I selvatici
Letteratura italiana
Editore
Recensione Utenti
Opinioni inserite: 2
Top 50 Opinionisti - Guarda tutte le mie opinioni
Anna in trasferta
Per Anna Melissari, la donna che parla con gli animali, si prospetta uno stimolante miglioramento di carriera: Giovanni Cantoni, il titolare dell’agenzia investigativa per cui lavora, è propenso ad assumerla in pianta stabile come membro effettivo dello staff. Inoltre, quando una vecchia amica di Cantoni, Cecilia, si rivolge a lui per chiedergli aiuto nella ricerca di Yasser (un giovane profugo siriano che lavora al rifugio che lei gestisce assieme al marito Tullio), sembra che le si prospetti l’occasione ideale per fare bella figura col capo: indagare dove i migliori testimoni sono proprio animali e piante.
Il rifugio di Cecilia, infatti, si trova sugli appennini, in mezzo ai boschi. Dà accoglienza provvisoria a molti profughi in attesa che si completi l’iter per la concessione dell’asilo politico. Yasser era uno dei ragazzi più promettenti: dopo aver passato mille traversie, era giunto al rifugio dove aveva subito cominciato ad ambientarsi. Gentile, servizievole, alacre e volonteroso, si dava continuamente da fare e stava diventando indispensabile nella conduzione dell’attività alberghiera, oltre a formarsi come abilissimo ebanista che produceva sculture e mobili di fattura mirabile. Inspiegabilmente, il giovane, da un giorno all’altro, era scomparso, senza portarsi dietro nulla, nemmeno un vestito o qualcuna delle sue opere più raffinate. Inutili si sono rivelate le ricerche degli amici nei boschi che circondano il rifugio, mentre i Carabinieri si erano subito disinteressati della faccenda perché, secondo il maresciallo, “si sa come sono fatti quelli là…”.
È l’indagine ideale per Anna: in mezzo alla natura chissà quanti animali potranno aiutarla a scoprire cos’è avvenuto di Yasser? Invece, appena arrivata in montagna la donna ha un collasso: c’è troppa natura attorno a lei. Milioni di esseri viventi le urlano in testa e lei non riesce a reggere quel micidiale frastuono; sviene in continuazione. Così quello che doveva essere un caso facile da risolvere si trasforma in una tortura per la donna e una bega difficile da sbrogliare per Cantoni che, oltre a badare che lei non si esponga troppo (con rischi per la sua salute), deve districarsi tra la diffidenza dei profughi e l’ostilità di Tullio, che reca, nei suoi confronti, un rancore antico e bruciante.
Nuova avventura per la stramba investigatrice che scuce informazioni ai più improbabili testimoni e, in teoria, nuova occasione per una lettura divertente e distensiva. Purtroppo, sin dalle prime pagine si percepisce che non c’è quel mutare di ritmo che sarebbe stato utile per ravvivare l’interesse nella serie ed evitare che scivoli verso una routinaria ripetitività delle opere precedenti.
Lo stile continua a rimanere piacevole giovandosi, come fa, del consueto linguaggio che oscilla tra il familiare e il colloquiale leggero, con le frasi che scorrono rapide sotto lo sguardo del lettore. Talora l'A si concede la licenza di accomodarsi su visioni piuttosto convenzionali e di generale accettabilità, quando l’argomento trattato scivola su questioni più serie, che meriterebbero un approfondimento più ragionato, mostrando quasi il pudore di turbare coscienze o sollevare quesiti inquietanti. Ma ciò è in linea con questa lettura che dev’essere, sostanzialmente, di svago.
Il serraglio floro-faunistico che sputa sentenze alla donna si arricchisce di nuove campioni: il riccio che pretende di essere un fine astronomo, la capretta che spera di essere rapita dagli alieni, la banda di scoiattoli taglieggiatori che pretendono il pizzo in nocciole, il cinghiale che si crede uno scoiattolo o una vacca alpina e una piantina di sedum che vorrebbe entrare in agenzia come stagista e agente sotto copertura. Insomma tutto assurdamente divertente, ma anche spudoratamente esagerato. E questo forse è il difetto più grande del romanzo. L’idea iniziale da cui è partita la serie era molto divertente: far parlare gli animali e consentire loro di giudicare in modo acuto e irriverente i nostri comportamenti – che pretenderemmo essere frutto della nostra superiore intelligenza e, invece, spesso sono solo illogici e bislacchi – è sempre una carta vincente della narrativa. Però il ricercare a ogni costo la battuta comica, la trovata paradossale inventandosi caratteri bizzarri, individui psicotici o bestie che pontificano in modo sofistico e dottorale, se non viene dosato in modo equilibrato e cauto, rischia di rendere il tutto più simile alla farsa, spogliando quelle considerazioni anche del loro nucleo serio, acutamente critico.
Poiché la vicenda è ambientata in trasferta, sono meno frequenti le presenze dei personaggi di contorno che, a volte, in passato, avevano appesantito il racconto evidenziandone ancor di più il carattere buffonesco. Però, nonostante quest’azione di snellimento la storia regge sino a un certo punto. Comprensibile, ai fini dello sviluppo del racconto, che si sia deciso di utilizzare l’escamotage di rendere Anna handicappata di fronte allo strapotere delle voci della foresta. In caso contrario l’enigma sarebbe stato risolto con una semplice passeggiata nei boschi, ma si sarebbe appiattito ogni intreccio narrativo. Purtroppo, in tal modo s’è esaltato pure la caratteristica imbranataggine della donna, il suo essere perennemente sull’orlo di una crisi di nervi, la inettitudine personale, il continuo stato di stress per i micro-guai suoi e della famiglia lontana, le sue paranoie… Insomma la si è resa ancor più ridicola e, se vogliamo, irritante. Se da un lato ciò è funzionale alla trama, dall’altro, alla lunga, stanca.
Complessivamente, però, il romanzo resta gradevole e divertente, pur essendo inferiore di qualche livello a quelli che lo hanno preceduto. Ma sul serio, adesso, c’è la necessità di un cambio di marcia per evitare che la serie si imballi in una collana ripetitiva di storie tutte cloni l’una dell’altra.
Indicazioni utili
Anna e l'astronomo
«E so che non è vero che se si vuole si può, sono l’emblema del fatto che desiderare qualcosa non basta e che alle volte semplicemente non è possibile arginare la forza di intere foreste.»
Quarto capitolo delle avventure che hanno avuto inizio con “Gli insospettabili”, che sono proseguite con “Testimone inconsapevole” e ancora con “La banda dei colpevoli” è “I selvatici” di Sarah Savioli. Ci troviamo davanti a un episodio che mette la sua protagonista Anna innanzi a una nuova ma non semplice prova: Anna Melissari, da tempo ormai nell’agenzia Cantoni, si trova a dover lavorare per la prima volta in trasferta presso un rifugio sugli Appennini.
Sono passati circa vent’anni da quando Cecilia Randi e suo marito Tullio hanno preso in gestione e poi acquistato il rifugio in Appennino. Dopo averlo sistemato lo hanno trasformato in un vero e proprio centro di accoglienza per viaggiatori di passaggio ma anche per rifugiati politici, vittime e persone in attesa di asilo. La comunità all’inizio non ha ben preso questa iniziativa, temeva dei nuovi arrivati, li guardava con pregiudizio ma poi, grazie alla coppia e a un ottimo lavoro di integrazione, ha iniziato a ricredersi. Anna e Cantoni, coadiuvati da Otto, vengono chiamati presso il rifugio perché è sparito uno dei ragazzi che vi soggiornava, Yasser detto Yassi di anni venti, siriano, da tutti benvoluto e ottimo intagliatore. Il duo arriverà presso il rifugio e Anna si renderà conto di trovarsi davanti a uno scoglio ben più grande di quel che pensava perché lei, che avrebbe potuto risolvere il caso in cinque minuti, è schiacciata dalle voci del bosco. Come isolarle? Come riuscire a parlare con gli animali e le piante distinguendo suoni e voci se questi suoni e queste voci le arrivano come un’unica massa di rumore senza filtri e distinzioni?
«E se fosse proprio questo il punto? Non sono di fronte a un’immensa orchestra come una spettatrice che non comprende la melodia e, anzi, ne è schiacciata e rigettata. Dell’orchestra ne sono parte e forse devo semplicemente smettere di fare resistenza e sciogliermi in essa trovando il mio ruolo.»
“I selvatici” di Sarah Savioli è un romanzo caratterizzato dall’immancabile stile creativo dell’autrice, una penna che sa far sorridere i suoi lettori ma anche farli riflettere. Ed è questo ciò che accade tra queste pagine. Perché tra una gag ilare e divertente si snoda un plot narrativo composto da riflessioni e voglia di sensibilizzare il lettore su una realtà attuale: l’immigrazione in tutte le sue forme e connotati ivi compresi il concetto di integrazione e inclusione, la paura del diverso e chi più ne ha più ne metta. Non mancano anche altre tematiche quali i legami umani, la famiglia, la fiducia e ovviamente non manca il giallo che incuriosisce e spinge ad andare avanti nella lettura perché il lettore, così come Anna, Cantoni e Otto, vuol ritrovare il giovane scomparso e capire cosa è davvero successo.
Una lettura adatta al periodo estivo e a tutte le stagioni è “I selvatici”, un libro che scalda il cuore. Buona lettura!
«Le pagine dei quaderni sono alla fine anche quelle della tua storia, Yasser. Una storia di crescita fatta con la copiatura fedele di pagine di libri che ti colpivano, che sentivi parlare a te e di te. Una storia prima riportata in caratteri occidentali, poi in arabo per permettere di declinarla in entrambe le tue identità e con i due mondi che ti portavi dietro.»