Hanno ammazzato la Marinin
Letteratura italiana
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Viaggio in provincia
L’incipit di questo romanzo è senza dubbio accattivante, la narrazione in prima persona rende il racconto subito vivido e appassionante. Che dire della copertina? Irresistibile! Un vecchio muro giallo e scrostato, fili da bucato e…una finestra, persiane chiuse e all’ interno (ovvio!) un intricato segreto.
Le prime pagine scorrono veloci, si vuole subito entrare in contatto con il mondo della protagonista, che è quanto di più lontano da ciò che immaginiamo debba essere l’ambiente adatto ad una storia gialla (ma l’autrice ci avvisa fin dall’ inizio: “Tutti abbiamo vite banali, ma appena le si guarda da vicino sono un forziere di storie..”).
La storia si svolge tra i carrugi di Genova. In un vecchio palazzo, alla vigilia di Pasqua, viene uccisa un’anziana donna, scostante e decisamente poco amata dai vicini, che da poco era andata a vivere con la famiglia della figlia, trasferendosi dal paese: la Marinin.
Nadia Morbelli, che è poi il vero nome dell’autrice, redattrice quarantenne per una casa editrice che si occupa di ricerche storiografiche, single e dalla vita disordinata e un po’ sconclusionata (specialmente secondo i criteri della sua provinciale famiglia), è coinvolta suo malgrado nelle indagini, poiché unica presente nel condominio al momento del delitto.
Da qui partono le ricerche dell’ambiguo vicequestore dottor Prini, figura originale e interessante, dall’ aspetto grezzo e solido, ma elegante nei modi, impeccabile nel vestire, inaspettatamente colto e raffinato. La protagonista resta soggiogata dal garbato gioco di seduzione che Prini porta avanti e che si dipana lungo tutto lo svolgersi del romanzo, intervallando congetture e domande sul misterioso delitto.
Appunto…il delitto. Quasi subito ci si dimentica che scopo del romanzo (trattasi di “giallo”), dovrebbe essere quello di condurre il lettore attraverso una ricostruzione mirata dei fatti, che giunga ad aprire squarci nel mistero e farci giungere alla risoluzione del crimine. L’autrice sembra all’ improvviso ignorarlo, partendo per un percorso attraverso la vita di provincia italiana, costellata di fatti, situazioni, personaggi descritti in modo meticoloso e decisamente riuscito. Dall’ abile penna di questa giovane scrittrice, emergono ritratti indimenticabili di personaggi familiari per tutti noi, fotografati nella loro e nostra vita quotidiana, veritieri e irresistibili allo stesso tempo. L'obiettivo dell'autrice si sposta dalla città, al paese dove vive la sua famiglia, con la mamma apprensiva, impeccabile casalinga e immersa in un mondo di preconcetti mai superati, dispensatrice di infallibili consigli etici e morali, che non perdona a Nadia di svolgere un lavoro strano, che lei non riesce a classificare e descrivere e quindi non le consente di pavoneggiarsi con le sue amiche (“…almeno la Carla è professoressa di latino!”) , il papà rassegnato e paziente che si rifugia nel suo giardino, gli amici finto-intellettuali, i compaesani pettegoli e impiccioni, che sotto un leggero strato di modernità, nascondono una visione della vita legata ad atavici pregiudizi. La difficile convivenza con la comunità di immigrati slavi, arrivati ormai da tempo in paese e rimasti ai margini. Gli anziani, che trascorrono le giornate secondo un pigro copione, fatto di soste al bar e di partite alla bocciofila, mentre nulla delle vite dei notabili della piccola comunità, sfugge ai loro sguardi implacabili. E poi un universo di negozianti, commesse, camerieri, venditori, che costellano la vita cittadina di Nadia, ritratti con leggerezza e ironia.
E’ vero, dopo un po’ ci si smarrisce in questa selva di personaggi, perdendo di vista l’origine del romanzo e dimenticando che si sta comunque cercando un assassino. A me però non è dispiaciuto! Ero così presa dalle descrizioni così riuscite di amiche di famiglia, contadini arricchiti e anziane zie, da perdonare all’ autrice di averci tenuto lontani dai risultati delle indagini. Forse questo è il punto dolente. Le indagini, infatti, partite da un banale caso di rapina in casa da parte di balordi comuni, si impennano in un crescendo inverosimile di agganci con intrallazzi politici, commistioni congruppi eversivi di fanatici, traffico d’armi internazionale, rimandi alla guerra in Iugoslavia. Insomma un minestrone abbastanza incredibile e soprattutto in aspro contrasto con lo stile e le premesse del romanzo.
Magari la costruzione del giallo c’è, la struttura potrebbe anche reggere, ma perché mentre ci si intrattiene piacevolmente con vizi e idiosincrasie della provincia italiana, andare a scomodare temi così lontani e impegnativi e spingerli a forza nella trama, provocando antiestetiche protuberanze narrative e inestricabili nodi letterari?
Il romanzo è comunque piacevolissimo, davvero ben scritto, in un italiano accurato e ricco e anche se il ritmo è lento e si incaglia a volte in passaggi non necessari alla comprensione della storia, è riscattato da un lessico scelto con cura e dallo stile originale.
Astenersi giallisti incalliti!
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Talvolta è meglio non sapere
Inizio simpatico e frizzante per questo romanzo dove la protagonista Nadia Morbelli, correttrice di bozze e paleografa, viene disturbata dalla Polizia dopo un bagno ristoratore e messa al corrente della morte della Marinin. Iniziano, così, i guai...anche per i lettori!
Chi è la Marinin? Perché lo si nasconde per due capitoli ? Dopo i quali si scopre che, non solo è la vicina di casa genovese, ma, principalmente, è la madre di una compaesana del luogo di origine di Nadia e famiglia, in cui lei torna tutti i fine settimana.
Visto che la protagonista e la Marinin si conoscono da una vita, si può dare il via alla danza del gossip. Al ritmo di “lui ha detto..”, “lei ha fatto…”, “ma erano altri tempi…” etc. si svia l’attenzione dall’omicidio e la si accentra su tutta una serie di aneddoti, più o meno storici, come la guerra della ex Jugoslavia e la vita contadina post-seconda guerra mondiale, che lambiscono svariati argomenti senza mai approfondirne nessuno. La storia rallenta all’inverosimile, farcita da fatti privi di interesse e da una miriade di personaggi inutili, tutti poco caratterizzati, che appiano e scompaiono, incasinando la vita del povero lettore alla ricerca dell’omicida.
Se si esclude qualche battuta comica e qualche personaggio ben delineato, la parte più interessante del romanzo è la copertina, spiritosa e inequivocabilmente gialla!
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Un romanzo leggero leggero (quasi impalpabile)
Nadia Morbelli all'esordio con questo libro, presentato come un giallo tutto italiano ma che si tinge, inesorabilmente, di rosa.
Il romanzo a mio avviso risulta molto pasticciato pieno di appigli che purtroppo non portano da nessuna parte. L'omicidio della vicina di casa di Nadia la indurrà, non certo suo malgrado, a fare l'investigatrice in gonnella pur essendo una paleografa che lavora in una piccola casa editrice di Genova.
Le indagini portano a parlare e discorrere frettolosamente della guerra nell'ex Jugoslavia con relativi traffici di armi tra l' Italia e questa nazione, tanti pettegolezzi di ciarliere anziane/i di paese, amori non corrisposti e tanti tradimenti. Il tutto corredato da aperitivi, cene e pranzi con amici e parenti. Shopping sfrenato al femminile e tanta ironia nel linguaggio fresco, moderno e con molte simpatiche battute che fanno sorridere e ci allietano.
A mio avviso il vero nocciolo del libro non è l'omicidio, preso a pretesto, ma raccontare dei caratteri, dei vizi e delle virtù, pene e colpe dei vari personaggi che vanno e vengono nel romanzo.
Ben lungi dall'essere un vero giallo, se ne discosta ampiamente, e purtroppo risulta anche un po' ingarbugliato e confusionario, senza un vero fine.
Bisogna leggerlo solo se si necessita di qualcosa di leggero che ci faccia sorridere un po' in un periodo di stanca o se si ha voglia di relax senza troppo pensare.
Un acquisto sbagliato, pensavo che fosse meglio articolato nel suo insieme, almeno per quando mi induceva a pensare la quarta di copertina.
La riflessione che mi porta la conclusione di questa lettura è.....perché tutti indistintamente hanno la necessità di scrivere un libro? Lo si deve fare necessariamente anche quando non si ha nulla da dire? Non condivido assolutamente questa nuova moda che ci opprime, soprattutto, in questo ultimo decennio. Ma gli scrittori con la s maiuscola non dovevano essere quelli che avevano qualcosa da dire e il loro scritto tramandato hai posteri? Scrivere un libro non è lasciare qualcosa a qualcuno per condividerne i pensieri e le passioni, i dolori e le gioie? Non ci dovrebbe far riflettere? Forse esagero, forse sbaglio io che sono all'antica e con una forma mentis letteraria.
Lo volevo salvare fino alla fine questo romanzo ma purtroppo, al di là di simpatie verso la protagonista ed uno stile carino, non c'è proprio nulla, leggero leggero quasi impalpabile!
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Chi sarà mai la Marinin?
Mi ha attratto soprattutto per il titolo. A spingermi nell'acquisto è stata la curiosità di sapere chi fosse la "Marinin". Spesso mi capita di scegliere una lettura partendo dalla prima impressione: se il titolo è accattivante, anche il contenuto non è malvagio. Non sempre va bene, ma questa volta non ho sbagliato!
Belle le ambientazioni e interessante l'idea di raccontare la storia come se fosse un'esperienza vissuta in prima persona dall'autrice, contornata da personaggi singolari.
Da leggere!