L'isola degli idealisti
Letteratura italiana
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Il difetto dei buoni propositi
Un inedito romanzo di Scerbanenco scritto, forse, durante il secondo conflitto mondiale e trovato per caso dai familiari e quindi pubblicato postumo.
La narrazione si colloca al di fuori del thriller-noir e presenta aspetti psicologici e raffinati dovuti ai principali protagonisti del romanzo, appunto “gli idealisti, e cioè ad Antonio Reffi medico settantenne, a suo figlio Celestino, anch’egli medico ma appassionato di matematica, alla figlia maggiore Carla, quarantenne, scrittrice. Vivono insieme a due cugini, a due donne di servizio e a un tuttofare, Giovanni e a un simpatico grosso cane, su un isolotto, uno scoglio, immerso in un lago imprecisato del nord Italia.
(A mio parere potrebbe trattarsi del lago d’Iseo in relazione alle vicissitudini e ai fatti raccontati). La vita calma, di routine, piatta e a tratti noiosa vissuta dalla famiglia Reffi e allo staff di servizio in qualche modo estraniati dalla realtà cittadina, viene all’improvviso increspata dall’arrivo di due altre persone. A causa della situazione creatasi e alla visione della vita da parte della famiglia Reffi, si intrecciano personalità e caratteri che sfociano in altrettante vicissitudini con risultanze inaspettate.
La vita in comune in spazi così ridotti quale la villa sull’isolotto, genera passioni, tendenze e scopre verità altrimenti destinate a rimanere nascoste. La domanda è: “E’ possibile far cambiare atteggiamento alle persone, con modi pacati e concilianti, ma costretti a una certa restrizione di movimento dettata da particolari circostanze di forza maggiore?”
La trama del romanzo è imperniata proprio su questa basilare domanda con sfumature e sfaccettature inerenti i vari personaggi. Un romanzo scorrevole avvolto nella penombra di un periodo storico propedeutico alla tragedia che fu la seconda guerra mondiale.
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A me sembrano un po’ matti
L’isola è l’imprecisato luogo lacustre che ospita la famiglia Reffi, la servitù (“Durante i primi anni i Reffi avevano abitato da soli la villa al Ginestrin. Poi avevano preso con loro un cugino e sua moglie, jole e Vittorio Vras... Jole sovrintendeva le due domestiche, Beatrice e Marì”), il custode Giovanni Marengadi e un cane (“battezzato Pangloss da Celestino solo con l’intento di prendere in giro Voltaire e l’Illuminismo”).
Gli idealisti sono il padre Antonio, medico in pensione, ma soprattutto i due figli non coniugati: la scrittrice Carla e l’intellettuale Celestino.
La ristretta comunità vive in equilibrio sino all’arrivo di due ladri (“Se volete potete telefonare ai carabinieri. O tenermi qui fino a domani sera, senza dire niente a nessuno. Come preferite”), che provocano i principi, i sentimenti, la magnanimità e la creatività degli “idealisti” (“Pensa a quanta gente peggiore di loro viene redenta”).
È lo scontro di due mentalità (“A me sembrano un po’ matti”), temperamenti (“È un po’ mulo”), stili di vita ed emotività che vengono abilmente sovrastate e governate da Scerbanenco: il futuro scrittore di noir si erge ad attento osservatore di dinamiche che assumono la casa chiusa come ambiente e schema nel quale scatenare psicologie e caratteri.
L’atmosfera suggestiva del lago aleggia, misteriosa e avvolgente, esaltata da uno stile narrativo moderato e preciso nel descrivere e nell’analizzare.
Giudizio finale: interessante, affascinante, filantropico.
Bruno Elpis
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Un inedito Scerbanenco
L’isola degli idealisti , magistralmente scritto da Giorgio Scerbanenco, era un libro che la moglie Teresa aveva gelosamente conservato in un cassetto, che ora la figlia dell’autore ha deciso di pubblicare.
Protagonista assoluta è l’isola della Ginestra, ovvero:
“L’isola della Ginestra, o Ginestrin, com’è chiamata, era in vendita nel secolo scorso a duecento lire, naturalmente senza alcuna costruzione. Antonio Reffi, il vecchio, la comprò appunto a questo prezzo quando aveva venticinque anni, con il proposito di vivervi solitario tutta la vita. Poi si sposò, dopo avervi fatto costruire la villa, e con sua moglie vi passò regolarmente l’estate, ogni anno. Nel millenovecentotrenta e qualche cosa egli vi si stabilì, insieme ai due figli Carla e Celestino:”
Lì, appunto, vive la famiglia Reffi, così composta:
“Carla aveva quarant’anni, non si era sposata ed era scrittrice. Aveva i capelli già molto grigi, ma il volto era dolcemente fresco, giovanile, e conoscendola ci si spiegava lo stile dei suoi romanzi (..). Celestino aveva undici anni meno della sorella. Anche lui non riscuoteva l’approvazione del padre. (…) Poi gli rimproverava la sua intelligenza: “Tu sei tutto intelligenza”. “Come i tenori famosi sono tutta voce. Per il resto non hai altro, ti manca persino il buon senso.” (…) Durante i primi anni avevano abitati da soli. Poi avevano preso con loro un cugino e sua moglie, Jole e Vittorio Bras. Erano parenti poveri e giovani. “.
A rompere la tranquilla atmosfera giungono sull’isola due fuggiaschi: Beatrice e Guido. Lei bella e sfacciata, lui giocatore incallito e truffatore. Chiedono ospitalità perché inseguiti dalle forze dell’ordine. Celestino si mette in testa di redimerli e vuole sottoporre i due ad un esperimento, che mira al cambiamento radicale. E’ l’inizio di un vortice oscuro tra amori, fughe, bugie ed invidie, ovvero di tutto il repertorio nero dell’animo umano.
La figlia definisce questo libro nella prefazione:
“Un noir a metà tra il cinema dei telefoni bianchi e gli spericolati esperimenti sociali dell’investigatore Duca Lamberti, che nella Milano del boom infiltrerà una sua collaboratrice nel mondo della tratta delle bianche. Nelle città eleganti degli anni Quaranta il nerboruto Celestino mette invece in atto un matematico piano di redenzione di due ladri d’albergo.”.
L’abilità narrativa e di prosa di Giorgio Scerbanenco emerge qui in tutta la sua potenza. Una prosa perfetta, essenziale, ironica, tagliente, priva di fronzoli. Abile nel tratteggiare anche il percorso introspettivo e di vita dei personaggi, il libro si divora in un attimo, in una narrazione che non può che essere assunta a modello da perseguire. Una lettura sofistica ed intrigante. Scerbanenco è veramente il padre del noir all’italiana, e questo libro lo dimostra. Con una morale sotterranea: gli ideali saranno sufficienti a mutare e a correggere il nero ed ambiguo comportamento umano? A voi la lettura.