La ruga del cretino
Letteratura italiana
Editore
Recensione della Redazione QLibri
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Fisionomie e... delitti
Bellano. Birce è la terza figlia di Arcadio e della Serpe, i custodi del santuario di Lezzeno, ed ha in faccia una curiosa voglia di colore azzurro. Quando la voglia vira verso il rossastro (per afflusso di sangue, si sostiene), Birce inizia a far cose strane, sembra inebetita, parla in una lingua che ricorda il latino ma non lo è, sparisce per ore intere senza che nessuno sappia dov'è finita (neanche lei stessa, in verità).
Pavia. Cesare Lombroso è in città per tenere una conferenza che illustri le sue teorie, bollate da un certo mondo accademico come “parascientifiche” (per non dire di peggio). Eppure – anche contro i consigli di sua figlia Gina – in quel momento non disprezzerebbe di avere al suo fianco Eusepia Palladino... non la migliore scelta per contrastare le critiche che si addensano sulla sua persona, visto che la Palladino non è una scienziata ma una medium.
Torino. Nalla sala anatomica dell'università, il dottor Ottolenghi – l'uomo più vicino a Lombroso in qualità di suo fidato assistente – sta eseguendo una prima analisi del corpo di una giovane e povera fioraia morta ammazzata, in attesa di poter fare una completa autopsia. D'improvviso, dal vestitino con cui il cadavere è giunto all'obitorio, spunta fuori un biglietto che contiene qualcosa di simile ad una formula matematica.
Bellano. Villa Alba riapre dopo tanto tempo i battenti, essendo stata acquistata da Giuditta Carvasana, che nessuno conosce nella zona. La curiosità delle donne di paese è aumentata dalla confidenza che la nuova arrivata pare avere con il rettore del santuario di Lezzeno...
Con la collaborazione del criminologo Massimo Picozzi – psichiatra e coautore del libro –, Andrea Vitali tira le fila di una storia ambientata nella vitale Italia di fine '800, tra atmosfere paesane e strani personaggi (come quelli che all'epoca popolavano le spigolose teorie criminologiche di Lombroso).
Da un punto di vista contenutistico, l'autore è bravo ad indirizzare una vicenda tutto sommato esile su una sponda intrigante (e furbesca) che mescola paranormale e thriller: la scoperta di biglietti, contenenti misteriose formule matematiche, indirizzati a morti o vivi – questi ultimi evidentemente in pericolo – ricrea un'atmosfera da giallo, negata e rinforzata (al tempo stesso) da una sottile vena umoristica.
Ma è sulle scelte di forma che Andrea Vitali dà il meglio: da una parte – e questa è una dote innata – il suo stile di scrittura ha un piacevole scorrevolezza; dall'altra egli sceglie di spezzettare i vari fili della vicenda in un numero enorme di “minicapitoli” (ciascuno lungo non più di tre pagine), laddove altri avrebbero invece proposto un'alternanza più ordinaria. In alcune parti questo espediente narrativo sembrerà un po' esagerato, ma nel complesso regala varietà e originalità al racconto.
Alla fine, una lettura che scivola via leggera, e incontra il clou quando sette persone – di cui fino a quel momento si seguono alternativamente le vicende – si ritrovano sedute insieme ad un tavolo.
Un'ultima menzione all'esilarante titolo: “La ruga del cretino”, che viene richiamata un paio di volte (e di sfuggita) nel libro, non può non avere a che fare con le teorie di Lombroso sulla lettura della personalità umana attraverso l'osservazione delle caratteristiche fisiche dei soggetti.
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Opinioni inserite: 7
La ruga del perplesso
La scrittura puntuale, precisa e stilisticamente corretta salva questo romanzo talvolta ironico, ma annacquato all’inverosimile, con personaggi e storie tra loro scollegate e poco interessanti.
Alla fine dell’Ottocento in bilico tra Bellano e Torino, da una parte si trova la nascita della moderna psichiatria, con i suoi successi e i suoi inciampi, a fare da sfondo a una storia noir e dall’altra il rettorato del santuario di Lezzeno è l’habitat di screzi tra poveri di tasca e di spirito.
Avere la pretesa di cercare un legame tra le vicende narrate potrebbe risultare ostico, si possono tuttavia considerare sostanziali contatti tra i mondi: due muliebri trait d’union e il loro rapporto.
La Birce, giovane contadina di “sedici anni e il destino stampato in faccia: una voglia blu sulla guancia sinistra che sembrava il lago di Como. Solo che ogni tanto diventava rossa” e la sua benefattrice Giuditta Carvasana, “intenzionata a fare del bene”. Grazie, si fa per dire, a questi personaggi, la scienza e la ricerca di Cesare Lombroso, i suoi denigratori e i suoi accoliti si accostano alle miserie e alle invidie quotidiane dei poveracci del tempo. L’acerbo studio delle malattie mentali si mischia alle pettegole e ai furti da pollaio senza riuscire a convincere.
Non di meglio è la trama noir dove i delitti esaltati dal messaggio matematico che fuoriesce “dalle tasche delle sventurate” cedono di fronte a una vaga indagine e a un’inesistente ricerca dell’assassino, alimentando numerosi dubbi sul perché quella che sembra un’equazione differenziale del modello preda-predatore di Lotka-Volterra, sia stata scomodata con così poco profitto.
Da leggere in mancanza di altro!
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Meglio lasciar perdere
Ai libri di Vitali non si può chiedere molto se non di consentire di passare alcune ore in tutta tranquillità e magari piacevolmente. Quando questa semplice aspettativa viene disattesa è ovvio che la lettura diventa particolarmente faticosa, soprattutto se ci si accorge che l’autore tira in lungo con il solo scopo di riempire pagine. E’ questo il caso di La ruga del cretino, titolo invero un po’ infelice, soprattutto se si guardano gli scarsi contenuti dell’opera. E pensare che, per l’occasione, alla penna di Vitali si è unita quella del noto criminologo Massimo Picozzi, anche se in questo caso si può tranquillamente dire che l’unione non la forza. Per scrivere il romanzo il narratore comasco parte da lontano, un po’ troppo da lontano, dilungandosi in eventi di poco, per non dire di nessun interesse; che cerchi di aggiungere pagine a pagine è abbastanza evidente, ma non è la corposità che può decretare il successo di un’opera, bensì il suo contenuto e la sua trama. Considerato che il primo è sempre assente, sarebbe stato logico trovare una vicenda abbastanza appassionante, ma così non è, tanto che dopo dieci pagine ho cominciato a innervosirmi, dopo altre dieci a sbadigliare e, arrivato a pagina 32, ho spento la luce (ero a letto) e mi sono addormentato. Penso che sia superfluo che aggiunga che a quella pagina la mia lettura si è fermata e non è più ripresa; è un peccato perché, pur considerando Vitali più che un artista un buon artigiano della penna, in questo caso non è riuscito a concretizzare il solito diligente romanzo e di conseguenza il mio giudizio non può essere che negativo e tale da sconsigliarne la lettura.
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UN GIALLO A QUATTRO MANI
Siamo sempre a Bellano, teatro di tutti i lavori di Vitali, più precisamente a Lezzeno, amena contrada che ospita un santuario eretto in onore ad una Madonna che pianse lacrime di sangue , ma stavolta i fatti si svolgono alla fine dell'ottocento, e non nel consueto periodo fascista.
Il santuario esiste davvero: è il Santuario della Madonna delle Lacrime che è stato costruito in memoria del miracolo del 6 agosto 1688 quando Bartolomeo Mezzera, un contadino del posto, mentre rientrava dal lavoro durante un forte temporale, rifugiatosi nei pressi di una cappelletta dove era posto un tondo in gesso con l’immagine della Madonna, si fermò per recitare una preghiera e vide che la Madonna piangeva lacrime di sangue. È proprio lì che due anni dopo, il 6 agosto 1690, venne posata la prima pietra del santuario, che fu ultimato nel 1694.
Si occupa del rettorato e del santuario una coppia di mezza età con tre figlie. Arcadio e Serpe hanno già sistemato le prime due, manca solo la terza, Birce, che però sembra destinata a restare a vita coi genitori: è nata storta, ha una voglia color blu chiaro sulla guancia, e quando questa diventa rossa Birce “si perde via” diventa muta, o parla in una lingua sconosciuta (forse latino?) e non ricorda più nulla di dove va o cosa fa. Capite che è un bel problema, soprattutto per quella pettegola della Persegheta che aspira al posto di perpetua e si attacca a tutto pur di denigrare la coppia.
Intato a Bellano, a villa Alba, arriva una misteriosa signora bionda che ogni settimana sale al santuario, che sia lei che sistemerà la strana Birce? Serpe coglie al volo l'occasione proprio la vigilia della festa per il miracolo delle lacrime della Madonna, che sia un miracolo? O solo la furbizia di trovarsi al posto giusto al momento giusto (e origliare i discorsi del rettore con la misteriosa signora)?
La narrazione si sposta a Torino, dove si susseguono fatti di sangue misteriosi: due giovani donne vengono trovate morte per strada, la loro “autopsia” rivela le stesse ferite, e lo stesso misterioso biglietto con una strana equazione o formula matematica, stesso biglietto che tempo prima è stato recapitato al celebre medico Cesare Lombroso.
È qui che entra in scena il contributo di Massimo Picozzi.
Lombroso è noto ai più per le teorie che si basavano sul concetto del criminale per nascita, secondo cui l'origine del comportamento criminale era insita nelle caratteristiche anatomiche del criminale, persona fisicamente differente dall'uomo normale in quanto dotata di anomalie fisiche e cerebrali che ne determinavano il comportamento socialmente deviato. Chiaramente Picozzi non può che essere un esperto della filosofia di Lombroso, che nel libro viene giusto accennata, ma dove viene trattata con maggiore dettaglio la sua adesione a certe teorie sullo spiritismo in collaborazione con la medium Eusapia Palladino, altro personaggio controverso del tempo. Insieme a Lombroso e alla Palladino troviamo anche la figlia di Lombroso, Gina, ed il suo assistente Ottolenghi.
I casi della vita porteranno a Bellano, in particolare a Villa Alba, sia la Palladino, amica della misteriosa signora bionda, che Lombroso, oltre ad un giornalista d'assalto di Como e un giovane medico suo amico, Politti, grande ammiratore delle teorie di Lombroso.
Dopo una rocambolesca seduta spiritica in quel di villa Alba, che vedrà protagonista in particolare la nostra bizzarra Birce, un altro fatto di sangue sconvolgerà la piccola e tranquilla Bellano: una giovane novizia viene trovata morta per strada con le stesse ferite delle povere donne di Torino.
Che il serial killer abbia seguito Lombroso fino a Bellano?
Al di là della trama, che in questo volume di Vitali è un po' più sfaccettata del solito, l'influenza di Picozzi a mio avviso è minima, è giusto una consulenza che approfondisce un po' la narrazione che non perde certo di ironia. Chiaramente, nonostante i personaggi di Lombroso, Ottolenghi, Palladino ecc...siano reali, i fatti sono pura fantasia, senza scadere “nell'accademico “ e nella troppa serietà la lettura è come sempre ironica, non si capisce bene alla fine se Lombroso (e chi gli gira intorno) sia un luminare o un ciarlatano, resta a noi l'ardua sentenza, e il titolo “la ruga del cretino” è un chiaro riferimento a quella “fisiognomica” che Lombroso applicava alle sue teorie.
La narrazione è sempre veloce, con capitoletti brevissimi, scorrevoli, i personaggi a mio avviso sono trattati un po' meno efficacemente del solito, a mio parere i personaggi della Birce e dell'assassino avrebbero potuto essere trattati forse in modo più approfondito.
Resta il fatto che il volume è divertente, un po' diverso dai soliti lavori di Vitali...ma neanche tanto, non perde comunque il suo marchio di fabbrica fatto di ironia, personaggi sgangherati e nomi irresistibili (Serpe, Persegheta, Birce...). Sempre molto umani e molto vicini a noi.
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E poi arrivò anche Cesare Lombroso
Ho appena finito di leggere questo libro di Vitali e Picozzi, ma sinceramente non ne sono rimasta molto entusiasta.
In questo libro si intrecciano molte storie, vi sono tanti protagonisti diversi ma anche molti temi diversi, si va dalla famiglia che fa di tutto per rimanere a servizio del rettore, alla storia di una medium, giusto per citarne un paio. Solo che con capitoli così brevi, 3 pagine massimo, e questa continua alternanza di storie, io ho durato fatica a stargli dietro, specialmente all'inizio. Insomma non ha una trama molto lineare, lo stesso filo logico di questi omicidi viene trattato ogni tanto e con alcune storie sembra non avere alcun legame.
La parte iniziale del libro secondo me scorre poco, meglio in quella finale, ma nel complesso questo libro non mi è piaciuto molto. Personalmente poi mi aspettavo, vista la collaborazione di Picozzi, che la parte relativa agli omicidi fosse un tema più centrale e che magari si trattasse di un qualche tipo di omicidio particolare da necessitare appunto una consulenza specifica. Così non è stato. La stessa presenza di Lombroso, non mi ha colpito particolarmente, alla fine per il "ruolo" che svolge, poteva essere inserito come personaggio uno studioso/ispettore qualunque e non sarebbe cambiato molto.
Direi che non è assolutamente il tipico giallo da leggere sotto l'ombrellone, se potete portatevi qualcos'altro!
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Ironia e serial killer
Ho apprezzato molto il sottile stile ironico di Vitali anche se ci ho messo un po' prima di comprenderlo del tutto. I personaggi li ho adorati. Sono caratterialmente ben descritti spesso divertenti nelle loro situazioni assurde e grottesche. Un po' meno accattivante la vicenda del serial killer, non tanto per lo stile di Picozzi quanto per il fatto che non ho trovato una amalgama nella storia. Storia che tra l'altro non ha mai avuto una spinta nel ritmo che è rimasto piuttosto basso.
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Un thriller nei dintorni di Bellano
Siamo alla fine del milleottocento e, questa volta, il pittoresco borgo di Bellano fa solo da sfondo ad una vicenda ( con connotati da autentico thriller) che si svolge nei dintorni del paese : in una villa (Villa Alba), dimora di una strana e misteriosa nobildonna, e nei pressi del santuario della Madonna di Lezzeno, ove un pacioso rettore deve districarsi tra le liti di esilaranti comari che gestiscono pollai e campi. La villa è frequentata anche da illustri personaggi del tempo, il famoso antropologo criminale Cesare Lombroso e la quasi altrettanto famosa (all’epoca) spiritista di fama internazionale Eusapia Palladino, alle cui fumose teorie sembra cedere l’illustre medico. Funge da cameriera (ed ecco il collegamento tra i due ambienti narrativi) Birce, creatura evanescente ed ingenua, dotata di strani poteri, nonché figlia di una delle comari del santuario. Il coautore del romanzo, Massimo Picozzi, illustre psichiatra, criminologo e scrittore, tratta da par suo le vicende contrastate delle teorie lombrosiane, includendo nella narrazione la figlia di Lombroso, Gina, il suo più valido assistente, il fedelissimo Salvatore Ottolenghi, nonché noti personaggi dell’epoca tra cui Paolo Mantegazza, fisiologo ed antropologo dell’Università di Pavia. Nel frattempo si indaga su vari delitti, compiuti sempre con le stesse modalità da un personaggio insospettabile, ed accomunati dalla presenza di foglietti con strane formule matematiche. Il giallo è abbastanza intricato, i delitti sono misteriosi ed efferati. Si assiste anche ad una seduta spiritica, guidata dalla medium Palladino, mentre nei pressi del vicino santuario le comari, in un contesto crescente di situazioni comiche, si fanno la guerra per conquistarsi l’appoggio del rettore ed un posto di lavoro, in bilico a causa di una famelica faina che sgozza le galline ovaiole e di farneticanti accuse di stregoneria alla madre della povera Birce. Il romanzo è forse uno de più godibili della recente produzione di Andrea Vitali, sostenuto dalla collaborazione di Massimo Picozzi. Vi traspare una evidente critica alle teorie di Lombroso, fondatore e sostenitore dell’antropologia criminale, basata sulle relazioni tra comportamento criminale e caratteristiche anatomiche (“criminale per nascita”), teoria poi ampiamente sconfessata e ridicolizzata nel secolo successivo. Un romanzo consigliabile, di piacevole lettura, distaccato dalla consueta routine della pittoresca umanità di Bellano.
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Un assassino matematico
È un giallo venato d’umorismo, una lettura piacevolissima e scorrevole.
Lo stile di Andrea Vitali è sempre particolare ed interessante, in grado di rendere rilassanti ed entusiasmanti le sue storie, fino a fargli meritatamente superare i tre milioni di lettori, che gradiscono i suoi romanzi.
Il punto di forza è costituito sicuramente dai personaggi e dall’intreccio.
L’ambientazione è quella caratteristica di Vitali che predilige Bellano, sulle sponde orientali del Lago di Como. Cambia, però, l’epoca scelta per narrare la sua storia. Siamo nell’agosto del 1893, gli anni in cui medicina e scienza stanno progressivamente cambiando, nonostante il generale scetticismo.
La novità di questo romanzo è nel tocco noir che lo tinge di giallo e nella collaborazione o consulenza tecnico-scientifica con Massimo Picozzi, secondo nome in copertina, noto psichiatra e criminologo italiano, indispensabile per conferire quel punto di vista prospettico in più al personaggio di Cesare Lombroso, medico, antropologo, criminologo ed esponente del positivismo. Com’è noto, l’alienista Lombroso divenne celebre per aver ravvisato nella fisionomia facciale, o fisiognomica, indizi del comportamento criminale. Su queste sue congetture si basano le indagini che prendono avvio da vicende criminali. Trovare la soluzione al crimine non è cosa per cui possano bastare il rigore della scienza e della medicina. Forse, come fantastica il Lombroso, lo spiritismo potrebbe dare un contributo ed ecco che entra nella storia anche una medium.
Ne LA RUGA DEL CRETINO, il mondo di Andrea Vitali, sempre esilarante e pittoresco, si colora con le tinte del giallo, portando le lancette del tempo agli albori della psichiatria e della nascente criminologia moderna. Per Vitali è una nuova prova letteraria che all’abituale abilità narrativa di successo unisce un desiderio di esplorare ambiti nuovi per avvincere ed entusiasmare con elementi di novità il lettore.