Il morso della vipera Il morso della vipera

Il morso della vipera

Letteratura italiana

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Il suono metallico dei tasti risuona nella stanza. Seduta alla sua scrivania, Anita batte a macchina le storie della popolare rivista Saturnalia : racconti gialli americani, in cui detective dai lunghi cappotti, tra una sparatoria e l'altra, hanno sempre un bicchiere di whisky tra le mani. Nulla di più lontano dal suo mondo. Eppure le pagine di Hammett e Chandler, tradotte dall'affascinante scrittore Sebastiano Satta Ascona, le stanno facendo scoprire il potere delle parole. Anita ha sempre diffidato dei giornali e anche dei libri, che da anni ormai non fanno che compiacere il regime. Ma queste sono storie nuove, diverse, piene di verità. Se Anita si trova ora a fare la dattilografa la colpa è solo la sua. Perché poteva accettare la proposta del suo amato fidanzato Corrado, come avrebbe fatto qualsiasi altra giovane donna del 1935, invece di pronunciare quelle parole totalmente inaspettate: ti sposo ma voglio prima lavorare. E ora si trova con quella macchina da scrivere davanti in compagnia di racconti che però così male non sono, anzi, sembra quasi che le stiano insegnando qualcosa. Forse per questo, quando un'anziana donna viene arrestata perché afferma che un eroe di guerra è in realtà un assassino, Anita è l'unica a crederle. Ma come rendere giustizia a qualcuno in tempi in cui di giusto non c'è niente? Quelli non sono anni in cui dare spazio ad una visione obiettiva della realtà. Il fascismo è in piena espansione. Il cattivo non viene quasi mai sconfitto. Anita deve trovare tutto il coraggio che ha e l'intuizione che le hanno insegnato i suoi amici detective per indagare e scoprire quanto la letteratura possa fare per renderci liberi. Dopo aver creato Vani Sarca, l'autrice torna con una nuova protagonista: combattiva, tenace, acuta, sognatrice. Sullo sfondo di una Torino in cui si sentono i primi afflati del fascismo, una storia in cui i gialli non sono solo libri ma maestri di vita.



Recensione della Redazione QLibri

 
Il morso della vipera 2020-07-08 15:03:27 lapis
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lapis Opinione inserita da lapis    08 Luglio, 2020
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Et voilà. Anzi: vualà.

Italianizzare, è questo l'imperativo. Per Anita e Clara, ventenni torinesi, storpiare italianizzando le parole straniere è un piccolo gioco privato, perché il regime fascista è, nel 1935, ancora qualcosa su cui è possibile scherzare. L'atmosfera è nebulosa, ambigua, e tutto quello che si può fare è tenere gli occhi aperti e le antenne puntate per captare i segnali di una verità oscura e minacciosa, di cui si avverte l'invisibile presenza dietro la finta verità di splendore diffusa al cinegiornale.

Lo sente Clara, studiosa e intelligente, che vorrebbe poter leggere senza censure, farsi un'opinione con la propria testa ed esprimere le proprie idee. Lo sente Anita, bellissima e un po' civettuola, che soffre le imposizioni e la mancanza di libertà. Ed è proprio un improvviso e inaspettato slancio di libertà ad indurre Anita, di fronte alla tanto anelata proposta di matrimonio da parte del fidanzato Corrado, a rispondere con una richiesta inusuale: lavorare, lavorare per sei mesi prima delle nozze. Proprio lei, che ha sempre pensato che un battito di ciglia e un sorriso fossero più utili di qualunque nozione, purtroppo anche quelle di stenografia. Proprio lei, che a scuola non ha mai mostrato interesse per le pagine scritte. Eppure, il destino e un po' di furbizia porteranno Anita a trovare impiego proprio nel mondo dell'editoria: dattilografa per una rivista di racconti hard-boiled americani.

E così, trascrivendo con la propria Olivetti quelle storie di detective stropicciati, vicoli bui e bicchieri pieni di whisky (anzi: uischi), Anita capirà perché quelle storie piacciono tanto alla gente. Perché sono belle, innanzitutto. Perché a quei protagonisti un po' malmessi ci si affeziona facilmente, con i loro problemi e le loro disgrazie in cui rispecchiare le proprie. Perché fanno ridere, mozzare il respiro, fantasticare, ma, soprattutto, accendono la voglia di investigare e stanare la polvere che si cela sotto il tappeto. Che è poi il motivo per cui esse danno tanto fastidio alle autorità, che cercano di italianizzarle e piegarle ai dettami del regime.

Anita si innamora così della lettura (e chissà, forse non solo di quella), in un percorso di crescita che potrebbe portarla lontano, a scoprire la forza di una storia e il bisogno che ha l'anima di trovare la propria voce, ribellandosi al silenzio. E, nel frattempo, io mi innamoro di questa nuova serie. Alice Basso si dimostra ancora una volta abilissima nel miscelare umorismo, romanticismo e un soffio di mistero (data l'esilità, definirla trama gialla mi pare fin eccessivo), avvolgendo il tutto in un contesto storico che offre tantissimi spunti, sul ruolo femminile, la libertà di pensiero, la difficoltà di aprire gli occhi su verità scomode e il coraggio che serve per raccontare quel che si è visto. Si tratta di intrattenimento, intrattenimento che strizza innegabilmente l'occhio alle vendite, ma a renderla una lettura accattivante e piacevolissima è l'inconfondibile tocco di grazia e freschezza, capace di regalare un sapore speciale alle pagine, lasciando all'ultima riga il desiderio di proseguire oltre.
Posso solo immaginare quanto sia difficile per un autore abbandonare un personaggio che ti ha regalato popolarità e successo, ma in questa storia ho ritrovato una vitalità e un entusiasmo che quelle della famosa ghostwriter Vani Sarca avevano a mio avviso ormai perduto. Quindi, per quel poco che conta il mio giudizio: benvenuta Anita, aspetto già la tua prossima avventura!

"La lingua può essere indisciplinata, ma il silenzio avvelena l'anima" [Antologia di Spoon River]

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Il morso della vipera 2021-04-14 08:51:45 FrancoAntonio
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FrancoAntonio Opinione inserita da FrancoAntonio    14 Aprile, 2021
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Gialli, rossetto e camice nere

Anita Bo nel giugno del 1935 è una ragazza di vent’anni piena di vita. È bella, anzi, molto bella e, a smentire i classici stereotipi, è pure dotata di una vivida intelligenza sbarazzina. Vive nell’operosa e attiva Torino. La sua famiglia gestisce una ben avviata tabaccheria nel centro della città. S’è appena fidanzata con Corrado Leone, un prestante ragazzo erede di una ricca famiglia di commercianti. Insomma sembra che la vita non le abbia fatto mancare nulla: avvenenza, intelligenza, ricchezza, amore, amicizia (con l’inseparabile Clara, il suo jang, e l’ex professoressa Candida, una vera sferza intellettiva). Ma, proprio quando Corrado le chiede di sposarlo, lei si fa pigliare da un irrazionale (o, magari, razionalissimo) panico. Sì, il suo desiderio principale è uscire dalla gabbia soffocante della sua famiglia, ma pur amando sinceramente il ragazzo, teme di entrare in un’altra gabbia, magari dorata, ma che la costringerà a recitare (a vita) il ruolo di brava, fedele mogliettina, madre della sterminata famiglia sognata da Corrado. Così, proprio mentre il ragazzo le descrive quella che per lui dovrà essere la loro vita futura, lei, per concedersi una tregua di almeno sei mesi, sbotta dicendo che, prima, desidera lavorare; almeno un po’, giusto per capire com’è la vita da impiegata per una donna degli anni ’30.
Purtroppo Anita è stata una pessima studentessa all’istituto commerciale per ragazze e le sue capacità di dattilografa sono davvero scarse, non parliamo della stenografia. Così, l’unico impiego che riesce a trovare, sfruttando la sua astuzia e la sua capacità di manipolare gli altri, è presso la casa editrice Monné, piccola realtà appena nata e divenuta famosa perché pubblica il mensile Saturnalia, uno dei pochi periodici dedicati alla nuova mania del momento: i gialli americani.
Qui farà la conoscenza con l’anima creativa della casa editrice (costituita, peraltro, da solo due persone): Sebastiano Satta Ascona, traduttore ufficiale dei racconti in lingua inglese e autore della serie italiana del commissario Bonomo, sciapo poliziotto, inserito a forza nella rivista per far contento il regime. Non fa a tempo a passare una settimana che Anita e Sebastiano si trovano a dover affrontare un vero delitto il cui autore, forse, è un personaggio eretto da poco a eroe di guerra dal fascismo. Che fare? Proseguire nelle indagini e smascherare il colpevole, magari in un racconto da pubblicare con qualche artificio sulla rivista? Così, però, potrebbero attirare le ire del regime. Allora dovrebbero forse dimenticare e insabbiare tutta quella brutta storia? Ma poi cosa direbbero le loro coscienze?

Alice Basso ci offre sotto le mentite spoglie di un giallo, una garbata commedia romantico-avventurosa ambientata nei difficili anni del “ventennio”, quando tutto filava liscio solo se si era rigidamente allineati alle direttive del partito. Lo stile è leggero e, a tratti, quasi frivolo, ma ben si adatta al carattere della protagonista: infatti, sebbene la narrazione avvenga in terza persona, sembra proprio che le parole escano di bocca alla ragazzina, intraprendente e garbatamente ribelle. La vicenda poliziesca di per sé non è particolarmente intrigante, poiché, sin da subito se ne conoscono, a grandi linee, i particolari. Quello che più preme all’A. è descrivere i personaggi e, soprattutto, esaltare la figura di Anita, giovane indipendente a dispetto del conformismo che l’attornia.
Divertono i vari tormentoni con cui è chiosato il testo (giochi per italianizzare le “vietate” espressioni straniere; similitudini e bislacche metafore, prontamente smorzate negli incisi; interiezioni piemontesi), anche se, alla fine, appaiono eccessivi nel numero e nella frequenza, quasi siano inseriti apposta per “strappare una risata a scena aperta”. Non disturba la spuzzata di tenue romanticismo che ammanta il racconto ed è sicuramente apprezzabile la descrizione dell’ambiente e dei costumi della Torino di ottant’anni fa, borghese, conformista, ma tanto fascinosa. La descrizione talvolta macchiettistica, di squadristi e gerarchi fascisti, appare un po’ forzata e troppo legata a stereotipi, ma il racconto non ne soffre particolarmente.
In definitiva si tratta di un romanzo leggero e divertente da prendere per quello che vuole essere: un piacevole intermezzo di lettura che ci riporta all’epoca dei nostri genitori o dei nostri nonni con delicata intelligenza. Non mi stupirei se l’A. s’affezionasse al personaggio di Anita Bo e ne facesse la protagonista per una nuova serie di romanzi.

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Il morso della vipera 2020-12-04 12:08:05 Mian88
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Mian88 Opinione inserita da Mian88    04 Dicembre, 2020
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Anita

Dopo la conclusione della serie dedicata alle avventure di Vani Sarca siamo pronti per la conoscenza, con “Il morso della vipera”, di quella che sarà una nuova saga a firma Alice Basso. Siamo nel 1935, la parola d’ordine è italianizzare, il fascismo è in atto e l’atmosfera tutto è tranne che serena e pronta ad aprirsi al futuro roseo e non dittatoriale.
Due le voci che conosciamo sin dalle prime pagine: Anita, la femme fatale civettuola e dagli attributi consistenti che sente della mancanza di libertà e Clara la voce erudita e intelligente che ama studiare e che vorrebbe poter leggere senza censure. Innanzi alla proposta di matrimonio di Corrado, Anita, che tanto aveva architettato per riceverla e conquistare la sua preda maschile, chiede di poter lavorare per sei mesi. Un bisogno di libertà, questo che la porterà a trovare lavoro nel mondo dell’editoria come dattilografa per una rivista di particolari racconti provenienti dal nuovo continente.
Tuttavia, Anita, che mai ha brillato a scuola e che mai ha avuto una predilezione innata per i libri, con questo lavoro scopre un mondo, un mondo che la porta a interrogarsi sulla bellezza di quelle storie e che la porta anche a comprendere il perché della predilezione verso queste dei lettori. Nasce un amore tanto inatteso quanto bramato, quello verso la lettura, e forse, non solo questo.
Con “Il morso della vipera” conosciamo un nuovo personaggio che suscita simpatia e che nel corso dell’opera cresce e matura arrivando a staccarsi da quella che è la prima immagine che abbiamo di lei nelle pagine iniziali. L’idea della Basso è originale e per chi ha amato i suoi titoli anche questo non mancherà di conquistare i cuori, devo però confessare che, per quanto la storia sia briosa e simpatica, non sono riuscita a farmi completamente coinvolgere. Ho risentito in parte dello stile dell’autrice che per quanto mordace e arguto, alla lunga tende a sfiancare un po’. Probabilmente questa impressione deriva da una certa saturazione raggiunta già con la serie dedicata a Vani ma è mancata quell’empatia totale che al contrario è propria della sua penna. Forse, semplicemente, oltre che ad una evoluzione della protagonista e a una nuova vicenda, era dal mio subconscio auspicata anche una maturazione dello stile narrativo? Non so, me lo chiedo con sincera curiosità.
Ad ogni modo la lettura è piacevole, non manca di strappare sorrisi e di incuriosire il lettore amante del genere. Un titolo ottimo con cui staccare qualche ora ma da leggere senza troppe pretese.

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Il morso della vipera 2020-07-29 13:24:49 ornella donna
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ornella donna Opinione inserita da ornella donna    29 Luglio, 2020
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Anita Bo, testimone del suo tempo

Dopo aver creato la figura di Vani Sarca, molto amata dai suoi lettori, Alice Basso torna in libreria con Il morso della vipera. Fornendo loro il ritratto di una nuova figura, destinata ad avere un gran successo, quello della dattilografa Anita. Ne risulta un libro molto godibile e di una lettura travolgente.
Racconta la storia di Anita, giovane donna, che nel 1935 decide di lavorare per sei mesi prima di sposarsi con Corrado Leone. Fatto di un rilievo inaudito, che non trova appoggio in famiglia, ma Anita continua imperterrita la sua scalata nella vita. Scrivendo a macchina le storie della rivista “Saturnalia” , specializzata nella traduzione in italiano dei gialli americani, si imbatte in un vero e proprio giallo: la morte per morso di vipera di una giovane ragazza. Purtroppo è una morte assai sospetta ed è coinvolto in prima persona un gerarca fascista. Cosa è veramente successo? Riuscirà Anita a scoprire la verità, ottenendo giustizia per lei e per sua madre così affranta? Cosa ne pensa il regime?
Un bel giallo ben costruito. Un romanzo che risale ad un periodo lontano, molto avvincente e documentato su basi e fonte certe, come la stessa autrice afferma al fondo dell’elaborato. Il personaggio è curioso e profondo, molto ben inserito nella realtà in cui vive. Testimone prezioso di un tempo passato, Anita rappresenta ottimamente la condizione della donna in era fascista. Alice Basso, in definitiva, non perde neanche in questo romanzo le qualità che l’hanno contraddistinta nel panorama letterario: l’ironia e la costruzione perfetta di una trama, che non lascia spazio ad inutili tentennamenti. Ottima lettura.

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Il morso della vipera 2020-07-22 18:14:42 martaquick
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martaquick Opinione inserita da martaquick    22 Luglio, 2020
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STRAPPARSI IL LUPO

Terminata la storia dei precedenti romanzi, Alice Basso torna con una nuova protagonista: Anita Bo.
Io ho adorato il personaggio di Vani Sarca, la ghostwriter ironica e accattivante, la Lisbeth Salander italiana, quindi io deciso di provare questa nuova serie (?) ambientata negli anni del governo fascista.
Innanzitutto per me Anita non è stata nemmeno lontanamente paragonabile a Vani Sarca ma, prendendo il romanzo senza voler fare paragoni, questa nuova ragazza in effetti è un personaggio ben fatto, forse leggermente frivolo , forse volutamente per l’età è il periodo storico.
Ho ritrovato alcuni elementi che la Basso ha sicuramente riutilizzato dopo il successo della ghostwriter: la migliore amica confidente, l’appuntamento settimanale con la ex professoressa (nei romanzi di Vani Sarca era un ex cuoca anziana ma molto sveglia), l’editore capo leggermente avido, l’amore che sboccia tra i libri.
In realtà sembra una combinazione vincente perché nel complesso tutti i personaggi mi sono piaciuti, ma quello che mi piace davvero di Alice Basso è l’ironia sempre presente tra le righe e la passione per la lettura.
Anche qui ho trovato citazioni da libri famosi, spunti di lettura e di ricerca che mi hanno fatto conoscere nuovi autori.
La trama in sé vuole essere un po’ gialla, nel senso che c’è effettivamente un mistero ma è davvero marginale nella storia.
Ho trovato invece davvero interessante i momenti storici e le vicende fasciste contestualizzate al romanzo, con Mussolini che fa da sfondo lontano.
Posso dire sinceramente che il morso della vipera vale la pena di essere letto ed è davvero molto piacevole.

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