La condanna del sangue
Letteratura italiana
Editore
Recensione Utenti
Opinioni inserite: 8
Un velo di leggerezza
Secondo episodio della serie del commissario Ricciardi. Il delitto al centro dell’indagine è quello di una cartomante, un po' imbrogliona. Molti sono i personaggi che ruotano, come in una girandola nel corso della vicenda. Nella lettura a volte perdi un po' il filo, anche perché in alcuni punti ci sono flashback, che ci permettono di entrare meglio nella storia della vita del commissario e dei personaggi a lui più vicini, in alcuni punti ci sono voci parallele, quelle dei morti, che sono la sua ossessione, viste le raccapriccianti visioni di fantasmi che lo perseguitano. Colpisce, e davvero tanto, la malinconia intrinseca di questo uomo, la sua solitudine ed il suo bisogno di voler vivere una vita normale. Colpiscono, come uno schiaffo, le riflessioni sulla morte violenta e sulla morte naturale. Solo la primavera, con la sua leggerezza, porta un velo di leggerezza che è speranza, anche per il futuro personale di questo uomo, a cui ci stiamo già affezionando.
Indicazioni utili
L’uomo che guarda
La primavera volteggia sulle punte, leggera come una ballerina, saltellando tra cappelli e balconi. Il vento del sud profuma di erba nuova e spuma di mare. Il sangue ricomincia a pulsare di tenerezza, odio e gelosia. Qualcuno, però, la primavera può solo sognarla, immaginarla, osservarla da lontano attraverso una finestra, perché per qualcuno l’esistenza si è ormai trasfigurata in uno spettacolo senza fine, eterna condanna a guardare gli altri. Vivere, o morire.
Intorno a noi c’è chi questa condizione l’ha scelta con tenacia, chi invece ci è finito, per disgrazia o per non avere saputo scegliere, forse. La straordinaria invenzione letteraria di Maurizio De Giovanni sta nell’aver dato vita a un protagonista rinchiuso proprio in una cella interiore, di solitudine e silenzio. Il commissario Ricciardi è capace di vedere ciò che nessuno vede, la disperazione di chi non c’è più, e per questo è incapace di vivere. Per lui un’unica missione, ascoltare la voce di morti che sembrano vivi, facendosi carico del loro dolore, e cercare una verità che rimetta in qualche modo a posto le cose. Per lui un unico sollievo, una finestra attraverso cui guardare la vita.
“In quella vita riflessa aveva imparato a vivere, lui che era prigioniero della propria maledizione”.
Nella gente che incontra, Ricciardi suscita disgusto e paura, perché nulla terrorizza più di ciò che non si è capaci di spiegare, come la cupezza, l’impenetrabilità, l’indifferenza, la diversità. Ma egli non è certo un folle o un reietto, il lettore lo sa bene. È invece un uomo dalla straordinaria sensibilità e intelligenza, da compatire per la sofferenza che lo soffoca ogni giorno, da sostenere nella sua febbrile ricerca di giustizia. E, attraverso un caleidoscopio di storie e cuori che animano la Napoli del 1931, ci chiede di osservare e capire le tante miserie e solitudini che ci circondano anche oggi. L’hanno detto in molti, lo dico anch’io, questo è molto più di un giallo, sono odori, colori, uomini, passioni.
“Sai che puoi togliere, soltanto, a uno che vive guardando dalla finestra? Lo sai che cosa?
La finestra, Raffaele. Gli puoi togliere la finestra.”
Indicazioni utili
Più bello del primo
“Dietro la finestra, dall’altra parte della strada, una ragazza con gli occhi bagnati di lacrime e il telaio in mano guardava dalla sua parte. In alto, in bilico sul tetto, la primavera volteggiò e sorrise”.
Secondo capitolo e seconda stagione per il commissario Ricciardi; Napoli si sta svegliando dopo il lungo inverno e l’aria frizzantina della primavera, con le sue prime giornate di sole, sta risvegliando tutta la popolazione. Ricciardi e il suo fedele brigadiere Maione avranno ben più di un grattacapo perché oltre all’indagine anche le loro vite private sentiranno “il cambio di stagione”.
Una Napoli che come sempre da una parte affascina e dall’altra t’indigna. Una vecchina cartomante è uccisa brutalmente, chi può odiare a tal punto una donna che dovrebbe donare speranza? Come può la bellezza diventare un problema tale da portare a commettere delle follie per vivere serenamente? A cosa può arrivare un uomo per salvare la famiglia? Può un amore che dura da anni spegnersi per un dolore condiviso e può un amore neanche sbocciato già finire sul nascere?
De Giovanni con questo secondo capitolo mi ha conquistato, se già con il primo libro mi aveva affascinato al punto da farmi continuare la lettura della serie, qui mi sono trovata davanti un’opera di maggior rilievo sia dal punto di vista stilistico che della trama.
Un libro che trovo riduttivo definire un giallo perché questo libro va oltre, c’è sì il giallo da sbrogliare, ma c’è anche tanta ironia, sarcasmo, amore e profondità. Con una delicatezza travolgente mi sono trovata a seguire passo passo i protagonisti di questo libro e soprattutto mi sono ritrovata con Ricciardi dietro quella finestra.
L’intervista finale dell’autore con Maione è la ciliegina sulla torta.
“Maione allargò le braccia. – Ma che schifo di città. Uno fa uno starnuto alla stazione e qualcuno al Vomero dice: salute!”
“’O Padreterno nun è mercante, ca pava ‘o sabbato”.
Lo consiglio!
Indicazioni utili
sangue, pizza e sfogliatelle!
Nonostante la primavera bussi alle porte del commissario Ricciardi una sorte di "inverno" sentimentale lo attanaglia in un vortice di parole non dette, incontri mal riusciti e spiragli di un passato che emergono con la stessa calma con la quale la neve si scioglie al primo sole. Dall'altra parte abbiamo la vera primavera, quella del suo sottoposto Maione che rincontra la stagione dello sbocciare in un nuovo-antico amore.
In questa cornice, che mi attira molto più delle indagini, si sviluppa il secondo libro di Maurizio de Giovanni "La condanna del sangue. La primavera dell'ispettore Ricciardi" [Fandango 2008 ].
Le vicende sono legate a tratti caratteristici della "napoletanità": la "magia", "l'arte dell'arrangiarsi" e "la passione". Una cartomante usuraia viene trovata morta in casa sua, una bellissima donna è sfregiata in volto, una coppia di aristocratici vive la morte del loro rapporto in una burrasca sentimentale che sembra non avere un epilogo, un ragazzo di bell'aspetto cerca di salire i gradini sociali, un uomo tenta di dare una scossa alla sua vita aprendo una pizzeria....
Già da questo primo flash si può capire che, a differenza del primo libro, ci si trova in una struttura più complessa dove, la linearità e la semplicità dell'esordio, vengono messi alla prova da un fiume di personaggi che, specie nei primi capitoli, rende la lettura un po' complessa riuscendo a divenire più semplice solo verso la fine quando i riflettori vengono puntati sui pochi sospetti che rimangono in scena.
Francamente non riesco ancora a capire perché, De Giovanni, pone le vicende di Ricciardi in un tempo così lontano come il 1931. Avendo già letto le vicende dei bastardi di Pizzofalcone non riesco quasi a percepirne la differenza temporale se non nelle descrizioni dei vestiti o di qualche lontano accenno. Ma questo non è certo un "problema" perché il libro si fa leggere e riesce a rapirti portandoti a respirare il buon profumo di una pizza bollita nell'olio o a sentire la delicatezza della sfogliatella appena sfornata.
Per concludere, come scrivevo all'inizio di questa mia recensione, rimane molto interessante, spingendoti tra le mani il terzo episodio, il contorno della storia: la sfuggevole Enrica che, da dietro la finestra osserva e viene osservata dal nostro commissario, il passato dello stesso che fa capolino in alcune frasi, la vita privata di Maione e le sue problematiche famigliari, le dinamiche di potere di una Napoli alla ricerca di quella "perfezione fascista" che non è nelle sue corde, il "Fatto" vissuto ora come dono ora come maledizione.... questi sono tutti ingredienti che rendono il libro appetibile. Forse l'unico vero problema è la digestione dell'abbuffata dei personaggi iniziali... ma questa è una opinione personale di chi legge, purtroppo, un pezzo e un boccone! Buona lettura.
O Padreterno nun e' mercante ca' pava' o sabbato
Ambasciator non porta primavera, lei sbuca da sola, giovane e sorridente , sbarazzina e scherzosa ti soffia negli occhi un'aria tiepida, alle narici incolla il profumo dei fiori schiusi ad uno ad uno dalle sue dita delicate. Libera le farfalle dalle gabbie di neve invernale e nel silenzio armonico diffuso in aria dal becco degli uccelli lei e' lì, a Napoli, il quattordici aprile millenovecentotrentuno, poco dopo le due del mattino.
Una vecchina cartomante e usuraia giace a terra, morta ammazzata di botte nella sua povera casa.
La donna piu' bella di Napoli, tremendamente sfigurata , siede col bel volto sanguinante e lo sguardo perso chissá dove.
Un pizzaiolo che amava la vita non ride piu' , le cambiali si sono comprate il suo sorriso e dubito vogliano restituirglielo.
Una signora ricca ed elegante sogna l'amore e la passione che i gioielli e le stanze di un lussuoso appartamento le negano da troppo tempo.
Una bambina anziana si stringe tra lenzuola consunte intrise di maleodorante terrore, maledicendo la sua mamma per essere morta, e averla lasciata da sola con quel mostro.
Due sposi si abbracciano guardandosi negli occhi, sorridono al loro amore di uomo e di donna, di padre e di madre dei loro figli: quelli vivi e quelli morti.
Il commissario Ricciardi cammina contro vento, ascoltando l'ultimo messaggio che i morti non si sono ancora portati via.
Se il primo romanzo della serie era piacevolissimo, questo supera il confine del meraviglioso e corre via per luoghi ameni di bellezza assoluta. So che di fatto e' un giallo, ma senza nulla togliere al genere letterario e all'ottima performance che esso ha nel libro, a me sembra di sminuire il lavoro di De Govanni chiamandolo solo "giallo".
Questo libro e' l'amore , e' la disperazione e l'apoteosi di un sentimento filiale, e' rabbia, e' dolore, e' tenerezza, e' pazzia, e' sacrificio, e' gioia...
E' l'immagine di quattro occhi che liberi dal calvario di ante oscurate si ritrovano, e lasciando che le lacrime scorrano lavano via i giorni bui.
E la primavera di Napoli, seduta accanto alla luna, sbircia giu' nel rione, lasciando che la notte umida di mare sia libera di calare sul sonno.
Non e' che posso solo consigliarlo, DOVETE leggerlo.
Indicazioni utili
Profumo di primavera
Ed arrivò la primavera a Napoli, un pò in ritardo, infatti siamo al 14 aprile del 1931.
Arrvò la primavera e portò con se, oltre ai fiori ed ai mille profumi, un odore acre di morte.
Una vecchia donna viene ritrovata senza vita in un piccolo sobborgo di un quartiere popolare del capoluogo partenopeo. Un omicidio, visto il grosso trauma trovato dal vigile dottor Modo sulla testa del cadavere.
Sono ancora una volta lo strano e cupo comissario Ricciardi ed il suo fido braccio destro Maione ad indagare sulla vita della vecchietta e su chi può averle causato una fine così ignobile.
I due scoprono che Donna Carmela aveva due vite parallele, in una faceva la veggente e leggeva le carte, nell'altra impegnava i suoi beni in un attività redditizia: prestava soldi con dei tassi d'interesse molto convenienti!
Due vite che fanno quindi aumentare in maniera esponenziale i possibili sospettati al suo assassinio.
Secondo episodio della saga delle stagione per il commissario Ricciardi, nel quale la geniale penna di De Giovanni si esprime in voli psicologici magistrali. Un commissario inusuale, schivo e chiuso quasi all'eccesso, con intuizioni fuori dal comune, e con il dono o sciagura, di sentire i morti parlare!
La primavera porta personaggi nuovi e fa sbocciare quelli già conosciuti, porterà amori e fragranze che solo la stagione del risveglio della natura può regalare!
Un libro bellissimo che consiglio a tutti, un giallo vero e puro, intrinso di Napoli e dell'epoca del primo Fascismo.
Bravo De Giovanni, a mio modesto avviso tra i migliori giallisti italiani!
Buona lettura
Indicazioni utili
La condanna del sangue
Una vera bomba di emozioni e sentimenti che si assorbono attraverso la lettura di questa seconda avventura del commissario Ricciardi e del suo fido collaboratore brigadiere Maione.
Un'opera che seppur trattando un omicidio traculento impressiona più per la croce e delizia del protagonista Ricciardi, un uomo molto cupo ma dal cuore che pulsa di sentimenti, caratterizzato dal fatto di vedere i fantasmi dei morti che attraverso alcune indicazioni lo indirizzano, a volte non senza problemi, verso la strada da percorrere per le sue indagini.
Il libro è ricchissimo di personaggi che vivono in una Napoli ai tempi del fascismo, fortemente permeata da una vitalità che ricomincia a pulsare grazie all'arrivo della primavera che riattiva il sangue ed il carattere dei partenopei.
Un intrigo che si sviluppa dopo il ritrovamento di un'anziana cartomante che svolge anche un'attività parallela di strozzinaggio. I sospettati sono molti ed all'inizio Maione e Ricciardi brancolano nel buio. Le pagine sono anche tinteggiate dal colore rosa e rosso dell'amore e delle passioni che coinvolgono anche i due investigatori.
L'opera si legge in breve tempo grazie ad uno stile caratterizzato da brevi capitoli che affascinano il lettore anche più restio all'approcciarsi al genere.
L'autore sale di livello rispetto al precedente libro non tradendo le aspettative dei fans.
La copertina è una vera opera d'arte, mi obbliga a porgere i compliemnti alla Fandango Libri che ha portato agli onori della cronaca Maurizio de Giovanni con i suoi protagonisti.
Buona lettura a tutti.
Syd
Indicazioni utili
Top 10 opinionisti - Guarda tutte le mie opinioni
Ancor più bello del primo
"La primavera arrivò a Napoli il quattordici aprile millenovecentotrentuno, poco dopo le due del mattino.
Arrivò in ritardo e come al solito, con un colpo di vento nuovo dal sud, dopo un acquazzone."
Dopo l’inverno del Senso del dolore arriva per il commissario Ricciardi la primavera de La condanna del sangue, una stagione di risvegli, di nuovi amori che sbocciano, ma anche di delitti, fra i quali quello, particolarmente efferato, che vede come vittima una cartomante e usuraia.
Come per il precedente la vicenda gialla, pur se apprezzabile, costituisce solo l’ossatura intorno alla quale è costruito il romanzo vero e proprio e qui de Giovanni mostra l’indubbia capacità di non ripetersi, creando nuovi personaggi di contorno e colorando più intensamente, scendendo ancor di più dentro l’anima, quelli che già si conoscono: il tormentato e malinconico commissario Ricciardi, il pratico, ma umano, brigadiere Maione, il Dr. Modo, medico legale pragmatico e antifascista, e lei, Enrica, la dirimpettaia, un amore silenzioso e mai dichiarato.
Il romanzo procede a ritmo costante con lo svolgimento razionale della trama principale, accompagnata da altre solo in apparenza minori e che si ricollegano come in un mosaico a dar vita all’immagine di un’umanità dolente, in cui la passione, la gelosia, i sentimenti e perfino il delitto sono l’espressione di un’esistenza in cui la felicità è solo una chimera.
Così accanto al feroce delitto della cartomante ci sono le vicende di Filomena, la più bella di Napoli, e perciò desiderata dagli uomini e odiata dalle donne, oppure quella di un sogno infranto di un povero pizzaiolo che si era illuso di poter guadagnare di più.
Su tutte, però, domina il sempre presente senso del dolore di Ricciardi, quell’intima pietà che in un mondo di fame e di morte riesce ad aver ragione del più gretto materialismo, conferendo dignità non solo alle vittime, ma anche ai colpevoli.
In questo contesto di grande effetto, dove l’ambientazione e l’atmosfera sono resi in modo veramente pregevole, di tanto in tanto c’è lo spazio anche per osservazioni illuminanti, come questa:
L’usura è vile, pensava Ricciardi: tra i delitti più tristi, perché prende la fiducia e la rivolta contro chi la dà. E succhia lavoro, speranze, aspettative, succhia via il futuro.
Non mancano, inoltre, tutte le menzogne di un regime (il romanzo è ambientato in epoca fascista) dove tutto deve essere bello e ordinato, dove la gente deve essere ricca, parole vuote che stridono con l’opprimente realtà.
Scritto in punta di piedi, con un lessico semplice, ma assai efficace, La condanna del sangue mi ha avvinto già dall’inizio e, quando alla fine Ricciardi scorge nuovamente attraverso i vetri della finestra la dirimpettaia che ricama pensando a lui, mi sono messo a piangere, perché quel ritrovato timido silenzioso amore è la conclusione logica di un romanzo stupendo, che è maturato dentro di me pagina dopo pagina, mettendo radici profonde.
E poi mi vengono le lacrime solo quando arrivo all’ultima pagina di un capolavoro.