Fiume pagano Fiume pagano

Fiume pagano

Letteratura italiana

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Dal Tevere cominciano ad affiorare cadaveri di senzatetto. Suicidi forse, ma tutti hanno delle lettere marchiate a fuoco sul petto, indossano una tunica bianca e sono stati drogati d’assenzio. Unico testimone della loro morte è un solitario clochard che tenta di lanciare l’allarme sulla trama di morte che aleggia nelle notti romane. Intanto qualcuno in segreto veglia sul riacceso fuoco di Vesta, tornato alla vita dopo 1618 anni. Chi è la misteriosa figura velata che accompagna i condannati al sacrificio fino al tuffo nel fiume sacro di Roma? Cosa vogliono dire le lettere marchiate a fuoco sui loro petti? Vesta, la dea primigenia, vuole riappropriarsi della città che le fu strappata dall’arroganza del Papato? A tentare di fermare la strage saranno il maresciallo Quirino Vergassola e il giornalista Nemo Rossini, inedita coppia di investigatori con una spiccata propensione per la cucina romana.



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Fiume pagano 2010-08-15 08:43:45 Renzo Montagnoli
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Renzo Montagnoli Opinione inserita da Renzo Montagnoli    15 Agosto, 2010
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Vestali in giallo

Questa volta le due simpatiche narratrici romane hanno voluto giocare in casa, in una città eterna in cui il desiderio di alcuni di rivederla come Caput mundi si confonde con la nebbia di un febbraio che ricorda un po’ Milano.
La scelta del luogo di residenza, imposta peraltro dalla tematica, ha giovato indubbiamente alla narrazione, con la riscoperta di aspetti meno turistici di Roma e più pregnanti per la sua popolazione.
Accadono cose strane in quei giorni di carnevale, con clochard che si buttano giù dai ponti, affogando miseramente nel Tevere, indotti al suicidio da una misteriosa figura femminile, una donna velata che aspira a restaurare il culto per la dea Vesta. Se consideriamo poi che esiste un’associazione culturale, la Brigata Coclite, che si prefigge di rivalutare il ruolo di Roma, offuscato dal Papato, ci sono tutti i motivi per pensare che stia divampando un neopaganesimo.
I suicidi si susseguono, senza che riescano a venire a capo dell’indagine un simpatico giornalista, Nemo Rossini, e un maresciallo dei carabinieri, Quirino Vergassola. Ma è interessata anche un’altra persona, Monica, bella, ricca, che opera nel volontariato a sostegno dei senza tetto, soprattutto per cercare il padre, fuggito da casa quando ancora lei era piccola e diventato uno di quei diseredati.
Combattuta fra due uomini, il portiere Claudio e Attilio, il capo della Brigata Coclite, finisce con il diventare l’effettiva protagonista, pur senza che gli altri che ho nominato si limitino ad essere dei semplici comprimari.
La scrittura veloce, i continui colpi di scena, alcuni argomenti di estremo interesse appena sfiorati per non intaccare l’agilità della narrazione risultano godibilissimi, facendo passare un po’ in secondo piano la ricerca del colpevole, che ho capito peraltro chi era già a metà libro, senza tuttavia che ciò facesse venir meno la mia attenzione per il romanzo.
Credo che le autrici abbiano inteso soprattutto fornire un’opera di agevole e piacevole lettura, un giallo con cui trascorrere alcune ore in spiaggia sotto l’ombrellone o in casa, accomodati in poltrona, cullati dall’aria condizionata.
Nonostante ciò hanno voluto inserire elementi tipici di altri generi, in un curioso e riuscito cocktail che amplifica i potenziali lettori.
Così, chi ama le storie d’amore o per chi si appassiona a vicende di figli che desiderano ritrovare i genitori qui troverà pane per i suoi denti. Non manca anche un po’ di horror, considerato che i suicidi hanno marchiato a fuoco sul petto alcune lettere latine, che sono sillabe di Animula vagula blandula, la poesia scritta in punto di morte dall’imperatore Adriano. Magari c’entrano poco con la vicenda i bellissimi versi, ma sono una nota che impreziosisce il romanzo e fa conoscere a quei lettori che l’ignoravano una delle più belle liriche, non solo dell’antichità.
Non aggiungo altro, se non la raccomandazione di leggerlo, perché ne sarete soddisfatti.


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