La tana del Bianconiglio
Letteratura italiana
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Recensione della Redazione QLibri
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UNA CITTA' E IL SUO POPOLO
«Dietro la storia di ogni omicidio, come dietro a qualunque storia, ce ne sono molte altre» tale affermazione a mo’di premessa in“La tana del bianconiglio” costituisce una sfida alla convenzione del giallo: la rivelazione dell’assassino non richiede molto abilità allo scrittore quanta ne esige il mettere insieme in un disegno coerente tutte le azioni che direttamente o indirettamente portano all’omicidio. Fedele a questo presupposto l’autore Francesco Facchinelli, classe 1980, lascia nell’ombra fin quasi alle ultime pagine gli elementi convenzionali del thriller quali la personalità della vittima del crimine e quella, spesso speculare, degli indiziati dell’assassinio, per concentrarsi piuttosto su una panoramica del luogo, il Parco Sempione a Milano, dove viene trovato il cadavere della giovane uccisa. Il libro di fatto ambisce a essere il ritratto del lato oscuro di una città contemporanea: Parco Sempione è infatti il cuore vivo della metropoli lombarda, è il posto ove convergono tutte le sue contraddizioni ed è infine il suo “cuore di tenebra”. Ed ecco nel romanzo in uno stile scarno, ove predomina il periodo dal respiro brevissimo da sceneggiatura cinematografica, ci viene presentato il popolo del parco nelle figure esemplari, la cui vicenda, sfiora, da lontano o da vicino, l’azione delittuosa: le convergenza restano oscure fino alla fine, e leggendo ti chiedi cosa c’entrino due monelli, un barbone logorroico e colto, un mafioso russo, un ristoratore rovinato dal gioco, una coppia di innamorati, una prostituta albanese e il suo redentore, con la ragazza trovata morta nel parco, di cui lo scrittore pare essersi dimenticato. In realtà il guazzabuglio nella mente dell’assassino fa da collante al girovagare delle anime partorite dalla città corrotta: ma alla fin fine cosa lo spinge? Arduo comprendere, ma nulla di stupefacente, per un libro dedicato, oltre che a Tarantino e Jung, al Luigi Pirandello di “Uno nessuno e centomila”.
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Un giallo inusuale
La tana del bianconiglio è il primo romanzo giallo/noir di Francesco Facchinetti ma devo confessare che, di solito, sono un po' prevenuta quando un personaggio dello spettacolo si cimenta nella scrittura di un romanzo. Aleggia in me la convinzione che venga pubblicato per la notorietà dello scrittore e non tanto per il contenuto.
In questo caso, mi sono dovuta ricredere perché ho trovato il romanzo tutto sommato piacevole,
nonostante abbia qualche perplessità su alcuni aspetti.
Il romanzo è ambientato nel 1994 nel Parco Sempione di Milano, un luogo che rappresenta il lato più cupo della città e un posto dove si concentrano personaggi con un'angoscia interiore. E proprio qui, viene ritrovato il cadavere di una giovane donna nuda, picchiata e violentata.
Il romanzo si potrebbe dividere in 4 fasi: il ritrovamento del cadavere, la presentazione dei personaggi, la risoluzione del caso e l'epilogo.
Senza dubbio è un giallo inusuale perché la risoluzione del caso non avviene grazie alle indagini della polizia o di un protagonista preposto ma è lo stesso assassino a svelarsi nelle ultime pagine del romanzo. Quindi, non vi aspettate il solito iter investigativo fatto di interrogatori, prove da raccogliere, esami balistici, indizi, ipotesi e via di seguito.
L'autore, invece, ha deciso di concentrare gran parte del romanzo alle storie personali dei vari "abitanti" del parco. Ad ogni persona viene dedicato un capitolo: due ragazzini in vena di scherzi, un barbone dai discorsi senza senso, una prostituta in cerca d'amore, un pedofilo guardingo, un uomo rovinato dal gioco, una coppia di fidanzati e un truffatore manipolatore.
Ammetto che questa scelta, seppur originale, non mi ha convinto perché in quei capitoli non ho respirato la tensione ci si aspetterebbe da un thriller e ci si chiede: si tratta di un giallo? Forse concentrare in un'unica parte la conoscenza dei personaggi ha reso quella parte un po' noiosa.
Però si è decisamente ripreso, nell'ultima parte con un susseguirsi di colpi di scena che mi hanno lasciato piacevolmente stupita. Lo stile è scorrevole, si legge in breve tempo (il romanzo non è corposo), senza troppi fronzoli, immediato e da i periodi brevi.
Il finale è soddisfacente, anche se, si conclude con una nota amara ma non poteva essere diversamente.
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