E' così che si uccide E' così che si uccide

E' così che si uccide

Letteratura italiana

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La pioggia di fine estate è implacabile e lava via ogni traccia: ecco perché stavolta la scena del crimine è un enigma indecifrabile. Una sola cosa è chiara: chiunque abbia ucciso la donna, ancora non identificata, l’ha fatto con la cura meticolosa di un chirurgo. Enrico Mancini non è un commissario come gli altri. Si è specializzato a Quantico, lui, in crimini seriali. È un duro. Se non fosse per quella inconfessabile debolezza nel posare gli occhi sui poveri corpi vittime della cieca violenza altrui. È uno spettacolo a cui non riesce a riabituarsi. E quell’odore. L’odore dell’inferno, pensa ogni volta. Così, Mancini rifiuta il caso. Ma con il secondo omicidio che la città piomba nell’incubo. Messo alle strette, il commissario è costretto ad accettare l’indagine… Prima che il killer mostri a tutti – soprattutto a lui – che è così che si uccide.



Recensione della Redazione QLibri

 
E' così che si uccide 2016-01-20 14:26:40 Fr@
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Fr@ Opinione inserita da Fr@    20 Gennaio, 2016
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Quando i profiler arrivano in Italia...

“Questo romanzo è la mia vendetta. La sola che sono stato capace di compiere. L'unica necessaria”.
Vorrei iniziare la recensione di “E' così che si uccide”, romanzo d'esordio di Mirko Zilahy, con le stesse parole dell'autore. Anzi, proverò a fare una recensione basandomi sulle tre pagine a fine romanzo intitolate “Nota dell'autore”. Vorrei fare questo esperimento perché, conclusa la lettura del romanzo, tutta la storia mi è apparsa diversa, con un altro significato, leggendo le note dello scrittore e i ringraziamenti.

Il protagonista di questo thriller è il commissario Enrico Mancini, unico nel suo genere.
Mancini è un profiler: dagli anni degli studi si è sempre interessato alla psicologia criminale e per approfondire tale tematica ha ottenuto una specializzazione a Quantico.
Conosce i pensieri dei criminali seriali.
Conosce cosa realmente un essere umano sia in grado di fare.
Questa consapevolezza è un tormento per il commissario, sempre più deciso ad abbandonare la propria avviata carriera, anche a seguito di un dolore privato che fatica ad accettare.
Non vuole seguire il caso che sta sconvolgendo Roma: un assassino uccide senza pietà e come un'ombra scompare, senza lasciare alcuna traccia.

Mancini è allo stesso tempo un commissario atipico e tradizionale del romanzo giallo italiano: è, come molti altri protagonisti di libri thriller, un uomo solitario, tormentato, che soffre e cerca sempre di mascherare le sue debolezze. Tuttavia, a mio parere, si discosta dal panorama italiano per questa sua “istruzione a Quantico”. Facilmente potrei immaginarmi Enrico Mancini come il protagonista di un romanzo giallo di un autore americano. In effetti, anche lo stile dell'autore si avvicina più a quello dei romanzi americani che a quello di autori italiani.
Ammetto di aver apprezzato Mancini solo a conclusione del romanzo. Nonostante le difficoltà che deve superare, nonostante i problemi della sua vita, ho faticato ad affezionarmici. Ho provato molta più simpatia per i suoi compagni di squadra, dall'ispettore Comello al futuro membro della Scientifica, Caterina De Marchi. Nota positiva del romanzo è che l'autore non si limita a descrivere solo il suo protagonista, come se tutti gli altri personaggi fossero semplici pianeti che orbitano intorno a una stella. Tutti sono descritti in maniera minuziosa, con un'indagine delle emozioni e dei pensieri che poche volte sono riuscita a trovare in un romanzo. Anche oggetti che potrebbero apparire banali (un paio di guanti, una macchina fotografica), sono fondamentali per capire veramente la psicologia dei protagonisti. Non a caso l'autore scrive: “[...] ho compreso cosa mi chiedeva il personaggio solitario e tormentato che nel frattempo era diventato il commissario Mancini nelle pagine di note che avevo steso: di vestire le sue mani, di coprirle con un'altra pelle. Così sono arrivati i suoi guanti”.

Bisogna però citare una grande protagonista della storia. Si tratta di Roma, la Capitale, città che appare tutt'altro che semplice scenario nelle indagini di Mancini.“Ho sempre subito il fascino del profondo contrasto che, in una città strabordante d'arte, storia e cultura come Roma, si coglie quando ci si trova improvvisamente di fronte a uno dei suoi mille mostri d'acciaio. […] E se la bellezza di quei monumenti mi ha sempre provocato una sorta di stupore estatico, i suoi giganteschi scheletri meccanici mi evocano un incanto cupo e irresistibile”.
Leggere questa descrizione nelle note mi ha sorpreso e piacevolmente colpita, anche perché penso sia un sentimento condivisibile da molti. Come specifica lo stesso autore “questi giganteschi ibridi tra edifici – macchine – monumenti” non sono solo romani ma abitano tante città in tutto il mondo, “passando spesso inosservati”.

Essendo un romanzo thriller, la morte è un tema centrale dell'opera.
E alla morte si relaziona il tema delle donne.
L'importanza della figura femminile in questo romanzo potrebbe essere sottovalutata ma è lo stesso autore che ce la suggerisce: “In questo romanzo le donne hanno una parte speciale. Sono catalizzatori di emozioni, come in Poe, e di morte. Tutte portano con sé un destino tragico, ma sono allo stesso tempo vivide, capaci, volitive. Sono il motore dell'amore e dell'odio, del delitto e del castigo”. Le donne sono il motore della storia. Leggendo il romanzo mi è apparso piuttosto evidente che, senza l'intervento di una donna, difficilmente Mancini sarebbe riuscito a risolvere un problema o una difficoltà. Le donne hanno un ruolo centrale nella vita del commissario ma anche dello stesso autore: “Sono cresciuto in una famiglia di donne lettrici. Nei miei personaggi femminili sento riviverle tutte, quelle di ieri e quelle di oggi. E questo è certamente un romanzo di donne e di libri”.

Nel complesso il romanzo si legge volentieri. L'italiano usato è davvero buono e il racconto scorre velocemente, spingendo il lettore a continuare la lettura, nonostante ci siano alcuni passaggi che possono apparire leggermente oscuri (ancora adesso mi chiedo da dove Mancini e i suoi compagni abbiano tratto alcune conclusioni durante l'indagine...).
Questo però non è un problema perché, a pensarci bene, l'indagine passa quasi in secondo piano.
“E' così che si uccide” non dovrebbe essere presentato come il nuovo romanzo thriller rivelazione nel panorama italiano ma come un romanzo che obbliga il lettore ad affrontare temi dolorosi, profondi, intimi, che non sono dolori di un singolo ma collettivi.
Quindi, che dire se non “Buona lettura”? :)

“Sai, Walter, io la sento. La vedo questa cosa. Tutti i giorni. Camminiamo sulla superficie del mondo e sento che il moto orizzontale che imprimiamo alle nostre vite è l'unico possibile. Il movimento dell'azione, dell'affermazione della nostra esistenza, lentamente e inesorabilmente frenato da quello della gravità, che ci spinge verso il basso. […] Il moto orizzontale che ci anima incontra la gravità, declina in una parabola che dura tutta la vita e si spegne con la vittoria della forza verticale che ci condanna... al sottosuolo. […] No, amico mio, è peggio di così. Siamo dei sopravviventi. Ci troviamo in questo perenne stato d'attesa. Attesa del nulla.”

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Consigliato a chi legge romanzi thriller e gialli psicologici, in particolare di autori americani.
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E' così che si uccide 2023-02-25 15:39:39 sonia fascendini
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sonia fascendini Opinione inserita da sonia fascendini    25 Febbraio, 2023
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Pensavo meglio

Ed ecco arrivato nel panorama degli investigatori anche Enrico Mancini. Si tratta di un profiler all'americana che si è specializzato oltreoceano e verso cui sono poste molte speranze da parte della polizia italiana. Bella idea, mi dico, e mi immagino qualcosa sullo stile di Donato Carrisi. Poi vedo con dispiacere che anche questo autore è caduto nella trappola dell'investigatore tanto bravo sul suo lavoro quanto disastrato nella sua vita privata. In questo caso i suoi fantasmi sono i sensi di colpa che Mancini ha per non essere stato presente nel momento della morte di sua moglie. Quindi tutto il romanzo è avvolto in una scura cappa di dolore, recriminazioni e di: se solo avessi... Il serial killer invece fa indubbiamente bene il suo lavoro, anzi forse anche troppo indulgendo anche in descrizioni di crudeltà che mi sembrano eccesive, gratuite e non necessarie allo sviluppo della storia. Lo stile di scrittura è chiaro, con molti. anche troppi, dettagli, e personaggi con caratteristiche precise. Nel complesso non si tratta di una storia da buttare, ma secondo me pesante e faticosa da portare fino alla fine, con qualche elemento di novità, ma che non è sufficiente a controbilanciare le parti noiose.

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E' così che si uccide 2023-01-02 15:08:52 Pelizzari
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Pelizzari Opinione inserita da Pelizzari    02 Gennaio, 2023
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Un'ombra su Roma

Thriller geniale, che nasce da un profondo dolore personale dell’autore, forse mai superato. Un serial killer lucido, sadico, violento, capace di punizioni impensabili tanto sono cruente, costruisce la costellazione dei suoi omicidi senza lasciare nulla al caso, seminando indizi e seguendo modalità che hanno un ben preciso senso nel suo terribile disegno mentale. Il cacciatore sceglie le prede, ma diventa a sua volta preda di un cacciatore che lui stesso aveva designato come preda nel costruire il suo quadro. Si fa cacciare. Si fa trovare. Ambientato in una Roma rugginosa e post-industriale, ma altrettanto vera della più famosa Roma monumentale, questo thriller così incalzante ci permette di seguire in modo alternato il percorso dell’assassino e quello del commissario Enrico Mancini. Entrambe sono figure solitarie e tormentate, entrambi sono intimamente sofferenti per un dolore che è più forte di loro, uno per averlo vissuto fino all’ultimo respiro, l’altro per aver perso quel respiro. Uno spago invisibile li lega e non sono poi così diversi da come sembra. Opera prima di un autore che continuerò a leggere, anche perché in questo libro assistiamo anche alla costituzione di una squadra che sarà chiamata a risolvere altri casi. E’ l’inizio di una serie ed è un inizio che lascia senza parole.

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E' così che si uccide 2020-08-18 13:46:38 Mian88
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Mian88 Opinione inserita da Mian88    18 Agosto, 2020
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Enrico Mancini

«È da un po’ che leggo e rileggo questi classici della letteratura… diciamo poliziesca. Li leggo con un occhio a Jung e Freud. E sono sempre più convinto che, come in quelle opere, la struttura della menzogna sia necessaria per ricostruire il mondo finzionale del criminale. Soprattutto se ci troviamo di fronte a un assassino seriale. Menzogna come immaginazione, insomma. Immedesimazione.»

Enrico Mancini è il migliore dei profiler sulla piazza romana; eppure, negli ultimi mesi non è più lo stesso. Si è come perso, si è come lasciato trascinare nel baratro, si è come lasciato trascinare dall’ombra. Ciò perché è venuta a mancare lei, la donna della sua vita, la sua compagna di sempre, la sua energia e il suo pilastro; Marisa. Ma non c’è tempo per recuperare, per attendere l’elaborazione del lutto, un omicida seriale ha cominciato a mietere vittime, tutte con un modus operandi molto particolare e una firma lasciata all’interno del corpo in modo e in un luogo sempre diverso. Seppur all’inizio il commissario rifiuti l’evidenza, preferisca indagare sul caso di scomparsa avente ad oggetto l’oncologo Carnevali, alla fine vi si deve arrendere, non ha scelta. Troppe sono state le morti, troppi gli occhi che sono rivolti sul corpo di polizia, troppe le risposte che vengono richieste dai piani alti che esigono quel colpevole. Da qui prende forma la squadra che trasferendosi nel covo inizia a lavorare al caso e a ricostruire passo passo quella che è la mente del criminale che sta muovendo le fila di questo tetro spettacolo. Perché soltanto così è possibile comprendere le sue ragioni, anticiparne le mosse, fermarlo.

«Il male è squilibrio, un buco nero che nasce dal nulla e attira stelle, pianeti, satelliti, mondi, per inghiottirli tra le spire di un gorgo buio come la pece.»

Primo capitolo della trilogia dedicata al personaggio di Enrico Mancini, “È così che si uccide” è un perfetto noir che conquista il lettore per trama solida, protagonisti strutturati e ben caratterizzati, mistero da risolvere e stile fluido e accattivante che tiene letteralmente incollati alle pagine. Se da un lato, infatti, a conquistare il conoscitore è l’enigma che ci viene proposto dallo scrittore, un arcano che porta a ricomporre e scomporre il puzzle insieme alla squadra stessa, dall’altro quel che affascina è anche l’accurata ricostruzione tecnica che coinvolge e appassiona dal punto di vista dell’aspetto criminologico e investigativo. I confronti tra maestro e allievo, i confronti con la squadra, i rilievi, i fondamenti radicati nei principi della scuola forense, arricchiscono il panorama del titolo e ben si bilanciano con la psicologia dell’omicida che è quella di un uomo che agisce con cognizione di causa, metodo, precisione. Non si tratta di un mitomane né di un assassino d’impulso quanto di un killer che agisce in virtù di un disegno più grande che chiede di essere attuato e che vedrà il più inaspettato degli epiloghi.
Un altro grande merito di Zilahy è quello di riuscire a scandagliare l’animo umano nelle sue ombre più profonde: chi legge è chiamato a guardarsi dentro, ad interrogarsi, a chiedersi perché, a porsi domande, a cercare risposte. Risposte che non sempre esistono o possono esistere.
Un elaborato corposo, godibilissimo, capace di conquistare i cuori dei più appassionati del genere che non. Un componimento che incuriosisce, avvince, spinge ad andare avanti e avanti. Un esordio, al tempo, di tutto rispetto e che in alcun modo può – e poteva – passare inosservato.

«Marisa viveva come se fosse il personaggio di un romanzo e fosse perfettamente cosciente di esserlo. È tutto finto, ma dobbiamo far finta di crederci, convincerci ogni giorno che ne vale la pena, altrimenti è la fine. Troviamo la distrazione giusta da cui sia impossibile distoglierci, e andiamo avanti. C’è chi legge, aveva accennato a se stessa, chi lavora duro, chi mette su famiglia e chi acchiappa i cattivi dei film… aveva sorriso ancora. Le avevano fatto male tutte quelle letture, lui glielo diceva, e non scherzava affatto.»

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E' così che si uccide 2016-06-27 09:37:24 cosimociraci
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cosimociraci Opinione inserita da cosimociraci    27 Giugno, 2016
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Il silenzio dei colpevoli

Enrico Mancini, commissario, profiler specializzato a Quantico in Virginia in crimini seriali nel suo passato è stato spettatore di un killer invisibile e spietato che pone fine alla sua vita coniugale ammazzando la moglie. Da quel momento non riesce più a posare lo sguardo sui corpi delle vittime.
Una donna viene ritrovata cadavere nei pressi del colonnato della basilica di San Paolo.
Il caso viene affidato al commissario Mancini ma per la prima volta decide di rifiutare un’indagine ma che è costretto a portare avanti.

Una serie di efferati omicidi, dislocati nelle zone periferiche di Roma (come il Gazometro e il Mattatoio) mette in subbuglio una capitale dark come mai si è vista finora. L'autore infatti coglie le ombre che gli storici monumenti proiettano distanti anni luce da come noi turisti, io per primo, siamo abituati a vedere.

È un thriller molto duro, senza mezzi termini che mi ha lasciato l'amaro in bocca. Solo in alcuni punti centrali la lettura è un po' impastata e fatica a scorrere, per il resto ho trovato l'opera di Zilahy Mirko pregevole. Nel finale, il numero di vittime e la colpa che il killer attribuisce loro mi ha fatto credere che l'autore volesse concludere il romanzo allo stesso modo di un noto film (che non cito per non fare spoiler) ma per fortuna il finale è ben diverso.

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E' così che si uccide 2016-05-09 08:40:17 cuspide84
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cuspide84 Opinione inserita da cuspide84    09 Mag, 2016
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UN'OMBRA SU ROMA

Piove a Roma, piove sul bagnato per Enrico Mancini: il commissario non ha più voglia di combattere, di indagare in nome della giustizia, quella giustizia in cui inizia a credere sempre meno... vuole abbandonare tutto e lo farà dopo aver risolto l'ultimo caso, dopo aver ritrovato il dottore che non è riuscito a salvare sua moglie.

Il caso Carnevali però è più complesso di quello che sembra e il commissario si trova a dover indagare in contemporanea su altri crimini legati tra loro e caratterizzati da un'ombra che li avvolge nel loro mistero e che sta terrorizzando la Città Eterna.

La squadra messa su in poco tempo darà i suoi frutti, nonostante varie differenze caratteriali e nonostante l'individualismo di alcuni suoi componenti.

Thriller pubblicizzato come esordio travolgente e come nuova voce del romanzo italiano, ma a mio avviso non risponde a tutte queste aspettative; è scritto bene, si legge piacevolmente, la trama è anche avvincente, ma manca quel qualcosa che possa dargli una marcia in più e, sempre a parer mio, troppo presente, sia nel protagonista principale, sia nell'Ombra omicida, il tema della malattia... quest'ultima potrebbe essere uno spunto che mette in moto gli omicidi o potrebbe caratterizzare il protagonista principale ma incentrare il libro sul tema e portarlo ad esserne il fulcro del libro mi pare eccessivo, negativo e devastante, sia per chi scrive, sia per chi legge.

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E' così che si uccide 2016-03-07 11:27:52 Dany83
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Dany83 Opinione inserita da Dany83    07 Marzo, 2016
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SI PUO' FARE DI PIU'

Un titolo accattivante, l’eco di un grande thriller e il fatto che l’autore sia italiano e che sembrerebbe essere il futuro prossimo del nostro Paese nel genere, sono elementi più che sufficienti per attirare l’attenzione del lettore e far sì che l’acquisto venga fatto. Peccato che grandi aspettative non vengano poi sempre soddisfatte nello svolgimento dei fatti. Il primo libro di Mirko Zilahy ha avuto quello che io chiamo, per rendere l’idea, “l’effetto Gioconda”. Avete mai visto il più famoso quadro di Leonardo Da Vinci dal vivo? Nell’immaginario collettivo, anche nel mio, il quadro più conosciuto al mondo chissà perché ma ce lo aspettiamo di certe dimensioni diciamo, delle dimensioni dei quadri che si trovano anche nei salotti di casa nostra probabilmente e quando finalmente, girando tra le sale del Louvre, ti ci trovi davanti col cuore pieno di emozioni, accade qualcosa di strano, inclini il capo, gli occhi si fanno a fessura per focalizzare meglio e un pensiero fulmineo ti attraversa la mente “Tutto qui?”, sì perché il ritratto della Gioconda è in realtà un quadro di piccole dimensioni, e anche se questo non toglie nulla alla bellezza dell’opera, che rimane immortale, un pizzico di delusione ti pervade perché in realtà ti aspettavi qualcosa di più. Ecco questo libro produce esattamente lo stesso effetto, ampliato dal fatto che non è solo una mera questione di dimensioni quello che lascia perplesso il lettore, che si rende ben presto conto che si trova dinnanzi ad un buon libro sì, ma non sicuramente ad un capolavoro del genere come si vuol far credere.
Zilahy utilizza indubbiamente una buona tecnica narrativa per far sì che il lettore venga attratto nella lettura, ha un’alta capacità descrittiva e il raccontare una storia inserendo all’interno fotogrammi flash di situazioni che sembrano slegate dal processo per ordine degli avvenimenti, innescano in chi legge la curiosità nel proseguire per cercare di mettere al loro posto quei pezzi di puzzle impazziti. Eppure nell’andare andare avanti si sente che c’è qualcosa che stona, manca qualcosa in questo romanzo.
Siamo nella Roma industriale, battuta da un’incessante pioggia (Ma a Roma piove davvero così tanto per venti giorni di fila?), dove un serial killer che sembra giungere da oltre oceano miete vittime tra blocchi di cemento e ferraglie arrugginite. L’ispettore Mancini, profondamente segnato nell’animo e scosso da innumerevoli psicosi e paranoie, è costretto a seguire l’indagine assieme alla sua squadra per risolvere la spietata mattanza. La prima cosa che stona è appunto il fatto che, come l’esistenza dell’ispettore segue il principio della balistica discendente, così lo fa anche tutto il romanzo, attirato verso il basso da una forza di gravità che getta un’ombra d’ansia su tutta la vicenda. Il trovarsi costantemente in una Roma acquitrinosa e metallica fa sì che le descrizioni nel corso del libro risultino ripetitive e incolore, se il caratterizzare psicologicamente il protagonista conferisce un aspetto più umano e veritiero al personaggio, è pur vero che il riproporre costantemente le inquietudini dell’ispettore risulta alla fine essere una forzatura, il voler mischiare il genere thriller americano col giallo italiano produce poi l’effetto che tutta la storia in sé sia un po’ inverosimile. Quando si arriva alla fine ecco che, dopo tante pagine di pioggia, risulta chiaro cosa manca a questo primo romanzo dell’autore. Nonostante lo stile scorrevole e asciutto che non fa indugiare nel proseguire la lettura, la storia manca di dinamicità. Nessun sussulto, nessun cambio di prospettiva, nulla che faccia dubitare che le cose vadano come poi realmente vanno, e comunque alcuni punti continuano ad essere lacunosi, senza spiegazione anche ad epilogo avvenuto. A Zhilay per ora è mancato quel guizzo che fa dire a chi legge, “Bravo, questa mossa non me l’aspettavo”
Nel complesso il libro è comunque una piacevole lettura, scritto in maniera fluida e senza troppi fronzoli, seppur senza particolari emozioni svolge egregiamente il suo compito di intrattenitore. Il consiglio è quello di leggerlo senza troppe pretese, per ora siamo lontani da un’emergente Carrisi. Zilahy è promosso ma con riserva, le premesse perché possa scrivere qualcosa di meglio ci sono tutte, allora diamo fiducia a questo novello autore e aspettiamo di leggere il suo prossimo romanzo.

Buona lettura

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E' così che si uccide 2016-02-23 08:54:51 Belmi
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Belmi Opinione inserita da Belmi    23 Febbraio, 2016
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Chi ben comincia è a metà dell'opera...?

L'esordio di un autore è sempre un avvenimento particolare; da una parte c'è la diffidenza verso il non conosciuto, dall'altra c'è la curiosità...specialmente se l'esordio è nel mondo del thriller e l'autore è italiano.
Mirko Zilahy, pur essendo un esordiente, ha già fatto molto nel mondo "dei libri". E' stato, infatti, in Italia il traduttore del libro "Il cardellino" di Donna Tartt, una scrittrice molto tosta.

"É così che si uccide", è ambientato a Roma e segue le tracce dell'Ombra, un serial killer che lascia le sue vittime in posti poco conosciuti per i non residenti. Lo scrittore ci fa quindi conoscere una Roma insolita, fuori dai soliti schemi.
Il protagonista è il commissario Enrico Mancini, affiancato dalla sua squadra composta da elementi molto eterogenei fra loro e per questo più interessanti. Mentre l'Ombra opera indisturbata, Mancini oltre a seguirne le orme, sta combattendo una guerra interiore da cui non si è ancora ripreso. Non si sente ancora pronto per tornare "in pista", ma non la pensa così il Questore, che sa che Mancini, con le sue doti e i suoi studi, è l'unico che può fermare l'Ombra.

“Lezione numero dieci. Quando un uomo comincia ad uccidere non può più smettere”. L’Ombra, infatti, è sempre in vantaggio e le descrizioni di Zilahy sulle vittime lasciano poco all’immaginazione.

I personaggi sono descritti in maniera dettagliata e approfondita. L'autore, di ognuno di loro ci racconta uno spaccato che va oltre il lavoro, fermandosi in maniera approfondita sul suo protagonista. Mancini è un uomo che si muove con i guanti, ma nel vero senso della parola “Aveva perso l’abitudine al contatto con le cose. Almeno fuori da quella casa. Fuori dalla sua tana c’era un mondo su cui non avrebbe più posato le mani”.

Se dovessi valutare il libro per le sue prime duecento-duecentotrenta pagine, il punteggio si avvicinerebbe a un cinque. Conquistata, affascinata e immersa nella lettura, la mia curiosità e la suspense erano costantemente alimentate.
Ma ad un certo punto il registro cambia, stiamo parlando di un libro di circa quattrocento pagine, Zilahy si lascia un po’ andare e senza esserne forse consapevole, da troppi elementi che ad un lettore attento non possono sfuggire togliendo un po’ l'effetto sorpresa.
Se da una parte la mia autostima se ne sentiva appagata perché ormai il movente era ben chiaro, dall'altro, il veder confermate le proprie teorie senza più molto da scoprire ha un po’ abbassato il livello di attenzione.

Mancini è davvero una figura ben fatta anche se in alcuni punti la simpatia nei suoi confronti può venire un po’ meno. Molteplici sono le spiegazioni e i metodi scientifici descritti nel dettaglio, aprendoci gli occhi sul mondo criminale e su come operare per fermarlo.

Un libro che comunque consiglio, anche se viste le aspettative della prima parte, può un po’ deludere sul finale. Forse la prossima indagine del "debuttante" Mancini potrà sorprendere ancora di più.

Buona lettura!

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E' così che si uccide 2016-02-07 13:45:52 Pupottina
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Pupottina Opinione inserita da Pupottina    07 Febbraio, 2016
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è così che si uccide

"Il male è squilibrio, un buco nero che nasce dal nulla e attira stelle, pianeti, satelliti, mondi per inghiottirli tra le spire di n gorgo buio come la pece." Uno dei protagonisti è proprio il male, raccontato nelle sue molteplici sfumature.
Il titolo inquietante "È così che si uccide" è un invito alla lettura. È ciò che si cerca in un thriller quando lo si legge e, gradualmente, ci si appassiona, se il romanzo lo merita ed è questo il caso. Tanto avvincente e coinvolgente ti impone di leggere finché l'indagine non è conclusa. Non si può fare a meno di scoprire quale altra efferatezza compirà il misterioso serial killer che spesso emerge nella scena, raccontandoci il suo punto di vista in capitoli a lui dedicati.
Il personaggio di Enrico Mancini è il meglio che si può pretendere ad un commissario incaricato per svolgere un'indagine particolarmente complicata. È a lui che viene affidato il compito di creare una quadra. È lui il primo a capire che c'è un triangolo della morte, dentro il quale avvengono omicidi tra loro collegati.
Il personaggio di Enrico Mancini è il meglio che si può pretendere ad un commissario incaricato di svolgere un'indagine. Roma è sempre un'ambientazione suggestiva ed interessante.
"È così che si uccide" è un ottimo esordio, tutto italiano, nel genere thriller. Bravo e competente nelle tecniche narrative per ottenere la suspense, lo scrittore Mirko Zilahy sa raccontare una storia aumentandone per gradi le aspettative, finché il filo della narrazione è così teso ed intricato da rimanerne intrappolati. È un romanzo che giunge a conquistare i lettori più esigenti del genere, perché presenta tecnicismi e descrive pratiche da manuale con uno stile avvincente ed efficace.
In È così che si uccide, ci si immerge nell'atmosfera perfetta per un thriller.

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E' così che si uccide 2016-01-02 10:53:39 Ettoremar
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Ettoremar Opinione inserita da Ettoremar    02 Gennaio, 2016
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Mantiene le promesse, ma...

Appena finito di leggere, premetto che l'ho ricevuto in regalo perché avevo inviato una recensione di poche righe, avendo ricevuto un invito; i toni entusiatici, con cui viene presentato dall'editore, si addicono a questa opera-prima, che si rivela essere un ottimo prodotto commercialmente parlando.
Come molti dei thriller che ho letto negli ultimi anni, e penso ad autori come Costantini Roberto (Tu sei il Male"), o Dazieri Sandrone ("Uccidi il padre") si legge voracemente dall'inizio alla fine, e la maestria dell'autore sta tutta nel tenerti incollato al libro, che finché non lo finisci non riesci a staccartene, o quasi; si legge "tutto d'un fiato", insomma, ma, poi, cosa ti resta? Si, il libro è scritto, bene, in buon italiano (e, con tutta la paccottiglia che c'è in giro, non è poca cosa, è vero) ma ciò basta per farne "un esordio travolgente, scritto con maestria inedita", "una sfida irresistibile", come viene presentato da Longanesi?

La mia risposta è: NO, ma auguro sia allo scrittore, che all'editore, un successo travolgente, magari di superare Fabio Volo, che con il suo "è tutta vita" è testa alle classifiche di vendita nazionali; che è tutto dire...

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