La giusta decisione La giusta decisione

La giusta decisione

Letteratura italiana

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Una cellula terroristica islamica esegue un attentato sul suolo italiano, ma per una serie d’eventi, il bersaglio non è quello voluto. Questo permette ai Servizi di poter dare una versione dei fatti fittizia. Allo stesso tempo il protagonista arriva vicino alla verità, attirando su di sé l'attenzione dei Servizi. Intanto la rete di cellule terroristiche dormienti in Italia s’attiva per compiere un attacco direttamente contro il Presidente del Consiglio. La rappresaglia militare è inevitabile: una forza mista di Forze Speciali italiane ed americane darà la caccia ai terroristi. L'idea del romanzo scaturisce da una simulazione di vulnerabilità del territorio nazionale ipotizzato dal SISMI nel 1994. La storia ha come sfondo la società italiana che sarà, tra i problemi quotidiani dei protagonisti ed il ruolo internazionale dell’Italia, vengono affrontati temi come il controllo dei media, il rapporto dei neo-covertiti islamici italiani.



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La giusta decisione 2008-01-30 03:30:21 carlo
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Opinione inserita da carlo    30 Gennaio, 2008

Francesco Cotti, "La Giusta Decisione"

Qualche mese fa ho annunciato sul mio blog l’uscita del romanzo di Francesco Cotti, l’ho fatto non perché sia un mio amico, non ci siamo mai visti di persona e ci siamo scambiati giusto qualche e-mail, ma piuttosto perché è una delle persone che stimo nell’ambito del panorama marziale italiano. Francesco è una persona “che sa”, e come tutte le persone che sanno veramente, offre il suo sapere senza falsa modestia e senza atteggiarsi a detentore di grandi segreti.

Se dovessi usare una sola parola per rispondere alla domanda: “Di cosa tratta questo romanzo?”, risponderei senza indugio con: “Passione”. Si badi bene, non la passione focosa delle telenovelas pomeridiane o quella esaltata degli ultras del calcio domenicale, ma la passione declinata nelle sue varie forme, alcune più condivisibili, altre meno. Innanzitutto quella dell’autore del romanzo; parafrasando le deandreiane motivazioni lavorative di “Bocca di Rosa” e delle sue colleghe, oggi (e non solo oggi...) in Italia (ma non solo in Italia...) c’è chi scrive libri per la gloria (o per quel quarto d’ora di warholiana fama), chi la scrittura la sceglie per professione (e tanti ce ne sono, che trovato un “filone” lo inseguono, ripetendosi uguali a se stessi, finché regge il lettore) e alcuni, tanti o pochi, chissà, che scrivono per passione. Una passione che arde, come dicono i poeti, come un fuoco, e che come un fuoco a volta brucia con fiamma vivace ed altre volte cova sotto la cenere, magari per mesi o anni. Passione è anche questo, scrivere non tanto o non solo perchè lo si “deve” ma anche perché lo si “sente”, ed infatti nel romanzo questa cosa si percepisce, lo stile cambia un po’ tra l’inizio e la fine del romanzo, segno inequivocabile che il racconto si è sviluppato come cosa “viva” e non come un qualcosa di freddo e impermeabile alle emozioni ed alla crescita dell’autore. Autore le cui passioni traspaiono chiaramente dal romanzo; dove chiunque altro avrebbe scritto: “l’agente di scorta impugnò la sua pistola” oppure “il soldato sparò con il fucile che aveva in dotazione”, Francesco descrive ogni arma con marca, modello e illustrazioni del modo di preparazione ed impiego ricche di minuzie e particolari che non appesantiscono il racconto ma che – viceversa – contribuiscono a far entrare il lettore ancor più nell’azione. Ancora, le tecnologie informatiche ed elettroniche sono descritte attraverso il lavoro/passione (aridaje...) di Saverio, il protagonista principale, che non è il classico nerd brufoloso ed un po’ sfigato a cui ci hanno abituato una serie di film da “War Games” in poi, ma piuttosto un classico prodotto social-lavorativo dei nostri anni, in cui una certa “precarietà” occupazionale diventa più che situazione subita, scelta personale consapevole. Che questo romanzo non sia stato scritto dosando col misurino gli ingredienti prescritti nei manuali tipo “Le dieci regole per un racconto di successo” appare ancor più chiaro alla fine del racconto: niente scene di sesso, niente eroi senza macchia e senza paura che da soli fanno fuori una ventina di nemici, niente “happy end”, anzi... ciascuno dei protagonisti prende la sua “giusta decisione” che sembra più un lasciare che un ottenere, ed è qui che – ancora una volta – la passione salta fuori, non più come irrazionale spinta ad agire “costi quel che costi”, ma piuttosto come un qualcosa che – al momento giusto e senza rimpianti (o anche si) – deve essere lasciata alle spalle, come un paracadute dopo un ammaraggio. Non voglio svelare la trama a chi il libro non l’ha ancora letto, ma confesso che mi aspettavo (e un po’ temevo...) che alla fine tutto sarebbe finito coi buoni che vincono ed i cattivi che prendono un sacco di legnate, ed invece – per certi aspetti – è quasi il contrario, ci sono “buoni” che muoiono, altri che ci vanno vicino, ci sono “buoni” che perdono d’un colpo amori, amicizia e quasi anche rapporti coi genitori, ci sono “buoni” che abbandonano una strada imboccata sputando sangue e sudore quando potrebbero comodamente restare dove sono; e ci sono “cattivi” che alla fine quasi ammiri per la loro coerenza, mai però fatta passare come una algida crudeltà alla Darth Vader, perchè anche i cattivi hanno paura, dubbi e magari qualche rimorso (almeno quelli che proprio cattivicattivicattivi non sono...). Insomma, i buoni sono un po’ cattivi pur rimanendo buoni ed i cattivi un po’ sono buoni pur rimanendo cattivi, anche se è sempre chiaro che ciascuno fa la sua scelta di campo più o meno consapevolmente e prende la sua decisione (giusta o meno che poi si rivelerà...). E se la passione è presente nell’autore e nei protagonisti principali, non manca neppure nei comprimari, altrimenti come altro definire la molla che spinge gli spotter (non sapete cosa sono? Beh, neppure io, prima di leggere il libro...) a trascorrere notti all’addiaccio e ore mimetizzati per qualche secondo di fugace visione di un aereo in fase di decollo o atterraggio? Come altro chiamare quella che porta giornalisti a rischiare la carriera e la vita per inseguire una notizia? Come altro scusare la verve che impedisce di tacere su determinati argomenti (più “caldi” della mozzarella appena uscita dal forno) nei classici discorsi in pizzeria tra amici, pur sapendo ove si andrà a parare? Passione, una delle cose che ci distinguono dalle bestie forse, nel bene e nel male... e la passione, permettetemelo, è anche quella del sottoscritto, una passione che mi ha spinto a divorare questo libro in due giorni, complici lunghe ore trascorse in treno e nelle sale di aspetto di un paio di stazioni; una passione che riconosco subito, quando mi rendo conto che non riesco a “staccare” dalla lettura, che in alcuni passaggi del racconto socchiudo gli occhi visualizzandone lo svolgimento ed assaporando tratti somatici, timbri di voce, condizioni ambientali. Difetti? Si, certo... l’attesa tra l’ordine e la consegna del volume, ma visto il giro d’Europa che ha fatto l’ordine e il periodo di feste natalizie, è più che accettabile e qualche errore di battitura e grammaticale, il che testimonia quantomeno della “originalità” dello scritto e del fatto che anche correttori di bozze professionisti si sono fatti avvincere dalla trama, lasciando che la passione prendesse il sopravvento sul loro lavoro, piccole “imperfezioni” che non inficiano la lettura ma che, come recitano spesso le etichette attaccate a corredo di oggetti prodotti artigianalmente, “non sono difetti di produzione, ma testimoniano la produzione manuale ed individuale” di un capo di abbigliamento, un vaso di ceramica, un dolce o – nel nostro caso – un libro, nati dalla passione di chi con mani, cuore e cervello, offre al pubblico una parte di se.



carlo

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Andy Mc Nabb, Follet, Ludlum, le Carrè & C.
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