Ira Domini. Sangue sui Navigli
Letteratura italiana
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Assai inferiore al primo della serie
Ira Domini, il seguito di Il segno dell’untore, non smentisce il fatto che, normalmente, in un ciclo di opere con la stessa tematica e i medesimi protagonisti, tutte quelle successive alla prima ne sono inferiori.
Nel caso specifico, poi, si evidenzia un netto peggioramento sotto tutti gli aspetti e una disarmonia fra le varie parti che lascia supporre che l’autore si sia accinto a scrivere il romanzo senza aver prima steso un adeguato progetto.
Pure in questo ci sono due indagini che procedono appaiate, ma una, relativa a un rapimento con tanto di ostaggi, é banale e mal supportata; l’altra afferente la ricerca di un misterioso balestriere che con la sua arma uccide diverse persone a Milano è in nuce ben più interessante, ma l’autore non le dà né il giusto risalto, né un interessante sviluppo.
Il risultato è francamente deludente, tanto più che le soluzioni dei due gialli sono ben poco logiche e paiono affrettate, come se Forte volesse concludere alla svelta quel romanzo che anche per lui cominciava a venire a noia.
Ed é proprio la noia che accompagna il lettore più o meno dalla metà dell’opera fino alla fine, vista come una liberazione. Rispetto a Il segno dell’untore la descrizione della città in preda alla peste é raffazzonata e anche i protagonisti sono solo abbozzati, anzi il notaio criminale Niccolò Taverna perde molto del suo smalto, mentre un’eccessiva importanza viene data alla sua fidanzata Isabella, fin troppo volitiva e intrepida e senz’altro fuori dai canoni delle donne dell’epoca, ma gli eccessi, come sempre, danno fastidio e contribuiscono non poco a stancare chi legge, perché il personaggio diventa ben poco credibile.
L’impressione complessiva che ho ricavato è che l’autore, visto il successo di Il segno dell’untore, abbia deciso di dare un seguito prima non preventivato e in tutta fretta, per battere il ferro finché era caldo. Il risultato è purtroppo quello che si evince da quanto ho finora scritto e se è tale da non sconsigliarne la lettura, non è però meritevole da consigliarne la stessa.
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IRA DOMINI
Da uno dei miei autori preferiti mi sarei aspettato sinceramente qualcosa di più di questo “Ira Domini”. Dopo il precedente titolo, dove aveva fatto il suo positivo esordio il notaio criminale Nicolò Taverna, attendevo con curiosità di leggere il secondo lavoro, ma purtroppo sono rimasto deluso. La storia proposta mi è sembrata poco incisiva per poter catturare l’attenzione del lettore. Molti passaggi sembrano troppo superficiali e le situazioni descritte non riescono a creare quelle atmosfere a cui Franco Forte ci ha abituati. La sensazione è quello di leggere una bella “storiella” che scorre perfettamente ma che alla fine non lascia il segno. Tutto rimane nel primo livello, senza scendere nello specifico, con approfondimenti e storie parallele. Anche le risoluzioni dei due casi a cui Nicolò Taverna dovrà dare delle risposte, mi sono sembrate del tutto frettolose, senza quel senso di mistero che in tutti i thriller, anche se storici, necessita.
Le poche pagine del libro (276) testimoniamo comunque che la storia poteva essere sviluppata in modo più ampio e forse la fretta di finire questo romanzo ha giocato un brutto scherzo al mio autore preferito. Naturalmente il mio è solamente un giudizio personale che spero venga smentito dal successo che merita questo bravissimo autore. Aspetterò di leggere il prossimo, perché “il talento” non è acqua!
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Ira Domini
Dopo le eccellenti impressioni de Il segno dell'untore, prima opera dell'autore dedicata al notaio criminale Niccolò Taverna, Franco Forte ritorna a raccontarci le tristi vicende che vedono protagonista la Milano appestata del Borromeo.
In quest'opera il protagonista si ritrova a dover indagare su due vicende, il rapimento dei tre figli di un' altolocata famiglia spagnola nonché di alcuni strani omicidi di persone assolutamente non collegate tra loro se non per le modalità della morte, per mezzo di un dardo scoccato da una balestra.
Non saprei dire se le pretese del lettore fossero troppo alte ma questa storia è raccontata in modo troppo semplicistico, poco approfondito, con passaggi superflui come quello del bollitore di teste e le soluzioni ai due casi sono ancora più deludenti.
Altra nota che mi lascia perplesso è la figura di Isabella, sicuramente portatrice di colore ma assolutamente fuori luogo per l'epoca e per come si inserisce nelle vicende. Ne avrei già voluto parlare di quest'ultimo personaggio con l'autore stesso durante un incontro che purtroppo venne annullato.
Comunque l'opera si legge molto velocemente grazie ad uno stile sicuramente scorrevole.
Un vero peccato perchè Franco Forte è un autore che scrive molto bene e che con la prima avventura del Taverna ci ha conquistati.
Nelle ultime pagine ci sono già le premesse per il terzo capitolo che vedrà protagonista il notaio criminale milanese.
Buona lettura a tutti.
Syd
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