Fuori da un evidente destino
Letteratura italiana
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Opinioni inserite: 8
Eterocromia alla David Bowie
Il terzo romanzo di Faletti è, nel titolo e nei fatti, “Fuori da un evidente destino”. Di riuscita. Di continuità rispetto al successo che il pubblico gli ha accordato.
In poche parole, il tema del romanzo può essere riassunto nel non banale principio secondo il quale, talvolta, il passato è il posto più difficile ove ritornare.
Per argomentare questo principio intuitivo, Faletti confeziona un tomo di oltre cinquecento pagine, illudendo il lettore che i misteri narrati possano essere ricondotti alla logica umana.
Jim Mackenzie è pilota di elicotteri: affascinante, caratterizzato da eterocromia (ha un occhio nero e uno verde), è di sangue misto: metà pellerossa, metà caucasico. Le caratteristiche fisiche, di meticcio eterocromatico, sono ovviamente la rappresentazione esteriore di un psicologia divisa e conflittuale (“Ho visto e sofferto la menzogna a sufficienza per non saper riconoscere la verità”).
Jim impara a proprie spese l’elementare verità sul passato quando, dopo parecchi anni, torna nella città (Flagstaff, Arizona) ai margini della riserva Navajo in cui ha trascorso l'adolescenza e da cui ha sempre desiderato fuggire.
Non appena Jim raggiunge il paese natale, si verifica una prima morte misteriosa, alla quale ne seguiranno altre: tutte inspiegabili, apparentemente senza movente, e soprattutto eseguite in modo atroce: i cadaveri hanno le ossa frantumate, particolare che ne rende irriconoscibili i tratti del viso.
Accanto al thriller, scorrono sentimenti e storie dei fantasmi del passato: Jim era partito lasciando alle sue spalle il risentimento della sua ragazza e del suo miglior amico. Alan lo aveva scoperto uscire da un motel con la sua bellissima fidanzata, mentre April, la ragazza di Jim, era incinta.
Dopo dieci anni (“E’ vero, le persone non cambiano, ma possono ritrovarsi”), Jim ritrova Alan, reduce di guerra, alle prese con arti artificiali per aver subito l’amputazione delle gambe; la bella traditrice, Swan, è diventata un’attrice famosa; April è una coraggiosa giornalista …
L’aspetto più interessante del romanzo? A parer mio, il fascino etnico di una civiltà perduta e il tentativo di riscoprire alcune tradizioni indiane.
Al di là di questo nobile esperimento, l’eccessiva e manichea contrapposizione tra buoni e cattivi, ereditata dalla cinematografia western, e il trionfo dell’irrazionale nella soluzione del mistero sono elementi che lasciano il sapore dello scontato e dell’irrisolto. Di fronte a questa constatazione, Faletti sembra pronunciare a se stesso: “Ma il coraggio è anche questo. La consapevolezza che l'insuccesso fosse comunque il frutto di un tentativo. Che talvolta è meglio perdersi sulla strada di un viaggio impossibile che non partire mai.”
Bruno Elpis
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La regola dell'altrove
C'è una grande atmosfera western in queste pagine. Il protagonista è un uomo nato da padre bianco e da madre appartenente all'etnia degli Indiani d'America, quindi un uomo né bianco né rosso, tra l'altro con l'occhio sinistro nero e l'occhio destro verde azzurro. Un uomo per il quale l'unica regola valida è quella dell'altrove, espressione che è una splendida sintesi della sua inquietudine. Bel romanzo. Bell'autore. Bella scrittura. Bel protagonista. Ho decisamente apprezzato questa storia e tutta l'emotività che porta con sè. Così come ho apprezzato il ritratto dei personaggi minori, l'attrice e la mamma, la donna cangiante. Così come è particolare il ruolo del simpaticissimo Silent Joe.
Magia degli indiani d'America
A me è piaciuto. Sarà che mi piace leggere storie sul paranormale, ma l'ho letto in poco tempo.
Il libro descrive ciò che viene definito un omicidio perfetto. Perfetto perché la vittima è chiusa in casa da solo dall'interno e niente e nessuno sembra poter essere entrato e uscito da lì.
E mi piace pure il modo in cui Faletti unisce epoche passate e presenti.
Il finale mi delude, ma non lo scrivo per non rovinare la sorpresa a chi ancora non l'ha letto.
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Gradini verso il basso...
Che dire? E' a malapena all'altezza di NDVTGO, ben inferiore a Io uccido. La storia migliora un po' nel finale: a mio avviso è scritta per acchiappare più gente possibile, gente di bocca buona che legge due libri all'anno (Faletti e Denbraun)... ho trovato un sacco di errori, parecchie incongruenze, altrettante forzature... l'ambientazione americana, pur essendo supportata dal viaggio che Faletti ha fatto, è ridicolizzata dalla scrittura all'italiana, con giochi di parole assurdi e intraducibili in inglese.
Alla fine è stato meno peggio di quello che temevo, comunque...
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fuori e basta, il destino non ha colpa
Dovendo riassumenre in una parola la mia opinione su questo libro, direi terribile. E' vero che troppo spesso si ha l'abitudine a farsi influnzare dalle pressioni masmediatiche che riescono a farci acquistare prodotti anche se di scarso valore, ma in questo caso dire scarso è un eufemismo. Faletti ha esordito con un ottimo "Io uccido" cui è seguito un "Nienti di vero tranne gli ochhi" che definirei bruttino nonostante l'immeritato successo ed infine questo "Fuori da un evidente destino" che al di fuori dell'ambientazione, di qualche spunto qua e la e di un fiume di parole scritte con stile, è assolutamente vuoto. Non fidatevi della trama descritta sulla copertina, promette qualcosa che non esiste.
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un evidente destino!
Cosa ha spinto me, donna che non sopporta di leggere di aviatori e nativi americani, a comprare questo romanzo di Faletti? probabilmente la scia dei due riuscitissimi gialli che l'hanno preceduto e basta.
L'autore infatti s'inerpica in un'intricata storia ambientata nel mondo dei Natives, ma, nonostante la leggendaria magia che circonda questi luoghi, non riesce a trarne fuori né un bel romanzo, né un giallo propriamente detto. I personaggi sono abbastanza scialbi e infarciti di luoghi comuni, la storia è lenta e apparentemente interminabile.
L'ho iniziato con spirito di sfida, leggendo di temi che non mi appartengono, ma fin troppo evidente è stato per me il suo destino: non mi è piaciuto!
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Fuori da un evidente destino
Con questo libro, Faletti vuole fondere gli ingredienti di un giallo alle centenarie tradizioni e credenze che popolano la cultura degli indiani d'America.
Sicuramente non è un'operazione semplice e da ciò ne scaturisce un romanzo dal sapore fantastico e soprannaturale, che perde i connotati del thriller e porta il lettore a perdersi tra sogno e realtà.
In conclusione, un'opera che si può leggere in qualche ora, grazie ad un linguaggio scorrevole e piacevole, ma senza avere troppe aspettative.
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Non tutte le ciambelle riescono col buco
Ho letto tutti i romanzi di Faletti tranne la raccolta di racconti "Pochi inutili nascondigli" perchè assolutamente sconsigliatami da persone per me molto attendibili e devo dire che tra tutti questo è quello che mi ha convinto meno, vuoi per il genere a me non proprio caro, vuoi per la sensazione che anche l'autore si trovi più a suoi agio con il thriller, insomma sono rimasto piuttosto deluso. Per carità anche in questo caso emerge tutta la capacità descrittiva di Faletti ed il suo stile di scrittura che io trovo estremamente piacevole, ma è la storia che a mio avviso lascia alquanto a desiderare. Per queste ragioni non mi sento di consigliarlo.
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