Il delitto di via Brera
Letteratura italiana
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La Milano di Dario Crapanzano
Il lettore compie un affascinante salto all’indietro, alla Milano del 1952, con Dario Crapanzano e il suo libro: Il delitto di via Brera. Torna Dario Crapanzano con il suo commissario Mario Arrigoni, che dopo aver risolto brillantemente il caso di via Tadino, dopo essersi districato dalle forti tentazioni delle belle signorine di Chiaravalle, eccolo alle prese con un caso difficile, ambientato in via Brera.
“Agli inizi degli anni ’50, il quartiere di via Brera si apprestava a raggiungere il culmine della sua stagione d’oro, iniziata nell’immediato dopoguerra e destinata a continuare più o meno fino alla fine degli anni ’60. Tutto era nato intorno all’Accademia, con annessa Pinacoteca, fonata dall’imperatrice Maria Teresa d’Austria nel 1776 occupando gli spazi di un vecchio convento. Inaugurata come ateneo per l’insegnamento delle Belle Arti, nel 1923, a seguito della Riforma Gentile, l’Accademia istituì al proprio interno anche il liceo artistico, destinato a diventare il più famoso e prestigioso d’Italia, mentre il corso pluriennale sulla storia dell’architettura si trasferì nel 1931 al Nuovo Politecnico di Città Studi.”
Infatti una delle particolarità accattivanti dei libri di Dario Crapanzano è proprio l’ambientazione milanese. La città è dunque un ingrediente fondamentale del testo, con le particolarità dell’epoca: la Lambretta, la Topolino, il tram, le portinaie pettegole e molto informate sui fatti. Una narrazione che fornisce atmosfera, e permette al lettore di identificarsi e riconoscere luoghi e figure. Anche se accanto ai luoghi ci sono i tempi che li modellano e li popolano di oggetti e persone. Tanto che dopo aver letto questi gialli si potrebbe organizzare una passeggiata proprio attraverso questi posti, per ricordare i loro usi e costumi di un tempo che fu: l’uomo del ghiaccio, i funerali con i cavalli, il macinino del caffè, la muschirola, una tendina che si metteva alle finestre per tenere fuori le mosche, il “prete” per scaldare il letto prima di andare a dormire, il mattone messo in forno, persino la prima BIC!
Tornando alla trama. In questo caso la protagonista è la bella Mariangela Marangon,
“così bella da lasciare di stucco. (…) Quello che più attirava l’attenzione, se possibile, era la pettinatura: lunghi capelli biondo cenere, che cadevano “a schiaffo” su metà della fronte, ad imitazione della foggia che aveva caratterizzato e reso famosa l’affascinante Veronica Lake”.
Segretaria di un noto studio pubblicitario, di buon mattino trova il suo datore di lavoro, l’architetto Osvaldo Verga, brutalmente ucciso alla sua scrivania. In passato l’anima e il cuore dello studio, negli anni muta radicalmente, tutto preso dalle donne, dal gioco d’azzardo e dalla “pelota”. Pochi sembrano stupirsi della sua morte, a cominciare dalla stessa moglie Giuliana Martinelli. Arrigoni si trova ad affrontare un caso complicato, privo di testimoni e tanto meno di prove. Ma riflettendo un po’ e con l’aiuto provvidenziale di certe donne delle pulizie e portinaie……
L’autore ama narrare, ancora una volta, i vari aspetti storici e culturali di una Milano, che sicuramente non è più. Un contorno che intriga e affascina, che rende l’investigazione piacevole, semplice e pulita, priva di inutili orpelli o fronzoli. Una scrittura e una prosa molto frizzante e scorrevole, per una bella lettura.
Indicazioni utili
Terza indagine del Commissario Arrigoni
Terza indagine del Commissario Capo del distretto milanese di Porta Venezia, Mario Arrigoni.
Milano 1952, un facoltoso imprenditore, titolare di uno studio di grafico, viene ritrovato ucciso nel suo ufficio a seguito di una colluttazione.
Il passato ed il presente del defunto sono due nebulose torbide, fatte di vizi come le scommesse sulle partite di pelota basca, macchine potenti e belle donne.
Un delitto passionale?
Una regolazione di conti?
Un debito non saldato?
Molte le ipotesi, molti i sospettati e tantissimi i moventi.
Il Commissario Arrigoni ed i suoi collaboratori del Porta Venezia, che gli appassionati come il sottoscritto hanno già potuto apprezzare nei precedenti due libri, stanno brancolando nel buio, girando attorno a losche figure ed intrecci inaspettati.
Un buon libro ma, in rapporto ai due precedenti lavori dell'autore perde un po' di smalto. Le belle descrizioni della Milano degli anni '50 questa volta sono più prolisse a scapito dell'azione e dell'indagine..le vacanze della famiglia Arrigoni ed i voli pindalici nei latinismi con il professore spasimante della nonna sono logoranti e con nessuna connessione con il resto del racconto.
Rimane comunque il fascino di un giallo ben congegnato con un ambientazione storica inusuale ma, molto affascinante.
Consiglio ai lettori di iniziare da "il giallo di via Tadino" ma, solo per aver chiari i rapporti tra i vari personaggi che affiancano Arrigoni. I libri sono autoportanti con un inizio ed una fine propri.
Buona lettura
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La bella di Chiaravalle
sempre di Carpanzano