Il ritorno degli Dei Il ritorno degli Dei

Il ritorno degli Dei

Letteratura italiana

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Sullo sfondo di una millenaria necropoli, vestigia di una delle più fiorenti e potenti città della civiltà etrusca, efferati delitti, all'apparenza privi di motivazione, sconvolgono la popolazione. Nel diffondersi della paura e nel riemergere di remote superstizioni, un ispettore ravennate appare come l'ultima spiaggia. Esperto di crimini legati al traffico di reperti archeologici e di opere d'arte, già altre volte capace di risolvere casi incredibili, l'investigatore si troverà presto catapultato in un mondo inimmaginabile, complesso e pericoloso, agitato da antiche leggende, potenti organizzazioni, un segreto alla cui risoluzione nulla sarà mai più come prima. Dov'è il confine che separa la mitologia dalla storia? Forse non esiste...



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Il ritorno degli Dei 2013-08-26 08:18:18 Zine
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Zine Opinione inserita da Zine    26 Agosto, 2013
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Antichi miti sulla riviera adriatica

“Il ritorno degli Dei” di Massimiliano Venturini, edito da Il Ponte Vecchio, è un connubio non comune di giallo all’italiana e fantascienza, condito con un pizzico di cospirazione internazionale e un palese amore per l’arte.
L’ispettore Raul, appassionato di archeologia, viene chiamato d’urgenza a causa di alcuni misteriosi omicidi avvenuti nelle valli di Comacchio. Le vittime sono state ritrovate sepolte o affogate, con la testa avvolta in una rete da pesca e un reperto di matrice greco antica ficcato in bocca. Gli indizi sono pochissimi, la collaborazione della gente del posto verso un ispettore che proviene dalla riviera romagnola molto scarsa e Raul si trova a dover utilizzare spesso metodi poco ortodossi per cercare di districarsi in questa complicata faccenda.
Quando, finalmente, qualche informazione riesce a trapelare, Raul scopre di essere finito dentro una catena di eventi molto più grandi di lui. Tra società segrete greche, antiche aspirazioni naziste e reperti sorprendenti, Raul si troverà a fronteggiare il più grande segreto della Storia umana.
Dare un giudizio univoco su questo romanzo è difficile, in quanto il prodotto letterario riunisce in sé parecchi pregi e altrettanti difetti, rendendo complesso trovare un sistema di valutazione che riesca a tenere conto di entrambi.
Partiamo dai pregi. Venturini costruisce un giallo all’interno di un contesto prettamente italiano. Per quasi tutto il romanzo non si ravvisa alcun intento di scimmiottare romanzi e telefilm americani, che possiedono uno stile peculiare per ciò che concerne indagini di polizia, omicidi e mistero. Se ne sono letti e visti troppi per poter sopportare una brutta copia di matrice italiana. Venturini non cade nel tranello e ci presenta il territorio della riviera con tutta la sua quotidiana normalità. I personaggi sono italiani al cento per cento, rustici e un po’ maneggioni, sempre pronti a vivere in un limbo fra la legalità e i propri interessi.
Gli sforzi per creare un giallo tutto italiano sono evidenti e apprezzabili per un genere che sta ritagliandosi la sua buona fetta di mercato editoriale.
Il protagonista è non convenzionale. Venturini non fa nulla per mitigarne l’arroganza e la tendenza ad aggirare la legge per i propri comodi, creando un uomo plausibile e antipatico le cui vicissitudini si seguono volentieri, forse proprio perché non viene richiesto al lettore di partecipare emotivamente alle sue vicende.
Il fantastico fa il suo ingresso con un tema non nuovo ma inaspettato vista l’ambientazione “casalinga”: il decimo pianeta e la stirpe di divinità – forse aliena – che fece dell’Uomo un essere in grado di evolversi in civiltà progredite. Inoltre Venturini incentra gran parte della storia sul mondo dell’archeologia, parlandone con perizia e offrendo maggiore spessore intellettuale alla trama.
I tasti dolenti, purtroppo, inficiano la possibilità di una lettura scorrevole e godibile fino alla fine. In primis, l’autore e l’editore non hanno controllato a dovere le bozze prima della stampa. L’uso della punteggiatura è spesso errato; sono presenti parecchie ripetizioni e refusi che danno la sensazione di doversi impegnare in una corsa a ostacoli. Questo è un peccato, perché il lessico di Venturini è, al contrario, non scontato e molto gradevole.
I rapporti uomo-donna sono stereotipati, poco credibili, nonostante la giustificazione del carattere poco espansivo del protagonista. Di quando in quando, inoltre, le informazioni storiche elargite dall’autore diventano vere e proprie parentesi esplicative che sanno di saggio e risultano eccessivamente slegate dalla narrazione.
Il vero problema del romanzo, a parte gli errori, è il finale, accelerato fino allo spasimo e strappato alla radice italiana per cercare di tirare le fila della troppa carne messa sul fuoco, una sorta di trasformazione in film d’azione con conclusione pre-apocalittica. La filippica finale del protagonista esprime troppo palesemente i pensieri dell’autore in merito ai temi trattati e risulta fuori luogo.
“Il ritorno degli Dei” sarebbe molto più godibile dopo una decisa correzione delle bozze. Venturini, comunque, ha il talento di creare trame interessanti, che stanno scomparendo dal mercato. Un autore a cui dare un’altra possibilità.

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