Il segno dell'untore. La prima indagine del notaio criminale Niccolò Taverna
Letteratura italiana
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Un convincente giallo storico
Corre l’anno 1576 e a Milano imperversa la peste. Il notaio criminale Niccolò Taverna, unitamente ai suoi due aiutanti, viene incaricato di far luce sul furto di un candelabro realizzato in età giovanile da Benvenuto Cellini e che era conservato nel Duomo ancora in corso di costruzione. Non fa in tempo ad avviare le indagini che è costretto a interromperle perché gli viene affidato un caso ben più importante: scoprire chi ha assassinato padre Bernardino da Savona, commissario inquisitoriale presso il Consiglio dell’Inquisizione Generale e Suprema di Milano.
Non sarà un lavoro facile, perché esiste una lotta sotterranea fra i poteri forti, tra gli spagnoli che reggono il Ducato con la presenza cupa dell’Inquisizione e Carlo Borromeo, il famoso arcivescovo, in un contesto in cui tutto ciò che appare non risponde mai al vero, in un ambiente di dolore, di lutti, di centinaia di morti per peste.
Il segno dell’untore è un giallo storico particolarmente complesso, ma ben architettato e che riesce ad avvincere il lettore dalla prima all’ultima pagina, accuratamente sorretto dalla penna dell’autore capace di non far perdere il filo del racconto fra i tanti colpi di scena e le tante ipotesi investigative. L’ambiente e il particolare periodo storico sono resi molto bene, così come attenta è la descrizione dei non pochi personaggi, per quanto, per alcuni, maggiori approfondimenti psicologici non avrebbero guastato. Niccolò Taverna arriverà poi a risolvere entrambi i casi, seguendo un convincente criterio logico che non delude certamente.
Lo stile di Forte é snello, teso a privilegiare l’azione, anche se talvolta ama dilungarsi nella narrazione, ma senza mai risultare comunque greve.
Il segno dell’untore é uno dei quei romanzi in cui, come si inizia la lettura non si vorrebbe mai interromperla, perché la vicenda non annoia, anzi si è costantemente assillati dalla necessità di conoscere quel che presenteranno le prossime pagine, di come si articoleranno le ipotesi investigative e anche dal crescente desiderio di sapere il perché, il per come e il motivo di un feroce omicidio.
É evidente, quindi, che lo consiglio caldamente.
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Il flagello della peste a Milano...
Un thriller avvincente ambientato nella Milano del 1576: la peste invade Milano, come un flagello irrimediabile, terribile...rendendola desolata, deserta, come avvinghiata da un male che non perdona.
In questa Milano flagellata, che piange nei suoi tristi paesaggi spettrali, in cui pare sgretolarsi ogni barlume di umana speranza, si inserisce la storia del notaio criminale Niccolò Taverna, che si trova a dover investigare su due gravi misfatti: il furto di un oggetto sacro nel Duomo che pare cosa, ancora più grave sia stato usato per commettere l'omicidio di un importante personaggio dell'Inquisizione.
Fra intrighi politici, sospetti anche infondati, turbe di odio popolare che a volte rasenta la follia, la storia si snoda, aumentando il suo pathos e l'interesse del lettore cresce.
Mentre la povera umanità malata langue confinata nelle case, in attesa della morte, il notaio metterà a disposizione la sua abilità investigativa per giungere alla risoluzione del caso.
"Il segno dell'untore" è un bel romanzo, interessante, di ottimo livello e con una ricostruzione storica fedele alla realtà.
Un breve riferimento al termine "untore"; in un'epoca in cui le conoscenze mediche erano assai vaghe e limitate, le cure pressocchè inesistenti o molto labili, si sviluppò una sorta di follia superstiziosa che attribuiva alla fosca figura dell'untore la responsabilità del propagarsi inesorabile del morbo pestifero. L'untore era un personaggio immaginario che ungeva, secondo il popolo, le porte dei poveri cristiani, provocandone la terribile "peste bubbonica"; la maggior parte delle persone moriva. Ciò condusse una gran parte di milanesi, accecati dall'ira, dal terrore e dalla follia ad uccidere i presunti colpevoli, che spesso altro non avevano fatto che appoggiarsi a un portone o spolverare la panca della chiesa.
Le Autorità per quanto non credessero in questa improbabile superstizione, non osarono mai sfidare o contraddire la folla inferocita e molte persone innocenti perirono in questa esplosione di follia omicida.
Ancora oggi nel linguaggio ordinario si denomina "untore" colui che essendo ammalato contagia volontariamente o non volendo gli altri. Un'altra curiosità di cui forse non tutti sono a conoscenza: lo sapete che i Monatti, cioè coloro che trasportavano i moribondi al lazzaretto, che bruciavano i morti e che erano in continuo contato con gli appestati si spalmavano il corpo di essenza di aglio fresco?
Pare che ciò fosse un potente farmaco per evitare il contagio della malattia. Quasi nessuno di loro si ammalò; nell'aria ammorbata dal tanfo pestifero anche loro avevano trovato un rimedio efficace...
Consiglio questo libro, che ho trovato piacevole, scorrevole e interessante agli amanti del genere storico.
Saluti.
Ginseng666
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Per gli amanti delle fiction in costume
Amo i romanzi storici, ne ho letti moltissimi e sono un appassionato di gialli, per cui speravo che "Il segno dell'untore" potesse coniugare al meglio entrambi generi. Avevo già letto Carthago che mi era moderatamente piaciuto, ma dalle entusiastiche recensioni lette pensavo che con "Il segno dell'untore" l'autore avesse compiuto un balzo in avanti. Purtroppo mi sbagliavo! Lo stile è molto scorrevole, scritto quasi come la sceneggiatura di una fiction (non dimentichiamoci che Franco Forte è autore di varie fiction passate su Mediaset e dal 2011 è direttore editoriale della Mondadori di Berlusconi), la storia si legge con estrema facilità e in certi passaggi riesce ad essere anche avvincente. Dal punto di vista della ricostruzione storica il romanzo è abbastanza carente e poco convincente: un notaio criminale che agisce come uno dei protagonisti di C.S.I. è molto poco credibile, il modo di pensare dei personaggi è assolutamente inadatto rispetto al periodo storico (la fine del sedicesimo secolo) e la figura della bella Isabella è, a dir poco, ridicola (ve l'immaginate una giovane donna che esce da sola, a tarda sera, nella Milano medioevale per andare in cerca dell'uomo di cui è innamorata?). Se dovessimo paragonare il romanzo ad altri scritti dall'immenso Valerio Evangelisti o anche dalla più modesta, ma pur sempre brava, Valeria Montaldi, mi sentirei di sconsigliarne vivamente la lettura, ma se vogliamo limitarci a valutare la piacevolezza della stile, "turandoci il naso" rispetto alle incongruenze storiche, allora è possibile consigliarne l'acquisto, magari aspettando l'estate per leggerlo distrattamente sotto un ombrellone.
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Milano...da leggere
E’ il 12 agosto 1576, quando hanno inizio le vicende del notaio criminale Niccolò Taverna che, insieme ai suoi fidi compagni Rinaldo e Tadino, riesce a dare un volto all’assassino del commissario della Santa Inquisizione Bernardino da Savona e di due popolani.
Franco Forte ci descrive una Milano assetata di pace e tranquillità, piagata dalla peste bubbonica ed afflitta dai continui scontri tra Corona Spagnola, Chiesa e Santa Inquisizione. Ogni singolo personaggio (soprattutto quelli minori) contribuisce in maniera sapiente e minuziosa a far comprendere il clima di paura, oppressione e morte che si respira per le viuzze polverose di questa città cinquecentesca. Addentrandoci nella lettura siamo in grado di sentire, all’ombra del Duomo in costruzione, gli scricchioli dei carri dei monatti, le grida dei miserabili chiusi in casa perché contagiosi, le urla dei mercanti che vendono i loro prodotti senza arrendersi alla disperazione e sperando che la peste finisca.
“Il Segno dell’untore” e’ il racconto di una sola giornata intrigante e coinvolgente, dove Il romanzo storico avvolge il thriller, con l’aggiunta di un tocco di rosa. Si crea un tutt’uno magico, senza che l’uno prenda il sopravvento sull’altro, che rapisce il lettore dall’inizio alla fine. Le vicende storiche danno credibilità a quelle di fantasia contestualizzando la trama ed il linguaggio, volutamente arcaico, arricchisce di vitalità i personaggi, senza appesantire lo sviluppo del giallo.
La suddivisione numerica dei capitoli è migliorata dal raggruppamento in ore della giornata medioevale, fornendo un punto di riferimento per comprendere le azioni dei protagonisti.
Unico dubbio: la lettura può portare al contagio e alla dipendenza? Sicuramente si!
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"Il segno dell'untore" di Franco Forte - Commento
Con “Il segno dell’untore” Franco Forte, già autore di romanzi di successo (Carthago, La compagnia della morte, Operazione Copernico), ha vinto il premio Fiuggi 2012 e ha creato il personaggio di Niccolò Taverna, notaio criminale: una specie di détective che riferisce al capitano di giustizia.
Il romanzo è la cronaca di una giornata di indagini: è il 12 agosto 1576 e a Milano, sotto la dominazione spagnola, divampa la peste bubbonica.
“Quelle grida, quei pianti, quelle urla isteriche ormai campeggiavano nella sua mente da giorni …”
“I campanili delle chiese tacevano da diversi giorni … era stato lo stesso arcivescovo Borromeo a ordinare il silenzio, che non era di spregio alle vittime ma contribuiva a rendere meno fragoroso il pianto e l’urlo d’angoscia di tutta la città.”
Il clima spettrale nel quale versa la città è reso con grande abilità.
Tra le cause di quest’atmosfera tenebrosa, l’inquisizione: “Era una guerra in atto … che prevedeva la nascita di quelle strutture del terrore nei punti nevralgici della città, per stringere le briglia del cavallo malato e sofferente in cui si era trasformata Milano.”
E l’operato dei monatti: “E poi c’erano gli indumenti e gli effetti personali dei malati, che i monatti gettavano dalle finestre…”
Il notaio criminale si muove nel centro di Milano, all’ombra del Duomo in costruzione (“la cattedrale che presto si sarebbe innalzata su Milano come uno dei più maestosi templi della cristianità”) e destinato a entrare in un modo di dire dei milanesi: “È peggio della fabbrica del duomo!”, per indicare una situazione macchinosa e di lunga durata …
Niccolò deve far luce, con i suoi due assistenti, sull’omicidio di “padre Bernardino da Savona, famoso canonista e giureconsulto … commissario inquisitoriale …”, ritrovato assassinato in un edificio che reca i minacciosi segni dell’unzione. “Il prelato … non aveva lottato … non aveva fatto in tempo a scrivere nulla sul pavimento con il proprio sangue.”
All’indagine sull’omicidio si combina anche l’incarico di ritrovare un candelabro del Cellini, sparito misteriosamente dal Duomo di Milano, ove si conserva anche il Sacro Chiodo (“È stato l’imperatore Costantino a regalarlo a sant’Ambrogio”) reliquia preziosa soprattutto per il suo valore simbolico: “… "È sempre stato un punto di riferimento per i fedeli, una ragione per sostenerci e per continuare ad appoggiare gli sforzi del Borromeo nella costruzione della cattedrale …”
Nello stesso giorno, Niccolò perde l’amata moglie Anita, falciata dalla peste, risolve tutti gli enigmi e … si innamora di Isabella. Tra monatti (“Gente abituata a frugare tra i corpi e tra le cose infette, indifferente al rischio di morte …”; “I monatti erano creature strane, che godevano di una qualche immunità forse proprio in virtù del lavoro che facevano”), inquisizione (“Il patibolo era stato completato, con l’aggiunta di un palco laterale su cui erano stati montati alcuni strumenti di tortura”) ed eresie (gli Umiliati), il notaio criminale sbroglia le complesse maglie dei poteri cittadini, politici e religiosi.
La narrazione è molto ben congegnata dalla mente di un autore abituato a misurarsi – nelle vesti di sceneggiatore – con i casi dei RIS e di “Distretto di polizia”.
La tecnica linguistica è pregevolmente attagliata all’epoca dei fatti raccontati (“… su tutte le stoffe in lavorazione in quella casa era evidente l’eccesso di guarnizioni, con pistagne ritorte, cadeniglie, granducciati e altri orpelli alla moda …”) e la storia è sicuramente frutto di una ricerca seria e documentata, oltre che di visioni e intuizioni artistiche.
Il romanzo è particolarmente consigliato a chi ama il thriller storico e, in generale, i testi dall’impostazione solida e coerente.
A questo punto, la prossima avventura del notaio criminale, che sembra anticipata nell’epilogo del “Segno dell’untore”, è attesa anche da …
… Bruno Elpis
P.S.: Chi lo volesse, può leggere l'intervista all'autore sul mio sito www.brunoelpis.it
Questo è il link:
http://www.brunoelpis.it/le-interviste/371-intervista-a-franco-forte-autore-de-qil-segno-delluntoreq
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Soave, quasi fosse una danza....consigliatissimo.
Un libro che mi ha stupito. Per almeno due ordini di motivi:
- non conoscevo l'autore;
- non pensavo che un giallo storico potesse essere così.
Questo libro non è semplicemente coinvolgente. Non ha solo una trama ben architettata (seppure perfettibile, e in ciò forse si nota il percorso di crescita ancora da 'scalare' di un autore che può elevare ulteriormente le vette della sua maestria). E' una deliziosa compagnia da assaporare, lentamente o rapidamente a seconda dei gusti. In modo soave, quasi fosse una danza, prima lenta, poi più veloce, infine frenetica, la narrazione vi accompagna in un territorio impervio, in una Milano assolutamente non da bere ma da evitare...eppure in quella Milano conoscerete lui, un potenziale nuovo Adamsberg. Nuova linfa per i nostri sogni. Bel giallo. Consigliatissimo.
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Sherlock Holmse all'ombra della Madonnina
Che GIALLO !!! Bellissimo, sia la trama che il modo in cui è stato scritto sono eccezionali. Un Capolavoro … almeno ai miei occhi
Veramente un bel romanzo ricco di suspance, scritto con criterio, e ambientato in un periodo storico affascinante, in un contesto opprimente allo stesso tempo drammatico.
La peste bubbonica la fa da padrone in queste pagine, e Franco Forte utilizza un linguaggio narrativo contestuale ed elegante, che trasuda tutta la disperazione e l’angoscia che in quei giorni attanagliava Milano.
Attraversare il centro della gran Milan al passo con Nicolò Taverna e i suoi attendenti è stato straordinario. L’indagine, condotta in modo esemplare e gli intrighi ben strutturati,divertono .Ii riferimenti storici fioccano in ogni pagina e il caldo opprimente e il puzzo dei fopponi ti entra nelle nari ad ogni pagina … sono stato talmente rapito che quasi temevo di contrarre la peste io stesso.
Avvincente ed entusiasmante mai banale un romanzo che strizza l’occhio a Sherlock Holmes senza però scivolare in una qualche grottesca rivisitazione, anzi, genera qualcosa di nuovo senza spiazzare il lettore o porlo davanti a confronti inutili. Un nuovo investigatore da poltrona insomma che è costretto a districarsi tra il peggio del epoca, potere temporale, e potere spirituale si affrontano a suon di intrighi, e la peste fa da calderone in questa Milano dai toni apocalittici. Sono stato travolto dalle parole di queste pagine e in 24 ore, come nel romanzo, sono riuscito a terminarlo senza che mi rendessi conto del trascorrere del tempo.
24 ore intense ricche di emozioni e di nozioni, Milano in queste pagine la puoi toccare,sentire, e annusare, e i personaggi ti sembra quasi di conoscerli e frequentarli da sempre. Mai banale o noioso, riesce a non perdersi in elucubrazioni inutili. Essenziale e una profonda conoscenza del periodo rendo trama e lettura un piacere sopraffino .
Nicolò Taverna è diventato il mio nuovo eroe, sono impaziente di tornare ad indagare all’ombra della Madonnina.
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QUELLA PESTE DEL NOTAIO CRIMINALE
Per gli amanti del genere non bisogna perdersi assolutamente questo libro, perché vede la nascita di un nuovo personaggio, Niccolò Taverna, il notaio criminale di cui sentiremo sicuramente parlarne in altri titoli. Il grande Franco Forte ha così deciso di iniziare una nuova serie di thriller storici con un personaggio che già dalla prima avventura cattura ed appassiona il lettore.
Il romanzo oltre ad essere un ottimo thriller con tutte le componenti classiche del genere, come ritmo e suspense, ha come merito quello di accompagnarci all’interno della città di Milano nella seconda metà del 500 e di farci rivivere quel periodo. La capacità di “raccontare la storia” è un caratteristica che solamente pochi autori hanno e Forte è uno di questi. La bravura è tale nel descrivere le situazioni che quasi si evita di respirare, per non essere contagiati dalla peste, che nel libro ha un ruolo molto importante. Gli intrighi politico-religiosi sono narrati in maniera superlativa e danno la giusta sensazione di quanto doveva essere difficile districarsi in una ragnatela tale. Il nostro personaggio sembra infatti più preoccupato a tenere a bada gli uomini più potenti della città, che di trovare chi ha ucciso il commissario della Santa Inquisizione. Una prova veramente difficile per Niccolò Taverna che in una sola giornata dovrà dare un nome all’assassino. Le tecniche di indagine sono a dir poco uniche, e fanno sicuramente sorridere pensando alla tecnologia di oggi. Ma anche questo contribuisce alla bellezza del libro. Bellezza, che nel libro viene riproposta nella persona di Isabella Landolfi, che farà perdere la testa al notaio criminale e che darà un valore aggiunto anche alla storia.
Insomma in questo libro c’è un pò di tutto, e tutto è al posto giusto. Se dovessi fare un piccolo appunto, direi solamente che avrei fatto “soffrire” il protagonista ancora di più. Nel senso che lo avrei reso ancora più indifeso, ma evidentemente essere un notaio criminale era all’epoca una figura abbastanza di rilievo che garantiva una certa rispettabilità.
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Il segno dell'untore
Davvero una buona prova che rasenta l'eccellenza per l'autore Franco Forte.
Trattasi di un thriller storico ambientato nella Milano afflitta dalla peste nel XVI° secolo, caratterizzata dalla spietata dominazione spagnola affiancata dalla crudele Santa Inquisizione. Per fortuna un grande uomo, Carlo Borromeo, allieta i milanesi con la sua aura santa, alimentando grazie alla fede una speranza di sopravvivere al pestifero male. I milanesi soccombono sotto la mannaia della morte che si presenta sotto forma di peste bubbonica, per sopravvivere tutto è lecito ed i crimini sovrastano la società civile. E' in questa ambientazione che un umile notaio criminale, Niccolò Taverna, una specie di ufficiale di polizia giudiziaria dei nostri giorni, si ritrova invischiato in un'indagine delicatissima riguardante l'omicidio di un inquisitore che lo trascinerà nei meandri di una politica subdola e di convenienza, come se non bastasse verrà anche distratto da un'ulteriore indagine di un furto avvenuto all'interno del Duomo cittadino.
L'autore ci propone un protagonista, Niccolò appunto, che affiancato dai sui collaboratori, Rinaldo e Tadino, si metterà in luce grazie ad una grande arguzia e ad uno stile investigativo di studio approfondito della scena del crimine, già avanti coi tempi. Nonostante l'escalation di fermento investigativo Niccolò si ritoverà in 24 ore vedovo ma anche immerso in una nuova emozione che forse farà vacillare il suo cuore. Il personaggio di Isabella nell'opera è una nota di fresco profumo che distoglie dal putrido tanfo dovuto alle fosse comuni, all'interno delle quali vengono bruciati i corpi dei morti appestati e dei loro abiti, ma a mio avviso, a volte un po' fuori luogo.
Lo stile narrativo è fluido, capitoli brevi e ben strutturati, descrizione di personaggi e luoghi davvero sopraffina. Le ultime pagine del libro presentano una sorpresa di cui non voglio rivelare null'altro agli interessati.
Una nota di merito va anche alla copertina davvero accattivante.
Un thriller storico di sicuro merito che andrebbe letto anche per farci rendere conto che l'autore è molto più valido e creativo di altri più conosciuti e pubblicizzati.
Buona lettura a tutti.
Syd
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Quando esce il prossimo?
Il segno dell'untore è un romanzo thriller/giallo storico ed è il primo di una serie che vede protagonista il notaio criminale Niccolò Taverna alle prese con intricati casi da risolvere nella
Milano del 1576, anno in cui domina la Corona di Spagna e afflitta dalla peste.
Il volume si legge benissimo singolarmente in quanto ogni libro ha il suo bel mistero da risolvere anche se l'autore nelle ultime pagine getta le basi per quella che sembra la prossima indagine.
Per chi ha avuto l'opportunità di leggere I bastioni del coraggio ritroverà alcuni personaggi come Anita Polidori (la moglie del protagonista) e Guaraldo Giussani l'inquisitore ma non preoccupatevi perché non c'è altro che colleghi i due romanzi.
Le vicende sono narrate in terza persona e l'unico punto di vista è quello di Niccolò Taverna per cui il lettore segue passo passo le sue scoperte, le sue intuizioni e i suoi sforzi fino ad arrivare alla risoluzione del caso.
Niccolò Taverna (non è dato sapere se è un personaggio di pura fantasia o veramente esistito) è un uomo arguto, coraggioso, intelligente, sensibile, generoso, d'onore, astuto, minuzioso ama il suo lavoro e non si arrende facilmente.
Uno stile fluido, una trama originale, il risvolto giallo è incalzante ed intrigante (amo i gialli) e per finire non manca quel pizzico di romanticismo che non guasta (quest'ultimo aspetto resta molto marginale).
Se state cercando un giallo storico con una minuziosa e curata ricostruzione storica di ambienti, luoghi, personaggi, usi e costumi questo è proprio il romanzo che fa per Voi. Inoltre questi dettagli si amalgamano bene con le vicende di pura fantasia e non appesantiscono in alcun modo il ritmo.
Una lettura che mi ha conquistato sotto tutti i punti di vista.