Gli occhi di Sara Gli occhi di Sara

Gli occhi di Sara

Letteratura italiana

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A volte un incontro inatteso spalanca le porte del passato. Succede a Sara mentre sta lottando per salvare la vita del piccolo Massimiliano, il nipotino colpito da una grave malattia. Due occhi riappaiono dalla nebbia di giorni lontani, Sara li conosce bene. Sono gli stessi che tanti anni prima aveva cercato in ogni modo di dimenticare. La donna invisibile è catapultata indietro nel tempo: Napoli, 1990. È caduto il muro di Berlino, gli stati satelliti dell'URSS sono in crisi e in Italia sono esplosi i movimenti studenteschi. Il mondo di prima si sta sgretolando, ma i preparativi fervono e la città si veste a festa per la visita di Papa Giovanni Paolo II. Sara Morozzi, detta Mora, è membro attivo della più segreta unità dei Servizi. A lei e a Bionda, la collega Teresa Pandolfi, viene affidata la missione più importante e delicata della loro carriera. Proprio in quei giorni, Sara incrocia quello sguardo. Occhi a cui è impossibile restare indifferenti. Così, mentre il tempo scorre all'indietro, la Sara di oggi deve fare i conti con le passioni e i tradimenti di ieri. In un intreccio che si dipana al pari di un perfetto meccanismo a orologeria, Maurizio de Giovanni scava tra le pieghe della nostra Storia recente e racconta gli inconfessabili segreti di Sara, come non l'abbiamo mai vista. Perché, per la prima volta, gli occhi della donna impenetrabile tradiscono un dolore misterioso e svelano la sua più sincera umanità.



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Gli occhi di Sara 2024-02-14 19:15:24 Pelizzari
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Pelizzari Opinione inserita da Pelizzari    14 Febbraio, 2024
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Occhi osservatori

I suoi occhi sono due lune che hanno un colore indefinibile tra il verde e l’azzurro, sono come due pezzi di vetro screziato. Capaci di cogliere ogni sfumatura di ogni minimo gesto. E’ un dono quello di Sara. Perché riesce a vedere l’invisibile e ad essere invisibile lei stessa, nel suo impenetrabile silenzio di osservatrice. Con il trio di detective tanto improbabile quanto formidabile che si è costruita affronta una caccia all’uomo che può salvare la vita al suo nipotino e che si rivela essere un vaso di Pandora del suo passato. Ad ogni episodio di questa serie di gialli facciamo un passo in avanti nel conoscere lei e la sua personalità. Ed un passo indietro nello scavare nel suo passato. Lo stile descrittivo dell’autore è sempre accattivante, ammaliante, magico. Nella scrittura e nelle atmosfere che riesce a creare: ti fa sentire calore nelle pagine.

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Gli occhi di Sara 2021-10-07 12:10:30 lapis
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lapis Opinione inserita da lapis    07 Ottobre, 2021
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Il destino si scrive al contrario

Lungi da me, semplice lettrice dilettante, pretendere di conoscere le ragioni e i processi mentali di un abilissimo narratore quale Maurizio De Giovanni, ma non posso fare a meno di pensare che, dopo un certo numero di personaggi amatissimi dal pubblico e incredibili successi editoriali, l’autore partenopeo abbia voluto rinnovarsi, cimentandosi in una vera e propria sfida letteraria: creare un protagonista per sottrazione, rimuovendo tutto ciò che permette di instaurare un legame immediato con il lettore.

Ecco così Sara Morozzi, agente dei Servizi Segreti in pensione, che, per natura e professione, è diventata maestra nell’arte di scomparire sullo sfondo, di rendersi invisibile, per essere libera di osservare e comprendere ciò che la circonda. Il suo colore è il grigio, simboleggiato dai capelli che non tinge per amor di sincerità. La sua voce è un impenetrabile silenzio. Le sue emozioni sono abilmente celate dietro una cortina di sicurezza e infrangibilità, e non vengono svelate mai, nemmeno al lettore, che è chiamato sempre a intuire tra i non detti.

In questo quarto episodio della serie a lei dedicata, Maurizio De Giovanni mette la sua protagonista di fronte a un immenso dolore, la malattia dell’amato nipotino, colpito da un tumore incurabile. Mentre la mamma Viola si consuma dalla disperazione e l’amico Pardo si rifiuta di accettare la realtà, Sara si trincera nel suo silenzio di osservatrice. Ancora una volta, però, sarà una sua intuizione ad accendere un bagliore di speranza, conducendoli alla ricerca di un medico russo che potrebbe salvare il piccolo Massimiliano. Sarà una strada da percorrere al contrario, verso il passato, e che ci catapulterà nel clima sociopolitico del 1990 per riportare alla luce una verità che continua a sanguinare, ieri come oggi.

“È il futuro che è scritto e pianificato dagli eventi del passato. Il destino esiste, ma all'indietro”.

La trama si sviluppa dunque su più piani narrativi, raccontando un presente che cerca nel passato e un passato che torna con i suoi effetti sul presente, senza perdere mai ritmo e attrattiva. È però davvero difficile affezionarsi a questa protagonista dura, capace di abbandonare un figlio per inseguire la verità di un grande amore, e riconoscersi nella sua glaciale imperturbabilità. Sarebbe proprio questa la sfida, farcela amare. Nel mio caso, non è stato così e quest’assenza di empatia ha sicuramente influito sulla mia soddisfazione complessiva. Purtroppo, mi è parso che anche altri elementi narrativi siano stati vittima dello stesso processo di sottrazione: l’ambientazione, l’approfondimento emotivo dei personaggi a contorno, l’originalità dello sviluppo della storia che prende invece sempre la via più prevedibile.
Troppi meno, almeno per me.

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Gli occhi di Sara 2021-07-15 13:21:19 Mian88
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Mian88 Opinione inserita da Mian88    15 Luglio, 2021
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Alla ricerca di Popov

«Il dolore, disse fra sé la dona alla finestra, quando è immagine non si condivide. Che sciocchezza illudersi di trovare conforto nella compagnia, che idiozia il detto “mal comune, mezzo gaudio”.»

Nuovo capitolo dedicato alle avventure di Sara Morozzi è “Gli occhi di Sara”, opera classe 2021 che riprende le fila dal punto in cui si erano concluse le vicende in “Una lettera per Sara” e più precisamente porta il lettore a scontrarsi con la malattia del piccolo nipote della protagonista che in queste pagine appare in fin di vita a causa di un tumore di ben dieci centimetri per sei che il suo corpo da dodici chili e ottantaquattro centimetri in alcun modo può vincere.
Al contempo, nel mentre che Sara e Pardo, all’insaputa all’inizio di Viola, cercano in un medico russo la speranza di quell’intervento risolutore che lui e lui soltanto è in grado di porre in essere in quanto alcun altro mai si arrischierebbe a prendere in carico un bambino così piccolo e con una situazione così disperata al punto da considerarne già scritte le sorti, torniamo indietro nel tempo ed esattamente torniamo al 1990 dove un gruppo di studenti fuorisede di origine rumena e dell’est Europa assiste agli sconvolgimenti dettati dalla caduta del comunismo e da un clima sempre più complesso e difficoltoso per gli anni che furono. Come possono assistere in silenzio a quello che sta accadendo? Come possono tollerare le sorti dei loro stessi cari vittime di quel sistema ora volto a condannarli senza remore?
Presente e passato si coniugheranno tra loro; le storie dell’oggi, cioè, troveranno un collegamento con quelle dello ieri sino a far congiungere i vari tasselli e sino quindi a ricomporre quel puzzle più grande ideato dalla penna di De Giovanni.
Il titolo si legge con grande rapidità, è uno scritto leggero ma piacevole, che non si prefigge di essere indimenticabile. Durante lo scorrimento il lettore riesce a più riprese a intuire come si svilupperanno le vicende e dove le medesime ci porteranno, riesce in più occasioni ad anticipare i fatti e al contempo si aspetta quel finale che diverso non poteva essere. Perde di ritmo e rischia a più riprese di diventare farraginosa proprio per questo. Si aspetta, ancora, un nuovo capitolo della serie e per quanto possa aver preferito “Gli occhi di Sara” al precedente “Una lettera per Sara” fatica a restarne completamente convinto perché allo scritto manca quel quid in più tale da renderlo veramente coinvolgente e appagante. La lettura scorre, fluida e rapida ma non entusiasma. È fiacca, supponibile, prevedibile.

«Il destino magari esiste: ma si scrive all’indietro.»

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Consigliato a chi ama lo scrittore e già conosce di questa serie.
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Gli occhi di Sara 2021-05-12 10:51:08 Bruno Izzo
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Bruno Izzo Opinione inserita da Bruno Izzo    12 Mag, 2021
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Occhi di ragazza

Sara Morozzi, ex agente dei servizi segreti italiani ormai in pensione ed avanti negli anni, oggi con tutta evidenza una comune signora dai capelli grigi raccolti in una crocchia sulla nuca, tacchi bassi, dismessa e senza trucco, cela a chiunque lo ignori un passato come effettivo di polizia, impiegata in una struttura investigativa insolita e di particolare valore ed importanza.
Soprattutto per indole e per le sue mirabili capacità naturali, ha rappresentato per anni l’autentico fiore all’occhiello della segretissima unità di analisi ed intercettazione ambientale.
Una struttura dello Stato in qualche modo legittima e legittimata dai vertici più elevati dello Stato stesso, e però anche celata ai più, certamente del tutto ignota tanto ai media che ai comuni cittadini,
in virtù di supremi interessi collettivi nazionali e internazionali, che ne giustificano necessariamente la massima secretazione, sia dell’identità degli agenti che della natura delle operazioni condotte.
Sara Morozzi è anche l’ultimo riuscito personaggio scaturito dalla fertile fantasia di Maurizio De Giovanni, scrittore che oramai non ha più bisogno di presentazioni di sorta, dato il livello di popolarità raggiunto con i romanzi precedenti.
Non c’è chi non conosce, finanche per sentito dire, per merito anche di seguitissime fiction televisive, il commissario Luigi Alfredo Ricciardi, funzionario di polizia in servizio presso la Regia Questura di Napoli all’epoca del ventennio fascista; o i Bastardi di Pizzofalcone, una sorta di eterogenea quanto efficientissima Armata Brancaleone di agenti di polizia in organico nel centro storico del capoluogo campano; o infine l’incredibile giovane assistente sociale Gelsomina Settembre, un misto di sacro e profano, una serissima e capace operatrice intenta a ricucire efficacemente gli strappi del degrado sociale nei quartieri più popolari e disastrati della sua città, nel mentre si barcamena in modo sottilmente umoristico con il proprio complesso privato sentimentale, marcato da un florido quanto imbarazzante decolleté generosamente fornitele da madre Natura.
Tuttavia, a differenza dei precedenti, l’ex effettivo dei servizi Sara Morozzi possiede un che di caratteristico, direi che è un personaggio più introverso, più chiuso, più riservato, ancora sfumato, misterioso come il suo ruolo impone, e non è ancora, malgrado questo sia il quarto volume della serie, un personaggio completamente noto e amato con la stessa intensità dei precedenti che abbiamo citato dall’esercito dei fan di De Giovanni.
Sembra un personaggio ancora agli albori della sua comparsa, grezzo, appare discosto e distante, non ben rifinito completamente, quasi che lo scrittore faticasse a dargli una precisa connotazione ben definita.
Intendiamoci, non è un personaggio serioso o pesante, tutt’altro; presenta anche dei risvolti umoristici, qui il lato sorridente delle storie di de Giovanni, che per esempio in Ricciardi si esplica nei duetti Maione-Bambinella o Ricciardi-Modo, e nei “bastardi” con le tragicomiche vicende sentimentali del presuntuoso quanto ingenuo agente Aragona, qui vede protagonista assoluto, deputato a stemperare nel sorriso la tensione narrativa, uno splendido esemplare di Bovaro del Bernese. Invece, contrariamente a quello che si crede, Sara Morozzi è il personaggio forse meglio rifinito e caratterizzato, il più difficile, quello che ha rappresentato il vero banco di prova, brillantemente superato, quello che certifica la piena maturità come affabulatore di Maurizio De Giovanni, la prova provata del suo acume, della sua intelligenza, soprattutto della sua profondità di analisi dell’animo umano, unita ad una indubbia valenza di scrittura avvincente e coinvolgente, tanto semplice quanto elaborata ad un tempo.
Maurizio De Giovanni ha creato dal nulla un personaggio nullo nell’aspetto, insignificante nell’apparire, silenzioso nel suo agire, e di questa scarsità e limitatezza è stato tanto abile da farne realtà, di scriverne pagine e pagine, delineando storie, ambienti, e protagonisti, e sempre gli stessi raccontati anche a distanza di decenni, con luoghi identici dagli scenari mutati, con una capacità ed un talento incredibile.
Ha delineato magistralmente sentimenti ed emozioni della sua eroina, mostrati in difetto ed in carenza, nascosti, celati come un buon agente segreto deve saper fare, un perfetto agente sotto copertura nulla ha a che fare infatti nella realtà con un appariscente James Bond con Aston Martin super accessoriata e Martini agitato e non mescolato, piuttosto è completamente credibile, verosimile e reale con abiti fuori moda, passo strascicato, aspetto banale e insignificante.
Un personaggio grigio, insipido, banale, appare così perché così vuole apparire, così deve essere, solo così è funzionale al suo ruolo.
Di questo grigio, di tale materiale insipido e banale, scialbo e insulso, De Giovanni ha fatto avventure, tragedie, tensioni, legami affettivi e cronache di vita reale.
Ne ha tratto materiale per questo bel romanzo, dove ci racconta di ospedali pediatrici e di malattie senza scampo, della caduta del Muro di Berlino e del regime di Ceausescu in Romania negli anni Novanta, della vita, dei sogni, delle ambizioni e anche della disperazione di giovani stranieri in città per frequentare l’università, descrive la contemporanea visita a Napoli dell’allora Papa Giovanni Paolo II. Intanto che la storia si dirama avanti e indietro nel tempo su fatti e scenari lontani tra loro trent’anni, delineando l’intreccio inestricabile e talora beffardo, ma terribilmente reale, tra i destini di tutti quanti i coinvolti, De Giovanni unisce la vita privata e professionale della sua protagonista, perché è vero, è così, nella realtà pubblico e privato di ognuno sono avvinti e si influenzano a vicenda.
Pertanto, l’autore ci conduce con delicatezza e discrezione a visitare il cuore ed i sentimenti di una donna che lascia il marito e l’adorato figlio per amore, compie una scelta sentimentale radicale e definitiva come solo una donna sa fare, relativamente anche ai tempi retrogradi in cui compie la sua scelta. Lo scrittore napoletano ci strazia l’anima raccontando cosa significhi la perdita sia del compagno sia del figlio adorato, ci commuove raccontandoci cosa significherebbe perdere anche l’adorato nipotino di pochi anni afflitto da un male incurabile, ci intenerisce facendoci assistere alla speranzosa tenacia, di quanto è disposta a fare una compagna, una madre, una nonna, una donna, qualunque donna per evitare un simile tormento incancellabile, senza arrendersi mai:
“…sapete perché sbagliate? Perché lo avete già seppellito, a vostro figlio.”
Maurizio de Giovanni si è messo in ascolto del cuore di una sua creatura, Sara, un personaggio dal nome biblico che cela in sé un libro sacro di emozioni e sentimenti, una bibbia intera, segreta, recondita, confidenziale, un testo elevato spiritualmente, e Sara lo ha ricambiato sussurrandogli all’orecchio con voce sommessa, quelle emozioni, quei sentimenti, quelle storie intense e dismesse ad un tempo, che poi lo scrittore ha riversato abilmente su carta da par suo.
Se Sara Morozzi si presenta ancora particolarmente impenetrabile a qualche lettore, è perché l’invisibilità del personaggio è voluto, è il suo abito mentale per definizione.
Nel pieno della sua attività, l’agente era predisposta mentalmente e fisicamente ad essere invisibile, il suo compito era essenzialmente, e solo quello, di raccogliere informazioni.
Per farlo, ascoltava; e per ascoltare bene, devi scomparire, tutto te stesso ascolta, devi annullarti completamente nell’ascoltare, sia che esplichi l’ascolto vedendo e rivedendo più volte i filmati raccolti dalla sorveglianza, sia ascoltando le registrazioni audio, sia soprattutto direttamente sul campo. L’agire in prima persona richiede che sparisci, che passi letteralmente inosservata, che ti mimetizzi perfettamente nell’ambiente, che ne diventi struttura portante e dismessa, un contorno malamente definibile, un’ombra, uno spirito, comunque una essenza che anche se avvertita tanto è banale, di nessun rilievo che tende ad essere automaticamente disconosciuta, accantonata istintivamente come di nessuna importanza. Non si vede, non viene vista pure distante pochi passi.
Sara Morozzi non sente e non vede, si badi bene: lei osserva ed ascolta, il che è una cosa del tutto differente.
La Morozzi non usa vista e udito, occhi e orecchi sono solo strumenti: lei ascolta e osserva, il che significa compenetrare l’oggetto o il soggetto di sorveglianza.
Sara sente con l’orecchio non i suoni, ma le sinfonie della verità o le note stonate della menzogna; osserva con occhi chiari, occhi di ragazza, acuti e profondi che scandagliano oltre qualsiasi schermo o apparenza posticcia a captare il reale.
L’agente segue il labiale, il linguaggio del corpo, la mimica, le espressioni, la postura, i tic ed i movimenti inconsulti ed involontari; si concentra sul sorvegliato non come una sorvegliante, semplicemente diviene l’aura di quello. Il corpo parla, Sara si sostituisce alla sua anima, e ascolta:
“La naturale propensione, affinata con studi e ricerche, a riconoscere pensieri ed emozioni nascoste dietro parole od atteggiamenti che ostentavano sicurezza, le faceva vedere la gente per com’era in realtà: e la realtà era sempre meno splendente dell’apparenza”.
Non ascolta quello che si aspetta di sentire, o che si immagina che sentirà: raccoglie semplicemente quello che dice. L’agente si concentra quasi andasse in trance, fissa lo sguardo vacuo nel vuoto concentrata completamente dall’ascolto totale, al punto da far sospettare a qualcuno che la donna sia in qualche modo afflitta da autismo, si insinua in ogni fibra intellettiva, in ogni sinapsi, in ogni connessione neuronale di chi ha di fronte rilevando le modifiche esterne involontarie quanto veritiere, impossibili da mistificare. E poi restituisce la realtà dei fatti.
“…l’irritazione si traduceva in broncio e sopracciglia corrugate, le grandi pupille nere emettevano lampi; la tenerezza faceva sporgere le labbra carnose, mentre la testa si inclinava; il divertimento le stirava le guance…”
In estrema sintesi, come Ricciardi, Sara Morozzi è un personaggio estremamente sensibile, “ascolta”, ma lo fa ancora meglio, De Giovanni questo suo “fatto” glielo fa fare veramente bene, magari proprio in virtù dell’ esperienza compiuta con il “fatto” del suo trascorso personaggio
Semplicemente, Sara ha imparato, e nella sua città è un “fatto” particolarmente comune, che la gente non comunica solo parlando, ma gesticolando, accompagnandosi con ben altro che le sole parole, utilizzando tutto il corpo; di questo ascolto ne ha fatto un’arte.
È un ascolto che riferisce anche i sentimenti più profondi ed intrinseci, quelli che per esempio lampeggiano all’incrociarsi degli sguardi di due giovani, che si cercano come una calamita; se ne può accorgere anche un terzo, una brava persona che di Sara è innamorato, che sa leggere negli occhi chiari della ragazza, e viene perciò colto, che so, da un moto di gelosia, per esempio.
De Giovanni tutto questo lo “ascolta”, lo scrive e ce lo racconta chiaro.

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Gli occhi di Sara 2021-04-18 09:00:01 ornella donna
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ornella donna Opinione inserita da ornella donna    18 Aprile, 2021
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Un dolore immenso

Maurizio De Giovanni fornisce al lettore più affezionato un’altra avventura di una sua felice creatura di carta: Sara Morozzi , intitolandola Gli occhi di Sara. Un giallo di classe, ben scritto e colto, ma, a mio modesto parere, privo di quel distinguo che invece caratterizza la produzione narrativa precedente dell’autore.
Come sono gli occhi di Sara e perché attraggono irrimediabilmente?
“Erano azzurri con una sfumatura di verde, limpidi e chiari e tuttavia ingannevoli e profondi. Avevano qualcosa di ipnotico, di attraente e insieme di respingente. “
Da quegli scaturiva uno sguardo. Uno sguardo per cui:
“Il resto rimaneva congelato in quello sguardo ch squarciava tempo e spazio. “
In questo caso Sara è preda della disperazione più nera: il suo nipotino sta morendo, affetto da un tumore irreversibile. Si può tentare il tutto per tutto, ma solo un uomo è in grado di operarlo, superando i rischi annessi e connessi. Ma lei quell’uomo lo conosce già, e proviene da un passato che non perdona. La sorte del piccolo Massimiliaano è così già segnata? Per colpe non sue?
Maurizio De Giovanni,
“Scava tra le pieghe della nostra Storia recente e racconta gli inconfessabili segreti di Sara, come non l’abbiamo mai vista. Perché, per la prima volta, gli occhi della donna impenetrabile tradiscono un dolore misterioso e svelano la sua più sincera umanità.”
Bella, come sempre, è l’immagine di questa donna che riesce a rendersi invisibile, ma al contempo ben presente in modo profondo. La disperazione, il dolore che si respira colpisce con rara maestria. Ciò che non mi ha convinto è una sorta di appiattimento generale del narrato, dove si comprende molto presto il proseguo. Per il resto una lettura di pregio, un narrato profondo e preciso. A parte il dolore reso con rara maestria, nulla di più. Peccato.

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