Giallo sulla Riviera del Corallo
Letteratura italiana
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Il tenente gioca su tre tavoli
Un sacerdote accoltellato dentro il confessionale della sua chiesa a Roma. Una donna “accidentalmente” precipitata da un balcone di Cagliari, tirandosi dietro, però, l’orologio di chi ne ha favorito la caduta. Un’altra donna folgorata dall’asciugacapelli in un bagno di Alghero. Cosa accomuna le tre misteriose morti? È questo il problema che deve risolvere il tenente Roversi che si trova davanti a un intricato dilemma, visto che gli unici individui che avevano un reale movente per gli omicidi erano lontani centinaia di chilometri dal luogo dei delitti. Infatti il delinquente che il prete voleva denunciare era in tournée a Sassari con la sua band; il marito infedele che voleva ereditare dalla ricca moglie si trovava in crociera con l’amante e il nipote dissoluto che temeva di rimanere senza le laute prebende della zia era in carcere per ubriachezza molesta ad Ajaccio. Ma allora chi ha commesso i reati, visto che non ci sono dubbi che tutti e tre sono omicidi premeditati?
Nel frattempo a Villa Flora i componenti della famiglia Gualandi si trovano alle prese con due problemi non secondari, almeno per loro: Margherita, sorella di don Luigi, avrebbe riallacciato la relazione con un poco di buono di cui s’era infatuata da ragazza, ma lui vuole solo i soldi della donna. Poi c’è una martora impagliata, donata da uno zio di Donna Brunilde, che misteriosamente scompare, ma che tutti (per diversi fini) vorrebbero ritrovare.
Nuova avventura per il carabiniere bolognese trapiantato in Sardegna con i consueti tre enigmi polizieschi (uno grave, col morto, e due più lievi, di cui sorridere) per i quali si deve trovare il bandolo dell’intricata matassa. L’idea ha funzionato bene per i primi romanzi, purtroppo, però, la formula ormai mostra tutta la sua fragilità e si fa fatica ad arrivare alla fine della lettura senza inanellare troppi sbadigli.
La vicenda principale, che cerca di rielaborare l’eccellente trama di uno dei più riusciti romanzi della Highsmith (“L’altro uomo/Stangers on a train”) aggiungendovi ulteriori, esagerate, complicazioni e intrighi non convince molto e, soprattutto, non avvince più di tanto, anche perché non ci si mette molto a capire quale debba essere l’esito finale delle indagini. Il fatto stesso che l’A., già dopo pochi capitoli, anticipi quella che dovrebbe essere la soluzione del caso, spoilerando sé stesso, testimonia quanto poco la trama sia carica di misteri e interrogativi. Ma anche i casi minori sono piuttosto banali e poco avvincenti. Insomma il lettore arriva prima alle conclusioni di quanto ci riescano i protagonisti che annaspano più del dovuto.
Per altri versi, quello che era il principale interesse di queste storie “vintage” (la rievocazione nostalgica dei nostri anni ’60, epoca d’oro di spensierati ricordi) ormai ha ben poco da aggiungere a quanto già scritto in precedenza. L’A. è davvero molto meticoloso quando ci ricorda le canzoni, i balli, le abitudini italiane di quel periodo. Addirittura ho trovato quelle che potrebbero essere definite pubblicità occulte di prodotti che andavano di moda allora (ma che spesso esistono anche oggi). Dunque l’ambientazione è perfetta, quasi pedante, ma, ormai, sembra avere solo un valore documentaristico, senza più molto coinvolgimento emotivo. Insomma, ben presto subentra la noia e non è rado che si sorvolino alcuni periodi, certe descrizioni che non aggiungono nulla al racconto, se non parole superflue.
A reggere l’interesse del lettore rimane solo la blanda curiosità per le vicende personali del tenente Roversi e dei personaggi che gravitano attorno alla famiglia Gualandi. Un po’ come avviene per certe soap opere, che si sbirciano solo per scoprire chi sposerà chi.
Insomma, per concludere, le avventure sassaresi ormai faticano a divertire sia pure al livello di lettura distensiva, anche se, obiettivamente, restano una lettura innocua, senza infamia e senza lode da affrontare giusto se non si sa come occupare altrimenti il proprio tempo.
Avrei ancora un libro della serie in lista d’attesa, ma, sinceramente, per ora, non bramo dalla voglia di aprirlo…
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