Il sanguinaccio dell'immacolata
Letteratura italiana
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Marò Pajno e un delitto di mafia.
La dottoressa Marò Pajno, vicequestora di Palermo e protagonista di questo e altri romanzi della scrittrice, è un personaggio al quale ci si affeziona facilmente. Il suo lavoro (è responsabile della sezione antifemminicidio della questura) lo fa con metodo e pazienza, in una piazza come Palermo, difficile e piena di contraddizioni, di oscurità a volte imperscrutabili ma anche di colori vivaci e cangianti. In fin dei conti, dominano la scena Palermo, in tutte le sue complessità, e la figura della poliziotta: la storia sta sullo sfondo, quasi sfumata, quasi a voler essere un pretesto per parlarci della città e dell’ancora affascinante protagonista. E la storia, presto detto, è una storiaccia di mafia: Fofò Russo, un boss violento e dall’aspetto satanico, tale da assoggettare solo con uno sguardo parenti e compari, decide che Saveria, la figlia pur tanto amata, va eliminata perché ribelle e non plasmabile come la “famiglia” vorrebbe. Il delitto avviene in una pasticceria, e ne seguono altri per togliere di mezzo possibili testimoni. Le indagini della Pajno iniziano tra mille difficoltà e le consuete omertà del posto: non è facile operare, con un questore, Bellomo, che vuole risultati in breve tempo promettendole il posto di questora qualora fosse eletto, dopo le imminenti elezioni, Ministro dell’Interno, e l’ambiente difficile in cui la poliziotta opera, un ambiente gravato da depistaggi e pericoli anche mortali. La Pajno ce la fa infine ad incastrare il boss ed a mettere in salvo il nipote di Fofò, Daniele, sottraendolo alle grinfie del nonno che voleva farne il suo successore come capo del mandamento locale della mafia.
Gran parte del romanzo indugia, come già accennato, sulla complessa figura della poliziotta. Tanto insicura e severa con sé stessa, quanto decisa nelle azioni investigative. Insicura e fragile per una bellezza che sta lentamente sfiorendo, per la bulimia che la perseguita, qualche chilo in più che la induce a ricorrere ad una nutrizionista, con esito fallimentare. Il suo vecchio amore, Sasà, non c’è più, un incontro fugace, la speranza di riavvicinarlo fallita. Ma la nostra indomita poliziotta non si dà mai per vinta: ha amici che le vogliono bene, una sorella che, tutto sommato, cerca di consolarla, e poi c’è il questore, quel bellimbusto di Bellomo, che, a sorpresa, le confessa la sua incondizionata stima e la invita addirittura ad una cena privata. Se son rose fioriranno, e lo vedremo nel prossimo giallo di Giuseppina Torregrossa. L’autrice intanto, da autentica siciliana, infila nel romanzo quattro sontuose ricette tipiche del territorio: sanguinaccio alla trapanese, ciambelle con ripieno di fichi, cioccolata, mandorle e pistacchi, grano a chicchi cotto e condito con miele, cannella o crema di ricotta, e infine gli immancabili cannoli siciliani. Buona lettura e buon appetito.
Per la lettura, il romanzo è piacevole e scritto bene, anche se il finale è abbastanza sbrigativo. Ma è la città di Palermo che emerge, tutta da assaporare nelle sue infinite sfumature, anche quelle più nascoste e inconfessabili.
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La "vicequestora" Marò Pajno
Giuseppina Torregrossa porta sulla scena letterario il personaggio di Marò Pajno ne Panza e prisenza e in Il basilico di Palazzo Galletti; ed ora torna ne Il sanguinaccio dell’Immacolata.
Un giallo di ambientazione, ricco di fascino e di atmosfera.
Marò Pajno è una vicequestora, si è lasciata con il fidanzato storico e per questo è parecchio ingrassata, a causa del suo costante voler lenire le ferite dell’animo con un ingozzarsi smisurato ed incontrollato del cibo. E’ una donna lacerata.
“Era una donna divisa in due metà che si muovevano su piani temporali diversi. Il volto di ragazza, il resto di quarantenne un po’ passatella.”
Siamo nel periodo dell’Immacolata, in cui Palermo sembra preda dei demoni del gioco e della tombola, che è soprattutto:
“stare vicini, ammassati nella stanza da pranzo che è sempre la stessa dai tempi. A mano a mano che escono i numeri ognuno ha una cosa da cuntare, un ricordo speciale, un modo di dire.”
In tale clima un omicidio sconvolge la città: l’uccisione di Saveria nella sua pasticceria. A prima vista pare una rapina finita male; ma la vittima è la figlia di un noto boss del luogo, tale Fafò Rosso. Un affronto impensabile. Ci si deve aspettare altre morti, altri liti tra mafiosi? Chi ha osato tanto? Oppure è qualcos’altro? E perché il questore ordina a Marò, responsabile della sezione antifemminicidio, di risolvere il caso? Marò sempre più preda dei demoni interiori, ma
“grata alla vita per il suo lavoro, certe volte appagante, ma è così utile”,
riuscirà a risolvere brillantemente il caso?
Un giallo affascinante, dove si respira l’ottima aria sensuale del buon cibo, tra
“panelle, crocchè e cucciddatu”.
Una investigazione precisa, intuitiva e profonda per un finale inaspettato fanno di questa ultima opera di Giuseppina Torregrossa una lettura che travolge e trasporta lontano in un mondo difficile, ma degno di essere vissuto. Una bella lettura.