Il morso del somaro Il morso del somaro

Il morso del somaro

Letteratura italiana

Editore


Le esili tracce di un crimine perpetrato dopo la scomparsa di un’adolescente, figure dal carattere introspettivo e altre al limite dello smodato sono gli elementi essenziali di un romanzo dai risvolti inquietanti.



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Il morso del somaro 2014-12-16 19:16:12 Yami
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Yami Opinione inserita da Yami    16 Dicembre, 2014
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Non vedo... Non sento...

La storia comincia con un delirante scambio di battute tra due individui non identificati in preda a vaneggiamenti di cui si fatica a seguire il filo conduttore, conditi con allusioni e volgarità: si riesce a capire a fatica, dopo diverse pagine, che i due stanno parlando di una operazione andata a male e di bastonate prese da individui ai quali devono dei soldi. Non si capisce se i due parlano seguendo uno strampalato codice o se sono in preda a chissà quale sostanza che ne altera le facoltà mentali: in entrambi i casi le loro parole risultano incomprensibili e non tanto per l'utilizzo di alcuni termini ricercati inseriti qua e là, ma per l'uso di espressioni che non possono nemmeno essere definite colloquiali, le quali, unitamente a uno scarso utilizzo o a un uso improprio della punteggiatura e a qualche errore di battitura, rendono impossibile al lettore decodificarne il senso.
Riporterò un passaggio come esempio e tra parentesi inserirò le domande che mi sono sorte spontanee durante la lettura:
" Noi che la schina (presumibilmente "schiena") ce l'abbiamo bombata mica per schiatta (che significa?) ma perché destinati a riceverlo (ricevere cosa? nei passaggi precedenti non si fa riferimento a nulla che possa fare capire a cosa si riferisce), l'inventario a sto girolo facciamo in barba al groppone ("in barba al..." è un'espressione che si usa quando si intende fare un torto, un po' come dire "alla faccia di", ma qui, facendo riferimento "al groppone" sembra più un'esclamazione che però non ha molto senso, nemmeno a voler essere comica)... dritto somaro!... (si presume che all'improvviso il personaggio che stava parlando si riferisca all'altra persona che è con lui, ma non essendoci alcun tipo di descrizione che accompagna la scena, non si ha la più pallida idea di cosa stia succedendo) che adesso ci penso io a lavorartelo per bene. Dritto! Somaro dritto! che provvedo ad alloggiarlo (alloggiare cosa? forse stanno trasportando un oggetto?) e tu pronto a fare il servizietto (anche qui il buio totale) senza fare bau bau però. (battuta discutibile per far dire al personaggio che non vuole sentire lamentele dal compagno). Ci stai? Ecco! Bravo, così! ... Alè! Si riparte..."
Passaggi come questo non sono una tantum: le prime 19 pagine sono tutte così. Speravo che lo smarrimento iniziale si esaurisse dopo le prime 3 o massimo 5 pagine, che sarebbe la lunghezza massima accettabile in cui un lettore può sostenere questo genere di "nonsense", invece la situazione si è protratta.
Come accennato e come si può notare anche dal passaggio appena riportato, la storia è composta da dialoghi che non sono accompagnati da alcuna indicazione o descrizione su quello che sta succedendo, sul numero dei personaggi sulla scena, sugli spostamenti che questi effettuano mentre parlano e non ci sono nemmeno indicazioni che permettano di capire chi sta dicendo cosa.
Non c'è né un narratore interno né uno esterno: sono i personaggi stessi a parlare e lo fanno a raffica, senza sosta, man mano che si muovono, si spostano, interagiscono tra loro o con oggetti, peccato che non potendo "vedere" né la scena né loro, non si capisca nulla.
L'autrice, volendo dare un senso tutto particolare del suo scritto (e a questo accennerò più avanti, almeno basandomi su quello che credo di aver capito), non ha pensato di dare "la vista" al lettore,, che si trova così spaesato, non ha un volto da abbinare a una voce perché spesso non capisce a chi questa appartenga.
Si trova a chiedersi spesso: dove sono i personaggi? che stanno facendo? chi è che sta parlando adesso? in quanti sono?
A volte è possibile ricostruire, anche se solo in parte, luoghi e azioni perché uno dei personaggi ne fa qualche accesso: ma non si può leggere un intero libro aspettando di capire dopo quello che abbiamo letto prima, sempre quando questo ci viene concesso perché non sempre riusciamo a decodificare quello che abbiamo letto. Un testo concepito in questo modo diventa complicato e pesante da leggere.
Queste difficoltà sono manifeste già nelle prime 19 pagine, quando ancora sulla scena ci sono soltanto due attori: immaginatevi l'effetto che si ottiene quando, più avanti, entreranno in gioco nuovi personaggi.
Tra l'altro, non c'è alcuna suddivisione in capitoli che conceda una pausa, uno stacco netto tra una sequenza e la successiva: qualora si dovesse essere costretti a interrompere momentaneamente la lettura - e mi è successo diverse volte - al momento di riprenderla si è perso completamente il filo del discorso, che già di suo è difficile da individuare.
Si fa ampio uso di modi di dire usati fuori dal loro solito contesto, citazioni buttate lì in maniera discutibile (vedi pagina 15 "Ripeto, non riesco più a seguirti. La messa è finita, andate in pace fratelli! Amen), metafore e filosofia spicciola.
A pagina 20 avviene una svolta: cambia scenario, spunta una voce narrante, la prima che si esprime in modo coerente e sensato. Questa voce anonima dura pochissimo: lascia subito spazio alla vocedi Vicky, la vittima del crimine di cui si accenna in quarta di copertina, che esprime in prima persona i suoi pensieri. E non è l'unica: dopo di lei altri personaggi prendono la parola, sempre con la caratteristica del fiume in piena, parlando direttamente o esprimendo i loro pensieri in prima persona (sta al lettore barcamenarsi per capire, ancora una volta, chi sta dicendo cosa visto che spesso non viene specificato).
Non c'è uno scambio naturale di battute, i personaggi molto spesso rispondono a domande e obiezioni che il lettore "non sente" dire agli altri interlocutori: in pratica, deve intuire da se che se un personaggio, mentre sta parlando, si interrompe o cambia discorso lo fa perché un altro sulla scena gli ha chiesto o ha fatto qualcosa. Un personaggio cede spazio a un altro solo quando l'autrice lo ritiene strettamente necessario. Ne risulta che la maggior parte delle volte intervengono nel discorso persone, con i loro ragionamenti al limite della logica, che non si sa chi siano finché la voce narrante (che ogni tanto risorge) non si decide a fare almeno i loro nomi.
Ci sono personaggi, come Tess, introdotti per pochi istanti: potevano essere interessanti eppure vengono lasciati al margine e dimenticati dopo poche pagine.
Queste scelte di stile a mio parere hanno penalizzato parecchio il testo.
Inoltre, seppure si può sorvolare su qualche errore di battitura ( schina-schiena, mogliettina-magliettinae così via) dal momento che sono banalità che ormai si riscontrano in tutti i libri, non si può fare altrettanto con errori evidenti come l'uso improprio del "piuttosto che" con la funzione della disgiuntiva "o/oppure", che ho incontrato diverse volte nel testo.
Concludendo: si capisce che l'autrice voleva creare qualcosa di innovativo, che il suo intento era quello di rappresentare un mondo scombinato, insensato, confusionario e instabile, dominato da parole e discorsi senza senso, dove persino un delitto diventa teatro di stupidità e disordine, in cui ciascuno si abbandona a congetture e commenti senza fondamenti e chi invece sa tace.
L'idea poteva essere buona, ma secondo il mio punto di vista (che cerca di mantenersi il più obiettivo possibile ma probabilmente risente comunque di un minimo di giudizio personale) è stata resa male.
L'elemento nonsense andava ridimensionato notevolmente, soprattutto quello che domina le prime 19 pagine, perché il rischio che il lettore abbandoni il libro, anziché sentirsi spronato ad andare avanti per capire dove il tutto voglia andare a parare, è molto alto.
Il non voler svelare troppo, il trattenersi su molte cose, probabilmente sono da interpretare come un espediente per lasciare al finale l'unico compito di far luce sulla vicenda: l'effetto non è riuscito, rendere "cieco" e a volte anche "sordo" il lettore non è stata una buona scelta.
La mancanza di una narrazione coerente che accompagni dialoghi e pensieri di personaggi senza un volto è un handicap. La lettura risulta pesante, stancante e lenta nonostante le discussioni si susseguano con un ritmo frenetico.

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