La salita dei saponari
Letteratura italiana
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Vanina e il morto ‘mmiricano
Due informatori sanitari, appena sbarcati a Catania Fontanarossa, scoprono, nel parcheggio dell’aeroporto, dentro alla sua auto, il cadavere di un uomo freddato da un unico colpo al petto.
Il Vicequestore Vanina Guarrasi è richiamata immediatamente da Palermo, dove si era recata un paio di settimane prima nella vana speranza di catturare l’ultimo dei sicari che uccisero suo padre, e inizia immediatamente le indagini con la sua fidata squadra, affiancata dall’immarcescibile commissario in pensione Biagio Patanè.
Dalle indagini si accerta che l’uomo, il settantacinquenne Esteban Torres, aveva un passato decisamente movimentato. Nato all’Avana, trasferitosi in USA, a seguito dell’avvento del castrismo, dopo essersi arricchito con il gioco d’azzardo e i commerci (non esattamente leciti) aveva sposato un’italiana, acquisendone la nazionalità, ma da anni viveva in Svizzera. Le piste, per comprenderne l’omicidio, si diramano in varie direzioni, non escluso anche un eventuale coinvolgimento mafioso. Però, quando, un paio di giorni dopo, viene scoperto il cadavere (ormai saponificato) dell’amante dell’uomo, Roberta Geraci, che qualcuno aveva gettato nel pozzo di un albergo lussuoso di Taormina una quindicina di giorni prima, tutto si incanala verso una motivazione più personale; tra l'altro, l'arma usata per il primo omicidio era quella regolarmente denunciata del morto. È inevitabile, quindi, ipotizzare un delitto non premeditato e collegare entrambi i delitti ricercando il movente e il suo autore nei rapporti tra la coppia e in quelli che l’uomo aveva con le ex mogli (incluse le due americane) e in quelli, ormai recisi, dello stesso con Cuba e i parenti che ancora vivono laggiù.
Per Vanina, che nel frattempo si dibatte in crisi sentimentali, si prospetta un caso intricato non privo di colpi di scena che riesumano anche misteriosi fantasmi nel passato del Torres, mentre il fido ispettore Spanò appare distratto e concentrato soprattutto sui suoi problemi familiari.
Terzo romanzo con protagonista il vicequestore Guarrasi che non delude gli amanti della serie, ma neppure li stupisce con esaltanti novità nella narrazione o negli intrecci. Si tratta di una storia carina e ben architettata e ambientata, non particolarmente involuta e contorta, pur con le varie vicende che interagiscono tra loro, che appassiona e diverte in modo distensivo. Le moderate incursioni del dialetto catanese, delle consuetudini e della gastronomia isolane non disturba, ma dona un sapore di credibilità e freschezza al racconto.
Per chi, come me, ha già letto quasi tutti i romanzi del ciclo, il libro non rappresenta una sorpresa particolare e comincia a mostrare le caratteristiche di quella ripetitività che, alla fine, lo ha trasformato in un modello sempre un po’ uguale a sé stesso. Ma come lettura distensiva e senza impegni non risulta affatto sgradevole; anzi confortevole per la familiarità delle situazioni che si ripetono. Lo stile è corretto e fluente, i dialoghi, a volte spiritosi e mai banali, sono ben congeniati, i tempi della narrazione ben calibrati.
Come nel precedente, ho trovato un po’ invasivi i riassunti dei fatti precedenti, che troppo spesso vengono inseriti per ragguagliare il lettore distratto o non particolarmente assiduo e hanno il difetto di deviare la narrazione appesantendola con informazioni forse superflue. Ho sentito la mancanza di qualche descrizione d’ambiente e, soprattutto, di un vero approfondimento della storia e delle vite dei protagonisti principali, che sì, ci vengono raccontati anche al di fuori delle mura della Questura di Catania, ma senza la cura e l’attenzione che, forse, dovrebbe essere dedicata loro. Pure i travagli dell’Ispettore Spanò e le sue iniziative al limite dello stalking ai danni dell’ex moglie, appaiono quasi intermezzi macchiettistici, più che un approfondimento psicologico del personaggio.
Al contrario l’indagine poliziesca ci viene raccontata in modo accurato e credibile, come una vicenda vera, con tutti gli inevitabili ripensamenti e mutamenti di prospettiva.
Insomma si tratta, non di un'opera di grande letteratura, ma di un buon libro per trascorrere alcune ore in totale relax.
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Da Cuba alla Sicilia: un'indagine "rognosa".
Non c’è tregua per il bravo vicequestore aggiunto Giovanna Guarrasi, detta Vanina, della Mobile di Catania. In una grossa auto parcheggiata in aeroporto viene rinvenuto il cadavere di uno strano personaggio, Esteban Torres, cubano di nascita ma con cittadinanza americana e italiana, residente in Svizzera ma con un appartamento anche a Catania, in via dei Saponari al 187. La poliziotta è a Palermo, città che ama, città di ricordi: la caccia a Frezza, l’ultimo mafioso ancora in fuga dei quattro che molti anni prima le hanno assassinato il padre, finisce in un nulla di fatto, e anche l’incontro con l’ex fidanzato Paolo del Dipartimento Antimafia non risolve le questioni in sospeso tra i due. Non le resta che tornare a Catania, dove l’attende un’indagine lunga ed estremamente complessa. Anche perché in un pozzo di un Hotel di Taormina viene ritrovato un secondo cadavere, quello di tale Roberta Geraci, organizzatrice di eventi e amante di Torres.
Le indagini guidate da Vanina con il supporto della sua affiatatissima squadra e di un abilissimo ex commissario ultraottantenne, già da anni in pensione ma con un fiuto da segugio, spaziano su larga scala dall’Italia agli Stati Uniti, dove il Torres ben noto alla Polizia del posto, aveva contatti con la criminalità organizzata, rapporti con il business del gioco d’azzardo e rapporti con la mafia catanese. Tabulati telefonici, intercettazioni, interrogatori di ex mogli di Torres: vicenda più complessa non poteva essere, anche perché entra in scena un nipote di Torres, gigolò di professione e amante a ore della Geraci. Tutto sembra indirizzare le indagini sulla pista mafiosa, ma come al solito nei thriller con la Guarrasi, la verità sta da un’altra parte, guarda caso proprio nella salita dei Saponari, con un ultimo colpo di scena ( e non il solo!).
Una storia “ad alto tasso di rognosità”, ardua da seguire per la moltitudine di personaggi implicati e la complessità delle indagini: a stemperare la tensione ci sono gli incontri di Vanina con le amiche, con Bettina, la sua padrona di casa, con gli amici di sempre, il medico legale Adriano e il suo compagno Luca, con Paolo Amalfitano e le ombre del passato. Per non parlare delle frequentazioni di trattorie locali, che riescono a soddisfare la golosità ossessiva dell’attivissima e insonne poliziotta a qualsiasi ora.
La Sicilia questa volta è in secondo piano: non fa da sfondo maestoso e luccicante come in altri romanzi, riemerge solo ricordando il traffico caotico che intasa le vie di Catania, le disastrate condizioni delle autostrade che collegano Messina a Catania e Catania a Palermo e, in positivo, l’invidiabile posizione dell’appartamento di Vanina, alle pendici dell’Etna, “tre vani vista mare”.
Lo stile è scorrevole, i personaggi sono ben delineati, in particolare i collaboratori di Vanina, ognuno con le sue peculiarità e le studiate strategie per mettersi in luce e acquistare meriti.
Si imparano nuovi termini dialettali e nuovi modi di dire catanesi: ad esempio la differenza tra due categorie di ragazzotti catanesi anni Novanta, i “monfiani” e i “mammoriani”. Lascio la scoperta alla curiosità dei lettori.
Non voglio neppure svelare la sconvolgente sorpresa proprio all’ultima pagina del thriller: una scoperta da brividi, che lascia con il fiato sospeso …
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La febbre del vicequestore Vannina Guarrasi
Torna Vanina Guarrasi , vicequestore, ne La salita dei saponari di Cristina Cassar Scalia. Un libro giallo classico, dalle belle atmosfere precise e consone al genere di appartenenza.
Qui Vanina, tornata da un incarico molto delicato a Palermo che riguarda direttamente il suo passato e le provoca molto dolore, si trova ad aver a che fare con un omicidio strano. E’ stato ucciso un tale: Esteban Torresi, un cubano, con cittadinanza italiana e residenza in Svizzera, una specie di:
“Anthony Quinn nella parte di Tiburan Mendes in Revenge”.
Chi era in realtà costui?
“Fedina penale pulita, immagine impeccabile, mai beccato a commettere il più piccolo reato, eppure in odore di mafia da lasciare la scia al suo passaggio. Un odore che nonostante le indagini dell’FBI tale è rimasto.”
Ciò che più colpisce è l’arma con cui è stato ucciso: una pistola russa, una Makarov 9 mm, considerata la regina della guerra, e ciò mette in campo alcune tra le più disparate ipotesi, tra cui quella per cui:
“un americano ucciso con una pistola russa, per giunta nota come arma simbolo della Guerra Fredda, è alquanto strano”.
Quando si aggiunge un secondo cadavere, la situazione si complica ulteriormente, e Vanina è sempre più preda a una febbre che:
“Non l’aveva mai davvero abbandonata. Era lì, latente, pronta a risalire, ad armarle la mano, e a caricarla d’odio. Un odio così profondo che avrebbe annientato per prima lei stessa.”
Dopo lunghe e complesse ipotesi, però, giunge, inaspettato, uno spiraglio di luce, e proprio da una strana abitazione. Situata dove? Proprio in “Via Salita dei Saponari 183”!
Un bel giallo, una perfetta lettura estiva. Il dipinto di una donna investigatrice che risente un po’ della serialità, ma in toto un personaggio complesso, vivo, sofferente, carico di ferite soprattutto rivolte al passato, ma anche dotata di grande intuito e con una preparazione investigativa competente. Una trama ben elaborata, e ben costruita, con un finale a lungo inaspettato. Personaggi ed ambientazione ben caratterizzati, costituiscono una lettura per amanti del genere, molto avvincente e trascinante.