La pazienza del diavolo
Letteratura italiana
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Ermanno e la sua balena
Ermanno o Herman (nato a Nantucket, ed ogni riferimento a Moby Dick non è puramente casuale) è un ex ispettore che dopo aver avuto un'esperienza traumatica sul lavoro, lascia la polizia e rileva la libreria di famiglia a Roma. E' in cura presso uno psicoterapeuta, è single ed ogni sera ha una donna diversa, e questo è il solo modo che ha trovato per sopravvivere a quell'orribile evento che lo ha totalmente sconvolto.
La sua vita ora scorre apparentemente serena, ma il passato torna a bussare alla sua porta. Il suo amico e collega,Walter, rimasto in servizio, lo richiama perchè Ermanno è famoso per il suo eccezionale intuito investigativo, e può aiutarlo con le indagini su una serie di nuovi atroci delitti : un killer seriale uccide a colpi di fiocina da sub delle presunte vittime, in realtà colpevoli di gravi reati sessuali, rimasti impuniti. Ermanno e Walter restano particolarmente coinvolti da questo caso perchè l'omicida per ogni delitto spedisce loro i dvd con le riprese degli efferati omicidi e poi perchè tutte le vittime risultano essere state arrestate precedentemente, (e non condannate), proprio dai due ispettori.
Il killer insomma è una sorta di giustiziere.
L'intrigo si fa più fitto quando entrambi scoprono che la vecchia inchiesta, la cui tragica conclusione aveva distrutto le loro vite e la loro amicizia, si interseca con la nuova.
Il giallo è introspettivo e psicologico in particolar modo interessante per l'accurata descrizione dei personaggi, che spesso prendono il sopravvento sulla trama, ma senza annoiare, anzi, essi sono presentati senza maschere in tutta la loro umanità, e il lettore ne resta rapito e diventa empatico.
I dialoghi tra Ermanno e Padre Radan sono una continua e profonda riflessione sul bene e sul male, e sulla perenne lotta dell'animo umano a perseguire l'uno o l'altro, a seconda se guidati dall'Angelo di Dio o dalla pazienza del diavolo.
«Ma adesso io le chiedo: siamo sicuri che Achab sia il Bene? Lei, Ermanno, poliziotto e libraio ritiene davvero che Achab sia il Bene? O, piuttosto, si rappresenta come tale?»
Il romanzo si svolge a Roma, ma la città fa da sfondo e io non l'ho percepita, i luoghi non li ho riconosciuti, forse l'unica nota a sfavore che posso rimarcare all'autore.
Le citazioni culturali sono innumerevoli e Cimpanelli ci dà lezioni di letteratura e cinematografia quale attento conoscitore sembra essere.
Non mancano le tinte forti fin troppo splatter a volte: ma qui la violenza non è mai fine a se stessa, anzi la domanda sorge spontanea, è giustificata?
«Ha un senso, tutto questo orrore? La follia, la violenza, il sangue, il dolore e una coscienza che ancora mi deve presentare il conto. La balena bianca s’è inabissata e nuota libera e feroce, come fa dalla notte dei tempi; puoi combatterla, ma non vincerla: è una sconfitta annunciata. Accetta il fallimento, Achab. E lascia perdere."
La trama è complessa e si dipana su un filo che mescola storia, religione ed esoterismo, amicizia e tradimento, ma Cimpanelli gestisce tutto senza perdersi, accompagna il lettore in una narrazione, intuibile ma allo stesso tempo imprevista e non delude.
«A te vengo, balena che tutto distruggi ma non vinci; fino all’ultimo lotto con te; dal cuore dell’inferno ti trafiggo; in nome dell’odio, vomito a te l’ultimo mio respiro. Che ogni bara e ogni carro affondi in un pozzo comune! E poiché queste cose non sono per me, che io ti trascini in pezzi dandoti la caccia, benché legato a te, balena dannata! Così lancio l’arpione!»
Una buona idea che però si perde....peccato
Herman, o meglio Ermanno, è un ex ispettore di Polizia. Ora gestisce una libreria con l’aiuto di una bella ragazza, Francesca, in attesa di laurea. Vive accanto all’appartamento della sua vecchia professoressa Giulia, ancora una gran bella donna. Passa le notti stordendosi con il sesso, veloce e poco impegnativo. Solita routine, cenetta e poi, a seconda della stagione, fine serata a casa o sulla barca ereditata dal padre, la Mary. Herman ha ereditato la passione per il mare, la madre americana lo ha partorito a Nantucket, l’isola del Moby Dick ed è per questo che lui si chiama Herman. Il sesso serve a Ermanno per dimenticare le atrocità vissute durante il periodo in cui è stato ispettore di Polizia e grande amico di Walter Canzio anche lui ispettore. È stato proprio lui a costringerlo alle dimissioni quanto, per non perdere la “seratina”, ha permesso ad un efferato killer l’uccisione di due bambine ritrovate poi nella chiesa dell’Angelo di Dio. Per quei omicidi è stato incolpato un maestro di musica. Ma ora Walter torna a chiedere aiuto a Ermanno. Da tempo c’è un misterioso giustiziere che uccide con una fiocina persone colpevoli di violenze verso bambini e donne che l’hanno scampata grazie a bravi avvocati o hanno pagato troppo poco per i loro crimini. Dopo ogni esecuzione arriva a Walter un dvd con le immagini dell’impresa. Ai due si aggiunge il commissario Gaetano Brugliasco che non ha mai sopportato i due ispettori e i loro metodi. L’uccisione della governante di padre Radan, il sacerdote della chiesa dell’Angelo di Dio riapre le indagini anche sulla sparizione di altre giovani ragazze e così la ricerca del giustiziere si affianca a quella del killer delle bambine. Vicende personali drammatiche complicano la vita e rallentano le indagini dei tre poliziotti che hanno scoperto di essere più affini di quanto pensassero. La risoluzione del caso sconvolgerà ancora di più le loro vite e porterà alla luce delle verità impensabili, insospettabili e intollerabili.
Le vicende personali diventano, a tratti, invadenti e allontanano l’attenzione da una trama che perde il sapore del romanzo thriller. Le soluzioni che l’autore propone nelle ultime 30/40 pagine lasciano il lettore perplesso. Si ha l’impressione che lo scrittore abbia lasciato briglia sciolta alla fantasia e poi abbia faticato a riportare il tutto ad una logica conclusione.
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Il giustiziere della notte
Roberto Cimpanelli, regista e produttore, esordisce nel campo della narrativa con un libro giallo molto coinvolgente. Scritto con una prosa fresca, precisa, dal taglio veloce e minuziosa, narra di una vicenda che sin dalle prime pagine incuriosisce, con perizia e precisione narrativa. Il libro si intitola La pazienza del diavolo ed è edito da Marsilio.
Personaggio indiscusso è Ermanno, un ex poliziotto, con qualche ferita di troppo, che si stordisce usando il sesso come atto liberatorio e compulsivo. Divenuto libraio sui generis, fa:
“Sesso compulsivo , quando serve anche a pagamento: è così che Ermanno combatte orrore, dolore e solitudine. Ottundere la memoria, stordirsi e sperare che i demoni non si risveglino per venirlo a trovare, a notte fonda. Subito dopo i fatti terribili che gli hanno spezzato la vita, Ermanno si è costretto a reprimere ogni desiderio, infliggendosi scientemente una giusta punizione e una sofferenza dovuta. Da un po’ di tempo- per cercare di convincere se stesso e gli altri che il periodo più buio è ormai superato- si è rituffato nell’usuale, smodata attività, e nell’appartamentino a due passi dalla libreria il viavai di signore e signorine è sempre vivace. “
Non sempre riesce ad alleviare la sua sofferenza, e i demoni lo tormentano, rendendogli la vita impossibile:
“Apre gli occhi, il cuore che batte a mille, le mani scosse da un tremito irrefrenabile e una lama gelida gli trafigge stomaco e cervello.”
Un giorno un suo vecchio collega, Walter Conzio torna a chiedere il suo aiuto. Qualcuno sta commettendo omicidi efferati con una fiocina da sub. E ciò che più colpisce è che le vittime sono tutte persone che da loro stessi sono state condotte in carcere per reati gravi che vanno dal femminicidio alla pedofilia. Chi è lo strano giustiziere? Tornare ad indagare significa per Ermanno confrontarsi di nuovo con il commissario Gaetano Brugliasco, con cui ha ancora un conto in sospeso. Ci riuscirà? Il buio sta tornando e
“Brutte storie , brutte vite. Una consistente parte della tua vita, l’hai spesa proprio legato a doppio filo a quelle laide e feroci di questa gente qua. Nel hai assorbito troppo, di quel buio.”
Un romanzo di genere molto coinvolgente. Per gli amanti del genere giallo, ma anche della letteratura, di cui si parla molto nel libro. Condito da qualche scena di sesso e di violenza che non guasta, il romanzo racconta una vicenda che mescola passato e presente con notevole abilità linguistica. Buona lettura!
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Il Melville romano
Scrivere, fortissimamente scrivere, pur di scampare al fitness: completare un noir, ben congegnato e primo della carriera narrativa. Tanto ha potuto la paura di finire a sudare sul tapis roulant e sotto i pesi.
“Papà, se non scrivi ti segno in palestra!”: per scampare alla sorte iniqua minacciata dalla figlia, Roberto Cimpanelli ha portato a termine la stesura di una fresca storia poliziesca, ambientata a Roma e dintorni. Finora, il neo romanziere si era tenuto alla larga dalla carta stampata, avendo a che fare con il mondo della celluloide. Romano, è stato distributore di film di successo come “Balla coi lupi”, “Dirty dancing”; ha prodotto il debutto di Paolo Virzì (“La bella vita”); diretto “Baciami piccina” nel 2006, Gran Premio del pubblico nel Festival cinematografico di Annecy e dieci anni prima “Un inverno freddo freddo”, con Valerio Mastandrea e Cecilia Dazzi, Nastro d'argento SNGCI al miglior regista esordiente.
Se un particolare si fa subito strada nel romanzo, è la coralità. Pur avendo in primo piano un ex poliziotto, ora libraio nel centro della capitale, il romanzo si distingue per la quantità di personaggi, comprimari, generici e comparse. Un coro di caratteri della Roma attuale e reale: commercianti, insegnanti, professionisti, baristi, giornalai… la gente, i loro tic e luoghi comuni.
Ermanno D'Amore ha lasciato la Polizia dopo una brutta storia, che cerca di dimenticare dandosi al sesso infedele e compulsivo. È venuto alla luce settimino, da mamma americana e padre italiano, anche lui poliziotto. Ed è nato nel Massachusetts, nell'isola di Nantucket, il porto della baleniera Pequod nel capolavoro di Herman Melville “Moby Dick”. Non a caso si fa chiamare Herman.
Altro su Ermanno-Herman si apprenderà tra le pagine, considerata la cura che l’autore riserva al personaggio con cui condivide la passione per la sfida ancestrale alla balena bianca evocata da Melville.
Ermanno apprende dal telegiornale del brutale omicidio nell'elegante quartiere romano della Camilluccia. La vittima? Una persona perbene, riservata, dicono i vicini.All’esordio, il Cimpanelli scrittore racconta una vicenda a tinte forti, se si pensa che già nell'incipit c'è il primo cadavere, conciato da fare ribrezzo, la testa trafitta da un arpione metallico. Era l’avvocato Hernandez, inchiodato alla poltrona preferita da una fiocina da sub, entrata dall’occhio sinistro e uscita dalla nuca. Sangue e materia cerebrale dappertutto.
Al lampo di un temporale estivo, l'anziano dirimpettaio ha scorto un individuo sinistro che lo fissava dall’appartamento di fronte, cappello calcato in testa, capelli lunghi e grigi, forse a treccia, volto bianco che sembra privo di occhi. Sussurra alla moglie: “faccia bianca”, prima di perdere i sensi per un infarto.
Occhiali scuri di notte, berretto bianco di tela, capelli a coda sono anche i particolari dell’individuo che spacca la testa al pappone sorpreso a malmenare una prostituta di colore, nella pineta di Ostia. L’uomo ha colpito col manganello omicida impugnato dal delinquente pensando di levarsi di torno lo sconosciuto incomodo. “Mi ha fatto una carezza in testa, prima di andare via. Una persona gentile”, testimonia la ragazza al commissario.
Sempre ad Ostia, il gestore di un chiosco sul lungomare è ucciso con una fiocina nel cranio: Anzaldi, pedofilo, stupratore di ragazzini, mentre Hernandez era il difensore di un politico stupratore di una ragazzina. Tirando il processo alle lunghe, aveva guadagnato la prescrizione all'imputato, poi trovato annegato a Sabaudia.
“Stanno ammazzando quelli che abbiamo arrestato noi e l'hanno fatta franca con la giustizia”, dice Walter Canzio ad Ermanno. Anni prima, componevano una unità speciale per reati sessuali. D’Amore ha lasciato, Canzo è ancora ispettore. Ha ricevuto da mani anonime due dvd: “Per Walter ed Hermann”. Mostrano il killer dei pedofili in azione, ripreso da una telecamera GoPro.
“I prossimi che farà fuori sono quelli che abbiamo acchiappato noi?”. Nel centro di Roma, tutti i conoscenti di D’Amore commentano il caso. La gente chiama er Fiocina il regolatore di conti in sospeso con la legge... “hanno provato quello che hanno fatto subire alle piccole vittime”, dicono.
La fiocina ricorda pari pari quella impugnata dal capitano Achab nella caccia epica.
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Un male grande quanto una balena bianca
Ermanno D’Amore, protagonista del romanzo d’esordio di Roberto Cimpanelli, è un uomo dall’esistenza posata, serena, bonaria.
Laureato in lettere e filosofia, maturo ma ancora giovane, pare aver già trovato il suo posto definitivo nel mondo, e non è cosa da poco, diciamolo.
Si è costruito una propria nicchia vitale, scandita dai tempi che dedica al suo lavoro, quello di proprietario di una piccola ma caratteristica libreria specializzata in titoli thriller, gialli e noir in via del Pellegrino, a Roma.
Oppure accudendo alla sua barca, ormeggiata in secca a Fiumicino, o ancora interagendo con i sodali del suo microcosmo, la vicina di casa Giulia Maffei, ex insegnante di lettere in pensione, o Francesca Salsa, la trentenne appassionata di cinema che lo aiuta a condurre la libreria.
Appagando infine il suo lato sentimentale, in spirito e in corpo, accompagnandosi con alterna fortuna con piacenti partner, sebbene occasionali, dopotutto è un bel figliolo, di spirito e di corpo.
Il tutto in apparenza: perché Ermanno è, in fin dei conti, Herman, come lui stesso si prende la briga di rimarcare alle partner occasionali con cui si accompagna.
Sua madre infatti era americana, non solo, ma nativa di Nantucket, la cittadina statunitense da cui il famoso scrittore Herman Melville fa partire la baleniera “Pequod” al comando del Capitano Achab alla caccia dell’inafferrabile, temibile e pericolosa balena bianca Moby Dick, nell’omonimo romanzo di fama mondiale.
E se non proprio romanzo di fama mondiale, “Moby Dick, la balena bianca” è almeno un testo di vasta notorietà, anche se qualcuno che ignora titoli e personaggi ancora sopravvive su questa terra, come Ermanno può talora sconsolatamente constatare di persona.
La libreria di Ermanno, non a caso, si chiama perciò “Melville & Co.”; dopotutto, è un doveroso omaggio; le sue origini, con i nonni americani, gli hanno permesso un’esistenza agiata ed un avvenire senza patemi economici.
Dietro Ermanno, però, e oltre Herman, c’è ben altro: c’è un uomo che ha visto da vicino le più sordide miserie umane, quelle della pedofilia, per esempio.
E da quegli orrori è stato annichilito: da anni Ermanno va alla deriva capitanando una personale baleniera, le cui stive non contengono barili di olio di balena, ma contenitori di incubi tremendi. Recipienti che sono veri vasi di Pandora in cui sono racchiusi gli orrori, e gli errori, di cui è costellato il recente passato di Ermanno, e che il giovane tiene ben chiusi per non farsene travolgere, facendosi sostenere allo scopo da una apposita terapia psichiatrica con il criminologo Bruno Fracassi.
Perché Ermanno, prima di essere un libraio, è stato un poliziotto.
Un poliziotto, sebbene con laurea in lettere e filosofia non proprio consona all’impiego, impegnato con il collega Walter Canzio in prima linea contro la piaga della pedofilia e orrori similari.
Un poliziotto bravo, preparato, capace, che univa alle innate capacità investigative anche la logica stringente e riflessiva derivatagli dagli studi insoliti per quel tipo di attività professionale, alquanto prosaico e poco letterario.
Un poliziotto con un valido curriculum di successi professionali, fin quando una tragedia nell’esercizio delle sue funzioni non ne aveva pericolosamente minato l’equilibrio mentale, sopraffatto dal rimorso di aver compiuto magari inavvertitamente gravi errori professionali.
Quello che tormenta l’ex ispettore di polizia Ermanno D’Amore è che si ritrova sulle spalle un grave errore che non ha mai smesso di tormentarlo, che lo ha schiacciato spingendolo a forza a vagare nelle brume nere della disperazione, una tragedia avvenuta tempo prima nella basilica dell’Angelo di Dio. Inducendolo pertanto a cambiare vita, lavoro, abitudini, cercando in tutti i modi di lasciarsi il passato alle spalle.
Quello di Ermanno è stato un autentico viatico, dapprima una discesa nell’inferno della pedofilia, poi negli abissi dei complessi di colpa per propria incuria, e la sua mente non ha retto a quegli orrori sommati tra loro; se ne stacca quindi e cerca faticosamente di rientrare in un porto sicuro.
Senonché, allorché la cronaca cittadina riporta le gesta di un serial killer dalla figura alquanto inquietante, con il volto celato da una pellicola biancastra e che uccide barbaramente le sue vittime fiocinandole con un fucile da sub, ecco che Ermanno viene richiamato in campo dal suo ex collega in polizia Walter Sanzio, con cui faceva coppia fissa quando militava nelle forze dell’ordine.
Sebbene all’inizio riluttante a confrontarsi di nuovo con vicende e persone malefiche e nefaste, Ermanno comprende come esiste un momento nella vita in cui, per quanto veleggi al largo con le vele al vento, non troverai mai un porto sicuro in cui rifugiare te stesso, e nemmeno ripristinare il proprio perduto equilibrio mentale.
Certi eventi, per quanto traumatici, vanno affrontati, devi farci i conti una volta per tutte.
Puoi soccombere all’urto, certo, ma almeno sai contro che cosa vai a sbattere.
Come il capitano Achab, Herman va alla ricerca della propria personale balena bianca, il proprio male, la personificazione del proprio incubo; questa volta Moby Dick ha un cappello, una pellicola a celarne i lineamenti, imbraccia lei una fiocina, ma resta sempre un mostro perfido, violento, malvagio, così appare agli occhi di Herman, come una volta appariva al capitano Achab.
Le scialuppe vanno calate in acqua, ad onta delle tempeste, giunge un momento in cui ciascuno di noi deve misurarsi con il Male, qualsiasi forma esso assume.
Non c’è altra via per ripristinare il Bene che sconfiggere l’incubo.
Questo di Roberto Cimpanelli è un bel libro, fluente e discorsivo, scivola via in prima persona, diretto e subito coinvolgente.
Una bella storia, ben narrata, più che un thriller lo definirei una storia di un percorso, di una rievocazione, di una rinascita. Come per Achab, non è tanto un libro che parla di un viaggio con una meta e con una destinazione finale di scontro, di una vendetta da perseguire contro chi ti ha gravemente offeso in una gamba o peggio, sia esso un capodoglio o il diavolo in persona, ma un testo, un elaborato di rievocazione, di crescita, di consapevolezza di sé da acquisire necessariamente prima del passaggio ad uno step successivo, come in tutte le cose della vita.
Specie le più tremende, non c’è altra via.
Ci presenta persone, sentimenti, emozioni, in sintesi come nel capolavoro di Melville contiene anche qui un Ismaele, un Queequeg, uno Starbuck, uno Stubb, un Flask, la storia non è la ricerca del colpevole o del Male, fine a sé stesso.
Il romanzo è un racconto di crescita dei sentimenti, di elaborazione di errore per sconfiggere gli sbagli. Solo chi non veleggia sui mari dell’esistenza, non sbaglia mai.
Serve affrontare il diavolo, conscio che è pericoloso, perché il maligno come tutto ciò che è nefasto dura a lungo, ha pazienza, sa attendere.
L’unico modo per porre rimedio è affrontare la vita, riappropriarsi del proprio destino, il che significa riprendere il largo, senza ancore, tempeste o bonacce a frenarti.
Tutto si affronta, e forse si supera e forse no.
Non lo saprai mai se non salpi incontro al tuo destino, vele al vento.