L'uomo del porto
Letteratura italiana
Editore
Recensione della Redazione QLibri
Iris al cioccolato e morti ammazzati per Vanina
Giovanna Guarrasi, detta Vanina, vicequestore in forza al reparto Reati contro la persona della Questura di Catania si trova ad affrontare due spinose situazioni. La prima riguarda l’omicidio di un mite professore di filosofia, Enzo La Barbera, amato da tutti, schivo e gentile, attivo nel recupero dei ragazzi tossicodipendenti. È stato trovato, accoltellato, in una piccola grotta naturale, scavata da un fiumiciattolo che scorre sotto Catania, che viene usata come séparé di un pub cittadino.
La seconda questione la riguarda personalmente: alcune settimane prima si è trovata a casa una busta contenete un proiettile: tipica intimidazione in stile mafioso e, da quel giorno, non può spostarsi senza una nutrita scorta che le limita i movimenti e le impedisce di agire come vorrebbe. Vanina si sente in gabbia.
Nel frattempo l’indagine per la morte di La Barbera si indirizza verso due distinte direzioni. O è stato un omicidio di mafia, perché qualcuno s’è sentito infastidito dall’opera contro la diffusione delle droghe che svolgeva il professore. Ma la mossa di per sé sarebbe stata stupida e i mafiosi sono tutt’altro che stupidi. Oppure i moventi vanno ricercati in fatti risalenti addirittura a oltre trent’anni prima, quando Enzo era un ragazzo ribelle che soggiornò in una comune di hippies ove accaddero fatti inquietanti.
Nonostante le intrinseche difficoltà in cui si trova a dover indagare Vanina riuscirà a venire a capo di entrambe le vicende, mentre, d'altro canto, la sua situazione sentimentale si farà particolarmente complicata.
Non conoscevo l’opera di Cristina Cassar Scalia e ne sono rimasto piacevolmente sorpreso. La scrittura è fresca e scorrevole e la storia si fa leggere con piacere anche da chi non conosce gli antefatti per non aver letto i tre romanzi che precedono questo.
Onestamente è difficile combattere la diffusa sensazione di déjà-vu che il personaggio di Vanina e il suo entourage suscitano. Una volta accettato ciò, però, questa spontanea e vulcanica “Lolita Montalbano” risulta indubbiamente simpatica e alcuni personaggi di contorno sono davvero divertenti. Purtroppo collaboratori e comprimari sono tanti e spesso restano dei semplici nomi che è difficile inquadrare caratterialmente. Ma la storia fluisce senza intoppi, con una ragionevole cadenza da vicenda verisimile, cioè con tutti gli inevitabili tentennamenti a cui, nella realtà, un’indagine va incontro.
Anton Checov scriveva che se in una narrazione compare una pistola questa, prima o poi deve sparare. La Cassar Scalia ci mette davanti agli occhi ben due pistole metaforiche ed entrambe “spareranno” prima della fine del romanzo. Quindi un lettore attento non deve stupirsi se già da pagina 140 riesce a immaginare quale sarà l’epilogo della storia. Tutto sommato, però, non l’ho ritenuta una circostanza spiacevole, ma, al contrario, appagante e rassicurante: certe assurde giravolte che alcuni autori infilano negli ultimi capitoli, giusto per creare il colpo di scena finale, sono più irritanti che divertenti.
In definitiva ho trovato il libro gradevole e anche le incursioni in catanese stretto (non pervasive e onnipresenti come in Camilleri) contribuiscono a dare freschezza al testo. Consigliabilissimo come lettura distensiva.
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I conti con il passato di un professore di liceo.
Il vicequestore aggiunto Giovanna Guarrasi, detta Vanina, il personaggio protagonista della fortunata serie di Cristina Cassar Scalia, è in pericolo: il proiettile trovato sul tavolo di casa sua è una velata minaccia mafiosa, che costringe la Mobile di Catania ad assegnarle una scorta giorno e notte. Un nuovo caso viene alla luce: nella grotta di un pub sotterraneo si scopre il cadavere di un vecchio professore di filosofia, Vincenzo La Barbera, accoltellato a morte. E’ uno strano personaggio: di famiglia benestante, in rotta con un padre autoritario e vecchio stampo, aveva abbandonato casa sua frequentando una comunità hippy ed adeguandosi per un certo periodo alla loro vita disordinata, droghe di ogni genere comprese. Cambiando vita, si era poi dedicato al recupero di tossicodipendenti ed all’insegnamento di filosofia al liceo classico, fino alla pensione, guadagnandosi la stima di alunni e colleghi, ma non del padre che non l’aveva mai perdonato per i suoi atteggiamenti spregiudicati, giungendo addirittura a diseredarlo. Il professore, una volta in pensione, aveva scelto come dimora una barca a vela bene attrezzata, cedutagli da un lontano parente. Le indagini brancolano nel buio, la vita del professore viene analizzata a fondo, sono interrogati amici, conoscenti e la compagna della vittima, risalendo anche ai frequentatori della vecchia comunità. Viene presa in considerazione l’ipotesi di una vendetta mafiosa da parte di spacciatori, che non vedevano di buon occhio la benemerita attività del professore nel recupero dei tossicodipendenti. Non viene neppure trascurata un’altra pista, l’intenzione cioè della vittima di rivelare finalmente, dopo tanti anni, segreti sulla scomparsa dalla comunità, trentacinque anni prima, di tre ragazzi eroinomani, ritrovati poi sepolti un una fossa.
Ma, come ormai è consuetudine nei thriller dell’autrice, la verità viene a galla solo alla fine: il colpevole va cercato in un ambito completamente diverso, che solo l’abilità e la pazienza della bravissima Vanina riesce a scoprire, scavando come sempre nel passato.
Devo dire che il thriller ha qualche lungaggine di troppo e una miriade di sospettati: un intreccio apparentemente inestricabile, che non sempre riesce a convincere e coinvolgere il lettore. Il ritmo non è quello solito, le indagini sembrano andare troppo a rilento, manca il consueto brio presente negli altri thriller della serie. Lo stile narrativo però è sempre incisivo e brillante, soprattutto nei siparietti ove regna apparentemente la calma: Vanina ha sempre con sé la scorta, non può frequentare bar e ristoranti, ed è costretta a godersi i cibi preferiti sulla scrivania, cibi che “spazzola” sempre da vera golosa, accompagnati da una quantità industriale di cioccolato, che conserva nei cassetti, e dalle immancabili sigarette. Riesce anche a godersi i manicaretti che le prepara Bettina, la padrona di casa, a ristabilire un rapporto affettuoso con il patrigno, a tentare di riallacciare un rapporto durevole con l’eterno fidanzato Paolo Amalfitano, a beccarsi una solenne ramanzina dal burbero e imponente capo della Mobile, Tito Macchia, per essere una sola volta, da incosciente, sfuggita al controllo della scorta.
Il gruppo investigativo è sempre quello, da Spanò e Lo Faro (paragonabili per caratteristiche rispettivamente a Fazio e Catarella del commissario Montalbano di Camilleri) , via via fino all’intramontabile ex commissario Biagio Patanè, al quale non par vero di dare un determinante contributo alle indagini della Guarrasi.
Alla fine dell’ultimo capitolo, il solito colpo di scena riguardante Paolo Amalfitano: cosa accadrà in seguito? Lo sapremo in uno dei prossimi romanzi.
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Doppia indagine per Vanina
Torna il vicequestore Vanina Guarrasi, felice creatura di Cristina Cassar Scalia, ne L’uomo del porto. Un giallo ben congegnato, tuttavia unico neo è la lentezza della narrazione. L’autrice arriva alla risoluzione dell’intricato giallo dopo troppe, pesanti digressioni che potevano facilmente essere evitate o, comunque, abbreviate.
Il romanzo ruota intorno al rinvenimento di un corpo barbaramente ucciso. La vittima è il professore Vincenzo La Barbera,uomo di spiccata onestà. Uomo dedito al volontariato e al sociale, si occupava di recuperare anche i giovani tossicodipendenti in preda alla droga. Viveva su di una barca, dopo aver rotto qualunque tipo di rapporto con la famiglia di origine e rifiutato l’ingente patrimonio che gli spettava di diritto. Infatti:
“A diciotto anni se ne scappò di casa e non ci tornò più. Il padre era un ingegnere e aveva costruito mezza città. La madre, scomparsa tre anni fa, apparteneva ad una famiglia nobiliare dell’agrigentino. Mio cugino lo rivide a metà degli anni Ottanta quando militavano tutti e due nel Partito Comunista. Allora il professore si era appena laureato in Filosofia e aveva iniziato a insegnare. Dice che era tale e quale se lo ricordava: capiddi longhi, sbisazzato … “
Chi ha voluto la sua morte?
Vanina è in preda all’ansia più totale e brancola nel buio. Inoltre un fatto personale la sconvolge ulteriormente: qualcuno le ha inviato in una busta un proiettile. Una chiara minaccia proveniente da qualche boss. Così è costretta ad affidare la sua vita ad una scorta armata; che le impedisce, però, una certa libertà di movimento nel condurre le complicate indagini. Riuscirà a venirne a capo di entrambe le indagini?
Un giallo classico dove la protagonista, Vanina Guarrasi, recita su un proscenio del tutto personale. Conduce le indagini a modo suo. E’ un personaggio che ricorda tanto un Montalbano in gonnella. Un romanzo dove la narrazione è spesso inframezzata da espressioni dialettali. Un libro compatto, ma privo di verve, di colpi di scena che avrebbero movimentato un po’ il testo. Per un lettore affezionato un tassello in più alle avventure del vicequestore Vanina. Per gli altri un romanzo godibile, ma privo di grandi avvenimenti improvvisi che suscitano scalpore.