo mi ha ricordato a tratti Fred Vargas,
Il romanzo è disseminato di riferimenti letterari non per ultimo quelli a Pasolini e alla sua "misteriosa" morte, così perfettamente inserita nel romanzo, ma di sicuro pretestuosa, tanto per dare una velata, e anche non troppo, opinione in merito
"Nel novembre del ’75 ammazzano Pasolini. Qualche mese dopo Pelosi viene condannato per l’omicidio che ha confessato, ma sappiamo che sulla faccenda parecchi avevano dei dubbi e che la stampa di allora percorreva altre piste.
...
– Nel ’76, quando il Pelosi era già in carcere, Spinapollice stava ancora cercando informazioni nell’ambiente dei ragazzi di vita perché gli era giunta voce che quella notte c’erano piú auto appartate all’idroscalo e che qualcuno aveva visto che ad ammazzare Pasolini era stato un gruppo. Seguendo quella pista, viene a sapere che Pasolini non era l’unico nell’ambiente dello spettacolo romano a bazzicare quel mondo. Qualche regista e qualche attore da anni facevano la stessa cosa, anche se in maniera meno sfacciata, ricevendo i ragazzi a casa o in camere di albergo."
"Erano anni, quelli, in cui l’omosessualità era accettata a stento se eri un regista di talento come Pasolini, pace all’anima sua. Io invece con il cartello di pederasta appeso al collo cosa sarei stato? La brutta copia di Pier Paolo, senza la sua intelligenza, il suo coraggio, la sua genialità provocatoria e senza nemmeno la sua morte tragica."
Nel suo romanzo c'è arte e religione, etica e sociale; un libro anche politico se vogliamo, perchè sviluppa problematiche che la politica dovrebbe risolvere.
Chiaro e coerente Longo, scrittore e lettore impegnato, ci porta, su un altro piano di lettura, a una letteratura che va oltre il thriller e che ci spinge a riflettere, con i giusti riferimenti, su tematiche più ampie, che anche se solo accennate, restano comunque impresse nella memoria del lettore, un esempio evidente è il richiamo alla tragedia del Vajont. Quello di Longo più che uno stimolo alla ricerca dell'assassino è quasi un suggerimento alla conoscenza...ad andare oltre l'apparenza e ricercare la verità sulle tante tragedie di questo paese mai del tutto risolte.

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La vita paga il sabato 2022-07-14 09:05:57 giorgio sesena
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Opinione inserita da giorgio sesena    14 Luglio, 2022

Impareggiabile

Libro affascinante e realisticamente superiore alla media sia dell'autore che di altri gialli letti finora.
Il personaggio di Arcadipane (al di là del nome inconsueto ma anche fuori tema) risulta incomparabile ad altri poliziotti famosi, unico nelle sue manchevolezze terrene e normale, cinico e severo con se stesso, ironico verso una vita banale ma tanto uguale alle nostre, gli altri suoi collaboratori sono pezzi di storia italica di gente conosciuta e vista al bar sotto casa, intreccio e trama fantasiosa e sempre ancorata alla banalità del male, luoghi e paesaggi descritti come pochi riescono a farti vivere la scena, poco sangue molto pensiero ed acume, insomma Longo un grande, che forse ha raggiunto il massimo? Speriamo di no ci aspettiamo ancora molto e sempre meglio, complimenti.

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Altri volumi dello scrittore e dei grandi giallisti del novecento( Simenon, in testa)
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