Il giudice Surra e altre indagini in Sicilia
Letteratura italiana
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Il giudice Surra e la mafia
Un bel regalo di Natale di Sellerio Editore, che presenta tre racconti di Andrea Camilleri “spiegati” in una lunga prefazione da Giancarlo De Cataldo. Niente Montalbano, comunque, ma tre storie scritte circa una quindicina d’anni fa: due per due antologie, “Troppi equivoci” per l’antologia “Crimini” e “Il giudice Surra” per l’antologia “Giudici”, mentre il terzo racconto , “Il medaglione”, è una storia a sé, l’unica delle tre scritta in dialetto siciliano e pubblicata nel 2005 sul Calendario dell’Arma dei Carabinieri e poi da Mondadori nello stesso anno.
Un Camilleri abilissimo, poliedrico, che ancora una volta incanta con temi narrativi diversi: lo scontro paradossale e pericoloso tra un ingenuo tecnico della società dei telefoni e una banda criminale, la denuncia di una mafia apparentemente invincibile nei primi anni di un’Italia finalmente unita, la storia amara e nostalgica di un pover’uomo solitario e disperato per la morte della moglie.
In “Troppi equivoci” Bruno Costa, tecnico di una società di telefoni, si reca per lavoro a casa di Anna Zanchi, bionda e ricca single, traduttrice. Nasce più che una simpatia reciproca, i due vanno a cena insieme: qui nasce l'inghippo, in una chiamata su un cellulare il malcapitato Bruno viene scambiato per un trafficante insolvente. Vogliono i soldi, lui si defila, loro scoprono l'indirizzo di Anna, un killer penetra nell'appartamento, lei è sola e, non sapendo rispondere, viene barbaramente uccisa. Bruno va da lei, scopre il delitto proprio mentre arriva la polizia. Accusato, riesce a discolparsi, collaborando, tramite intercettazioni telefoniche, a fare arrestare tutta la banda.
Nel secondo racconto , "Il giudice Surra", siamo nel 1862: un nuovo giudice, Surra appunto, viene mandato da Torino a Montelusa. Lui, candido e disarmante, scopre subito il malaffare. Alcuni atti processuali sono stati sottratti e consegnati ai mafiosi del posto: lui se ne accorge, riesce a riaverli, punisce il collega connivente e continua imperterrito ( o incosciente?) a resistere alle minacce della nuova mafia (in tempi passati si chiamava Fratellanza), compresi un incendio doloso e ed il recapito di una testa d'agnello impacchettata. I mafiosi abbandoneranno il campo, il nostro impavido giudice ne uscirà inconsapevolmente vincitore, dimostrando che con la pazienza e l'indifferenza la mafia può essere contrastata.
L'ultimo racconto, triste e dolente, "Il medaglione", racconta la storia di un pover'uomo, Ciccino, che non sa darsi pace dopo la morte della moglie, chiudendosi in casa, isolandosi da tutti. Ha scoperto che in un medaglione regalato alla moglie non c'è più la sua foto ma quella di un giovane. Ecco il dubbio ossessionante: Ciccino era stato in guerra ed era rientrato al paese solo nel 1947, dopo una lunga prigionia, chi poteva essere il bellimbusto nel medaglione? Il bravo maresciallo dei carabinieri del posto, mosso a pietà, risolverà il caso, con la collaborazione di un orafo compiacente, restituendo a Ciccino la serenità.
Tutto Camilleri in tre racconti riscoperti dopo anni di oblio: l'abilità di un navigato narratore di gialli complicati, il garbo e l'ironia di chi conosce le connivenze della mafia e la disperata solitudine di uomini traditi.
Spicca su tutto e tutti la singolare figura del giudice Surra, e la meditata convinzione di Camilleri : "... dunque il giudice Surra ignorò l'esistenza della Fratellanza, che già ai suoi tempi si chiamava maffia e che poi, strada facendo, perdette una effe.... agì come se non ci fosse e, così facendo, inconsapevolmente l'annullò".
Un consiglio che fa pensare e riflettere.