L'estate dei dieci temporali
Letteratura italiana
Editore
Recensione Utenti
Opinioni inserite: 1
La prima indagine di Milena Costa
«Vede? Le poche tradizioni che questa città poteva permettersi sono state sperperate, e un popolo che fa di tutto per non ricordare il proprio passato che futuro potrà mai avere? Ma del resto, il concetto di futuro non è contemplato neppure dalla nostra lingua. Nemmeno i verbi che usiamo hanno un modo futuro. Niente che indichi speranza, sogno o desiderio. Non esiste un farò, un vivrò, un respirerò, ma un devo fare, devo vivere, devo respirare. Futuro = dovere: un binomio indissolubile; l’equazione perfetta di secoli e secoli di endemica rassegnazione.» p. 76
Dopo l’incontro con la signora Mariannina, Milena Costa, vicequestore aggiunto, non può sottrarsi dall’approfondire sulla possibile scomparsa di Giuseppina Cesarò, detta la majara, da giorni non più vista in paese e vecchia vicina di casa della protagonista. Anche se la vecchietta è avvezza all’assentarsi, l’istinto della dirigente la porta alla residenza della donna e dopo una prima perlustrazione dalla quale evince che la stessa non è stata oggetto di alcun tentativo di effrazione, decide di entrare perché anche se chiaramente non vi è stata violazione, un odore acre, giunge dall’interno, un odore che non lascia dubbio alcuno sulla sua origine. Ed infatti, entrata in quella che un tempo idealizzava come un macabro antro della strega con tanto di pentoloni e gabbie per ingenui fanciulli, l’abitazione si rivela essere il luogo in cui giace il cadavere dell’anziana, dall’età imprecisata, donna. Con la "testa riversa contro l’alto schienale intagliato della sedia e la bocca spalancata in un urlo silenzioso, il viso alterato dalla morte e il corpo in avanzato stato di decomposizione", ella giace senza vita da un tempo indefinito. Eppure, le cause del decesso sembrano essere tanto ovvie quanto naturali. Ma allora perché Milena non è convinta dell’esito della perizia? Perché sente di dover andare avanti? Perché sente che in realtà qualcosa di ben più oscuro e misterioso si cela dietro le fattezze di una dipartita per arresto cardiaco? Che sia colpa di quella busta rinvenuta sul luogo del delitto a renderla perplessa? Che sia per quella lettera contenente una specie di indovinello in lingua siciliana con una immagine e particolari rifiniture a farla sospettare di ben altro? Che siano i successivi ritrovamenti di altri cadaveri di anziani con la medesima busta ma ciascuno con un enigma diverso? Che siano tutti delitti e tra loro collegati? Ma se sono tutti in connessione tra loro, come ha(nno) fatto l’assassino (o gli assassini) ad agire indisturbato(i) facendo passare le morti come un fatto determinato dalla mano di Dio? E se la Costa avesse preso una cantonata? Tuttavia, se così fosse, che senso avrebbero quei diari?
Siamo in Sicilia e quello che vi ho presentato non è altro che il romanzo d’esordio di una scrittrice di grande talento che ha dato vita ad un giallo curioso e appassionante, un giallo che ben articola la sua trama e che ben cadenza la narrazione. Mediante un linguaggio chiaro, preciso, diretto, ma al contempo prezioso, meticoloso e erudito, uno stile attento ai dettagli ma mai eccessivo, Mariella Sparacino conquista il lettore sin dalle prime battute e sorprende con la sua capacità di mixare tradizione e mistero in quello che non è affatto un romanzo da catalogare (in cartaceo) tra gli Harmony. E qui onestamente mi chiedo, e che nessuno me ne voglia, cosa ci fa questa narratrice dalla vocazione thriller nella categoria per eccellenza del rosa. Così come mi chiedo perché non sia facilmente reperibile il suo scritto che ha tutte le carte in regola e i meriti per stare in libreria mentre al contrario altri titoli, di dubbia solidità e che spesso portano il lettore a chiedersi come sia possibile che invece vi siano, siano plurigettonati e super presenti. Probabilmente questa autrice, come molti altri scrittori di valore ancora oggi in “gavetta”, paga le conseguenze dell’attuale mercato dell’editoria, paga le conseguenze di quel che è la pubblicità nell'era della digitalizzazione. Ed è un peccato. Se infatti deciderete di leggere questo primo elaborato, non soltanto verrete catapultati in un testo dove vi è il senso del dovere, dove il funzionario di polizia è una protagonista che si fa amare per determinazione e testardaggine, ma avrete anche modo di assaggiare quei tipici sapori e odori propri della Sicilia nonché avrete modo di approfondire su una pagina del passato italiano troppo spesso dimenticata e/o occultata. Il tutto passando per una trama ricca, compatta, priva di sbaffature a cui si somma la ricercatezza di una penna di tutto rispetto. Spero sinceramente di poter leggere altro, di questa narratrice, in futuro. E proprio a lei, mi rivolgo. Anche se è difficile, anche se oggi come oggi la concorrenza è tanta e il mondo funziona all’arrovescio, mi auguro col cuore che continui a scrivere. Di Milena, ma anche di altri personaggi. Perché il suo contributo non può che far bene alla letteratura contemporanea.
«Spesso mi chiedo perché esseri umani hanno avuto tutto dalla vita, mentre altri soffrono nel momento stesso in cui vengono al mondo. Per quale assurda lotteria delle anime, sono nata quaggiù e non in un povero villaggio africano? Forse la morte non è che il capoverso di un’altra vita e paradiso e inferno esistono solo su questa terra: è qui che godiamo le gioie e scontiamo le colpe di esistenze precedenti.» p. 262