L'estate di Ulisse Mele
Letteratura italiana
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RECENSIONE 'L'ESTATE DI ULISSE MELE' DI ROBERTO AL
Un romanzo che vorrebbe essere un noir, ma si può soltanto definire una lettura pervasa da profonda sensibilità e mite essenza. Un bambino sordomuto di nove anni dal carattere umile e sincero, ma che soprattutto possiede un cuore tenero e speciale. Sì, perché si arrabbia se lo definiscono diverso dagli altri, ma è proprio la sua diversità a renderlo unico a se stesso e per coloro che lo amano.
Una storia che inizia con un fatto di cronaca nera, la sparizione e l'uccisione di Betta, la sorella di Ulisse. Primo e solo indiziato il padre, un padre che riempie di botte i suoi figli, tranne il piccolo Ulisse. Quest'ultimo però lo considera un buon uomo e non crede che proprio lui possa aver ucciso sua figlia. Sembra che Ulisse sappia dentro di sé chi sia il vero colpevole, ma fra le righe l'autore, se non alla fine, non riesce a farci capire tutto ciò che pensa il bambino. Credo che lo scrittore abbia voluto creare un noir un po' esistenziale, per questo conferisco solo questa valutazione, perché se avesse cercato di far apparire il romanzo soltanto per ciò che è, sarebbe stato molto meglio. Io non definisco questo libro un thriller o un noir, ma un racconto di vita letto dagli occhi di un ragazzino fuori dal comune, che a volte si perde in dettagli narrativi, forse in parte inutili alla trama, ma che ci regala un sorriso pieno di tenerezza e bontà. Consiglio ovviamente questa lettura a chi vuole fermarsi almeno una volta ad ascoltare e ad apprezzare chi è meno fortunato degli altri, ma lotta per essere trattato alla loro pari.
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COME STELLE CADENTI
Candido ma spietato, non conosce il silenzio e non sa dire bugie: l’io narrante di questo romanzo offre al lettore una visuale d’eccezione, attenta ai particolari e sensibile agli umori, tanto acuta da bucare lo schermo opaco dell’abitudine. Le parole di Ulisse Mele, bambino speciale e intelligente, ci regalano un’esperienza variegata e dinamica, che evolve insieme alla crescita rapida e dolorosa e forzata del protagonista.
All’inizio, gli eventi di quotidiana crudeltà si succedono inspiegabili e regolari come le stagioni e i giorni: le botte cadono intorno al protagonista senza sfiorare la sua intoccabilità di piccolo genio speciale, che lo protegge come uno scudo magico da quella violenza che sembra non avere storia. La gioia annuale dell’estate e del mare è in arrivo insieme agli zii, ai cugini e a un gommone nuovo fiammante, meraviglioso, che promette schiuma e tempeste e avventura. Ma quel gommone non toccherà mai il mare.
“Betta non c’è più.”
Qualcuno ha assassinato Betta, la sorella più grande, romantica e incompresa, che voleva l’amore e scriveva di principi e di scudieri. Il crimine frantuma il muro che sosteneva e imprigionava la quotidiana infelicità dei Mele; il caos riporta a galla le ferite mai risolte e che muovevano la violenza del padre, quelle stelle cadenti che cadevano ogni giorno, regolari come il canto del gallo. Il passato ricompare quando parte del futuro muore: le radici si riaffiorano quando i fiori più fragili muoiono per disgrazia, per paura, per disattenzione.
“La campagna cambia colori e profumi e io me ne accorgo subito.”
Gli occhi curiosi del mondo e della televisione assediano la famiglia Mele, ma non vedono nulla. Ulisse ascolta di nascosto. Analizza la crudeltà gratuita che si nutre della sua tragedia. Scarta subito le bugie. Infine, osserva le testimonianze dei suoi cari scomparsi, ignorate e dimenticate, e coglie i segnali della verità.
“Ci sono giorni dove il passato si dimentica.”
La vita va avanti, ma le assenze apparecchiano la tavola ogni giorno. Le parole inseguono con efficacia la bellezza delle stagioni dell’isola, meravigliosa, sprecata. Il finale è amaro, quando il pensiero insegue ancora l’ultima traccia di verità, mai punita.