Il valore affettivo Il valore affettivo

Il valore affettivo

Letteratura italiana

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Bianca è una giovane donna ossessionata dalla perdita della sorella Stella, morta per un incidente a quattordici anni. Bianca allora ne aveva sette e non è mai riuscita a elaborare il lutto, anzi ha sempre pensato di essere colpevole di quella morte, in seguito alla quale ha visto la sua famiglia sbriciolarsi: la madre ha tentato il suicidio numerose volte, e adesso sta in una casa di cura, il padre l'ha abbandonata, esasperato. Bianca vive con Carlo, cardiochirurgo di fama mondiale, che lei venera nonostante lui sembri concentrato solo su di sé e il suo lavoro. In realtà, la devozione di Bianca nasconde un piano macchinoso e folle, di cui Carlo è un mero strumento. Un piano per ristabilire l'ordine che la tragedia di Stella ha spezzato. Nel percorso che Bianca intraprenderà per realizzarlo, scoprirà una verità sulla morte della sorella che nessuno avrebbe mai potuto sospettare.



Recensione della Redazione QLibri

 
Il valore affettivo 2021-04-19 15:07:59 ornella donna
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ornella donna Opinione inserita da ornella donna    19 Aprile, 2021
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La colpa che non c'è e la sua espiazione

Nicoletta Verna è nata a Forlì, ma vive a Firenze, dove si occupa di comunicazione e web marketing nel settore editoriale. E’ autrice da saggi e di volumi su media e cultura di massa e ha insegnato Teorie e tecniche della comunicazione presso diversi atenei e istituti italiani. Il suo romanzo d’esordio si intitola Il valore affettivo, ed è pubblicato dalla casa editrice Einaudi. Narra una storia che colpisce al cuore e nel profondo.
E’ la storia di una donna, Bianca. Un passato tragico la segna irrimediabilmente. La morte della sorella Stella. Stella era tutto. Tutto ciò che non era lei. Un punto d’appoggio, sempre serena e coscienziosa, altruista. Non aveva difetti né pecche. Fino alla “disgrazia”, all’incidente senza ritorno. Dopo di che nulla è più. Ma Bianca ha solo sette anni e la sua famiglia non c’è più.
La madre che prima gestiva una lavanderia, la chiude ed inizia a far uso smodato di psicofarmaci.. nel primo anniversario della morte di sua sorella Bianca trova la madre nella vasca da bagno con le vene tagliate. E’ solo il primo di tanti, vani, tentativi di suicidio. Il padre cerca di resistere fino a che lei diventa un po’ più grande, e poi emigra in Svizzera. Lei è sola a combattere con i fantasmi e con la pazzia materna. Decide di andare a studiare a Milano, dove incontra Carlo, promettente professore di cardiochirurgia. Così si fa strada nella mente di Bianca un folle quanto astruso progetto: rinascere finalmente tramite la devozione assoluta verso quest’uomo, che diventa un mero strumento per espiare una colpa, che in realtà non c’è. Riuscirà Bianca nel suo intento? Lei, che non sente più nulla, che non prova emozioni, che divide il mondo sentimentale esattamente come fa per la raccolta indifferenziata, ha ancora una chance di vita?
Un romanzo profondamente introspettivo, racconta una vicenda che entra nel cuore del lettore, alternando racconti di vita presenti e del passato in un unicum totale. Colpisce il ritratto di Bianca, protagonista del libro, che non sente più nulla, una maniaca compulsiva tanto lucida quanto fredda, per la quale:
“il mio corpo è come il mio cuore: riesce ad abituarsi a qualunque dolore.”
E’ una sofferenza urlata, tacendo, quella di Bianca. E l’autrice riesce in una narrazione che risulta, in ultimo, di grande qualità. Con uno stile forse un po’ freddo ed asciutto, ma sempre preciso, puntuale, colto e raffinato; l’autrice scava a fondo nell’animo umano dei personaggi, fornendo, così, una narrazione di grande pregnanza e di grande intrigo. Il romanzo ha avuto una menzione speciale della Giuria Premio Calvino 2020, ed è più che meritata. Una lettura molto adatta a chi ama leggere di vicende familiari, di scavi introspettivi, di follia, di lutti e di tragedie. Un romanzo dai forti connotati psicologici.

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Adatto a chi ama i romanzi dai forti connotati introspettivi e psicologici.
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Il valore affettivo 2021-06-10 04:54:39 68
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68 Opinione inserita da 68    10 Giugno, 2021
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Tempesta anaffettiva

Quando il dolore di una perdita di cui ci si crede responsabili è così grande da anestetizzare il se’ in un continuum frantumato e disperso, e anni sempre uguali restituiscono un niente necessario alla sopravvivenza, quando vita e morte si equivalgono, si intrecciano e si sovrappongono, esistono due possibilità, annientarsi o cercare una via di riscatto, per se’ e per gli altri, qualcosa che restituisca l’amore perduto.
Così è per Bianca, la protagonista, corrosa da un’ espiazione impossibile, indifferente al dolore, anestetizzata da una vita al contrario iniziata dopo la morte dell’ amata sorella Stella, suo punto di riferimento, per anni impotente al disfacimento di se’ e della propria famiglia.
Oggi è una donna diversa ma implosa, trincerata in comportamenti ossessivo-compulsivi, indifferente alla propria bellezza, sin da bambina immersa in un iter fatto di nuotate che la portavano allo sfinimento, centinaia di oggetti inutili da acquistare e ogni sera una lunga lista di rifiuti da annusare e catalogare, nutrendosi di asfittici reality televisivi e dalla voglia di niente, nel presente sbobina interviste in una società di ricerche di mercato.
Il piano intrapreso, riportare Stella alla vita, passa attraverso l’ amore per l’ inarrivabile Carlo, affascinante cardiochirurgo, le ha consegnato una vita perfetta, agiata, invidiata, anche se, chi ha il vuoto dentro, non può amarsi ed amare, perdonarsi, rinascere, mentre le notti restituiscono incubi e non c’è risposta a cotanta sofferenza.
Bianca non è più sola ma tale si sente, rivive continuamente quel giorno, la gara di nuoto, l’ incidente, un regalo negato, convinta di non essere stata amata abbastanza, desiderando essere come Stella, ammirata e ricercata da tutti.
Un desiderio di invisibilità ricopre i suoi giorni, impegnata a restituire ai famigliari ciò che gli ha tolto per sempre, serenità, amore, certezze, una vita sopportabile, da allora è cambiato, sua madre ha cercato più volte di farla finita e non sarebbe più stata la stessa.
La superficie apparente convive con un io contorto, lacerato, esangue, esposto al giudizio degli altri che vedono, si nutrono e consumano la sua bellezza.
Bianca sta male dentro, è morta da tempo, mentre un lungo percorso psicoanalitico la pone di fronte alla dura realtà della colpa e all’ impossibilità del perdono. Una nuova vita può restituire la vita, il presente si scontra con le difficoltà altrui, con il passato e le sue malefatte, con menzogne che hanno costruito carriere, con una fragilità identica alla propria, avvolta in un’ anaffettività che è l’ unica risorsa per sopravvivere.
Tutto può cambiare, improvvisamente, nel dolore di un’altra perdita che pare definitiva, e la propria storia rivelare un’ altra storia, riportando a sentimenti negati e ovattati, un momento atteso da vent’anni, un oggetto tanto desiderato finalmente tra le proprie braccia, una data a chiarire l’ antefatto.
Un romanzo ben costruito che sa dosare molteplici aspetti, affettivi, psicologici, famigliari, con elementi di suspance, un quadro interiore preciso che si muove con scaltrezza nel cuore della contemporaneità.
Le radici del dolore restituiscono molteplici forme e sono ben radicate all’ interno di se’, in una vita di superficie e nella recita di una parte che non può che condurre a una “ sana “ follia o a un’ “ insana “ normalità, secondo la prospettiva, senza alcuna via di fuga, come sempre, se non nella negazione delle stesse o nella risoluzione dell’enigma, in giuoco la propria vita vera e la possibilità di essere vissuta.

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Il valore affettivo 2021-05-14 09:27:44 Mian88
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Mian88 Opinione inserita da Mian88    14 Mag, 2021
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Un vuoto da colmare, una colpa che pulsa

«Oggi ho bisogno di andare a fare rifornimento di oggetti. Gli oggetti conferiscono l’idea più solida di immortalità che ci sia concessa. Dicono sottilmente: hai ancora così tanto da vivere che ti conviene fare più spesa che puoi perché domani non ti debba mancare niente. E ti convincono che quel domani esisterà sempre.»

La perdita subita da Bianca non ha contorni e non ha certezze. È un dolore atavico che si perpetra nel tempo e si porta avanti senza sosta e senza confini negli anni che passano e nei giorni che si susseguono. È ancora bambina quando ella perde la sorella amata Stella, una bambina che ammira quel modello di giovane donna che ha davanti e che non riesce a convivere con un senso di colpa e con tutto quello che si scatena dopo la sua prematura dipartita. Non ha gli strumenti, Bianca. Non ha i mezzi per affrontare il rovinare di una famiglia, il suo disintegrarsi, quell’effetto a catena che comporta il dover andare avanti quando avanti è impossibile andare, quando andare avanti è impossibile da concepire. Adesso Bianca è una donna adulta, legata al suo compagno da molti lustri e con un piano ben preciso da attuare per colmare quel vuoto che si è creato, un piano che va oltre ogni ragione e che deve essere raggiunto a prescindere da tutto e da tutti. Ma è possibile ciò? Può davvero la donna realizzare quello che è il suo obiettivo quando per realizzarlo deve andare contro la natura e mettere in discussione la sua stessa vita? Può così estirpare quella che crede essere la sua colpa? Può così colmare quell’amore che manca e che chiede di essere riempito?

«Quarta tecnica di persuasione, la più importante. La reciprocità. Quando diamo qualcosa a qualcuno quel qualcuno si sente in dovere di ricambiare. Il senso di colpa è il motore più potente di qualunque azione umana, e non c’è bisogno di frequentare i corsi di comunicazione per saperlo.»

È da questi brevi assunti che ha inizio “Il valore affettivo”, opera a firma di Nicoletta Verna, vincitrice della menzione speciale della Giuria al Premio Calvino edizione 2020. È un titolo che nel suo essere porta l’attenzione del lettore a focalizzarsi sul senso del bisogno, su quel tassello mancante dato dalla perdita generata da una scomparsa prematura, al desiderio, ancora, di colmarlo quel vuoto e quel bisogno incessante che pulsa e batte e pullula e chiede di essere saziato. Il lettore è condotto per mano in quelle che sono le scelte della protagonista e anche in quello che è il suo percorso di tentata redenzione da una colpa che sente gravare sulle sue spalle. È condotto e trattenuto anche quando sente che quelle scelte non sono condivisibili. Ed è questo scuotere l’anima, questa necessità di interrogarsi e interrogare, questo bisogno di capire che invita il conoscitore a porsi domande e a cercare risposte.
L’opera, dunque, raggiunge il suo obiettivo dal punto di vista del messaggio e da quello del contenuto ma pecca, in parte, dal carattere stilistico. Per quanto precisa e minuziosa, curata ed erudita, la penna della Verna affascina ma al tempo stesso respinge. Il senso, durante la lettura, è quello di non arrivare mai. Per quanto sia intuibile cioè lo scopo, la necessità di catarsi, chi legge non riesce a fare a meno di chiedersi quando si arriverà al dunque essendo l’impressione quella di girare su se stessi senza mai davvero riuscire a sviluppare in modo completo il testo. Ciò non va a pregiudicare l’essenza del libro quanto, al contrario, la piacevolezza della lettura che subisce dei rallentamenti, che a tratti diventa farraginosa, che a tratti perde di quell’intensità che al contrario un volume con questo tema per sua natura ha. In conclusione, un buon titolo, un buon inizio ma che lascia qualche perplessità.

«Credevo che la delusione fosse un’onda che ti si infrange addosso e tutto intorno si infrange con lei, mentre non è che una piccola lametta infilata fra le tue convinzioni, che bene o male trova il suo posto e smette quasi subito di fare male. E non sapevo che fossero così facili a crollare, le convinzioni. Non credevo potesse essere così ininfluente, la delusione.»

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Il valore affettivo 2021-05-01 18:28:06 Bruno Izzo
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Bruno Izzo Opinione inserita da Bruno Izzo    01 Mag, 2021
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Tutto l’amore che ti manca

Qual è il più grande degli affetti?
L’amore ovviamente, l’amore quello vero, indimenticabile.
Quello esclusivo, talmente esauriente che non ti permette di comprendere che anche tu sei indimenticabile per la persona che ami.
Indimenticabile.
In inglese, unforgettable.
Questo aggettivo definisce al meglio lo struggente, delicato e toccante romanzo d’esordio di Nicoletta Verna, e per più di un motivo.
Non certamente soltanto perché la celebre canzone omonima, cantata da Nat King Cole, svolge in un certo senso il ruolo di carezzevole colonna sonora della vicenda di cui si narra, come e meglio di una musica di Morricone.
Sopra ogni cosa, perché questo è uno di quei pochi, rari racconti che ti restano veramente dentro, anche tempo dopo la loro lettura, tanto è un libro commovente, delizioso, veemente.
Anche scritto bene, con uno stile colto, articolato, pregiato, con dialoghi e descrizioni raffinate, elaborate, di gran classe.
Una prosa efficiente, interessante, persuasiva, un narrare potente che ti inchioda alla pagina, Nicoletta Verna possiede un suo scrivere davvero incisivo, appropriato, vivo.
Non si dilunga, ma esprime, non lamenta, ma espone, non comunica emozioni, ma le realizza visibilmente davanti agli occhi di chi legge.
Espone i fatti come sono andati, non aggiunge niente, lascia fare tutto al suo personaggio principale, la giovane Bianca, voce narrante e protagonista assoluta, che segue scrupolosamente un proprio piano realizzativo dei suoi scopi affettivi.
Senza mai recedere né farsi distogliere dai suoi propositi.
Poi è la sensibilità di chi la segue che fa il resto, il lettore seguendola innalza spontaneamente da sé una struttura interiore di sensazioni, sentimenti ed emozioni che gli rende gradito, deliziosamente ben accetto, empatico e condiviso, l’input artistico di Nicoletta Verna.
La quale autrice però assiste in disparte, discretamente, quasi nascosta, pare apparire a forza da un angolo con timidezza, per non dire ritrosia.
Il valore del libro sta proprio in questo, la scrittrice porge il tomo, e si ritira, l’emozione la crea la storia, è lei, unicamente la narrazione, come è stata confezionata e offerta, che ha valore in sé.
Un valore enorme che è quello del valore delle scelte, il valore che diamo a tutte le svolte della nostra esistenza, prime tra tutti le scelte affettive, il valore affettivo quindi che conferiamo a cose, persone, fatti. Potrebbe esserci un esordio migliore?
Una buona storia, scritta bene, che suscita belle emozioni, che altro chiedere alla sua giovane e promettente autrice?
Intendiamoci subito, qui non ci sono storie patetiche o strappalacrime, volte a suscitare volutamente, ad arte, pianti e commozione, a captare la benevolenza del lettore un po' ingenuo ma di buon cuore, questa è sì una storia d’amore, di amore sublime, anzi un racconto di più amori, chiari e confusi, diluiti nel tempo, ma nessuna love story melensa, zuccherosa e romanticheggiante.
Tutt’altro; è una storia di fatti di vita con i piedi per terra, deliberata ed energica, talora rigida e inclemente proprio perché schietta e reale, il lieto fine appartiene più spesso alle favole, non alla vita concreta. Però è una storia, per quanto insolita, a tratti decisamente dolorosa, che resta comunque un racconto pregnante di affetto e affezione, di adorazione e venerazione, di legami e di amicizia, di attenzione e cura.
Certamente vibrante di amore, quello vero, profondo e radicato che quasi mai è quello di coppia. Narra soprattutto del legame di sangue cementato dal massimo di dedizione e solidarietà, dalla piena e totale compartecipazione, quello che talora può instaurarsi solo e soltanto tra due sorelle, un affetto oltre ogni limite, appassionato e appassionante, avvincente.
Con strascichi che permeano altre storie d’amore, che da quello originano.
Rifulge qui la sorella maggiore di Bianca, Stella, che per davvero, Nomen omen, è un astro di luce propria di nome e di fatto, e di luce buona, vivida e benefica, rappresenta una autentica fonte di vita, una sorgente iniziale, fresca, giovane, cristallina, costituendosi man mano in un fiume vitale.
Il fiume della vita incontrerà però sbalzi improvvisi, devierà tumultuosamente, trascinerà implacabilmente qualcuno di quelli immersi nelle sue acque alle rapide, sballottandolo sulle rocce taglienti. Altri resteranno impantanati in una ansa paludosa, quella più abile nel nuoto, e maggiormente coinvolta in prima persona, finirà invece per imbracarsi nelle alghe vischiose del fondo, brulicante di rifiuti, quelli soliti abbandonati abusivamente alla corrente, senza scrupoli, ad inquinare le acque, i suoli, gli ambienti.
Bianca racconta Stella, di come è cresciuta nella sua luce, elenca un continuum affettivo che scorre, un patrimonio di affetti da salvare, salvaguardare, perpetuare in qualche modo, con un piano preciso.
La storia lascia sorpresi, scossi emotivamente, ma in positivo, suscita immediata empatia, senza condizioni, per la diretta protagonista, descritta mirabilmente nella sua pena, innocenza ed elevata bontà d’animo, al punto che al lettore, girata l’ultima pagina, viene quasi spontaneo volersi immaginare la giovane Bianca in carne e ossa davanti ai propri occhi, abbracciarla con tenerezza e amorevolezza infinita, e sussurrarle con infinita dolcezza: ti darò tutto l’amore che ti manca.
Come lo diceva cantando Julio Iglesias, citato per altro nel testo.
Il valore affettivo di questo testo lo si avverte dalla cura evidente, dall’impegno, dalla fatica totale che ha profuso l’autrice in questo suo primo, entusiasmante lavoro, che l’ha coinvolta a corpo morto, a lungo, in full immersion, quasi macinasse in piscina vasche su vasche cimentandosi nel più faticoso e leggiadro degli stili di nuoto, quello a delfino, lo stile più tecnico e dispendioso di energie, ma anche il più spettacolare, dove niente è lasciato al caso. Lo stesso stile di nuoto che nel libro adotta la sua protagonista Bianca, perché l’autrice, e la sua creatura, coincidono nella precisione, pignoleria e diligenza con cui una segue il proprio piano narrante, l’altra il proprio piano esistenziale.
Con classe ed eleganza, a delfino:
“Appoggio, trazione, spinta, apertura, respiro. Recupero, virata.”
Questa è una storia, in sintesi, di una perduta felicità.
In Brianza vive una comune famiglia piccolo borghese: papà, mamma, due figlie; Stella, la maggiore, una ragazzina di quattordici anni circa, prossima agli esami di licenza media, e la piccola Bianca, la bimba di casa, ancora alle elementari.
Un’esistenza semplice, tranquilla, normalmente felice, senza fronzoli, scandita da piccoli eventi, cose ordinarie ma deliziose, ed il cuore pulsante, il fulcro di questa famiglia è Stella, quella che definiremmo una figlia esemplare, brava, bella, saggia, allegra, solare, un modello di gioia di vivere:
“Era l’unica della famiglia a manifestare così i suoi sentimenti, ed erano per lo più sentimenti positivi. Per questo lei e la sua felicità ci erano tanto indispensabili”.
Stella è una stella non solo in famiglia, lo è anche per il microcosmo in cui vive, porta luce propria anche nell’esistenza di Liliana, la coetanea costretta sulla sedia a rotelle, in quella di Rodolfo, afflitto da una terribile onicofagia, e in quella di Bianca, naturalmente:
“Stella era la parte migliore delle nostre vite: ora so che non amavamo tanto lei, quanto la sua immagine pura e felice, che ci rassicurava sul fatto di poter essere felici a nostra volta.”
Le tragedie avvengono sempre d’improvviso, un giorno Stella muore in un disgraziato incidente.
La sua morte è una catastrofe, e i disastri sono tali perché sono crudeli e dolorosi, non risparmiano niente e nessuno, né l’innocenza e nemmeno i più fragili, per cui la distruzione dilaga onnivora, distrugge la sanità mentale della madre, che proverà più volte nel tempo a togliersi la vita, provocherà la fuga dal dolore e dalle responsabilità del padre, perseguiterà per sempre Bianca con assurdi sensi di colpa, malgrado la giovane si sforzi di crearsi almeno in apparenza una vita con parvenze di normalità e benessere:
“Visto da lontano, tutto ciò che pertiene alla mia vita sembra incantevole”.
Stella, semplicemente, per tutti quanti la conobbero, ma ovviamente per Bianca in particolare, è indimenticabile. Il pensiero di Stella tormenta Bianca per tutta la sua giovane vita, mai nessuno è stato, è e sarà così indimenticabile per Bianca, niente e nessuno potrà risarcirla di quanto ha perso, qualcosa di inestimabile, un valore affettivo senza prezzo.
Il malessere della giovane si manifesta nel continuo, ossessivo e maniacale stilare liste differenziate di rifiuti, sempre e comunque cataloga i rifiuti per genere e costituzione, si accerta dell’esatta differenziazione e del loro corretto smaltimento.
Questo suo dividere, catalogare, elencare altro non è che una forma di paranoia, chi conserva e fa fatica a smaltire è perché non vuole separarsi dalle cose, meno che mai considerarle irrecuperabili.
Anche il tempo trascorso a suo modo è un rifiuto, un non più d’uso, il che rende impossibile gestire una perdita atroce che la giovane non intende cancellare, semplicemente perché non ha avuto modo e tempo di elaborare il lutto, nessuno l’ha aiutata a farlo, con cura, premura, attenzione, la stessa che le prodigava Stella.
Nessuno riempie le carenze affettive di Bianca, nessuno sostituisce il suo vuoto con un valore affettivo, nessuno interviene ad aiutarla a gestire dolore e sensi di colpa, la giovane neanche si avvede del suo disturbo a proposito dei rifiuti, che ella invece considera diversamente, o con qualche distinguo:
“Amo l’ordine e l’equilibrio. Ma questa non mi sembra una malattia”.
Bianca, per sopravvivere, idea un piano per cercare in qualche modo di “recuperare” la sorella.
Incontra un giovane, brillante e affermato astro nascente della cardiochirurgia, convive con lui more uxorio, con devozione supportandolo nella sua crescita professionale, intanto che pensa al modo migliore con cui proteggersi da quello che le sta crollando addosso, individua quello che ritiene l’unico modo giusto di far fruttare la sua idea nello stesso modo doviziosamente pianificato con cui si cerca di trarre un utile da un patrimonio, solo che stavolta si tratta di un patrimonio umano.
Ma è una pia illusione, le cose non vanno mai come vorremmo, per quanto pianificate, l’imprevisto è sempre in agguato, il passato non torna mai indietro per permetterci di aggiustarlo come vorremmo, e ciò che è indimenticabile, è tale proprio perché è passato:
“Le bambine che abitavano in quella casa sono scomparse, l’hanno abbandonata, e al loro posto c’è il silenzio, c’è quel vuoto che solo i bambini sanno riempire con le loro urla egocentriche e assordanti”.
Morale della storia: i bambini crescono, ma per crescere bene, serve dargli affetto a dismisura, sempre e comunque, senza requie, incessantemente; solo le Barbie restano con gli occhi felici e insensibili ad ogni catastrofe della vita, giocattoli, loro sì, indimenticabili.
Infine, Bianca lo capirà, indimenticabilmente.


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Alda Merini
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