Colpo di ritorno
Letteratura italiana
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Manrico Spinori nel mondo dei maghi.
Il protagonista di questo nuovo giallo di De Cataldo, il quarto della serie, è un eccentrico gentiluomo, di antiche origini nobiliari, Manrico Spinoni dei Conti in Albis e San Giocondo, magistrato a Roma: divorziato da Adelaide, due figlie (l’Irragionevole e la Mite, così chiamate per il loro carattere), dimora, con il fedele maggiordomo Camillo, in un palazzo di proprietà dove di tanto in tanto lo raggiunge l’amica del cuore, Maria Giulia. Dal collega e amico Gaspare Melchiorre, procuratore capo, gli viene affidata un’indagine non semplice: scoprire l’assassino di un famoso mago, Nerouz, al secolo Giuseppe Capomagli, 57 anni, trovato nel suo studio dal cognato Silvestro Boni con il cranio fracassato. Aiutato dai suoi, in primis la bella e capace ispettrice Deborah Gianchetti, Manrico visiona un video in cui il mago reclamizza le sue magiche virtù, fiducioso sia nella scienza che nei poteri, energie e forze che emanano da testi sacri: si entra, e si rimane più o meno per tutto il romanzo, in un mondo nuovo, inconsueto, il mondo dei maghi, frequentato da una clientela variegata, persone comuni e personaggi più o meno noti della TV fino a politici di vari partiti. Il malcapitato Manrico inizia gli interrogatori di abituali frequentatori dello studio di Nerouz: una signora altolocata, Cornelia Villalta, 65 anni, sorriso smagliante, simpatica, le gemelle Floriana e Doriana della TV, passate dal mago Gayan, secondo loro con pochi poteri, a Nerouz, dotato di capacità superiori, e poi ancora, tra i politici, Bianca Olivieri, senatrice di destra nota per le sue posizioni oltranziste e il collega onorevole Frosoni, invadente e volgare, dello stesso partito ma di corrente diversa (“ quella stronza della Olivieri” !)… Non basta: in rete si scatenano detrattori del mago, insinuazioni sui rapporti tra mago e politici, c’è perfino un giovane prete polacco della Scuola di esorcismo che, tramite un suo sito (Vade Retro Satana), inveisce contro Belzebù, Satana e Demoni vari … Non poteva mancare una trasmissione televisiva sull’argomento, condotta da una notissima presentatrice, con personaggi strampalati ed in cerca di visibilità.
L’indagine entra nel vivo quando anche il cognato del mago viene fatto fuori con due colpi di pistola. I sospetti puntano sul capo di una setta, che dimostra però la sua innocenza. Alla fine, per farla breve, anche con l’aiuto di un vecchio zio di Manrico, Eliodoro, marchese spiantato esperto di riti esoterici, il colpevole salta fuori: un cosiddetto “colpo di ritorno”, una vendetta contro un mago avido di soldi che aveva minacciato addirittura fatture mortali nei confronti del potenziale assassino.
Insomma, un gran minestrone, una serie lunghissima di possibili colpevoli, un lungo racconto senza grossi colpi di scena. Ci sono continui riferimenti ad opere liriche: Manrico è un grande appassionato di musica, l’opera lirica è il suo abituale rifugio, una consolazione che lo aiuta nello snervante lavoro investigativo. Gli accostamenti avvengono con L’Elisir d’amore di Donizetti e la Dama di picche di Ciajkovskij, proprio due opere, guarda caso, dove magia e gioco sono mirabilmente accostati.
L’autore punta tutto su Manrico, questo originale personaggio, un magistrato melomane, un po’ sognatore, nobiltà di vecchia data, propensione a sinistra (una cosiddetta “toga rossa”), una certa ritrosia nell’ambientarsi nei palazzi del potere, forse per ingenuità, forse, più probabilmente, per incompatibilità ancestrale con la faciloneria e la volgarità della politica.
Lo stile narrativo è quello consueto, brillante e preciso, le stoccate al mondo della politica puntuali: resta però la staticità del racconto in sé, monotono, poco pungente, senza grossi coinvolgimenti emotivi, un mondo, quello dei maghi, messo a nudo stancamente, interrogatorio dopo interrogatorio di presunti assassini, fino ad una conclusione rabberciata e piuttosto banale, che serve però a giustificare lo strano titolo del romanzo.
Un altro Giancarlo De Cataldo, questa volta, a mio parere, lontano da capolavori come “Romanzo criminale” e “Le mani giuste”.