Del dirsi addio
Letteratura italiana
Editore
Recensione della Redazione QLibri
Come la neve a Bolzano
Noir ambientato a Bolzano, protagonista un’indagine sulla misteriosa sparizione di un bambino alla quale si intrecciano i vissuti presenti e quelli passati, carichi di fantasmi e di tensioni latenti, dei principali personaggi. L’epicentro risiede nella complessità irrisolta del commissario Striggio, gay incapace di affermare la sua identità sessuale apertamente, bolognese trapiantato in una provincia statica, in relazione con un maestro di scuola primaria. Leo, il compagno è tratteggiato all’opposto come un maschio bello e sicuro. A questa diade si contrappone la coppia di genitori, Gea e Nicola, complessa perché maturata all’interno di una famiglia affidataria e per questo vissuta come incestuosa dai genitori di Nicola. Gea ha una terribile storia famigliare, un fratello gemello abusato e scomparso, una mamma già morta e un padre-orco suicida. Michele è l’ unico figlio di questa coppia e mentre il loro matrimonio è in crisi per la promiscuità di Nicola, lui sparisce. Scattano le indagini ma non assurgono mai al ruolo di protagonista, come ci si aspetterebbe. Gradualmente vengono ricostruite le storie personali di Sergio e Gea mentre arriva da Bologna l’anziano padre di Sergio del quale si ricostruisce la storia personale per intrecciarla a quella del suo complesso figliolo. Il ritratto restituito di Sergio bambino fa da contraltare a quello del piccolo scomparso, entrambi geniali per certi aspetti ma fallimentari in altri. Assente del tutto è la rappresentazione del dolore dei genitori, tutto è focalizzato verso questo noiosissimo surrogato di commissario che ha tradito se stesso fino in fondo scegliendo, fra le tante possibilità che si offrivano alla sua mente geniale , di fare lo stesso mestiere del padre. L’ultima vicinanza con il genitore malato terminale gli offre la possibilità di riscattare una relazione mal vissuta e di prepararsi al congedo da lui in modo sano e umano e soprattutto sereno perché nel dirsi addio l’importante è appunto come lo si dice. Il succo di tutta la storia è questa, il giallo risolto alla fine, l’insieme noioso e pesante non riesce neanche stavolta a farmi apprezzare le doti narrative di Fois così unanimemente riconosciute. Molto più gradevole il suo “L’importanza dei luoghi comuni” che riusciva meglio a sviscerare quel tema che tanto gli è caro dei rapporti parentali.
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Freddo
Del Dirsi Addio è un noir ambientato a Bolzano.
Sin dalle prime pagine troviamo tutti gli elementi per poter leggere un ottimo libro. Il protagonista è un ispettore di Polizia omosessuale che convive con un uomo, ma che non ha reso pubblica la sua relazione.
La storia si fonda sulla scomparsa di un bambino "difficile" mentre era insieme ai suoi genitori, ma in realtà la trama è solo il pretesto per raccontare le vicende dei personaggi che la popolano.
Quindi conosciamo il padre del protagonista che porta con se una tragica notizia e continui sono i rimandi al passato e al rapporto del protagonista con la sua adorata madre.
I personaggi sono estremamente credibili, si tende spesso ad identificarli con le persone che incontriamo quotidianamente e rendono interessante la lettura, anche quando la trama del giallo alla base del libro sembra latitare.
Personalmente ho avuto una sensazione di distacco nel corso della lettura, forse l'autore, nel tentativo di non cadere nel melodramma, rende la storia fredda, e personalmente mi sono sentito poco coinvolto nella vicenda.
Anche dal punto di vista dello sviluppo del giallo ci sono, a mio avviso, alcune lacune, soprattutto per quanto riguarda la mancanza di urgenza che accompagna la scomparsa di un bambino. I protagonisti e la comunità tutta sembrano quasi assuefatti alla notizia e semplicemente restano in attesa degli sviluppi della vicenda.
In conclusione, Del Dirsi Addio si rivela, a mio avviso, un libro ben scritto, affascinante, ma mancante della necessaria passionalità che occorre ad un libro per coinvolgere il lettore.
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Un ragazzo in odore di Asperger
Del dirsi addio di Marcello Fois ha un protagonista – il commissario Sergio Striggio – che domina la scena con i suoi drammi personali: ha rinnegato un temperamento artistico di critico d’arte, ha mantenuto un rapporto conflittuale con il padre Pietro, ha subito la straziante morte dell’adorata madre, si è legato a Leo, affascinante maestro elementare, ma non ha ancora affrontato il momento di proclamare quell’amore “particolare” a colleghi e familiari…
Con tanta carne a un fuoco che la neve di Bolzano non sopisce, la scomparsa del piccolo Michele (“Michele Ludovisi è un ragazzo particolare, uno in odore di Asperger…”) rimane in secondo piano per gran parte del romanzo, salvo vellicare la curiosità del lettore che punta un occhio alle vicende sentimental-professionali di Sergio, ma mantiene l’altra metà dello sguardo indirizzata su una vicenda che potrebbe essere un incidente, un allontanamento volontario (“Certi adulti non si meritano il compito che gli è stato assegnato e… qualche volta i bambini si nascondono da se stessi proprio per adeguarsi alle aspettative di chi dovrebbe educarli a esprimersi in libertà.” È il pensiero anche del commissario…), un omicidio, un rapimento (“Separazione in corso: o uno o l’altra fanno rapire il bambino”) o forse altro (“Delirio a due. Figlio difficile, madre esaurita e padre sfinito”).
E ancora, cosa ci faceva uno strano prete nella piazzola ove Michele sparisce?
Giudizio finale: Ang-Lee-iano, empedocleo (il romanzo è in quattro parti intitolate: Terra, Fuoco, Acqua, Aria), bolzanino.
Bruno Elpis