L'oscura immensità della morte
Letteratura italiana
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IL CARNEFICE, LA VITTIMA E IL BOIA
Avrei voluto intitolare questa recensione con un sonoro “Carlotto non delude mai” tuttavia sono consapevole che sarebbe stato un esordio decisamente ovvio, l’esatto opposto di questo libro, che di scontato non ha proprio nulla.
E’ vero, Massimo Carlotto soddisfa tutte le aspettative che si ripongono in un noir ben confezionato e degno di conquistarsi quel posticino privilegiato nella libreria in salotto, accanto ai tuoi preferiti in assoluto – uno di questi è proprio “Arrivederci amore, ciao” – con la sua scrittura incalzante e incisiva, con tutto il cinismo e l’ipocrisia possibile mescolati al pantone di sentimenti contrastanti.
“L’oscura immensità della morte” è un titolo forte e che invita alla riflessione, ponendo il lettore dinnanzi a domande di natura etica e spirituale: come può un essere umano uccidere un altro essere umano? Con quale coraggio un uomo può privare un altro uomo dei suoi affetti più cari, con spietata lucidità? Che misura ha il dolore?
Il dolore di Silvano è immenso ed oscuro, come la morte che con eccessiva brutalità l’ha privato dell’amata moglie e dell’unico figlio. Il cuore è un pozzo nero e profondo, totalmente prosciugato da ogni più piccola goccia di sentimento; il dolore si è radicato in ogni millimetro del suo corpo contaminando anche l’anima sino a renderla più buia della tenebra. Egli vive in una notte eterna senza luna né stelle, dove la follia non ha confini e la ragione non ha più spazio sufficiente per quell’esiguo barlume volto ad illuminare la sua coscienza.
Esiste la redenzione di un assassino? Nella Bibbia Dio comanda a gran voce che nessuno tocchi Caino altrimenti verrà punito “7 volte tanto”; Dio condanna espressamente l'agire di Caino che è da omicida, ma salvaguarda la sua natura umana che è un valore imprescindibile. Nessun uomo può distruggere il valore dell'essere umano e l’uomo stesso non può annientare la dignità della propria umanità.
Raffaello, l’assassino condannato all’ergastolo, è un uomo malato di cancro che dopo aver scontato 15 anni di carcere chiede la sospensione della pena ed il perdono di Silvano perché senza di esso non potrà godere della grazia concessa a fronte di questo caso particolare. Raffaello, il reietto dalla società perché colpevole di un fatto gravissimo – l’uccisione di un bimbo di 8 anni e della sua mamma -, sarà l’unico a riscoprire la luce scavando attraverso gli abissi del proprio e dell’altrui inferno.
Il libro non pretende di insegnare il mistero del perdono né di proteggerci dalla furia devastante della vendetta, semplicemente volge l’attenzione verso un sentimento comune pur tuttavia sottovalutato: la rabbia. La rabbia che si tramuta in odio, l’odio che acceca privando l’essere umano di ogni briciola di raziocinio e di buon senso.
Infine, è doveroso spendere un’ultima frase su come lo Stato sia descritto come incapace di supportare le vittime di crimini violenti tanto quanto capace di abbandonare i detenuti al proprio evidente destino, che sia dietro le sbarre di un carcere affollato o in un’angusta camera al centro clinico del penitenziario.
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l'oscura immensità dell'animo umano
Questo libro è stato un pugno nello stomaco, ma uno di quelli belli forti, che arriva senza preavviso, ti toglie il respiro e ti lascia lì in sospeso a boccheggiare per un po', senza la forza di riprendere fiato....!!!
Carlotto in questo libro tinge di noire tematiche profonde e intense: redenzione, espiazione e sacrificio di un omicida e annientamento, alienazione, sconfitta e vendetta di una vittima a cui l'omicida, con il suo gesto, ha annientato la vita.
Una delle domande è: quella di un tribunale è una giustizia esaustiva per una vittima di tale reato ????
Inoltre, perché la vittima viene interpellata per la richiesta di grazia ??? ci potrà mai essere perdono ???
Non voglio andare oltre perché questo è un libro che va letto e assorbito fino all'ultima goccia di inchiostro. E poi....lasciare spazio alle emozioni e alle riflessioni che scatena.
Il mio primo pensiero alla fine della lettura (l'ho letteralmente divorato questo libro) è stato: l'animo umano è immensamente profondo e OSCURO.
Buona lettura.
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L'odio e il perdono
L’oscura immensità della morte è forse uno dei migliori romanzi di Massimo Carlotto; è un’opera di notevole livello, che, al vantaggio di leggersi con facilità, unisce anche lo stimolo a profonde riflessioni sui rapporti fra gli uomini, sulle loro reazioni agli avvenimenti che li toccano direttamente, lasciando un segno incancellabile sulla loro psiche.
In breve il tutto nasce da una rapina dove vengono uccisi da uno dei due banditi due innocenti, madre e figlio. Uno dei malviventi viene arrestato e condannato all’ergastolo, l’altro invece fugge e resta in libertà. Quindici anni dopo l’omicida, affetto da un cancro inguaribile, chiede la grazia e quindi il perdono del marito e padre delle vittime, un uomo ormai prigioniero della solitudine e della memoria, con sempre impresse nella mente le ultime parole di sua moglie “E’ tutto buio, Silvano. Non vedo più nulla. Ho paura, ho paura, è buio.”
Non vado oltre per non togliere il piacere al lettore di scoprire come si evolverà la vicenda, dove, pur negli stilemi di un “noir”, si è indotti a profonde riflessioni sulla vita e sul concetto di giustizia, con una narrazione essenziale, incalzante e incisiva, ma non per questo meno coinvolgente. Carlotto come scrittore ha il dono dell’immediatezza, cioè riesce a trascinare il lettore nelle spire della trama, rendendolo di fatto partecipe fino a immedesimarsi prima con l’uno e poi con l’altro dei due personaggi principali, che non sono altro che le rispettive immagini speculari.
Alla vicenda fa da sfondo una città del Nordest, in cui tutto è regolato dall’ipocrisia, in particolare da quella dai mass-media, ossessivi e implacabili nell’imporre il loro concetto di giustizia, ma anche propinatori di illusioni alle quali i due protagonisti non si sottraggono.
L’oscura immensità della morte è un romanzo di grande respiro, una sorta di compendio dei molti difetti e dei pochi pregi della società in cui viviamo.