Narrativa italiana Gialli, Thriller, Horror Con tanto affetto ti ammazzerò
 

Con tanto affetto ti ammazzerò Con tanto affetto ti ammazzerò

Con tanto affetto ti ammazzerò

Letteratura italiana

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A Villa Roccaromana, una delle dimore marine più affascinanti di Posillipo, si festeggia il novantesimo compleanno della baronessa Elena De Flavis, la cui nobiltà d'animo è riconosciuta in tutta Napoli. L'ispettore Gianni Scapece, tra gli invitati insieme al commissario Carlo Improta, si gode la serata e la conoscenza di Naomi, incantevole nipote della padrona di casa. Tutto scorre con piacevolezza finché qualcuno decide di mettere in scena il finimondo: proprio quando un tenore attacca a cantare Nessun dorma, molti dei presenti iniziano a perdere i sensi, uno dopo l'altro. Nella gran confusione che segue, la baronessa scompare insieme al suo maggiordomo cingalese Kiribaba. Un rapimento? Un suicidio? Un tragico incidente? Il mistero prende una brutta piega quando Scapece e Improta incontrano i tre figli della baronessa, per nulla sconvolti dall'accaduto e interessati piuttosto alla spartizione dell'eredità. È l'inizio di una complicata indagine tra i rancori, le gelosie e le meschinità che a volte distruggono i legami familiari; ma per fortuna l'ispettore e il commissario saranno spalleggiati da un'altra famiglia, quella dei Vitiello e della trattoria Parthenope, fonte inesauribile di buonumore e di trovate geniali.



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Con tanto affetto ti ammazzerò 2021-06-15 13:30:31 FrancoAntonio
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FrancoAntonio Opinione inserita da FrancoAntonio    15 Giugno, 2021
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La nobiltà non sta nel blasone, ma nell’animo

Seconda indagine dell’affascinante e intuitivo ispettore Gianni Scapece e della sua improbabile banda di investigatori.
Assieme al Commissario Improta, Scapece è stato invitato a una festa vip, cosa che lui odia. Ma il ricevimento dato dalla baronessa Elena de Flavis nella sua villa di Roccaromana a Posillipo, per il novantesimo compleanno, si rivela piacevolissimo: la padrona di casa è uno splendido anfitrione e Naomi, la nipote, è incantevole e dotata di un fascino esotico che non lascia indifferente Scapece.
Purtroppo a metà della serata molti ospiti svengono improvvisamente. Durante il trambusto che ne segue la baronessa e il suo maggiordomo cingalese, Kiribaba, scompaiono. Uno dei vini serviti agli ospiti si rivela essere pesantemente drogato. Alcuni testimoni esterni alla villa hanno visto un gruppetto di persone allontanarsi con fare sospetto dall’edificio. Si è trattato di complicato piano per rapire la ricchissima nobildonna?
La polizia inizia le indagini per scoprire le sorti degli scomparsi. Tuttavia le ricerche si rivelano assai ardue anche per la scarsa collaborazione dei tre figli della donna, individui spregevoli, attaccati solo al denaro e alle mollezze che con esso si possono concedere. Dopo tre giorni, nelle acque antistanti la villa, è ritrovato il cadavere maciullato di una donna anziana, riconosciuta subito da Simone, il minore dei figli della de Flavis, come quello della madre. È stato un suicidio? Oppure il sequestro è finito male e i rapitori hanno deciso di sbarazzarsi così del corpo? I figli si incolpano vicendevolmente del matricidio e tutti e tre premono solo per l’apertura del testamento e per mettere le mani sul cospicuo patrimonio lasciato dalla madre o, per lo meno, su ciò che è rimasto dopo i numerosi atti di liberalità della baronessa benefattrice.
Per fortuna ad alleviare le giornate dell’ispettore Scapece c’è la famiglia Vitiello, i divertentissimi e estrosi proprietari della trattoria Parthenope che un po’ consigliando, un po’ ammannendo prelibatezze culinarie e, talvolta, assistendo pure alle indagini, aiuteranno in modo concreto alla soluzione del caso anche quando le continue sorprese che si accumuleranno via via, rischieranno di mandare tutto all’aria.

La scrittura di Imperatore è sempre piacevolissima e il meccanismo utilizzato funziona perfettamente: riunire, in un ben equilibrato cocktail, allegria in puro stile partenopeo, amore descrittivo per la città e meditate considerazioni sui sentimenti, sulla natura umana, aiuta a non annoiare mai e a tener vivo l’interesse del lettore.
In questo romanzo le pagine di pura ilarità e divertimento sono parecchie e non ci si può esimere dallo scoppiare in liberatorie risate alla lettura di certi passi. Ma, come al solito, l’A. ci fa pure da apprezzato cicerone mostrandoci i posti più belli di Napoli a cominciare dal luogo stesso in cui accade il misfatto che dà origine alla vicenda poliziesca. Non mancano le notazioni storiche, ma, soprattutto, sono intense e ponderate le pagine in cui siamo invitati a riflettere e meditare sulla natura umana.
Insomma si tratta di un ottimo romanzo dove le pagine leggere e scanzonate si mescolano a quelle serie. Probabilmente la parte più carente della storia è la pura e semplice vicenda gialla, l’enigma poliziesco che viene offerto: confesso che mi aspettavo quella fine già dopo aver letto i primi capitoli. L’A. si è impegnato parecchio per nascondere le tracce che conducono alla soluzione, ma forse lo ha fatto con troppo impegno, rischiando così di attirare l’attenzione del lettore proprio sull’unica soluzione che si vorrebbe far ignorare sin da subito.
Tuttavia questa è una pecca da nulla, perché vale la pena di leggere Imperatore per ciò che dice e per ciò che ci invita a pensare. Come spiega l’A. stesso nella sua postfazione, lo spunto per scrivere la storia era l’intenzione di farne una metafora della vita sociale contemporanea e di rispondere ad una domanda cruciale: “quale sarà la nostra eredita quando la nostra parabola sarà conclusa? Cosa sarà giusto lasciare a che viene dopo di noi?” E questo intento, con i relativi ammonimenti, è stato pienamente conseguito.

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... a chi ama gli scritti di Imperatore e, in particolare, a chi ha già letto "Aglio, olio e assassino"
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Con tanto affetto ti ammazzerò 2019-11-28 11:50:21 Bruno Izzo
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Bruno Izzo Opinione inserita da Bruno Izzo    28 Novembre, 2019
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Quel che conta davvero

“Con tanto affetto, ti ammazzerò” questa dedica che ne costituisce il titolo sembra indicare, con tutta evidenza, a prima vista, un libro comico, solo un giallo “buono”, divertente, come a dire un allegro e scherzoso romanzo leggero, tipico delle letture estive sotto l’ombrellone, nulla di profondo e di impegnativo.
Niente di più sbagliato: questo dello scrittore napoletano Pino Imperatore è sì un libro che suscita più di un sorriso e qualche sana e schietta risata, ma non solo, a mio modesto parere, è ancor di più, è qualcosa di più sottile, intenso e significativo, direi una vera e propria metafora dei sentimenti umani.
Ambientato naturalmente a Napoli, nella città che del sentimento in tutte le sue sfaccettature, dal tragico al comico al grottesco, è la capitale morale ed un campione altamente rappresentativo, in estrema sintesi la storia si snoda ponendo a confronto gruppi di personaggi contrapposti sotto ogni profilo, ciascuno a sé stante, che rappresentano gli antipodi dell’umana avventura del vivere.
Facciamo subito conoscenza, per esempio, con la ricchissima e aristocratica famiglia dei De Flavis, diretta con piglio energico dall’anziana baronessa Elena, generosa filantropa e costante finanziatrice di svariate e numerose attività benefiche a favore dei più poveri e derelitti della città, supportata per indole e sentimenti dalla sodale nipote Naomi, a cui fanno da contraltare i tre figlioli della baronessa, tre brutte persone, pusillanimi, negative, quanto di più deleterio possa partorire la progenie umana in fatto di egoismo e pura cattiveria. Sono figli degeneri, aberrazioni genetiche dell’anziana genitrice, autentici parassiti che sprecano la loro miserabile esistenza vivendo dissolutamente e sfacciatamente, senza pudore e senza vergogna, alle spalle della ricca madre, non solo, auspicandone addirittura la fine prematura al fine di impossessarsi dell’eredità prima che l’anziana genitrice dilapidi, scioccamente a loro parere, ulteriori somme a favore dei miserabili diseredati che assiste.
Ancora, fa da contraltare a questo nido di cattiverie un altro gruppo eterogeneo e per nulla inverosimile di agenti di polizia in servizio in un commissariato di polizia, i quali ben volentieri sono di fatto supportati, magari anche solo moralmente, nelle loro fatiche, dall’ intera famiglia allargata, pets compresi, dei proprietari della Trattoria Parthenope, dove gli agenti suddetti consumano la loro pausa pranzo e che è diventata in pratica una succursale del commissariato stesso, data la schietta commistione e simbiosi creatasi tra agenti e ristoratori, assai più che amici e sodali confidenti.
Giacché l’elemento comune che accomuna i personaggi di questo gruppo di sodali investigatori istituzionali e no, è la condivisione dei normali buoni sentimenti, la solidarietà, la condivisione, la banale bontà quotidiana frammista al semplice buon senso del padre di famiglia.
Il romanzo di Pino Imperatore, quindi, pone in essere l’eterno conflitto tra bene e male, tra l’egoismo e l’altruismo, l’avidità e la solidarietà, la grettezza e la condivisione.
Lo fa in maniera paradossale, e perciò comica, strappa il sorriso, ma fa anche riflettere, è un riso amaro, alla Eduardo, per intenderci. Fatti i dovuti confronti, così come Eduardo De Filippo faceva sorridere ma anche indignare con la messa in scena dei drammi quotidiani del suo popolo, così Pino imperatore ci fa ridere...e anche un po' storcere la bocca. Poiché, come egli stesso racconta nella post-fazione, il senso ultimo della sua opera è la sua raggiunta consapevolezza che si giunge ad una età in cui ci si accorge che glia anni già vissuti hanno superato di gran lunga quelli ancora da vivere.
Tempo di bilanci, dunque, tempo in cui tutte le grettezze umane si spogliano della loro futile importanza e si sente il bisogno di concentrarsi sulle cose essenziali della vita, per esempio gli affetti.
Quegli stessi che, magari, quando estremizzati, ti farebbero volentieri ammazzare chi ti suscita disappunto.
Ma non ne vale la pena, appunto, meglio concentrarsi solo sugli affetti: questo è quanto, in sintesi, con gradevole sincerità, ci dice Pino imperatore.

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A chi conosce Pino Imperatore, e a chi concorda che, in fondo, ciò che conta davvero è vivere nel bene. per bene. Facendo il bene: ciascuno a suo modo.
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Con tanto affetto ti ammazzerò 2019-10-29 12:06:24 Valerio91
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Valerio91 Opinione inserita da Valerio91    29 Ottobre, 2019
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Coinvolgente e, in certi tratti, esilarante

Pino Imperatore mi ha ispirato subito simpatia. Certo, c'è da dire che uno scrittore che fa dell'umorismo il suo cardine e che fallisca in questo fondamentale non varrebbe poi molto. Beh, partiamo dal presupposto che oggi non è poi così scontato che chi debba far ridere effettivamente ci riesca. Pino Imperatore ha tuttavia qualcosa in più: quella napoletanità genuina che dalla sua penna emerge in maniera evidentissima. Umorismo colorito, vivacità, amore viscerale verso la propria terra e l'autoironia necessaria per ridere degli stereotipi che a Napoli vengono affibiati ogni giorno. Da napoletano l'ho apprezzato molto.
La storia di base, che alla fine è un giallo piuttosto ordinario, si colora di personaggi super-simpatici, divertenti, che si rendono protagonisti di siparietti divertentissimi, che servono a stemperare il clima di tensione che un giallo necessita per chiamarsi tale. Faremo la conoscenza del nostro protagonista, l'ispettore Scapece: poliziotto Dongiovanni che le stende tutte con la sua avvenenza e intelligenza; del commissario Improta che col suo ispettore crea una coppia riuscitissima; della variegata famiglia Vitiello, proprietaria della trattoria Parthenope in cui Scapece ama trattenersi per un lauto pasto ma anche per godersi con la bella figlia di uno dei proprietari. Una famiglia variegata ed esilarante (soprattutto nonno Ciccio e il cane: Zorro) che darà il suo ufficioso contributo alle indagini di Scapece, che in “Con tanto affetto ti ammazzerò” si concentrano sulla scomparsa di una nobile napoletana.

La storia ha inizio durante i festeggiamenti del novantesimo compleanno della baronessa Elena De Flavis, in villa Roccaromana a Posillipo. Nel bel mezzo della festa tutti sembrano diventare preda di malori e svenimenti. Nel caos che ne consegue, la baronessa e il suo maggiordomo spariscono misteriosamente. Scapece e Improta, presenti alla festa come semplici ospiti, si troveranno anche in quel caso a vestire i panni dei poliziotti, per scoprire che fine ha fatto la De Flavis.
Tra momenti di pura investigazione e scene scritte appositamente per stemperare e divertire il lettore, saremo spettatori della risoluzione di un caso che alla fine ci porrà di fronte a un vero dilemma morale, spingendoci a interrogarci su cosa è giusto e cosa non lo è, così come lo faranno i nostri protagonisti.

"Io ho quasi sempre vissuto qui, fin dalla nascita. Questa residenza è stata la mia culla e il mio fortino; mi ha protetta, mi ha allietata, mi ha tenuto al riparo dalle tempeste della vita. Ora però è venuto il momento di tirare i remi in barca; gli anni dell'ardore sono lontani. È cosa saggia riposarsi, quando la debolezza si fa onerosa e i ricordi sono fuor di misura. Essere vecchi è un brutto mestiere."

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Con tanto affetto ti ammazzerò 2019-08-31 13:44:56 Clangi89
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Clangi89 Opinione inserita da Clangi89    31 Agosto, 2019
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Qualcuno ha detto maggiordomo?

Italianità, colori e sentori della costiera amalfitana, misteri, scogli, mare e voci: ecco le sensazioni che mi hanno coinvolta sin dalla prime righe uscite dalla penna di Imperatore. Con tanto affetto ti ammazzeró ha rappresentato, per me, una lettura distensiva, adatta alle ultime giornate estive mentre l'afa lascia lo spazio alle prime piacevoli brezze settembrine.

Nel corso della sera di gala volta ai festeggiamenti del novantesimo compleanno di Elena De Flavis (Baronessa) mentre una schiera di invitati drogati a loro insaputa crolla in maniera rocambolesca, sparisce l'anziana donna ed il suo maggiordomo, Kiribaba.
L'affascinante ispettore Scapece presente alla festa nella sontuosa villa Roccaromana da il via alle indagini assieme al commissario Carlo Improta. L'attività investigativa non può non essere supportata da una tavolozza di personaggi calorosi, grintosi e dotati di un forte senso di unità e spirito di solidarietà. La famiglia allargata dei Vitiello che ruota attorno all'osteria Partenophe è infatti coinvolta nelle ricerche, nelle ispezioni e nelle perplessità che Scapece, fin da subito, nutre verso i figli della Baronessa, tali Roberto, Emilia e Simone, persone senza scrupoli, avidi di denaro, viscidi ed indifferenti; l'opposto della loro madre, donna di nobili origini quanto d'animo profondo e caritatevole.
Le vie seguite dall'ispettore conducono nelle spettacolari ville dei figli della nobildonna, all'interno delle quali si celano passati nebulosi, rapporti disintegrati e spinosi. Le vicende si arricchiscono di spaccati della vita partenopea e portano a svolte inattese anche grazie all'aiuto canino di Zorro, l'immancabile quadrupede della famiglia Vitiello, al quale è impossibile non provare simpatia e affetto!
Il ritrovamento di un cadavere; la baronessa a quanto pare è defunta ma dov'è il maggiordomo? Che poi è risaputo, il maggiordomo è sempre colpevole secondo la migliore tradizione investigativa (!). Nel mentre il testamento della Baronessa viene ufficialmente letto e qualcosa cambia di improvviso.
Soldi e felicità sono messi a confronto perché "a ben vedere, le ricchezze materiali si riducono a poca cosa dinnanzi alla privazione di un affetto, di un conforto, di un benevolo aiuto. Sono più coerenti e sereni coloro che viaggiano da soli con un carico d'oro in un deserto o quelli che lo attraversano nudo godendo della compagnia di propri simili di cui si fidano ciecamente? "
Ogni personaggio interviene a modo suo, lasciando il proprio zampino ed il proprio intuito per rintracciare il fino conduttore che lega tutti i tasselli che mano a mano si aggiungono.
Nel racconto siamo immersi nei sentimenti e nelle impressioni che animano ed arricchiscono le descrizioni e le curiosità dei luoghi napoletani permettendoci di seguire le ricerche con la splendida ironia e l'attenzione che non mancano mai da parte dell'autore. Imperatore infatti saggiamente affianca personaggi contrapposti e dotati di sfumature psicologiche scure e grigie a soggetti caratterizzati da slanci e passioni coinvolgenti. L'ironia non è mai sinonimo di frivolezza e la trama è scorrevole, piacevole e molto molto pittoresca.
Napoli, sentori e calore umano arricchiscono i contrasti tra dovere ed etica e qui mi fermo altrimenti rovino il finale, dolce e agrumato, amorevole e sofferto che intrattiene il lettore fino all'ultima riga.

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Con tanto affetto ti ammazzerò 2019-06-12 07:54:27 ornella donna
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ornella donna Opinione inserita da ornella donna    12 Giugno, 2019
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Un giallo alla "napoletana"

Pino Imperatore scrive Con tanto affetto ti ammazzerò, un giallo davvero simpatico, travolgente ed ironico. Mi sono divertita tantissimo a leggerlo. Una lettura di evasione che non vuole dire scarsa qualità, semmai il contrario. Un libro che spesso fa sorridere, che travolge il lettore con simpatia ed affetto. A Villa Roccaromana, casa situata nelle alture di Posillipo, ovvero:
“A picco sulle onde del golfo di Napoli, un luogo di delizie il cui simbolo, visibile soltanto dal mare, era una torretta col tetto a pagoda”.
In tale magnificenza vive la baronessa Elena De Flavis,
“donna di classe e di garbo, ultima discendente della casata dei baroni di San Pizzo, due volte vedova e per cinque volte insignita del titolo di “Filantropa napoletana dell’anno”;
la quale, per festeggiare il proprio compleanno, organizza un ricevimento lussuoso, in cui invita tutte le persone che contano a Napoli, compresi il questore, ma soprattutto l’ispettore Gianni Scapece e il commiissaio Carlo Improta. Una coppia agli antipodi:
“Il commissario, poco più che sessantenne, non aveva un fisico da passerella; era tracagnotto, compatto, tutto muscoli e nervi . (…) Scapece, una ventina di anni più giovane, aveva tutt’altre fattezze: corpo atletico, viso da macho, occhi color argento, capelli neri spruzzati di bianco alle tempie e un sorriso in cui la gioia di vivere si fondeva con la malinconia.”
Ad un tratto la maggior parte degli invitati cadono giù come birilli, narcotizzati e la baronessa con il suo fidato domestico Kiribaba, scompare. Che è successo? E come ritrovarla? Inizia una indagine complessa, all’interno di beghe e rancori familiari, di gelosie e meschinità, di avidità e di sete di denaro.
Un bel giallo, dalle tipiche atmosfere napoletane, rilassanti e gioiose. Una investigazione, però, corretta e profonda. Una ambientazione solare descritta con meticolosità che affascina e stupisce. Una storia ben costruita ed offerta con particolare sapienza ed acume narrativo. Ottimo!

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