Commissario Rebaudengo
Letteratura italiana
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La prima indagine del commissario Rebaudengo.
E' il primo romanzo della serie che Cristina Nava dedica al commissario di polizia Bartolomeo Rebaudengo, piemontese di Cuneo, in servizio ad Alassio. Un uomo di mezza età, separato, amante della buona cucina, un personaggio solido, tutto dedito al suo lavoro: non ha vizi, vive da solo, stentando ad adeguarsi , lui piemontese doc, al clima ed alle tradizioni culinarie di una regione marinara. Ecco che un giorno, qui inizia la storia, arriva in commissariato una telefonata: una signora della buona società, Fabiola Ferretti, segnala la scomparsa del marito, Alfonso Oddone, professore di filosofia al liceo classico del posto nonché, a quanto pare, impenitente donnaiolo. Poco dopo l'inizio di indagini e ricerche, viene alla luce un delitto allucinante: l'assassinio per strangolamento di un'allieva del professore, Serena De Blasi, rinvenuta in un campo, nuda, al centro di una macabra messinscena. Si scopre che la giovane, di straordinaria bellezza, frequentava il professore per lezioni private e proveniva da una famiglia disastrata, madre fuggita in America e padre docente universitario, incurante dei figli. Un altro delitto complica le già difficili indagini: un'intima amica di Serena viene rinvenuta abbandonata in un campo, strangolata. Rebaudengo si danna l'anima alla ricerca del colpevole, anche perchè altri strani personaggi rivelano inquietanti note personali, un bidello pedofilo e uno studente innamoratissimo di Serena, cultore, così sembra, di riti satanici. Alla fine un diario segreto ed un orecchino antico e prezioso condurranno il solerte commissario alla soluzione dell'enigma: una soluzione inattesa ed imprevedibile che lascerà tutti costernati.
Un giallo coi fiocchi, ben costruito, che mette a dura prova l'abilità del commissario Rebaudengo e dei suoi fidati colleghi e collaboratori: tra questi un bravissimo medico legale, la dottoresse Ardelia Spinola, che avrà in seguito una serie di gialli da protagonista e che conquisterà in questa vicenda il burbero e solitario commissario, con la sua simpatia ed i manicaretti più invitanti della cucina ligure. Le trenette al nero di seppia sarà il piatto che contribuirà a dissipare i molti dubbi di Rebaudengo, autentico piemontese, sulla cucina ligure.
Il commissario Rebaudengo entra da protagonista nella schiera dei ben noti commissari amati dai lettori del genere: gareggia sin dalla prima apparizione con i più noti Maigret, Montalbano e poi via via fino alla più recente Vanina Guerrasi. Un bel tipo, scontroso, buongustaio, un cuneese attaccato alla sua terra, diffidente, ma in via di scioglimento, nei confronti del nuovo ambiente ligure: perché, dice, "io sono un piemontese di provincia, un personaggio alla Fenoglio, una sintesi tra provincialismo, essenza montanara, mangiatori di castagne, contadini diffidenti dello straniero ... spaventati dal nuovo, spaventati dal mare ...", e Cristina Nava lo caratterizza benissimo, nei suoi atteggiamenti più intimi e nella sua attività professionale.
Unico neo del giallo, a mio avviso, la prolissità di alcune descrizioni ambientali, che tolgono ritmo al racconto. Si comprende che Cristina Nava ama la sua terra e la cucina della sua terra: una regione bellissima e speciale, che anch'io amo particolarmente avendoci passato non poco tempo della mia vita
Come inizio di una nuova serie, il romanzo promette bene, coinvolge il lettore fino all'ultima pagina, curioso di seguire il Commissario Rebaudengo e Ardelia Spinola, la "dottoressa dei morti, piena di vita" in nuove future indagini.
Indicazioni utili
Il commissario piemontese
Bartolomeo Rebaudengo, dal nome originale e altisonante, è il commissario di Alassio, amena cittadina della riviera Ligure.
Il commissario però è piemontese e non ama il mare e tutto ciò che gli appartiene, lui ama la sua terra, le montagne, i boschi e la cucina dei luoghi natii.
Questa è la prima prova per Rebaudengo di mostrare il suo intuito e il suo metodo di investigazione.
Nella narrazione viene infatti denunciata, dalla moglie, la scomparsa di un professore di filosofia e pochi giorni dopo viene rinvenuto il corpo di una ragazza, nuda in un cerchio di candele scure, palesemente strangolata.
La soluzione del caso ruota tutta intorno al commissario, ed anche se si avvale di validi collaboratori sarà solo grazie alla sua tenacia e ostinazione che si arriverà a svelare l’assassino.
Il giallo non è molto originale, anche se ben scritto, con dettagliate descrizioni dei panorami, degli usi e costumi liguri e piemontesi, con sprazzi qua è la anche dell’uso dei dialetti locali.
Il commissario è una bella figura, imponente, quanto il suo nome, belloccio e piacente senza alcun vanto.
E già da questo romanzo nasce infatti una liason tra lui e il medico legale, la dottoressa Ardelia, anche lei con un nome molto impegnativo! E non si può dire che l’autrice non si sia sforzata nel cercare un po’ di originalità se non altro in questo. Perché il resto risulta un po’ banale.
Il finale è abbastanza scontato, e, secondo me, anche questo, un po’ forzato, proprio per dare un tocco di peculiarità e di modernità, scostandolo volutamente, un po’ dai ruoli classici. Ma mi è sembrato poco convincente e soprattutto poco coinvolgente.
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Amore e morte sulla Riviera di ponente
Il commissariato di Alassio riceve la telefonata della signora Fabiana Fiorilli la quale, angosciata, comunica che il marito, il prof. Oddone, docente di filosofia nel liceo di Albenga, è scomparso da circa due giorni. A occuparsi del caso è il Commissario Bartolomeo Rebaudengo, che fa avviare le ricerche del professore, ma costui sembra svanito nel nulla. Si tratta di un abbandono del tetto coniugale dietro a qualche avventura romantica, oppure all’uomo è capitato qualcosa di brutto?
Dopo alcuni giorni, però, il Commissariato di Alassio è chiamato a risolvere una questione ben più tragica: nelle campagne è stato rinvenuto il corpo di una bellissima ragazza, completamente nudo, supino e in posizione aperta come nell’uomo vitruviano di Leonardo. La ragazza è stata strangolata e l’assassino ha posto attorno al corpo candele (quasi) nere. È stata vittima di un rito satanico?
Purtroppo Rebaudengo e la sua squadra hanno ben poco su cui lavorare e le indagini procedono a rilento. L’unica cosa che scoprono presto è che la giovane, Serena De Blasi, viveva in una famiglia a dir poco anaffettiva: il padre, un rinomato clinico, dedicava tutto il suo tempo alla professione; la madre era fuggita in Canada con un altro uomo e la sorellina minore, per quanto tenesse a lei, non riusciva a darle ciò di cui lei, perennemente inquieta, riteneva di aver bisogno. L’unica persona che (sembrava) averla affascinata era proprio il prof. Oddone, l’uomo scomparso qualche tempo prima.
A questo punto è difficile, per Rebaudengo, sfuggire alla tentazione di collegare i due casi, ma con quale relazione?
A rallegrarlo in questi momenti di febbrile lavoro, per sua fortuna, c’è Ardelia Spinola, il nuovo medico legale di Alassio, incaricata degli esami autoptici sulle vittime. Ben presto tra i due scocca una scintilla e dalla stima e amicizia si passa a un amore sincero che rinfranca quei due cuori solitari.
Con questo romanzo inizia la fortunata serie di gialli che Cristina Rava ha dedicato al commissario Rebaudengo e che, in seguito, porteranno pure alla serie di polizieschi (oggi si direbbe spin-off) con protagonista Ardelia.
Lui è un simpatico personaggio, apparentemente il ritratto dell’impassibilità, con la tipica, pacata bonomia dei piemontesi pedemontani, ma con un’insospettabile carica emotiva e una determinazione puntigliosa. Al di là della piacevolezza della storia, il cui enigma poliziesco è intrigante anche se non certo insolubile, ciò che attrae è lo stile, garbato e familiare, con cui facciamo la conoscenza degli attori di quel dramma. È piacevole perdersi nelle descrizioni dei luoghi o delle faccende quotidiane così affabilmente abituali, siano esse la meticolosa preparazione di qualche manicaretto tradizionale (è singolare come nei polizieschi italiani non manchi mai una puntatina in cucina!), come una serena passeggiata sul lungomare ad ammirare una mareggiata. Il valore aggiunto del romanzo è proprio da ricercare nella sua schiettezza che esalta l’aspetto umano delle situazioni e dei vari comportamenti. Poi quegli intercalari, in parte in piemontese e in parte in ligure, sembrano volerci portare sulle tavole di un palcoscenico in cui recitano Erminio Macario e Gilberto Govi redivivi (per quelli delle generazioni più recenti, diciamo Luciana Littizzetto e il Gabibbo) e sono assolutamente godibili e divertenti.
Il romanzo, nonostante il truce argomento trattato, ha un andamento quieto e sempre gradevole. A voler trovare a forza qualche difetto, si potrebbe rilevare che la figura di Rebaudengo tolga molta (forse troppa) scena agli altri comprimari, che risultano meno definiti e particolareggiati. Soprattutto si mostrano a noi tutti solo come appaiono agli occhi del commissario, nostro tramite sulla scena.
Ma questo è un difetto davvero di poco conto e, chiuso il libro, rimane la voglia di tornare a frequentare il commissariato di Alassio e leggere tutta la serie di storie in esso ambientate.