La terza (e ultima) vita di Aiace Pardon
Letteratura italiana
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Amicizia vera.
Chi era Aiace Pardon? Residente presso la stazione centrale di Milano Aiace era un mite senzatetto i cui giorni scorrevano rapidi tra un bottiglia di alcol e la richiesta di qualche monetina. Ipovedente ed ormai consunto dall'alcool il mendicante non si aspettava nulla dalla vita ecco perché quando misteriose donazioni iniziano a presentarsi con cadenza regolare ogni giovedì alla sua porta ne resta felice ed interpreta il gesto come l’atto di benevolenza di un uomo dalle scarpe lustre – unico carattere che riesce a notare dello sconosciuto benefattore – non riscontrando in ciò alcun rischio e/o pericolo.
Un giorno come tanti del povero si perde ogni traccia. Che fine ha fatto il barbone dall'animo bonario e dal temperamento pacifico? Nessuno si accorge della sua scomparsa, egli non è altro che l'ennesimo invisibile prodotto dalla nostra società, tanto che i giorni passano e di Aiace non si sa più nulla. Eppure, fra i silenzi dell'invisibilità, nei meandri del menefreghismo e dell'autoconservazione, c'è una persona che ha notato la sua assenza, che ne sente sinceramente la mancanza: mille e più sono i suoi nomi, la cultura è il suo biglietto da visita, il suo acume è sorprendente tanto quanto il suo linguaggio forbito ed erudito ed ella altro non è che un'altra abitante della stazione centrale, un'amica senzatetto del dipartito. Si reca alla polizia per denunciarne la scomparsa/ morte ma nessuno le dà credito.
Passano i mesi quando un corpo senza vita viene ritrovato in un parco, Alex Lotoro sovraintendente, rimembra il racconto della vecchia ed immediatamente pensa che possa trattarsi di Aiace ma così non è perché il cadavere appartiene ad un uomo sui 23 anni e non ad un individuo di età ben più grave quale Pardon è.
Per Lotoro questo è comunque un campanellino d'allarme: e se davvero qualcuno avesse preso di mira i senzatetto e se ne andasse in giro a farli fuori con la consapevolezza che tanto le forze dell'ordine non prenderanno mai seriamente casi del genere perché pregiudizievolmente verrebbero risolti con motivazioni quali risse tra bande, incidenti, misteri e fatti di cui è impossibile conoscere alcunché? A chi interessa di un uomo senza fissa dimora, chi mai reclamerà un barbone? Questo è il pensiero di molti in merito agli invisibili che popolano le nostre città. Quanti osservano, memorizzano eppure vanno oltre.. Inconsapevolmente il sovraintendente decide di venire a capo del mistero ma per farlo ha bisogno della donna, si mette pertanto alla sua ricerca.
Inizia così un romanzo veramente ben studiato, perfetto sotto molteplici punti di vista e privo di sbavature. Stilisticamente è ben scritto; composto da paragrafi brevi e da un linguaggio fluente ed erudito, il componimento scorre rapido e si fa divorare dal lettore in massimo un giorno e mezzo. I dialoghi tra Bianca (uno dei tanti nomi, forse l'autentico della barbona) e Alex sono perle rare di ironia ed acume. L'autrice ha creato un binomio veramente funzionante, lui il classico tamarro degli anni 2000, giovane, schietto e senza peli sulla lingua, con la passione delle donne, allergico ad ogni impegno serio con l'altro sesso ed un unico e vero grande amore; la sua corvette, lei saggia, erudita, calma, pungente, intelligente e provocatrice. Sono loro i protagonisti di questa prima avventura narrativa della Selmi che con gran abilità ha dato vita ad una coppia di detective professionisti e non capace di lasciare il segno. Una lettura non impegnativa ma lineare e piacevole, capace di far fare delle grasse risate al lettore ed al contempo di stuzzicarne l'interesse (perché alla fine porca miseria lo vuoi proprio sapere chi è che ha ucciso, se è stato ucciso, Pardon! Della serie, la curiosità è donna) donandogli ore liete e serene. Passatemi in termine: una chicca.