Fantasmi del passato
Letteratura italiana
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Ieri, oggi.
È il 1967 a Firenze. L’alluvione è passata da oltre un anno eppure quella riga nera di nafta sui palazzi ne rende indelebile il ricordo. La vita ha ricominciato a scorrere regolare, anche Bordelli è tornato nella sua questura ed è chiamato ad indagare su un nuovo caso di omicidio essendo stato rinvenuto in una villa sulle colline toscane il corpo privo di vita di un uomo ucciso con un fioretto. Le indagini faticano a decollare, l’omicida non ha lasciato traccia alcuna del suo passaggio e del suo operato, Franco è sovraccaricato dai rimorsi per quel che ha fatto e per quel che è capitato ad Eleonora e ancora il ricordo di sua madre, scomparsa da molti anni oramai, accentua la sua già acuita malinconia.
In questo nuovo capitolo delle avventure del Commissario ispirato a un personaggio realmente esistito, Marco Vichi pone il suo protagonista e il lettore in una profonda ambivalenza. Perché, infatti, se da un lato chi legge è spronato a conoscere l’identità dell’assassino, dall’altro, è coinvolto in questi ricordi e in questi fantasmi che ben si uniscono e fondano con la trama principale finendo addirittura col sovvertirla, ovvero con finendo l’assumere le caratteristiche del filone conduttivo dell’intero scritto. Non stupisce quindi che il Bordelli/lettore sia costretto a confrontarsi con quel che è stato, con un passato che torna a farsi presente con tutta la sua forza disarmante.
Il tutto avviene con lo stile narrativo e con l’impostazione solita a cui lo scrittore ci ha abituato. Pertanto, se cercate un giallo potreste restare delusi da questa serie perché il toscano narratore delinea quelli che sono casi concreti senza tanti colpi di scena, senza tanti intrighi o fronzoli e con trame molto lineari (come nella realtà accade) ma lascia anche molto spazio all’aspetto umano e introspettivo dei suoi personaggi cosa che se mixata con il fatto che in questo particolare capitolo delle vicende, il passato è veramente molto presente, potrebbe annoiare, rendere la lettura più farraginosa. Personalmente, l’ho apprezzato proprio per questa sua atipicità e proprio per quella genuinità e semplicità e per quelle riflessioni e quei valori oggi perduti che in questa serie non mancano mai di essere ricordati.
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Bello
Sono una lettrice di gialli, adoro Agatha Christie, Maigret, Joe Nesbo. Sono una lettrice di romanzi, adoro Zola, Verga, qualche romanzo di Ken Follet; mi piacciono I promessi sposi, La casa degli spiriti, Lessico familiare, Via col vento e La buona terra.
E mi è molto piaciuto Fantasmi del passato che non è né giallo né romanzo ma un po’ di tutti e due o forse, meglio, un tuffo nella vita di un fiorentino di mezza età di fine anni sessanta che ti fa respirare tante atmosfere diverse. La suspence riesce a permeare tutto il romanzo dove però a mio parere i sapori più graditi e forti sono quelli dell’amicizia, dell’ospitalità, della fragilità di essere giovani anziani. Mi piace il sapore del bosco, del fuoco del caminetto, del bicchiere di vino apprezzati accanto a persone che contano. Consiglio questo libro a chi non è in cerca di atmosfere da film americano o romanzo alla Lee Child o alla Agatha Christie ma piuttosto a chi apprezza l’immersione nella vecchia Firenze, nella campagna toscana e nei romanzi di suspence. Bello l’intreccio col colonnello Arcieri, che non conoscevo e che è stato preso in prestito dallo scrittore Gori.
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Viaggio nei ricordi
D’accordo che già dal titolo ti aspetti qualcosa di evocativo, di nostalgico. D’accordo che conoscendo piano piano il personaggio del commissario Bordelli, ti rendi conto che ci sono cose che non riesce a dimenticare. D’accordo che ti accorgi che tanto di questo libro si appresta ad essere un viaggio nei ricordi. D’accordo che l’autore non ama essere definito un giallista, ma preferisce essere uno scrittore a 360°. Però il libro è veramente infarcito di talmente tanti riferimenti nostalgici ad Eleonora ed alla madre, al punto da essere eccessivi e dal mio punto di vista dannosi alla struttura del libro stessa. La figura della madre ed i riferimenti alle sue poesie, che sono anche un importante elemento autobiografico dell’autore, chiudono quasi ogni capitolo e rallentano moltissimo, fin troppo il ritmo della storia, ti restituiscono l’immagine di un uomo che non riesce ad andare avanti nella propria vita, rimanendo troppo ancorato al passato. Forse è un effetto voluto dall’autore, fatto sta che questi numerosi riferimenti nostalgici alla madre, pieni di dolcezza e di affetto, distolgono l’attenzione dalla risoluzione del giallo, che, di per sé, risulta una storia fragile. Il punto di forza del romanzo è veramente tutto il contorno: tutti i particolari dell’ambientazione fiorentina, i ricordi, i riferimenti all’alluvione, i personaggi minori, come il colonnello Arcieri, i dialoghi del protagonista con se stesso. Alla fine ti rendi conto che lo scoprire chi è l’assassino è l’ultimo dei tuoi pensieri.
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Stavolta non ci siamo...
Ho letto vari libri di Vichi con protagonista il commissario Bordelli e li ho sempre apprezzati, ma stavolta non ci siamo proprio, ho durato fatica ad arrivare in fondo, ed alla fine ce l'ho fatta solo perché ho saltato varie pagine (sì, lo ammetto ma non ne potevo più!).
La trama del giallo è veramente insulsa, non sa proprio di niente, avevo capito chi fosse l'assassino sin da subito, non perché io sia un genio, ma perché è veramente banale e non si capisce perché invece lui non ci arrivi, mah.
Oltre a questo ciò che ha contribuito a rendere il libero veramente NOIOSO è il fatto che ogni volta che va/torna da lavoro, per non parlare di ogni sera a cena con l'amico, finisca a ripercorrere il suo passato: la guerra, la madre, le donne, ecc. Va bene che il libro si chiama "fantasmi del passato", però può essere una cosa carina e interessante da leggere 4-5 volte in tutto il libro ma non ogni singolo capitolo, a quel punto diventa insopportabile. Per concludere mi è rimasto veramente indigesto questo libro.