I cerchi nell'acqua
Letteratura italiana
Editore
Recensione della Redazione QLibri
Conti in sospeso
Tarcisio Ghezzi non si aspettava quella visita. Non si aspettava di rivederla dopo trent’anni. Lei, di professione prostituta, la Franca, era ed è la donna di Salina Pietro, il suo primo arresto, di anni trentasei all’epoca dei fatti, di mestiere ladro. È sparito. Da oltre una settimana del rapinatore si sono perse completamente le tracce. La compagna è disperata, non può che chiedere aiuto al suo “vecchio amico”. Al contempo Gregori, vicequestore, vuole capire cosa sta combinando Carella. Carella che ha oltre duecento giorni di ferie accumulate, che non ne ha mai chieste, che gli sono sempre state imposte e che sono sempre state da lui utilizzate per risolvere qualche caso in proprio, Carella che gli ha chiesto dei giorni di vacanza. Lui che chiede dei giorni per stare a casa? Questa cosa proprio non torna soprattutto se a questa atipica richiesta si aggiunge anche il fatto che è stato avvistato da dei colleghi sotto copertura in ambienti poco leciti, in atteggiamenti ancora meno che legali, a bordo di auto extralusso come Maserati, Suv e affini, con compagnie ben note della mala, in una bisca al Giambellino, e a tavoli da gioco intento a sperperare denaro. Cosa cavolo sta combinando Carella? Gregori è convinto che dietro ci sia qualcosa e chiede al sovrintendente di indagare sull’affezionato di vecchia data. Qualcuno sostiene che l’agente possa non essere così “pulito” come potevasi pensare ma Ghezzi non ha dubbi: se ha chiesto quei giorni è perché ha deciso di lavorare in proprio e deve risolvere un caso. Conoscendo però il collega, questo potrebbe essere molto più pericoloso e molto più rischioso del previsto.
E non ha torto. Perché Carella non dà retta, non sente, combatte una guerra sua, non ascolta gli altri soldati, passa in mezzo al fuoco e non si brucia perché l’obiettivo che deve raggiungere è sopra a tutto. Sono diversi, loro. Ghezzi è uno che li prende, i criminali, se c’è da prenderli. È uno che li porta dal magistrato e dopo, affari loro, ma Carella no. Carella è uno che fa la guerra. Chi cerca Carella? Cerca Alessio Vinciguerra, che è uscito dal gabbio. Grosso, biondo di un biondo bianchiccio, occhiali a goccia, la giacca di una misura inferiore alla sua, scarpe lucide. Trentanove anni. Ne aveva trentaquattro e mezzo quando è entrato, adesso però è di nuovo libero. Ed ancora lei, la Marazzini. In coma, pare per overdose da eroina. Tuttavia, la ragazza era pulita da oltre due anni. Aveva capito di aver fatto una cavolata ed era uscita dal giro. Uscita per davvero. Uscita per ricominciare e andare avanti. Qual è il suo ruolo nel caso? E perché Carella le fa visita? Che ruolo ha nelle vicende?
Con “I cerchi nell’acqua” tornano in libreria Tarcisio Ghezzi e Carella, i due poliziotti creati dalla penna di Alessandro Robecchi e che sono protagonisti, questa volta, di due racconti apparentemente spezzati fra loro, di fatto, convergenti in un centro più grande che non delude le aspettative e che anzi soddisfa i palati dei lettori. I due casi non ufficiali, intervallati con la quotidianità dell’ufficialità e della vita ordinaria degli agenti, conquistano sin dalle prime pagine e trattengono il lettore con naturalezza sino alla sua conclusione. E non puoi staccarti. Lo leggi con l’appetito di chi vuol sapere e non riesci a smettere. Quelle 394 pagine, semplicemente, le divori. Non c’è Monterossi, che assiste da lontano, incredulo e disarmato, niente Oreste, niente lustrini, niente fronzoli. Ci sono soltanto loro due, i casi da risolvere provenienti da un passato tornato presente e Milano, la mala di Scerbanenco. Ad aggiungersi a questo poliziesco ricco di colpi di scena e dai tratti del noir americano vi è la moralità e un giusto pizzico di ironia. Quest’ultima, mixata a personaggi solidi, ad una trama credibili e ad uno stile accattivante rende il titolo imperdibile.
Godibilissimo, pantagruelico, luculliano.
«Il delitto, qualunque delitto, dalle botte al furto in casa, fino all’omicidio, crea una scia di dolore che non è possibile calcolare. Il sassolino nell’acqua ferma produce un cerchio, poi un altro, poi un altro, i cerchi si allargano. Il morto è morto, cazzi suoi, ma il dolore per la sua morte si contagia come una brutta scabbia. I parenti, le mogli vedove, i mariti affranti, i figli, i genitori, gli amici. Tutti quei cerchi di privazione, di lutto, potevano essere infiniti, e chi ci restava dentro era segnato, forse per sempre. Era un’altra vittima.» p. 68
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Delitto e sofferenza
Torna Carlo Monterossi in I cerchi nell’acqua di Alessandro Robecchi, ora spettatore attonito della narrazione di una vicenda che tratta temi di grande attualità come lo spaccio di droga, la prostituzione, il riciclaggio di denaro. Un testo che ho molto ammirato per la sua intrinseca profondità di contenuto e di linguaggio, e per la sua ottima elaborazione concettuale della trama narrata.
Si respira aria di dolore, di sofferenza umana, per cui:
“Le aveva viste tante volte quelle onde di dolore, di impotenza, ogni volta che aveva avuto a che fare con una vittima. Le aveva capite… per una volta gli sembra di far parte di quei cerchi nell’acqua ferma.”
Si guarda alla realtà con una sorta di amarezza, velata dalla malinconia di chi ne ha viste troppe, e medita a lungo,
“Le luci , gli ambienti, le parole parlavano di persone sconfitte per sempre, di distanze incolmabili. La realtà bruta, non addomesticabile, niente che si possa rendere migliore con le luci giuste, la buona recitazione, o peggio, la pietà.”
Le vicende narrate in questo libro sono due, due vicende brutte, sporche che si comportano come “cerchi d’acqua” in cui si definiscono:
“Cerchi che si allargano… uno, due, tre, infiniti, a contarli”.
Coinvolti nelle indagini Tarcisio Ghezzi, un vecchio poliziotto, e Carella, un collega alquanto misterioso. Il primo,
“che sembra filosofo e cane da tartufi, monaco zen e maestro d’intuito. Aveva un torto da raddrizzare , faccende di ingiustizia mancata e di televisione. Di anni sessanta, quasi quaranta di onorato servizio, sposato con Rosa, niente figli, zero carriera, tanti chilometri per poco reddito.”
Cosa li accomuna? Qual è il loro punto di incontro?
Una lettura che affonda le radici in un passato lontano, che getta uno sguardo a novanta gradi su Milano, spaziando dalla ricca città metropolitana, dei ricchi aperitivi, alle periferie problematiche, tra alloggi sordidi, locali al limite della legalità e sfruttamento della prostituzione. Un noir di sofisticato fascino, che vede un curioso parallelo tra il delitto e la sofferenza che ne è la causa, per cui:
“Il delitto, qualunque delitto, crea una scia di dolore che non è possibile calcolare. Il sassolino nell’acqua ferma produce un cerchio, poi un altro, poi un altro e i cerchi si allargano.”
Un giallo nudo e crudo, dalle forti tonalità malinconiche, ben congegnato e ben elaborato. Ricco di colpi di scena, con personaggi magistralmente dipinti anche nella loro eccezione intima ed intimistica. Ancora una volta, com’è nello stile dell’autore, la raffigurazione di una società brutale, cruda e profondamente ingiusta, a cui si guarda con disperata pietà. Uno stile che cattura per una lettura che si rivela sin dall’inizio molto bella ed intrigante.
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Ghezzi e Carella indagano per conto proprio.
Siete stanchi e saturi della prosa sovente sgrammaticata e imperversante dei cosiddetti social, dei decreti e delle ordinanze che ci assillano, delle solite noiose comunicazioni burocratiche e di un certo giornalismo d’accatto che si insinua con titoloni perentori nella nostra quotidianità? Godetevi allora questo bel romanzo di Alessandro Robecchi e la sua scrittura elegante, forbita, priva di sbavature, ammiccante quando occorre, sempre godibile. Un’oasi di serenità, un testo da leggere magari accanto ad un caminetto, di sera, sorseggiando un buon vino d’annata e abbandonandovi alle smaliziate vicende degli ormai ben noti protagonisti dei gialli robecchiani: l’imperturbabile autore di televisione spazzatura e investigatore per caso Carlo Monterossi, la sua fidata Katrina, cuoca moldava e sopraffina nonchè severa custode del palazzo, e soprattutto i due straordinari ed originali tutori della legge Ghezzi e Carella. I due poliziotti questa volta sono gli assoluti protagonisti del romanzo, relegando Monterossi al prologo allorquando il sovrintendente Ghezzi, invitato a cena con la moglie Rosa, lo mette al corrente delle ultime vicende professionali (qui narrate: ”Che ne sa, lei, di quello che c’è là fuori, Monterossi?”). I due poliziotti operano ognuno per conto proprio. Ghezzi è alla ricerca di un detenuto dimesso dal carcere e misteriosamente scomparso: Franca, la morosa, è disperata e teme per la sorte del suo uomo. Carella invece, vecchio lupo solitario, chiede le ferie per dar la caccia con mezzi non proprio ortodossi ad un delinquente, anche lui scarcerato, ma gravato da sospetti di violenze, pestaggi ed omicidi ancora non ben chiariti. Ma Carella indaga, si cala nei panni di malavitoso, frequenta i luoghi più malfamati di una certa Milano sotterranea che si anima di notte, con bar e locali che sono solo coperture, con buttafuori nerboruti e clienti con i cellulari sui tavoli, pronti a rispondere a chiamate di servizio: locali dove non mancano boss in doppiopetto, che gestiscono affari milionari con la malavita ma che, all’occorrenza, sanno manovrare anche le graduatorie di concorsi pubblici sfruttando conoscenze ed appoggi nella Milano che conta. Le imprese di Carella trapelano in Commissariato, si teme che l’agente si adegui troppo alle circostanze in cui opera usando mezzi illegali e così il buon Ghezzi, l’amico e collega, viene incaricato di sorvegliarlo discretamente, senza dar nell’occhio. Intanto succedono altri fatti: un furto di gioielli e monete in casa di un ingegnere, il pestaggio mortale di un vecchio antiquario, un pacco di droga che scompare, un giro sospetto di prostitute… Alla fine tutti i nodi irrisolti delle indagini vengono sciolti, grazie anche alla collaborazione tra i due protagonisti che ritrovano la vecchia amicizia, sia pure con un risvolto punitivo per le iniziative poco regolamentari del sovrintendente Carella. Mai forse come in questo giallo emergono le caratteristiche, magistralmente delineate, dei due poliziotti. Ghezzi è tranquillo, metodico, rassegnato ad un tran tran lavorativo monotono, scandito da indagini di basso livello, scartoffie da consultare, ordini da eseguire tacendo. Carella è tutt’altro: il desiderio di punire i colpevoli, di fare in qualunque modo giustizia, di perseguire chi tenta di farla franca è troppo forte, a tal punto da fargli trasgredire a volte leggi e regolamenti. C’è in lui un sacro fuoco che lo divora, soprattutto quando le vittime sono deboli, indifese o ingiustamente accusate. Ed è solo, il bravo Carella: nessuno l’aspetta a casa, si svaga con passeggiate ai giardini pubblici di Milano, fra l’altro vicini alla Questura, ed accarezza l’idea di comprarsi un cane, che, si sa, è amico fedele e chiede in cambio solo qualche carezza. Ghezzi invece ha la Rosa che l’aspetta a casa: i manicaretti che gli prepara ed i pettegolezzi che gli racconta lo consolano delle beghe di una vita di lavoro routinaria. I due, a loro modo, sono diversi ma complementari, e l’amalgama che tra loro si crea è straordinaria: si cercano, collaborano, sono funzionali ed i risultati si vedono, chiari e inequivocabili. Ma quanta differenza tra il loro mondo (suggerisce Ghezzi a Monterossi durante la famosa cena) e il mondo falso e patinato raccontato in TV, dove tutto è caricatura e non si sa veramente “cosa c’è là fuori”.
E poi c’è la Milano di sempre, quella che vive di notte piena di misteri e di attività più o meno proibite, ostelli miserabili, bilocali in caseggiati anonimi dove ruotano prostitute sfruttate senza scrupoli, e quella alla luce del sole, il centro, via Farini, piazza Cavour, la Questura, la periferia con le sue cascine e via via fino a Malpensa, le pozze ed i laghi del varesotto. E’ una Milano grigia, vista con occhio malinconico e quasi senza speranza, una Milano che si consuma lentamente in una quotidianità ripetuta e disarmante.
La scrittura è incisiva, senza retorica e svolazzi. I personaggi sono sempre indovinati: manca ancora un cane per Carella, ma forse lo incontreremo nella prossima puntata.