La circonferenza delle arance
Letteratura italiana
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Il primo caso di Lolita Lobosco
Ho letto, apprezzandoli, gli ultimi libri di Gabriella Genisi con protagonista la commissaria Lolita Lobosco, detta Lolì. Ma mancavano i primi. Approfittando dell’uscita in edizione economica Feltrinelli ho iniziato con il primo intitolato: La circonferenza delle arance.
Chi è il commissario Lolita Lobosco? Una tipica donna mediterranea, lunghi capelli, quinta di reggiseno, camicette con i bottoni sempre sul punto di esplodere, tacchi alti, con il suo carico intimo di sofferenze e di ferite che colpiscono. Trasferita dalla Sicilia al suo paese natio, non è stato facile farsi accettare:
“Soprattutto se hai trentasei anni i capelli lunghi la quinta di reggiseno e ti chiami Lolita.”
Come investigatrice è capace. Intuitiva, analizza con perigliosità i dati, e giunge alla verità, forse un po’ troppo incauta, ma piuttosto irruenta e verace. Questa volta però è in difficoltà: il caso di cui si deve occupare è un caso di violenza sessuale, perpetrata da un dentista nei confronti della sua assistente di studio. Che sorpresa quando chi è il malfattore! Nientemeno che un suo ex amore di gioventù: Stefano Morelli,
“uomo bellissimo in jeans e maglioncino di cachemire blu mare. Abbronzato anche a Natale, macchina sportiva, sorriso a trentadue denti.”
Non sarà facile ristabilire l’esatto ordine degli avvenimenti, che la vedono troppo coinvolta a livello personale. Ci riuscirà?
Un bel libro giallo, carino, che si legge in un baleno. Scritto con una prosa incalzante, calda e puntigliosa, personaggi ben descritti, e una vicenda che stupisce fino al finale, sconvolgente ed imprevedibile. Per chi vuole trascorrere qualche ora in completo relax. Anche se un po’ sempliciotto nel tratteggiare questa figura femminile di poliziotta, destinato però a completarsi con l’evolvere delle avventure.
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Profumo agrodolce di donne e di agrumi
Questo è un romanzo datato, edito da una decina d’anni circa, non per questo meno bello e intrigante, attualissimo, una buona lettura, una storia ben scritta e ben raccontata, direi rilassante e ammaliante, semplice e complicata insieme come può esserlo una…bella ragazza del nostro sud, che ti affascina, ti attrae, ti fa sorridere, anche tribolare, penare e riflettere tutto insieme.
Insomma un romanzo che è esattamente come un’arancia, che è un signor frutto: sa essere bella tonda, sanguinella e zuccherina, ma ha anche un che di aspro e di tosto, si presta a numerose varianti, nudo e crudo, in spremuta, in torte o in scorze candite, insomma una frutta eclettica, come eclettica e multiforme sanno essere le donne, certe valenti ragazze in particolare.
A ben pensarci, le due metà di una bella arancia, le due circonferenze, dopotutto richiamano moltissimo i seni di una bella figliola, sono della misura giusta, tanto da essere facilmente contenuti in una coppa di champagne o nella mano di un gentiluomo.
Un po’ come accade per quelle simpatiche cassatine che si preparano in onore della santa patrona di Catania, S. Agata, le “minne” di Sant’Agata appunto; ma mentre queste sono bianco latte con ciliegina rossa, e si gustano al meglio in Sicilia, gli agrumi che intendiamo qui sono quelli originari della splendida Puglia, terra di masserie, olive, olio, burrate, puccia salentina, pizzica e appunto aranceti.
Sempre di profondo sud si tratta, ma volete mettere, tutta un’altra cosa, e la circonferenza delle arance del posto si prestano a rendere meglio il personaggio principe di Gabriella Genisi, di cui da poco è edito il suo ultimo “I quattro cantoni”.
Protagonista seriale di questo e molti romanzi a seguire della Genisi è Lolita Lobosco, per gli intimi Lolì, commissario di Polizia in quel di Bari, a cui la circonferenza delle arance però mal si adatta, in verità, trattasi di quel che si dice una bella ragazza prosperosa, avendo un seno di misura ben superiore, e con il frutto citato ha in comune solo la passione smodata con cui lo gusta in tutte le varianti, in spicchi come in preparazione culinarie varie, di cui è maestra appassionata.
Una specie di Montalbano in gonnella, quindi, ma assai diversa dall’eroe di Camilleri, la Lobosco prima di essere una poliziotta, svolgendo quindi un’attività considerata tuttora di appannaggio esclusivamente maschile, è una donna, e una donna assai in gamba anche.
Una delle donne moderne vanto del nostro Sud, fedele ai valori antichi e genuini e alle tradizioni, specialmente culinarie, della sua terra; e però una ragazza moderna, liberamente e femminilmente calata nel suo ruolo, che le calza a pennello proprio perché lei stessa la adatta a misura di donna.
Veste la divisa, in tutti i sensi, metaforicamente, senza nulla concedere alla differenza di genere. Non è il commissario Lobosco, è la commissaria; non è un poliziotto, è la poliziotta; lo rimarca, lo sottolinea, semplicemente pretende di vivere la sua realtà di genere, svolge con efficace normalità il suo ruolo, la sua professione senza nulla cedere agli stereotipi che ritengono inammissibile ad esempio un poliziotto con i tacchi.
Lolì i tacchi li porta, spesso e volentieri, tosta e dalle idee chiare, ben decisa a farsi largo nel retaggio simil medievale del suo ambiente di lavoro, incurante dei lazzi, dei commenti maschilisti e fastidiosi, delle pressioni e considerazioni inopportune e talora affatto gradevoli cui è sottoposta.
Una donna che vive e lavora tra i maschi, come tante, dunque, e che a differenza di molte sa farsi rispettare benissimo, nonostante i pessimi maschi che abbandonano sulla faccia della terra: e solo per questo suscita immediatamente la nostra simpatia.
Le ragazze determinate e capaci, ben decise a farsi rispettare, di fatto, o inconsapevolmente conseguono consenso unanime, inutile discuterne oltre.
Poi è anche una bella donna, ben descritta; e attraverso il suo personaggio, Gabriella Genisi ci immerge nella cultura, nei luoghi, nelle usanze e nelle tradizioni di un territorio, il suo, quello di Bari, e della Puglia, usando pure sfiziosissimi modi dialettali d’intendersi, esattamente come fanno i colleghi del commissariato di Vigata di Camilleri.
Descrive il sud, Gabriella Genisi, attraverso quello che potremmo definire il suo alter ego Lolita Lobosco, il sud dell’Italia splendido e splendente, esecrabile e sgradevole, tutto e il contrario di tutto, che poi è quello che rende unico e affascinante, quantunque le pecche, il nostro Sud.
E lo descrive attuale, vigente, reale, ci parla di violenza carnale, vera o presunta, di amore, di passioni vecchie e nuove, di sesso tanto per dire e tanto per fare, di tradimenti, di avidità, di difetti fisici tramandati su base genetica, di femminicidio, di misteri svelati tramite un indizio trascurabile inciso su…un’arancia, perché no.
Lolita Lobosco non risolve gialli e misteri, non solo almeno: essenzialmente, i romanzi di Gabriella Genisi ci mostrano, con semplicità, quanto meglio le donne sanno fare le cose che certa cultura vuole siano prerogativa solo maschile.
Non è questione di competizione, ma è che a loro riesce meglio, facile, come sbucciare un’arancia.
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Mare, caffè e arance
Per dare vita alla Commissaria Lolì Gabriella Genisi ha attinto a piene mani alla sua esperienza di donna mediterranea, ai colori e alla luminosità della sua Puglia e, non ultimo, alla tradizione del cosiddetto “giallo all’italiana” in cui la trama investigativa è, di fatto, solo un espediente per raccontare le persone, i costumi e le abitudini del nostro paese. In particolare, non fa mistero di essersi ispirata al personaggio di Salvo Montalbano, che compare addirittura nel romanzo con un piccolo cameo.
La storia ruota intorno alla figura di Lolita Lobosco, per gli amici Lolì. Bella, sensuale e ironica, è un commissario che svolge con grande determinazione la propria professione, ma è anche una donna che non ha rinunciato alla sua femminilità. Adora il mare, il caffè fatto con la napoletana e le arance, che cucina in mille modi. E’ forte e intelligente, capace di tenere a bada, con la sua lingua tagliente e i suoi modi a volte bruschi, i tanti uomini che affollano il suo ambiente lavorativo. Eppure il ritrovarsi di fronte al suo primo amore di gioventù, accusato di violenza sessuale, porterà alla luce tutte le fragilità, i dubbi e la solitudine che nasconde ogni giorno dietro l’efficienza di poliziotto.
La qualità del romanzo non sta tanto nell’indagine, una sordida vicenda familiare di tradimento e avidità, quanto nella volontà di far rivivere nelle pagine un mondo che profuma di Sud e di vita quotidiana. Da qui la scelta di una scrittura semplice e vivace, che attinge al registro del parlato e si avvale di molte contaminazioni dialettali, e di far interagire Lolì con una carrellata di curiosi e simpatici personaggi, dal playboy scansafatiche all’invidiosa nemica d’infanzia, che sfilano davanti a noi, come in una commedia di costume, per raccontarci un pezzo d’Italia.
Da consigliare, quindi, a tutti gli amanti del giallo italiano. Perché leggere questo libro significa, in fondo, fare una passeggiata sul lungomare, ascoltare le voci delle persone, osservare i colori del mediterraneo. E ritrovarsi con un bel sorriso. Da provare, inoltre, le ricette a base di arance riportate in appendice!
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Imitazione mal riuscita
Ho scelto questo libro per caso, attratta da un'offerta e tentata dal leggere un nuovo giallo, ambientato al sud, scritto da una donna e con una protagonista femminile, cosa abbastanza anomala nell'ambito di questo genere.I presupposti c'erano tutti, magari non per innamorarsi della serie, ma almeno per trovarla interessante.Invece....
La storia è abbastanza banale, portata avanti con un unico filo conduttore, senza divagazioni nè intrighi paralleli,semplice insomma ed anche un po' scontata, ma trattandosi del primo tentativo di una scrittrice, può andar bene.
La protagonista è ben presentata, forse incarna anche bene una certa tipologia di donna del sud Italia, ma personalmente l'ho trovata un po' troppo rozza e non ha suscitato in me una particolare simpatia, anzi in certi casi mi ha dato anche un po' sui nervi. Gli altri personaggi sono messi lì a contorno, per qualcuno si vede il tentativo, poco riuscito, di caratterizzarli, magari con qualche particolare tipico del sud Italia, ma nulla a che vedere con quelle macchiette ben preparate da scrittori di tutt'altro calibro. Non verrebbe in mente di fare paragoni, meno che mai con un autore di tutto rispetto quale, personalmente, ritengo essere Camilleri; ma visto che la stessa scrittrice fa comparire nel libro il caro Montalbano, beh il paragone è d'obbligo e la critica anche!Qui tutto è un tentativo mal riuscito di imitazione e probabilmente se si fosse mantenuta la propria strada, senza tentare sfacciatamente di seguire le orme di qualcun altro, sicuramente il giudizio sarebbe stato più positivo.
Fino a questo punto, ho fatto delle valutazioni su un libro che non ha particolarmente lasciato il segno, ma comunque passabile ed essendo il primo di una serie, avrei lasciato anche aperta la possibilità di leggerne un altro, per vedere magari qualche passo avanti. Quelle fin qui elencate sono tutte caratteristiche che un bravo scrittore dovrebbe avere, ma si sa, alcuni hanno talento, altri devono lavorare un po' per arrivare ad un buon risultato, quindi la carenza di alcune cose, in un primo tentativo ci possono stare.
Ma di cosa uno scrittore proprio non può fare a meno? La conoscenza della lingua italiana!
Vero è che oggi scrivono un po' tutti, che il linguaggio usato nei testi si avvicina sempre più a quello parlato, che non mancano strafalcioni e continue mancanze di congiuntivi, che alcuni errori capitino anche a scrittori di tutto rispetto; ma qui si è proprio esagerato. Non si tratta, infatti, sporadiche distrazioni o di una scrittura di basso livello, come può essere considerata quella di alcuni autori, qui si tratta proprio di non avere padronanza di linguaggio, non saper costruire una frase ed esprimere un concetto in maniera corretta. Beh, questo proprio non si può perdonare ad una persona che decide di far di mestiere lo scrittore! Con uno "stile" di questo tipo, anche quello che normalmente potrebbe essere perdonato, se non considerato licenza poetica, a mio avviso mette solo ancor di più in evidenza una totale ignoranza. Se poi si prova ad imitare anche nel linguaggio altri,mettendo in gioco l'uso del dialetto, si peggiora ulteriormente la situazione, perchè invece di risultare una nota di stile, in questo contesto diventa soltanto sinonimo di una scarsa conoscenza della propria lingua e nulla di più. Personalmente ritengo vergognoso che una casa editrice scelga di pubblicare un libro del genere, piuttosto che dare la possibilità ad uno dei tanti aspiranti scrittori, che di certo meriterebbero una possibilità, se non altro perchè sanno mettere la penna su carta.
Che dire, bocciata senza possibilità di appello. Si salva soltanto l'idea di chiudere il libro con una serie di ricette tutte a base d'arancia, suggerite dal commissario, ottima cuoca.
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Le arance di Lolita
Nasce dalla penna di Gabriella Genisi una strana creatura: si chiama Lolita, di professione commissario, single, segni particolari amante delle arance.
La città che accoglie le vicende di questo giallo è Bari, con i suoi riti, le sue abitudini culinarie, le sue strade, i suoi profumi.
Una lettura gradevolissima, la cui struttura tinta di giallo si lascia presto sopraffare dalla carica dei personaggi, in primis Lolita eppoi tutti gli altri volti che le fanno da cornice imprescindibile.
Lo spunto posto alla base del racconto è semplice, quasi evanescente, pur toccando temi noti alle cronache, eppure si delinea pagina dopo pagina una donna tutta da scoprire, una donna che veste i panni conferitigli da un ruolo impegnativo, sagace e perspicace, forte e determinata, ma al contempo colta nei piccoli intoppi del quotidiano, fragile e sola.
E' un romanzo che sprizza freschezza, come una delle tanto amate arance menzionate così di frequente durante la narrazione tanto da sentirne il gusto.
Un frutto che fonde in sé la dolcezza di talune situazioni al sapore aspro di certi eventi, come l'inganno e la morte.
Gabriella Genisi sceglie di porre sulla bocca dei suoi protagonisti un linguaggio “locale”, così da creare un'ambientazione perfetta luogo-parola; una scelta azzardata che certo pubblico fatica a condividere, ma se utilizzata con sapienza e nei giusti momenti, conferisce colore e genuinità.
Una buona prova di scrittura, frutto di un'idea che vuole associare una trama noir al volto e all'anima di un personaggio.
Un romanzo che nonostante l'indagine poliziesca sottesa, vuole parlare di sole, di profumo del mare, di amore e di qualche sfiziosa ricetta a base di arance da gustare in buona compagnia.
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Spumeggiante
divertentissimo, la storia come giallo non è niente di ché però lo stile e come è caratterizzato il personaggio del commissario Lolita, donna avvenente e sanguigna, davvero è irresistibile. L'ho divorato e ora ho intenzione di leggere anche i 2 casi successivi. Davvero una lettura piacevolissima!
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Chist'è pazz
Lolita Lobosco è davvero uno splendido personaggio, frizzante, scoppiettante, vivace, irriverente. E' una versione femminile di Montalbano, è una donna verace del Sud, bella e intelligente. Dubita per professione, perchè è commissario e quando le viene da malignare, si scopre che il suo istinto ha sempre ragione. Beve il mare un poco con gli occhi tutte le mattine. E' molto italiana, nell'atteggiamento, nel fisico, nei pensieri, nella passione per la cucina. Il campionario di coloriture lessicali nei dialoghi fra i personaggi, così come nelle parti in cui Lolita parla fra sè e sè è l'aspetto più piacevole di questa lettura, che oltre a questo stile di casa nostra, molto mediterraneo, ha sotto sotto anche un buon giallo. Dove è la gelosia a muovere le carte.
"La circonferenza delle arance" di G. Genisi - Il
E’ la prima avventura del commissario Lolita Lobosco, personaggio intelligente e carnale uscito dalla penna di Gabriella Genisi, che darà vita anche alla serie televisiva per la RAI scritta dalla stessa autrice.
Il commissario “femmina” più sexy d’Italia si cimenta nel suo esordio in un caso assai particolare: un affascinante dentista, Stefano Morelli, è accusato, alla vigilia di Natale, di uno dei più vili reati, la violenza carnale. L’accusa al bel Morelli, fin dall’inizio, ha tutta l’aria di essere una bieca montatura. Ma il particolare, che rende saporita la vicenda, è che … l’accusato è addirittura il “primo amore” della sexy-commissaria!
Parte lesa è Angela, “l’assistente alla poltrona”, una vistosa “femmina” pratica dell’ars amatoria.
Il libro promana profumi mediterranei e assume le forme sferiche delle arance, che costituiscono anche la chiave di volta per risolvere il caso poliziesco: su un’arancia, infatti, si stampa un morso di Angela, che rivela un difetto congenito…
Sullo sfondo della vicenda si staglia una splendida Bari immersa nell’atmosfera natalizia e nelle sue tradizioni, principalmente culinarie.
Un personaggio tutto da gustare, questa Lolita, con il mondo del suo commissariato e della vita pugliese. Grazie a una narrativa piacevole, ironica, coinvolgente. Magari aspettando le sue prossime avventure, come …
… Bruno Elpis