La notte di Roma
Letteratura italiana
Editore
Recensione della Redazione QLibri
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Non si muove foglia che il crimine non voglia
Fantattualità? Distopia in tempo reale? O solo cruda realtà trasposta in romanzo?
“Tu fammi fuori e Roma si paralizzerà. Non si muoverà più una pietra, in questa benedetta città. I cantieri si bloccheranno, e dovrete vigilarli con l'esercito. Ma per quanti uomini metterete in campo, noi ne avremo sempre uno in più di voi. E vuoi sapere perché? Perché questo mondo, e questa città, sono pieni di disperati. Gente che è pronta a vendersi la madre per dieci euro. E noi di soldi ne abbiamo tanti, ma tanti. A differenza di voi, che dovete fare i conti con il bilancio, le regole, le restrizioni, la legalità.”
Marzo 2015.
Tutto parte dal Vaticano, dalla decisione di papa Francesco I di indire il Giubileo straordinario per l'anno 2016, e dall'incarico conferito dal pontefice argentino a monsignor Giovanni Daré, suo uomo di fiducia, affinché l'avvenimento sia predisposto nel modo più consono, tenendo lontani falsi timorati di Dio e sciacalli.
Non basta. Perché c'è chi non è disposto a rinunciare a un affare del genere, alla gestione dei grandi appalti, ai soldi pubblici da predare. Non se ne può rimanere fuori, nonostante sulla poltrona di Sindaco di Roma sieda una persona integerrima: quel Martin Giardino detto, non a caso, “il tedesco”. D'altronde, in politica, la distanza tra legittimazione a governare e delegittimazione è molto labile: lo spazio di una rinegoziazione sotterranea degli accordi tra vecchie volpi di partito. La stessa Chiesa di Roma potrebbe piegarsi al timore di uno scandalo soltanto minacciato. Non è forse vero che basta trovare il punto debole di ognuno, persona o istituzione che sia?
Il punto è chi potrà essere a beneficiarne: è una questione di forza e “capacità militare”, cioè di gestione della violenza. Con il “Samurai” in carcere, è Sebastiano Laurenti a tenere in mano le redini della capitale.
Massima considerazione per il “Samurai”, certo, ma Laurenti è alla sua altezza? Per Fabio Desideri no, e forse è arrivato il suo momento di prendersi Roma, con il benestare delle mafie.
L'ultimo romanzo di Giancarlo De Cataldo (autore di “Romanzo criminale”) e Carlo Bonini (giornalista di “Repubblica”) è il seguito di un altro libro da loro scritto: quel “Suburra” la cui trasposizione cinematografica è recentissima.
Protagonista, in quel volume, era la figura del “Samurai”, prima eversivo di destra poi affarista e “padrone” di Roma. Ora che è in carcere, l'erede designato è Sebastiano Laurenti, uomo apparentemente deciso ma in realtà condizionato dal proprio passato e dall'ombra del suo mentore.
“La notte di Roma” è lontano da “Romanzo criminale” (tra le opere di De Cataldo, di sicuro insuperato), ma è comunque un volume ben costruito.
Il suo punto di forza non è tanto nell'estrema attualità dei fatti – oltre che del Giubileo si parla, ad esempio, del Movimento 5 Stelle – ma in precisi riferimenti, magari meno espliciti e tuttavia evocativi di una certa mentalità che ha consegnato l'Italia alla corruzione e all'impoverimento (la politica ne esce come al solito malissimo, con i suoi metodi truffaldini attuati attraverso un controllo “paramafioso” del territorio). La notte di Roma come centro di un intero paese. Agli interrogativi iniziali, dunque, si finisce per rispondere con un certo scoramento: il racconto pare più vicino alla realtà che a un'alternativa distopica.
Quel che infastidisce un po', durante la lettura, sono invece certe citazioni inutili che finiscono per apparire “ruffiane”: la menzione di Camilleri, ad esempio, o di Danilo Rea, che, non aggiungono nulla all'inquadramento del periodo, sembrano messe lì sol perché lo impone la “tendenza” (guai a tenersene fuori!?).
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Recensione Utenti
Opinioni inserite: 3
Una Roma turpe e senza speranza
Scritto (…e da me comprato) sulle ali dell’entusiasmo dovuto al successo del precedente “Romanzo Criminale” ne dovrebbe essere la normale prosecuzione, ovvero un “Romanzo criminale” contemporaneo e attuale.
In effetti Il filone è sempre lo stesso, ma l’effetto per me, non è stato quello del primo libro, molti personaggi e un po’ troppo stereotipati, non si va mai pienamente a fondo nella loro personalità e sono privi di sfumature che li rendano un po’ più credibili, forse qui manca l’apporto della verità storica che aveva supportato il precedente.
La trama sembra forzatamente complicata, ci si mette dentro un po’ di tutto, si sforza per essere avvincente, personaggi, fatti, scene, linguaggio sono forse un tantini esagerati, e alla fine sembra una sceneggiatura scritta per fornire materiale ad una serie TV (come poi mi sembra che sia avvenuto).
Parla di una Roma criminale che in questo libro appare turpe e senza speranza, ma tutto sommato poco convincente, e forse va letto, senza pensare al precedente
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- no
Roma arde e incenerisce. I prepotenti pure.
Primavera 2015.
Il Samurai, rinchiuso in un carcere di massima sicurezza in regime di 41 bis, con fatica continua a dirigere le sue attività ed è costretto a nominare come suo successore Sebastiano Laurenti. Siamo in una Roma in pieno fermento per l'imminente Giubileo indetto da Papa Francesco e il sindaco bolzanese Martin Giardino, detto il Tedesco, non sa ancora nulla del fronte compatto di "algidi albanesi, aitanti attricette, avvocati avveduti, cavallereschi carabinieri, disinvolti democratici, escort esagitate, facondi faccendieri, nazisti narcotizzati, politicanti petulanti, preti prestanti, zecche e zammammeri" che è pronto a battere cassa per percentuali, scambi di favori, appalti, varie ed eventuali. Almeno nel Vaticano, intanto, è stata fatta pulizia, perchè il Santo Padre ha allontanato il poco trasparente Monsignor Tempesta per nominare responsabile unico il puritano e incorruttibile Giovanni Darè. Medesimi ragionamenti percorrono la mente del primo cittadino, che esautora il vicesindaco, in affari con Sebastiano, Temistocle Malgradi per dare pieni poteri giubilari ad Adriano Polimeni, politico e uomo ispirato ai valori della vecchia sinistra. Tutte queste novità non fanno piacere al giovane Laurenti, che deve anche vedersela con l'ambizioso Fabio Desideri, ex spacciatore di coca per narici altolocate che vuole una grossa fetta dell'affare e, soprattutto, spodestare una volta per tutte il Samurai e il suo erede, perchè "... un re in esilio non può restare tale in eterno. O finisce l'esilio o muore il re, e in tal caso, viva il re.". Sebastiano, purtroppo, è inesperto ed è costretto a una rappresaglia estrema non appena il terreno da recuperare diventa un serio grattacapo: blocca i servizi dei rifiuti e dei trasporti pubblici, con la città che emana gli odori tossici e pestilenziali dell'immondizia bruciata ovunque e con le periferie che vedono andare in fumo campi rom e centri di accoglienza. Una settimana di puro e devastante terrore, finchè il caos si ferma di colpo. E, diradatasi la nebbia dinanzi agli occhi di tutti, sarà un freddo colpo di pistola alla nuca a decretare il vincitore e il vinto.
Siamo, dunque, di fronte a un racconto i cui elementi di finzione sono vicinissimi al recente passato di Mafia Capitale: un sindaco tradito senza remore dal suo stesso schieramento, un Giubileo per cui tutti sono disposti a tutto e al contrario di tutto, il congelamento di conti ricollegabili allo Ior, un Papa deciso e fermo nell'eliminare il marciume dalla Santa Sede, un governo trasformista e malleabile ancorato alle poltrone dei palazzi e un limbo dalla profondità incalcolabile che vuole dettare le regole a ogni livello. Un racconto nero dalla scrittura che non lascia spazio ai pivelli e alle interpretazioni scontate: ritmo serrato e frenetico, linguaggio teso e scarno, dialoghi precisi e un dialetto mai fuori posto. Senza dimenticare la cultura pop, Twitter e i rimasugli del fascismo e della banda della Magliana che possono e vogliono ribaltare un risultato già scritto e messo a referto.
Bonini e De Cataldo sono stati abili a catturare in un’unica istantanea l'intero senso di decadimento dei giorni nostri. Quell'olezzo nauseabondo che pervade le cupole e le stanze, i vecchi volponi e i nuovi re. Con una sola, inquietante certezza:
"Ma non contare su Roma. Non esiste al mondo città più scivolosa di questa. Qui i grandi amori e gli odi eterni durano lo spazio di un caffè."
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Roma brucia
Nell’universo criminale-politico creato dal duo Bonini-De Cataldo “La notte di Roma” è l’ideale prosieguo di “Suburra”, salito alle cronache giornalistiche per l’incredibile concomitanza tra il l’uscita del film omonimo di Stefano Sollima, le pressioni su Marino e lo scandalo delle coop rosse e bianche di Roma Capitale. Nonostante contenga personaggi già presenti nel primo romanzo romano “La notte di Roma” può essere tranquillamente letto come un romanzo autonomo e indipendente dai fragili legami che possiede con il precedente.
La storia è terribilmente attuale ed è quasi certamente lo specchio di ciò che accade dietro le quinte delle dinamiche criminali e del potere politico, le quali nefastamente si intrecciano per tutelare e garantirsi interessi comuni. Il perno su cui ruota la vicenda è il Giubileo indetto da Papa Francesco; l’ambientazione, i personaggi, il periodo storico sono tanto vicini a noi da convincerci che i due autori abbiano sfruttato il momento anche “editorialmente”, sicuri di ottenere interesse mediatico e un buon successo. Attorno all’organizzazione dell’evento prendono corpo i feroci interessi della cricca criminale di Sebastiano Laurenti, tormentato successore del Samurai confinato al 41-bis; della giovane e ambiziosa deputata del Pd, Chiara Visone; di Temistocle Malgradi, un uomo per tutte le stagioni. A essi fa da contrappeso la figura integerrima e incorruttibile di Martin Giardino, sindaco di Roma insediatosi come un alieno al Campidoglio e doppione smaccato dell’ex sindaco Ignazio Marino. Da notare peraltro la assonanza palese tra i due nomi. Sono questi i protagonisti nelle cui mani grava il destino di una Roma traballante, fragile, profondamente corrotta, incapace di redimersi.
Ciò che turba e che spaventa è il progressivo insinuarsi dell’idea che ciò che viene raccontato come fiction corrisponde alla realtà. A ciò che non vediamo ma che esiste. L’esistenza di un mondo parallelo nel quale le regole del “viver civile” e dell’onestà vengono calpestate a ogni piè sospinto.
Come anche in “Suburra” e “Romanzo criminale” il cosiddetto Bene rimane sullo sfondo, lontano e impotente di fronte al cieco interesse, al bieco egoismo, alla gratuita violenza, alle cricche indissolubili, ai traffici illeciti, al finto sindacalismo e ai giochi di potere. Bonini e De Cataldo, con uno stile piacevole e semplice, infarcito di gergo romanesco per dare credibilità al racconto, intessono una trama coinvolgente e avvincente che tuttavia non replica l’imponenza del libro che, in questo genere letterario può fregiarsi del titolo di apripista e capostipite, ovvero “Romanzo criminale.