Il cuoco dell'Alcyon
Letteratura italiana
Editore
Recensione della Redazione QLibri
C'era qualichi cosa che non gli quatrava...
Tutto ha inizio con il ritrovamento del corpo di Spagnolo Carmine, che “arrinisciuto a trasire dintra al capannone”, ha posto termine alla sua vita impiccandosi. Lo stabilimento all’interno del quale ha luogo il decesso è quello della Trincanato, “n’a fabbrica di scafi che fino a dù anni avanti era ghiuta bona” impiegando oltre duecento persone. Poi, alla morte del vecchio proprietario l’attività era passata al figlio Giovanni, il quale aveva la testa soltanto per “il joco e le fìmmine”. Il padre questo lo sapeva bene e aveva tentato di estrometterlo dalla gestione (seppur mantenendovelo nominativamente), purtroppo non riuscendovi. Ma davvero le condizioni economiche della Trincanato erano così malmesse da richiedere una chiusura immediata e improvvisa senza soluzioni di continuità e/o alcuna altra chance se non quella del licenziamento in tronco di tutti i dipendenti e del fallimento?
Il primo approccio tra Salvo Montalbano e Giogiò è tutt’altro che positivo e a complicare le cose ci si mette l’arrivo di una goletta tutta bianca “che pariva na’ navi spitali, […] longa venticinco metri e larga quasi setti”, con il nome Alcyon “scrivuto a prua”, che ben presto risulta evidente essere collegata proprio a questo imprenditore di dubbia rettitudine morale.
Tuttavia, le sorprese per Montalbano non sono ancora finite perché proprio durante lo sciorinamento delle indagini, ecco che, da ordini superiori, viene messo a riposo immediato – per “ferie accumulate” – per dieci giorni. Raggiunta Livia in Liguria, ecco che quello che sembrava essere un semplice periodo di sospensione si tramuta in ben altro: Salvo infatti apprende che il suo non è un congedo temporaneo, che i suoi uomini sono stati trasferiti di punto in bianco in vari e diversificati distretti e con varie e diversificate mansioni e che di fatto il suo commissariato è stato smontato. Ma perché? È davvero così? Che i suoi superiori abbiano studiato a tavolino un complotto per liberarsi di lui magari sfruttando una qualche sua reazione istintiva e imprudente a seguito dell’allontanamento forzato? O forse dietro la facciata c’è ben altro? Perché alla fine, se si fosse trattato davvero di una manovra a suo danno, il piano Bonetti-Alderighi non sarebbe stato reso pubblico… Cosa sta succedendo in verità? Qual è il ruolo delle picciotte? E cosa succede a bordo dell’Alcyon? E perché verso Giovanni Trincanato vengono prese delle misure così estreme?
Nato come soggetto per un film italo-americano, a cui poi è venuta a mancare la produzione e non quindi come romanzo, una decina di anni fa, “Il cuoco dell’Alcyon” vede tornare in scena il tanto – e meritato – amato Salvo Montalbano con Fazio, Augello, Catarella e tutti i membri più fidati della sua squadra per risolvere un caso tutt’altro che semplice e costruito sulla combinazione di più misteri e circostanze che vedranno la partecipazione anche di forze d’oltreoceano.
Il risultato è quello di un giallo diverso dai soliti Montalbano perché strutturato con caratteri tipicamente scenografici, e quindi non canonicamente letterari, ma che comunque conquista sin dalle prime pagine il lettore che è travolto dalle vicissitudini tanto da non riuscire a staccarsi dall’opera. È un flusso che come un campo magnetico impedisce di interrompere il leggere.
All’investigazione, inoltre, è possibile ravvisare tra le pagine anche le profonde riflessioni dell’autore che tramite i fatti narrati si interroga su quelle che sono le problematiche della società attuale, in particolare focalizzando l’attenzione su quella che è la realtà del mondo del lavoro.
Il tutto grazie ad una trama comunque solida, una penna magnetica e familiare, personaggi stratificati e l’indiscussa genialità di un Camilleri che non delude le aspettative.
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Opinioni inserite: 3
Un buonissimo libro di Montalbano
“L'ho aggiornato tutto e mi pare un buonissimo libro di Montalbano. Ecco, volevo aggiungere solo questo”. Si chiude con questa nota dell’autore l’ultimo romanzo con protagonista il celebre commissario siciliano, il primo che leggo dopo la scomparsa di Andrea Camilleri. E sembra di sentirla davvero, quell’inconfondibile voce roca, sempre venata di intelligente ironia, mentre pronuncia queste parole; ed è difficile allora trattenere la commozione.
Avevi ragione, amatissimo scrittore, è proprio un buonissimo libro di Montalbano. Dopo venticinque anni dalla prima apparizione, ci hai regalato un episodio che, per stile e contenuto, si distingue davvero da tutti gli altri della serie. Un giallo-quasi-thriller dalle sfumature di spy-story.
Nato una decina di anni fa come soggetto per un film italo-americano, il racconto non riprende i fili rimasti sospesi al termine de “Il metodo Catalanotti”, ma propone inaspettatamente un commissario più giovane ed energico. Ci eravamo abituati ormai a romanzi dal passo lento, sorretti nell’intreccio più dalle malinconie e dai dubbi del nostro protagonista che non dalle piste criminose, e ci ritroviamo invece davanti a una vera e propria avventura, dal ritmo serratissimo (soprattutto nella parte finale) e dal carattere tipicamente cinematografico. Azione, complotti, equivoci e colpi di scena si inanellano intorno alla figura dell’Alcyon, misteriosa goletta coinvolta in traffici illeciti, la cui scura ombra si staglia contro la luna in una delle immagini più suggestive e poetiche del romanzo.
Sogno o realtà? Il confine tra verità e finzione è davvero sottile ed è difficile leggere mantenendosi in equilibrio. Camilleri questa volta gioca proprio a disorientarci, sorprendendoci con trucchi, messe in scene e persino travestimenti. E se fosse tutto una suggestione? Per scoprirlo, non rimane che intraprendere questa bella lettura.
“Attraverso il binocolo taliò la luna fino a quanno non riapparse 'ntera, 'ntatta e luminosa come a prima. E fu in quel priciso 'ntifico momento che vitti stagliarisi contra la luna, come se fusse un'ombra cinisi o un effetto da ginematò, a lento a lento, prima l'àrbolo di prua, po' a picca a picca tutta 'ntera la sagoma di 'na granni navi a vela, 'na goletta”.
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Grazie, Maestro
Vigata, la cittadina nata dalla fantasia di Andrea Camilleri, si anima per la (pen)ultima volta.
Il tragico suicidio di Carmine Spagnolo, operaio della Trincanato, fabbrica di scafi del paese prossima al fallimento, cattura l'attenzione del commissario Montalbano: come è possibile che un lavoratore si sia tolto la vita dopo aver perso il proprio posto di lavoro, la fabbrica presso cui era impiegato si trovi sull'orlo di un precipizio, ma il suo proprietario, detto Giogiò, navighi nell'oro? Grazie al suo ormai proverbiale fiuto investigativo, Montalbano arriverà a collegare Giogiò ad una misteriosa imbarcazione che circa sei mesi prima era comparsa per la prima volta nel porto di Vigata...
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Un Montalbano insolito, quello che ritroviamo nel "Cuoco dell'Alcyon", che si divide tra la sua Sicilia e la Liguria dell'eterna fidanzata Livia: il ritmo narrativo, specie nella seconda metà del romanzo, si fa incalzante e serrato, come mai prima d'ora in un romanzo di Camilleri, che qui compie un'inedita (e godibilissima!) "invasione di campo" nel genere thriller; il celebre commissario di Vigata si troverà coinvolto in una delicatissima indagine internazionale, collaborerà con un agente dell'FBI, ed entrerà perfino in azione sotto copertura: un intreccio degno di una "pillicola 'mericana", per dirla come lo scrittore agrigentino.
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Leggo i romanzi di Camilleri da quando avevo tredici anni.
Con Camilleri ho imparato un dialetto che non conoscevo.
Con Camilleri ho imparato che delle nostre scelte dovremmo sempre rendere conto a noi stessi prima che a chiunque altro.
Con Camilleri ho scoperto una terra meravigliosa come la Sicilia, ricca di bellezza e contraddizioni, i cui colori, sapori e atmosfere permeano le pagine di questi libri, preziosi affreschi di vita.
Grazie di tutto, Maestro.
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Un Montalbano ringiovanito e spericolato.
Stupisce sempre Camilleri, questo grande, grandissimo uomo e scrittore. Ha sempre grandi idee, si batte sempre per grandi ideali, spera sempre, per nipoti e pronipoti, un mondo migliore, ben lontano e diverso dalle miserie dell’epoca corrente. Con “Il cuoco dell’Alcyon” ci riserva un’ennesima sorpresa. Ha riesumato da un passato non troppo lontano (dieci anni circa) il canovaccio di una sceneggiatura cinematografica (una coproduzione italo-americana, non andata a buon fine) e, aggiustandola sapientemente, ne ha ricavato un nuovo romanzo sul commissario Montalbano, il trentesimo della serie, forse uno dei migliori. Devo subito dire che si tratta di una storia avvincente, diversa dalle solite, una storia che non lascia momenti di pausa, narrata con una verve insolita e spumeggiante, piena di novità e di sorprese. Intanto c’è un viaggio di Montalbano a Boccadasse dall’eterna fidanzata Livia, un incontro, salvo qualche doveroso chiarimento, senza incomprensioni e litigi, che fa ben sperare per un sereno futuro. Non basta: il commissario viene addirittura sollevato dall’incarico, invitato a prendersi periodi di ferie e sostituito da un nuovo dirigente, il tutto senza spiegazioni e nello sconforto dei fidati collaboratori Fazio, Mimì Augello e Catarella. Ma c’è di più: arriva a Vigata addirittura un investigatore siculo-americano dell’FBI, perchè, ed ecco l’intrigo principale della vicenda, va e viene un misterioso veliero, con un altrettanto misterioso equipaggio ed occasionali ospiti internazionali ben poco raccomandabili. Va da sé che Montalbano, in congedo solo per uno stratagemma accuratamente studiato , diventa l’eroe di quello che doveva essere un film di successo, e che si è invece tradotto in un romanzo giallo da togliere il fiato. E chi sarà mai il cuoco dell’Alcyon del titolo? Non mi va di svelare troppo la trama: posso solo dire che Alcyon è il nome del fantomatico veliero battente bandiera boliviana, sede di proibitissimi incontri, e che Montalbano, truccato in modo irriconoscibile, metterà a repentaglio la sua vita in un susseguirsi mozzafiato di vicende. Poche volte, nei romanzi della serie, il bravo commissario si è esposto in modo così spavaldo a pericoli ed agguati, tanto da far pensare ad un suo improvviso ringiovanimento: in effetti la storia è stata concepita una decina d’anni fa, quando ancora il buon Salvo non sentiva le prime avvisaglie della vecchiaia e si buttava con encomiabile spirito di servizio nelle avventure più spericolate. Gli fa da spalla il fidatissimo Fazio, quasi suo alter ego oltre che confidente, il vice Mimì Augello fa la sua parte mentre Catarella si esibisce in una sincera quanto buffa serie di pianti e lamentazioni. Tutti i personaggi sono ben centrati, anche l’inviato dell’FBI che cerca di farsi capire in un surreale dialetto siciliano americanizzato. E tutto sembra rispecchiare certi aspetti di miserabili attività dei tempi nostri, anche se, come osserva Camilleri in una nota, gli affari dei boss del mondo di oggi si fanno con un “clic” e non tramite romanzeschi incontri in mezzo al mare. E vorrei anche rassicurare l’Autore su un suo dubbio: questo nuovo libro di Montalbano risente sicuramente nel bene della sua origine non letteraria.