Il suggeritore
Letteratura italiana
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Ma chi è Albert?
Da tempo desideravo leggere questo libro di Donato Carrisi, autore che avevo già avuto modo di apprezzare negli anni scorsi con “L'uomo del labirinto” e, in particolare, “L'ipotesi del male”, entrambi successivi a “Il suggeritore”.
Abitualmente, non sono un'appassionata di gialli/ noir/ thriller/ polizieschi, ma se ho occasione di imbattermi in un romanzo coinvolgente del genere e sottogeneri in questione non mi dispiace affatto. E coinvolgenti si sono rivelate non poco, queste pagine: una narrazione molto scorrevole e una trama ben congegnata hanno il merito di alimentare in modo sostanzioso la curiosità del lettore, il quale fin dall'incipit in senso lato si ritrova risucchiato nell'oscuro mistero di una vicenda dai mille risvolti che, a ogni passo decisivo nel corso delle indagini, svela una nuova sorpresa, fino ad arrivare al sorprendente epilogo in cui niente è scontato e, soprattutto, come appare.
Ottima la caratterizzazione dei personaggi, a partire da quello di Mila Vasquez, l'agente specializzata nella caccia alle persone scomparse (colei che – come si scoprirà – dal buio proviene e che a quello stesso buio ogni tanto deve fare ritorno); anche i poliziotti della squadra speciale e il criminilogo che la guida trovano tutti la loro perfetta collocazione all'interno di una storia ricca di suspense e spesso dai ritmi incalzanti, raccontata con grande maestria da chi dà prova di avere un'ampia e approfondita conoscenza in materia di criminologia, psichiatria forense e medicina legale, nonché di tecniche investigative. Forse un lettore abituale di thriller potrebbe anche dare un giudizio diverso dal mio sottolineando qualche eventuale pecca qua e là, ma io, in tutta onestà, non ne trovo e sono anzi rimasta impressionata dallo stile di Carrisi che, con sorprendente abilità, intreccia singole vicende e confonde repentinamente le carte.
E in tutto ciò, dunque, chi è Albert? Non soltanto il “suggeritore” dall'identità sconosciuta che tiene in scacco la polizia disperatamente impegnata a risolvere il caso agghicciante delle bambine rapite; dietro tale nome fittizio, con cui si cerca di “umanizzare” un mostro, in realtà si cela anzitutto qualcosa d'inquietante e difficile da ammettere: il buio che ognuno nasconde dentro di sé. Perché abbiamo tutti il nostro lato oscuro, quello che potrebbe farci andare in tilt all'improvviso. Questo romanzo, premiato da un enorme successo internazionale, ce lo ricorda, senza fare sconti a nessuno.
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Scavando nel fango dell'anima umana
Il libro si apre con il ritrovamento di un macabro cimitero contenente 6 braccia di bambine, disposte in cerchio in una radura. La squadra di indagine è composta dall'arrivista ispettore Roche, dal criminologo dottor Goran Gavila, dall’esperta informatica Sarah Rosa, dal virile Klaus Boris e dal religioso Stern. Ad essi, viene aggiunta Mila Vasquez, esperta nel ritrovare persone scomparse.
Fortunosamente, viene fermato ad un posto di blocco un uomo senza documenti, l’agente di commercio Alexander Bermann: nel suo bagagliaio viene trovato il corpo di Debby Gordon, una delle ragazze sparite. Da lì inizia una serie di ricerche che consentono alla squadra d’indagine di collegare varie persone e avvenimenti, fino a scoprire una fitta rete di pedofili cui afferiva anche lo stesso Bermann. Mila visita la stanza del college di Debby, scoprendo la presenza di un ricevitore GPS che darà il via ad un’altra serie di indagini che porteranno ad un vecchio orfanotrofio, chiuso anni fa in circostanze oscure.
Il serial killer (ribattezzato Albert) farà ritrovare i successivi corpi delle vittime sempre in luoghi che nascondono vecchi segreti, dove verranno alla luce storie in cui sono coinvolte altre persone insospettabili (preti, orfani, ricconi, dentisti…).
Quando tutto procede al ritmo dell’indagine scientifica sui fatti, l’ingresso in campo di una medium è una rovinosa caduta di stile: da quel momento in poi, il romanzo prende purtroppo una piega decisamente più scontata. La vicenda personale di Mila, nella seconda parte del libro, rallenta e banalizza l’intreccio, introducendo elementi di analisi psicologica che vanno più a confondere che ad impreziosire il testo, richiamando vari deja-vu letterari e cinematografici. Tra un’intuizione di Mila e l’altra, la storia procede a volte incalzante e altre volte a tentoni ma, tra reciproci sospetti, anche la solidità del gruppo d’indagine sembra incrinarsi.
Si nota, ogni tanto, un momento di riepilogo, in cui un membro della squadra (Gavila, spesso) traccia un riassunto dei fatti, cercando di ricollegare gli eventi appena trascorsi. Confesso che tali passaggi siano utili ad un lettore frettoloso o disattento… e una volta passi, ma già la seconda stona: pare che Carrisi stesso abbia bisogno, nell’intreccio da egli stesso preparato, di fare il punto della situazione, per vedere se davvero tutti i tasselli sono al loro posto o se manchi qualcosa.
Lo stile è scorrevole, nonostante risulti difficile capire chi pronunci alcune frasi, soprattutto nei momenti di serrato confronto tra i componenti della squadra. Alcune pagine catturano, ma si enfatizza troppo l’efferatezza dei delitti, si calca la mano su violenze e persecuzioni, a volte, davvero esagerate.
Tutto sommato ne consiglio la lettura: è un discreto thriller, ma non di quelli da annoverare nel gotha della letteratura.
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UN THRILLER SUGGERITO
Non sono mai stato particolarmente attratto da gialli e thriller, ma nella via si devono provare alcune novità, in alcuni periodi arrivano suggestioni particolari. Il romanzo di Carrisi ha sicuramente la dote di tenerti legato alla lettura, rispetta l’abc del thriller, ma ho sentito un po' troppo pesante l’utilizzo delle bambine, in alcuni casi mi ha infastidito, e forse è uno degli intenti dello scrittore. Lo stile di Carrisi richiama sicuramente gli autori di oltre oceano, lo considero piacevole.
La storia mi sembra ben congeniata, ma come anticipato sono un neofita del genere e potrei peccare di inesperienza, non ho molti termini di paragone per poterlo classificare al meglio.
Tutto sommato non mi è dispiaciuto leggerlo, anche se chiaramente non siamo di fronte ad un capolavoro, un buon thriller che si legge volentieri, nonostante le bambine.
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Albert
«Nessuna compassione. Lui non ce l’ha concessa. Ci ha lasciato solo la paura. Non si può provare pietà per quelle piccole vittime. Vuole farci sapere solo che sono morte… Vi sembra che abbia un senso? Migliaia di uccelli nel buio costretti a gridare intorno a una luce impossibile. Noi non riusciamo a vederli ma loro ci osservano – migliaia di uccelli. Cosa sono? Una cosa semplice. Ma anche il frutto di un’illusione. E bisogna fare attenzione agli illusionisti: il male a volte ci inganna assumendo la forma più semplice delle cose»
Mila Vasquez è una cercatrice di persone scomparse, di bambini per la precisione. È appena riuscita a risolvere un caso delicatissimo che le ha permesso di ritrovare ben due persone di cui da tempo si erano perse le tracce quando viene chiamata a ritrovare un nome. Ma non è un semplice nome di bambina quello che deve rintracciare: il nome in questione è quello della sesta bimba rapita – e forse uccisa – dal serial killer che ha già rapito cinque coetanee di quest’ultima e che ha fatto rinvenire, a riprova del loro infausto destino, il resto di cinque braccia sinistre in un macabro cimitero di morte.
È così che l’agente entra a far parte della squadra di Roche, ispettore capo, ma guidata, in realtà, da Goran Gavila, criminologo e civile, che con la sua astuzia, mente fredda, professionalità e cultura, è il migliore nel suo campo, e composta da Boris, Stern e Sarah Rosa. Sono un rapido susseguirsi i ritrovamenti dei cadaveri che “Albert” ha preparato per loro, e ogni volta, è sempre più chiaro che ha allestito un teatrino volto a raggiungere un preciso obiettivo e un determinato scopo. Il puzzle va pian piano ricomponendosi ma devono fare in fretta, perché forse la sesta bambina è ancora viva…
Con uno stile rapido, erudito e preciso, Carrisi offre al lettore un romanzo di grande interesse e molteplici spunti di riflessione in particolare relativamente alle teorie e tecniche criminologiche che inserisce per spiegare e delineare il profilo del suo nemico. Già si percepisce, inoltre, da queste pagine, il grande talento di detto autore che nulla ha da invidiare ai grandi thrilleristi americani e che è capace di condurre chi legge ove desidera, rimescolando le carte e tessendo una perfetta tela di intrigo e mistero.
Una buona prova esattamente come il neo-uscito, e già letto, “Il gioco del suggeritore”.
«Perché è questa l’unica cosa che le rimane. La speranza. La capacità di non abbandonarsi del tutto all’orrore. Forse chi ha scelto quel cartone per lei, aveva un fine opposto. Ma il fatto che l’omino non voglia arrendersi e resista nonostante i capitomboli e il dolore, infonde coraggio. “Forza, risali in sella!” gli dice ogni volta nella sua testa. Prima che il sonno torni nuovamente a sopraffarla.» p. 222
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Straordinario a dir poco
Mi sono avvicinato a Carrisi per puro caso e ho deciso di iniziare a leggere le sue opere, partendo proprio da "Il Suggeritore", esordio letterario dello scrittore pugliese.
Bé pensavo che avendo letto l'esordio di Faletti con "Io Uccido" avessi raggiunto l'apice della letteratura thriller italiana (francamente c'è poco altro in giro), giungendo ad un livello di trama e spessore letterario impareggiabile, almeno nel nostro Paese. Mi sbagliavo di grosso!
Il suggeritore di Carrisi fin da subito è riuscito nell'impresa di essere da me paragonato a Io uccido. per certi aspetti sono anche simili i due libri, gli infiniti colpi di scena, la complicatezza della trama. Ma andando avanti nella lettura (questo libro non stanca mai) ho capito che Il suggeritore è anche meglio di Io uccido. Sì, secondo me lo supera.
Perché questo splendido libro indaga nelle profondità psicologiche dei personaggi, ti fa vivere la vicenda da più punti di vista e infine non smette mai di stupire. Appena credi di aver capito qualche cosa, ecco che tutto cambia e le tue certezze (come quelle dei personaggi) cadono.
Un libro che oltre a raccontare una storia inventata ma pur sempre tratta dalla verità, ti spiega nei minimi dettagli come si svolge il lavoro di profiler della polizia (per chi non avesse mai visto Criminal Mind glielo consiglio, le atmosfere come citato anche nel libro stesso sono molto simili).
In definitiva un libro assolutamente da leggere e per quelle persone che lo criticano perché descrive troppe cose (interrogatori, profiler, tipi di serial killer eccetera) dico soltanto che il bello di questo libro sta proprio lì (anche lì). Nell'essere guidati e istruiti magistralmente da Carrisi che infatti insegna all'Università.
------------------ATTENZIONE POSSIBILE SPOILER-----------------------
Se continuate la lettura è a vostro rischio e pericolo. :)
Per quelli che lo hanno già finito come me volevo dire una cosa sul finale.
Da molti è ritenuto un pochino frettoloso e che lascia l'amaro in bocca. Secondo me invece è tutto il contrario. Il finale arriva come logica conseguenza dei fatti (Mila che non è convinta che Vincent sia il colpevole così come crede nell'innocenza di Boris e quindi continua ad indagare), poi arriva l'episodio riguardante Goran Gavila. Dico subito che fin dalle prime pagine io credevo che fosse lui il killer, doveva per forza nascondere qualcosa, ma di certo non immaginavo a quello che sarebbe successo alla fine. Colpo di scena, l'ennesimo, pazzesco e che lascia senza parole. Chapeau. Non ho letto L'ipotesi del male quindi non so se la storia di Gavila continua oppure no, lo scoprirò.
----------------------FINE SPOILER---------------------
Conclusioni finali.
Thriller pazzesco e bellissimo, il migliore assieme a Io Uccido che sia mai stato scritto in italiano. Bravo a Carrisi e dico subito che prenoto il successivo, muoio dalla voglia di leggerlo.
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E anche a chi piace la serie TV Criminal Mind.
Di tutto di più
Donato Carrisi è tra I miei autori preferiti. Ho letto i suoi romanzi in ordine cronologico sparso. Ora che ho letto "Il suggeritore" noto l'insperienza di un autore agli esordi. Il romanzo è molto interessante e la trama ancora oggi è originale e geniale. E' facile pensare che Carrisi avrebbe avuto il successo che ha avuto e che merita.
Tuttavia cìè qualcosa che mi fa storcere il naso. Forse un autore più cauto, avrebbe lesinato sugli eventi o suoi colpoi di scena.
============================= SPOILER ma non troppo =============================
Carrisi invece ha voluto dare tutto, forse un po' troppo. Oltre la cruenza negli omicidi, gli innumerevoli assassini e le talpe, Carrisi opta anche per l'ipnosi, fenomeno che altri autori hanno sfruttato come filone principale (vedi Nella mente dell'ipnotista di Lars Kepler). Come se non bastasse tra un'indagine ed un'altra ecco che spunta una medium.
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Carrisi non ha avuto paura di rischiare, questo gli fa onore e sicuramente ha avuto il suo effetto.
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Non conosciamo veramente chi ci sta accanto.
Ho conosciuto Donato Carrisi con uno dei suoi ultimi libri "La ragazza nella nebbia", successivamente ho scoperto che un paio di anni prima aveva scritto un libro cult, appunto "Il Suggeritore", l'ho comprato e letto un anno fa. Adesso qualche settimana fa l'ho riletto, perchè è uno di quei libri che va letto almeno due volte per comprendere a pieno il "disegno" dell'autore e la sua lezione di criminologia e psicologia. Premetto che sono una grande appassionata del genere, ma l'unico libro thriller italiano che avevo letto era stato "Io uccido" di Faletti ed ero convinta che nessun altro libro italiano sarebbe riuscito ad eguagliarlo. Ma mi sbagliavo, il Suggeritore è un capolavoro! Mi ha appassionata fin dalle prime pagine. Mila Vasquez è un'agente specializzata nella ricerca di bambini scomparsi, è la migliore in questo campo, è abituata a lavorare da sola fino a quando non viene coinvolta nel caso del serial killer che rapisce e uccide le bambine mozzandole il braccio sinistro, in tutto spariscono sei bambine. Il capo della squadra è l'ispettore Roche, coadiuvato dal dottor Gavila criminologo che ha una forte influenza sugli agenti: Sarah Rosa-esperta d'informatica, che fin dall'inizio è molto ostile con Mila (non posso dire il motivo di questo odio, lo scoprirete solo leggendo); Klaus Boris-esperto in interrogatori; Stern-il più anziano del gruppo. Il serial killer che verrà ribattezzato Albert dal criminologo, per far ricordare che è una persona come noi e non un mostro, ha un disegno per la squadra di poliziotti, farà ritrovare i corpi delle bambine in luoghi che nascondono dei segreti, dove verranno alla luce vecchie storie che coinvolgeranno persone insospettabili, in un certo senso Albert utilizza il male a fin di bene, per fare giustizia e per far venire allo scoperto uomini coinvolti in storie terribili (non posso dire altro..). Fin dall'inizio ci saranno molti colpi di scena, il finale è assolutamente imprevedibile, degno dei migliori thriller. Nessuno in questo libro è innocente, tutti nascondono un segreto, perchè "Stiamo accanto a persone di cui pensiamo di conoscere tutto, invece non sappiamo niente di loro..." Non è un semplice thriller, aiuta a riflettere, può essere considerato un insegnamento di vita. E' molto crudo, Carrisi non si risparmia in efferatezza e violenza, ma forse è proprio questo che tiene incollati alle pagine, con la speranza che il Bene possa sconfiggere il Male. Ho sempre pensato che gli italiani non sapessero scrivere libri thriller, ma al massimo i gialli (c'è una bella differenza tra i due generi), ma dopo aver letto Il Suggeritore, Io uccido e il sequel del Suggeritore che è L'ipotesi del Male (dove possiamo conoscere meglio Mila Vasquez e anche Boris) mi sono ricreduta, non abbiamo nulla da invidiare agli autori stranieri, anzi penso che il plus ultra del libro sia la lezione che da Carrisi di criminologia, permettendoci di conoscere meglio la psiche degli uomini, nello specifico dei serial killer e dei suggeritori.
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Imbarazzante dejà-vu
Da accanita lettrice di thriller stranieri ho voluto leggere quest’opera tutta italiana, spinta dalle recensioni positive lasciate dai miei compatrioti. Siccome sulla trama si è già scritto tanto (pure troppo) preferisco parlarvi direttamente delle mie impressioni.
L’autore pensa che per guadagnarsi l’attenzione e l’interesse dei lettori basti mettere in scena l’efferatezza all'estremo livello sulle vittime più innocenti (le bambine). Tutto qui.
Nella sua narrazione manierosa e costellata di cadute di stile, dalla punteggiatura ostile e a tratti francamente insensata, l’autore ci conduce attraverso una storia che procede a tentoni, come se davvero avesse lui stesso un suggeritore, anzi, un coro di suggeritori che gli dicono a turno cosa tirare fuori dal cilindro perché il lettore arrivi fino alla fine.
Posto che l’idea era trita e ritrita, un pochino di onestà poteva almeno evitarci il vecchio clichè della investigatrice-ex-vittima, il cui profilo psicologico inizia e termina con la dichiarata incapacità di empatizzare, reliquato delle violenze a suo tempo subite.
Il tutto in un imbarazzante dejà-vu andato mille volte in onda nella peggiore tradizione letteraria di genere nonché nelle onnipresenti e onnivore serie televisive sul tema.
L’autore alterna trovate investigative puerili (bastava vedersi qualche puntata di CSI prima di iniziare a scrivere) a doviziose descrizioni sulle tecniche di interrogatorio, in uno stile da tema in classe al liceo che cancella ogni clemenza residua nel lettore più benevolo.
La narrazione è noiosa, gli spunti narrativi scontati, il ritmo biascicato ed il finale previsto e banale. Onestamente ne sconsiglio la lettura e non comprendo davvero le recensioni positive. Mi dispiace soprattutto non potermi, ancora una volta, ricredere sul pregiudizio che pesa sui thriller italiani.
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Dio è silenzioso, il diavolo sussurra...
Discreto. Non paragonabile, secondo me, all'esordio di Faletti con 'Io uccido', ma di certo una prima prova ben riuscita per un italiano che s'imbatte nel genere thriller stile CSI.
Le prime pagine sono molto accattivanti, l'autore non indugia eccessivamente sui particolari più macabri degli omicidi seriali, già di per sè violenti e crudeli in quanto perpetrati su bambine in tenera età, ma si concentra sui risvolti psicologici che la vicenda determina sui componenti della squadra investigativa incaricata dell'indagine, in modo particolare Mila, esperta nel ritrovamento di bimbi scomparsi, ed il dottor Gavila, esperto criminologo; entrambi, ovviamente, già provati da esperienze passate alquanto traumatiche il cui ricordo non del tutto sopito riaffiorerà prepotentemente col procedere delle indagini.
E che la sfida con l'assassino sia principalmente su un livello psicologico lo s'intuisce sin dall'inizio quando il dottor Gavila ipotizza quello che secondo lui potrebbe essere il movente dell'assassino, tanto folle quanto spietato:
"Debby. Anneke. Sabine. Melissa. Caroline."
Mila ripeteva in mente quei nomi mentre osservava da dietro un vetro i famigliari delle 5 vittime identificate, che erano stati riuniti per l'occasione nell'obitorio dell'Istituto di medicina legale.
"Guarda lì", disse Goran Gavila alle sue spalle. "Cosa vedi?"
"Vedo quelle bambine morte. Anche se non sono lì. I loro volti sono la somma dei volti dei genitori. Perciò posso vedere le vittime."
"Io vedo, invece, 5 nuclei familiari. Tutti con una diversa estrazione sociale. Con diverso reddito e tenore di vita. Vedo coniugi che, per motivi vari, hanno avuto un solo figlio. Vedo donne che hanno superato abbondantemente i quarant'anni e che perciò non possono biologicamente sperare in un'altra gravidanza. Io vedo questo." Goran si voltò a guardarla. "Sono loro le sue vere vittime. Li ha studiati. Li ha scelti. Una sola figlia. Ha voluto togliergli ogni speranza di superare il lutto, di provare a dimenticare la perdita. Dovranno ricordarsi di quello che gli ha fatto per il resto dei loro giorni. Ha amplificato il loro dolore portandogli via il futuro. Li ha privati della possibilità di tramandare una memoria di sè negli anni a venire, di sopravvivere alla propria morte.. E si è nutrito di questo. E' il compenso del suo sadismo, la fonte del suo piacere".
Ed è su questa sfida che l'autore cerca di catalizzare l'attenzione del lettore.
Nel prosieguo della vicenda, però, Carrisi infonde un'impronta da 'fiction' al suo romanzo creando punti di svolta nella storia troppo vincolati alle abilità investigative dei protagonisti; ed esagera ricorrendo persino all'intervento soprannaturale.
Il colpo di scena finale tuttavia non cade nella banalità, anzi mi sembra molto ben congegnato ed efficace tanto da mettere in secondo piano le imperfezioni sopra citate.
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MANIPOLATORE DI ANIME
Ai serial killer è bene assegnare un nome proprio in modo da connotarli come persone reali, e non misteriose entità malefiche, persone che vivono normalmente intorno a noi e appaiono ad una prima vista “normali”. Albert è il nome che il Dot. Goran Gavila assegna ad un misterioso criminale capace di commettere atrocità incredibili.
È una personalità misteriosa, metodologica, spietata. L’esperto criminologo, il migliore nel suo campo, forse, Goran Gavila, e il suo team, deve seguire con attenzione gli indizi che Alber lascia nel corso del suo operato. Si parte con il ritrovamento di sei braccia mutilate cha appartengono a 6 bambine disperse, 6 giovani creature scelte accuratamente secondo uno schema studiato da Albert, un progetto di morte che Albert ha progettato e che Goran e la sua squadra cercheranno di non far giungere a compimento. Ci Riusciranno?
A seguire il caso viene convocata anche Mila Vasquez, esperta in sparizioni e rapimenti di minori, personalità schiva, incapace di provare emozioni, incapace di provare Empatia, incapace di uscire dal suo stato di solitudine interiore, persona oscura, con una storia oscura alle spalle che la segna nell’animo… Sarà lei, con il suo intuito, e anche grazie alla sintonia che si instaura con Goran, a dare una svolta all’intricato caso, a carpire gli indizi che Albert lascia nel corso del suo operato.
Atmosfera lugubre, dark, che non fa altro che rafforzare la vicenda e renderla sempre più coinvolgente e sconvolgente col passar delle pagine. Finale incredibile e inaspettato.
Opera completa, profonda, pazzesca, un crescendo di emozioni. Le tecniche investigative e le indagini condotte nel romanzo sono basate e prendono spunto da tecniche realmente utilizzate, studi scientifici e casi seguiti anche dall’FBI. Tutto questo rafforza e carica la vicenda, la rende reale, vera.